Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
SCHLEIN ATTACCA: “E’ OSTAGGIO DI INCHIESTE E SCANDALI”
Tace Giorgia Meloni. Mentre si consuma lo scontro tra il
centrodestra e la magistratura sulla riforma Nordio e sulle inchieste che riguardano esponenti di governo, mentre due figure dello stato maggiore FdI come Santanchè e La Russa vengono travolte dagli scandali, mentre la Rai sovranista finisce sotto accusa, la premier sceglie di evitare commenti e di sottoporsi a confronti pubblici.
Una settimana fa la presidente del Consiglio, ospite dell’assemblea di Assolombarda, aveva escluso che “per avviare la transizione ecologica possiamo smantellare la nostra economia e le nostre imprese” ma aveva ignorato i temi dell’attualità politica.
Poi mercoledì a Varsavia aveva rilasciato dichiarazioni congiunte con Morawiecki e parlato dal palco dei conservatori Ecr, sempre senza contraddittorio.
Negli stessi giorni, l’unico tweet è stato per esprimere solidarietà per le vittime del rogo nella casa di riposo di Milano. Un silenzio inusuale per lei. Ed Elly Schlein ora la incalza: “Quanto durerà ancora il silenzio di Meloni?”, si chiede la segretaria dem, affermando che “da settimane è in ostaggio delle inchieste, degli scandali e dei vergognosi sproloqui della sua stessa maggioranza e non abbiamo sentito da lei una sola parola sulle emergenze economiche e sociali del Paese”.
Oggi la premier, in viaggio verso Vilnius per il vertice Nato, fa tappa a Riga per un incontro con il premier lettone Krisjanis Karins. Nel pomeriggio sono previste dichiarazioni di rito ma senza domande. E quindi – è facile immaginare – senza riferimenti alla bufera in corso sul governo né ai quesiti politici posti dalle opposizioni. Attacca Schlein: “Non una parola è arrivata sulla proposta unitaria delle opposizioni sul salario minimo e questo silenzio non punisce l’opposizione ma mortifica tre milioni di lavoratrici e lavoratori poveri. Non una parola e non un fatto sono arrivati sul caro mutui che merita risposte, sull’emergenza abitativa che il governo ha inasprito tagliando il fondo affitto. Non una parola é arrivata sulla sicurezza sul lavoro, nonostante il tragico stillicidio di vittime. Non una sola proposta su come contrastare l’inflazione galoppante che sta impoverendo il Paese. Cos’altro deve accadere perché, infine, batta un colpo?”.
(da agenzie)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
NON SARÀ FACILE REPERIRLI VISTI GLI SLITTAMENTI DELLA RATA DEL PNRR A CAUSA DEI RITARDI ACCUMULATI DALL’ITALIA … E POI BISOGNA RISPETTARE IL CAMMINO DI DISCESA DEL DEFICIT E DEL DEBITO PUBBLICO, RISPETTIVAMENTE DAL 4,5 AL 3,7% DEL PIL E DAL 142,1 AL 141,4
Mancano poco più di due mesi alla presentazione della Nadef, la famigerata Nota di aggiornamento che traccia il quadro dello stato di salute del Paese e dei margini di manovra rispetto ai conti pubblici, ma tutte le questioni sono già ben delineate sul tavolo del governo. C’è una economia in frenata e un gettito fiscale in calo, un fabbisogno in forte crescita e poi ci sono spese irrinunciabili, che quindi non possono essere rinviate, spese praticamente obbligate e tante altre voci (alcune pesantissime) legate alle tante promesse fatte in campagna elettorale destinate in larga parte a restare sulla carta o come si usa dire a Palazzo Chigi e d’intorni venir considerate «obiettivi di legislatura».
E questo vale sia per la riforma fiscale, con il taglio delle tasse che servirebbe ad alleviare i bilanci di tante famiglie messe alle strette dal crollo del loro potere di acquisto, sia la riforma delle pensioni che doveva servire ad abbattere la legge Fornero.
In questa fase Giorgia Meloni e tutto il governo sono come stretti in una doppia morsa, che ha un’unica origine: l’inflazione. Da un lato infatti la raffica di aumenti dei tassi decisi dalla Bce determina una ulteriore impennata del costo del nostro debito pubblico, 10 miliardi in più solo nel 2024 e 51 nel triennio 2024-2026, e dall’altro gli aumenti dovuti ai pensionati obbligano sulla carta il governo a reperire per l’anno venturo un’altra ventina di miliardi.
In cassa per effetto della legge di Bilancio 2023 il governo per impostare la manovra del 2024 si ritrova con appena 5,7 miliardi (4,5 miliardi di margine rispetto al deficit tendenziale e 1,2 miliardi frutto della spending review ministeriale) a fronte di un fabbisogno che in partenza si sa già viaggia tra i 25 ed i 30. Cifre che con l’aggiunta dei finanziamenti del Pnrr che tardano ad arrivare a causa dei ritardi che abbiamo accumulato, non sarà facile reperire.
Questo almeno se si vuole rispettare il cammino di discesa del deficit e del debito pubblico, rispettivamente dal 4,5 al 3,7% del Pil e dal 142,1 al 141,4 (con uno 0,3% di avanzo primario) già concordato con Bruxelles e diventato oggi tanto più vitale nel momento in cui a livello europeo pende il rischio di riattivare nel 2024 i vecchi vincoli del patto di stabilità.
Il governo si dovrà porre il problema del rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici. Un recupero pieno dell’inflazione pregressa, in questo campo, comporterebbe una spesa record di 32 miliardi lordi di cui 18 a carico del settore statale che viene finanziato dalla legge di Bilancio. Sul fronte fiscale servono invece altri 10 miliardi per confermare il taglio del cuneo fiscale che scade a fine anno
Nel caso si dovessero prorogare sino a fine anno gli aiuti alle famiglie sul fronte del caro energia la proroga delle misure previste per il terzo trimestre costerebbe altri 800 milioni di euro. Per disporre di più cassa occorrerebbe spingere il pedale dell’acceleratore sulla lotta all’evasione, ma a quanto pare il governo da questo orecchio non ci vuole sentire, o tassare di più banche e multinazionali
(da agenzie)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
I PARENTI E GLI AMICI PIAZZATI NEI POSTI CHIAVE, L’OSSESSIONE DEL “TRADIMENTO”, LE DINAMICHE TRIBALI CHE NON FANNO POSTO AI NUOVI E L’INCAPACITA’ DI APRIRE FRATELLI D’ITALIA A NUOVE ENERGIE
Fratelli d’Italia: mai nome fu più profetico. Anticipatore di una
storia i cui protagonisti sono sorelle, cognati, figli, coinquilini, compagni, generi e amici di sangue. Un cronista con lunghi anni di esperienza in un giornale di destra : «Il grande limite di Meloni è la logica del clan. Dovrà dimostrare di essere capace di governare non solo con i “famigli”, e uscire dalla mentalità da Scientology che la perseguita da sempre. Se non lo farà, avrà un sacco di problemi». La testuggine meloniana è scattata in difesa della famiglia allargata
C’è il clan Tolkien, una generazione cresciuta nei campi Hobbit del Fronte della Gioventù dove la militanza della destra missina e post-fascista si appropriò della carica mitopoietica del Signore degli Anelli. «Noi siamo nati lì» rivendicava la storica portavoce di Meloni, Giovanna Ianniello, oggi coordinatrice della comunicazione. Sua sorella è moglie di Paolo Quadrozzi, devotissima ex firma della Voce del Patriota, anche lui assunto negli uffici di Palazzo Chigi, nella squadra del sottosegretario Alfredo Mantovano.
Nella catena familiare che blinda l’agenda e la logistica della leader, un’altra coppia ha un ruolo cruciale: la segretaria di sempre Patrizia Scurti, oggi capo della segreteria, e il marito chiamato come caposcorta della premier.
Sempre tra le stanze della presidenza del Consiglio si muove la nipote di Scurti, Camilla Trombetti, oggi collaboratrice diretta del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Di lui Meloni dice: «Qualunque cosa mi dica mi fido ciecamente». Nell’immaginario tolkeniano Fazzolari potrebbe essere Gandalf,
Arianna è diventata la Signora delle Tessere di FdI. L’anello che porta al dito è quello che la lega al marito Francesco Lollobrigida, il ministro-cognato che Meloni ha voluto all’Agricoltura
C’è da immaginarsi un vertice di governo o di partito, come un pranzo di Natale o una festa di compleanno. A tavola siede anche Andrea Giambruno, promosso alla conduzione di un programma Mediaset
Tempo fa la premier ha usato i social per difendere la sorella da una vignetta del Fatto, in cui si ritraeva Arianna a letto con un migrante. L’episodio è rivelatore della mentalità di Meloni: Se toccate lei, toccate me. Un po’ come ha fatto Ignazio La Russa con il figlio Leonardo Apache. Il papà viene prima della carica di presidente del Senato
Così è. Meloni ha inasprito ancora di più la sua indole, ogni volta che ha sentito odore di assedio ai suoi uomini. Non semplici colleghi di partito, ma amici. Sta succedendo di nuovo con Andrea Delmastro e Giovanni Donzelli. Il primo è sottosegretario alla Giustizia, il secondo coordinatore di FdI. I due a Roma sono coinquilini e una sera tra tante Delmastro rivela a Donzelli il contenuto di alcune intercettazioni dell’anarchico Alfredo Cospito, detenuto al 41 bis. Frasi che poi Donzelli userà in Parlamento contro il Pd.
Tre giorni fa il gip ha disposto l’imputazione coatta di Delmastro. Meloni deve ancora dare una risposta se l’annunciata stretta sulle intercettazioni e gli avvisi di garanzia sono un assaggio di nuove leggi ad familiam, sullo stile di Silvio Berlusconi, dopo i casi Delmastro e le inchieste sulla bancarotta per cui è indagata la ministra del Turismo Daniela Santanché, a sua volta amica e sodale di La Russa, co-fondatore di FdI e mentore di Meloni.
Alessandro Giuli, giornalista e amico che Meloni ha voluto a Rai 2, lo ha piazzato al Maxxi di Roma. La sorella, Antonella, è la portavoce di Lollobrigida. C’è il senso dell’esilio eterno, nel modo in cui la leader tiene compatta e difende la sua tribù. Il sapore di una battaglia che non finisce mai, neanche dopo la vittoria. Perché c’è da difendere una storia che si vive come una leggenda. Come insegna Aragorn, e cioè ancora una volta Tolkien, che nel film ha il volto di Viggo Mortensen e nella versione italiana la voce di Pino Insegno.
(da il Fatto Quotidiano)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
MA LICIA RONZULLI HA CONVOCATO COMUNQUE I PARLAMENTARI IL 12 LUGLIO ALLA BASILICA DI SANT’EUSTACHIO A ROMA…SUBITO E’ PARTITA DA ARCORE LA PRESA DI DISTANZA
Un mese senza Silvio Berlusconi. Mercoledì saranno passati trenta giorni dalla sua scomparsa. Il partito avrebbe chiesto ai figli del fondatore di Forza Italia se celebrare o meno una messa in suo ricordo. Questa volta a Roma, visto che i funerali si sono tenuti nel Duomo di Milano. Ipotesi non gradita dai familiari del Cavaliere, né tantomeno presa in considerazione da Marta Fascina. A quanto filtra da Arcore, riuniranno parenti e amici stretti nella cappella di villa San Martino, per evitare «l’effetto funerale bis». Con un messaggio recapitato allo stato maggiore degli azzurri: «Qualsiasi altra iniziativa è individuale».
Il «no» della famiglia non risolve però il caso. Di lì a poco i senatori di Forza Italia hanno ricevuto un messaggio WhatsApp di Licia Ronzulli, presidente del gruppo al Senato: «In occasione del trigesimo della scomparsa del nostro presidente, mercoledì 12 luglio alle ore 19.30, presso la Basilica di Sant’Eustachio a Roma, verrà celebrata la santa messa in ricordo del nostro presidente».
Una messa che sarà officiata da monsignor Mario Laurenti. Tutto questo rompe la pace all’interno del partito? Chi è vicino a Marta Fascina fa sapere che «la messa organizzata non ha visto il coinvolgimento né di Marta, né della famiglia». Dall’altra parte chi è legato alla senatrice Ronzulli risponde che «la messa sarà circoscritta ai soli parlamentari e che sarà una celebrazione sentita ma ristretta, non un funerale bis».
(da agenzie)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
LA PITONESSA IN AULA AVEVA DETTO : “INCASSAI 527 MILA DA KI GROUP”
Daniela Santanché aveva sottoscritto un patto parasociale con l’ex
compagno Canio Mazzaro che le permetteva di avere un pieno controllo, di fatto, delle società Bioera e Ki Group, collegate al gruppo Visibilia. Un ruolo attivo che, in meno di 9 anni, le ha permesso di portarsi a casa, tra stipendi e indennità per le cariche sociali, circa 2,5 milioni di euro, mentre durante l’audizione in Senato del 5 luglio scorso aveva affermato di aver incassato poco più di 500 mila euro.
Sono alcuni dei nuovi dettagli che emergono dal servizio di Report, firmato da Giorgio Mottola, in onda questa sera su Rai Tre e che in parte sembrano smentire quanto sostenuto dalla Ministra del Turismo durante la sua audizione in Senato il 5 luglio scorso.
Santanchè è indagata dalla Procura di Milano per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio insieme al compagno Dimitri Kunz D’Asburgo Lorena e alla sorella Fiorella Garnero. E a Report parla per la prima volta in chiaro anche la supertestimone – grande accusatrice della politica-imprenditrice – con cui Il Fatto Quotidiano dialoga da novembre scorso e che ha permesso di pubblicare già allora le prime esclusive sul caso. La manager si chiama Federica Bottiglione ed è l’ex responsabile degli affari societari di Visibilia. Un incarico fondamentale, il suo, perché in qualità di investor relator manager era autorizzata a interfacciarsi direttamente con Consob (Visibilia Editore Spa è quotata in borsa).
Bottiglione conferma, tra le varie cose, di aver continuato a lavorare in Visibilia, durante l’emergenza Covid, nonostante fosse stata messa (a sua insaputa) in cassa integrazione a zero ore.
Partiamo dalla questione emolumenti. In Senato, Santanché ha dichiarato: “Da Ki Group srl negli anni 2019, 2020 e 2021 ho incassato complessivamente 27 mila euro lordi, in tutti e tre gli anni. Per gli anni precedenti, 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018 (…) ho percepito dalla capogruppo mediamente un valore lordo annuo di circa 100 mila euro in maniera fortemente decrescente negli ultimi 3 anni”. In totale fanno 527 mila euro in 8 esercizi. L’analisi dei bilanci effettuata da Report però mostra altri numeri, la cui somma solo tra il 2014 e il 2018 arriva a toccare quota 1,7 milioni. Per poi arrivare a quota 2,5 milioni, secondo Report, nel 2021. Negli stessi 8 anni, tra l’altro, Mazzaro avrebbe invece incassato circa 7 milioni di euro. Periodo in cui, spiega alla trasmissione di Rai 3 l’esperto di riciclaggio Gian Gaetano Bellavia, la società perdeva ad esempio circa 2,7 milioni di euro solo nell’anno 2016. E infatti Ki Group nel 2021 ha avviato i licenziamenti della quasi totalità dei suoi 77 dipendenti a causa del dissesto dei suoi conti. Il personale è poi fuoriuscito definitivamente dall’azienda nel corso del 2023, “quando io già da tempo non avevo alcun ruolo”, si è difesa la ministra in Senato
Sempre in aula a Palazzo Madama, il 5 luglio scorso, Santanchè ha poi dichiarato: “Non ho mai avuto il controllo o partecipazione di un qualunque rilievo nelle imprese del settore dell’alimentare biologico e della sua distribuzione (…) La mia partecipazione in Ki Group non ha mai – ripeto mai – superato il 5 per cento (…)”. Un’affermazione, anche questa, che pare smentita dai bilanci mostrati da Report, dai quali si evince che Santanché possedeva il 14,9% di Bioera – controllante di Ki Group – attraverso la D1 Partecipazioni, altra holding in chi la ministra è socia insieme al suo ex fidanzato, il giornalista Alessandro Sallusti (estraneo a tutte le inchieste). Oltre al patto parasociale con Mazzaro, socio di maggioranza di Bioera, che, dice ancora Bellavia intervistato “di fatto associa la sua partecipazione a chi comanda (…) comandano in due”. Qui Report mostra anche sms, screenshot e messaggi vocali risalenti al settembre 2020, che dimostrerebbero il ruolo attivo di Santanché nella società in cui presiedeva le riunioni e “interveniva direttamente nella gestione”.
A Report, come detto, parla per la prima volta in chiaro Federica Bottiglione. La donna, ex dipendente di Visibilia, racconta che tra il 2020 e il 2021 guadagnava circa 1000 euro al mese, che nel periodo dell’emergenza – quando formalmente si trovava in cassa integrazione a zero ore – gli venivano corrisposti a titolo di rimborso spese. Nello stesso periodo, racconta sempre Bottiglione, le fu fatto un contratto di consulenza in Senato come assistente parlamentare sia dell’allora senatrice Santanché che dell’attuale presidente Ignazio La Russa: “Andare a prendere la posta nel casellario, controllare la posta elettronica”, erano le sue mansioni, a quanto dichiara a Report. La ministra in Senato aveva dichiarato che l’ex dipendente “non ha mai messo piede in Visibilia dall’entrata della sua cassa integrazione”, dichiarazioni apparentemente smentite dai comunicati e dalle email fornite da Bottiglione.
Il servizio di Report torna infine sul finanziamento a Visibilia da parte di un fondo arabo definito Negma. “Che l’intervento del fondo Negma anziché danni abbia portato vantaggi è pacifico – ha detto Santanchè in Senato –. Al termine del processo e con l’ingresso di un nuovo socio di maggioranza, che a sua volta ha provveduto a completare l’operazione, il titolo ha guadagnato in borsa da gennaio oltre il 500 per cento”. Eppure, fa notare Report, “prima che si avviasse l’operazione con il fondo arabo il valore del titolo era intorno ai 90 euro ad azione, dopo l’ingresso di Negma sprofonda a 10 centesimi”.
Intanto ieri Daniela Santanché è intervenuta alla kermesse La Versiliana, a Marina di Pietrasanta. Qui è stata duramente contestata, con cartelli, striscioni e megafono, da una ventina di lavoratori del turismo iscritti al sindacato Usb.
(da agenzie)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
L’INCHIESTA DI MILENA GABANELLI PER IL CORRIERE DELLA SERA
La curiosità di guardare nel portafoglio altrui per sapere quanto guadagna ce l’abbiamo tutti, soprattutto per sapere se paga meno tasse di noi. Un dato ovviamente blindato dalla legge sulla privacy. Ci accontenteremmo di conoscere almeno i redditi per categoria professionale. Ma anche qui è complicato perché quelli tratti dalle dichiarazioni dei redditi non sono pubblicati sul sito internet del Dipartimento delle finanze. È una scelta che il Mef fa per prudenza: siccome i dati a disposizione del ministero sono riferiti ai settori di attività per codice Ateco, il rischio è che le informazioni siano parziali.
L’attività svolta potrebbe avere un perimetro maggiore di quello rilevato e difficile da circoscrivere (società di diversa natura o associazioni di professionisti).
Ciò detto, Dataroom è riuscito a ottenere in tutta trasparenza i redditi medi dichiarati dalle categorie di professionisti e lavoratori autonomi più diffuse, dai tassisti ai ristoratori fino ai dentisti. È importante conoscerli perché, incrociandoli poi con le ultime dichiarazioni dei redditi Irpef di tutta la popolazione, si capisce chi paga le tasse in Italia e quanto.
Chi paga cosa
Partiamo dalla dichiarazione dei redditi Irpef 2022 (anno d’imposta 2021), aggiornata al 26 maggio 2023, e consideriamo chi ha pagato almeno 1 euro di tasse: sono 31,3 milioni di italiani che in totale hanno versato 156,9 miliardi di euro .
Nel dettaglio: 78,6 miliardi sono stati pagati da 17,5 milioni di dipendenti (al netto delle detrazioni d’imposta dell’ex bonus Renzi che vale 14 miliardi); 50 da 10,7 milioni di pensionati; 23,3 da 1,6 milioni di autonomi; 5 da 1,5 milioni classificati come «altri».
Se facciamo una proporzione tra le somme versate e il numero di teste, capiamo che c’è una correlazione: il 56% dei dipendenti paga il 50% di tasse; il 34% dei pensionati il 32%; il 5% della categoria «altri» il 3%. Gli unici a discostarsi sono gli autonomi che versano più tasse rispetto al loro peso come popolazione: il 5% paga il 15%.
Un risultato che può sorprendere: anche gli ultimi dati del «Rapporto annuale sull’evasione fiscale» firmato dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti mostrano che la propensione a non pagare l’imposta sui redditi delle persone fisiche per il lavoro autonomo e d’impresa è al 68,3% (qui il documento sul tax gap, pag. 24). Vuol dire che ogni 3 euro da pagare ne vengono evasi 2, pari a 32 miliardi di euro l’anno (2019). Com’è possibile?
Le tasse versate dagli autonomi
Approfondiamo. Degli 1,6 milioni di autonomi, 173.657 dichiarano un reddito sopra i 100 mila euro e versano 12,3 miliardi; 516.564 fra i 35 e 100 mila euro e versano 8 miliardi; 954.702 stanno sotto i 35 mila euro e versano 2,85 miliardi.
Anche qui, per capire meglio è utile rapportare il numero di teste ai 23,2 miliardi versati dall’intera categoria: l’11% paga il 53% delle imposte, il 31% paga il 35%, mentre il 58% paga il 12%.
Scopriamo così che all’interno degli autonomi i più ricchi contribuiscono molto, mentre sotto i 35 mila euro c’è un buco nero
È previsto dalla Costituzione (art. 53), ed è un principio sacrosanto, che le imposte siano progressive rispetto al reddito, ma sotto i 35 mila euro la differenza tra il numero dei contribuenti e la somma versata è troppo ampia per non pensare che in questa fascia si concentri una fetta importante di reddito non dichiarato.
Chi dichiara meno di 35 mila euro
Chi sono gli autonomi che dichiarano meno di 35 mila euro? Il 9% sono professionisti con Partita Iva, il 41% imprenditori con ditte individuali e il 50% soggetti che partecipano a società (srl, snc).
Dunque il 91% sono artigiani e commercianti iscritti alla Camera di commercio come i tassisti, gli idraulici, gli elettricisti, gli edili, i falegnami, i baristi e i ristoratori.
Vediamo allora quanto dichiarano per residenza anagrafica in alcune città capoluogo. L’anno di riferimento considerato è il 2019, perché è quello più pulito, senza strascichi da pandemia Covid. Sono redditi lordi, tolte le spese (acquisto dei materiali per svolgere l’attività, oppure l’ ammortamento dell’auto e della licenza, il carburante ecc.).
Le dichiarazioni dei redditi per categoria
I tassisti dichiarano a Milano 20.107 euro, a Bologna 14.461, a Roma 15.809 e a Napoli 9.833.
I ristoratori: a Milano 20.268, a Bologna 20.666, a Roma 18.366 e a Napoli 19.286.
Gli elettricisti: a Milano 32.521, a Bologna 24.794, a Roma 31.869 e a Napoli 22.692.
I geometri: a Milano 52.067, a Bologna 31.678, a Roma 39.063 e a Napoli 27.858.
I dentisti: a Milano 77.820, a Bologna 49.812, a Roma 71.164 e a Napoli 40.368.
Gli ingegneri: a Milano 78.833, a Bologna 59.097, a Roma 59.977 e a Napoli 56.625.
Gli avvocati: a Milano 112.040, a Bologna 91.318, a Roma 75.031 e a Napoli 62.232.
I commercialisti: a Milano 111.186, a Bologna 70.852, a Roma 79.031 e a Napoli 46.018.
Alle cifre dichiarate vanno tolti i contributi previdenziali (circa 5.000 euro), le detrazioni da lavoro, il 19% di spese mediche, interessi sul mutuo per la prima casa, la scuola dei figli, la ristrutturazione dell’abitazione, ecc.
Se, come i tassisti e i ristoratori a Milano, si parte da 20 mila euro, calcolando che sui primi 8.174 euro nessuna tassa è dovuta, alla fine al fisco viene versato poco più di mille euro, ma anche niente se uno è titolare di una previdenza integrativa.
Chi fa la dichiarazione ma non versa nulla
A conti fatti i contribuenti che fanno la dichiarazione dei redditi, ma non versano nulla sono 10,5 milioni, proprio perché le deduzioni abbattono l’imponibile, mentre le detrazioni abbattono l’imposta.
Divisi per categoria vediamo che il 26,3% sono autonomi, contro il 19% dei dipendenti e il 20,6% dei pensionati.
Da questi calcoli sono fuori 2,1 milioni autonomi che l’Irpef non la pagano perché avendo spese basse gli conviene il regime forfettario di Flat tax al 15%. Il dato complessivo di quanto hanno versato nell’ultima dichiarazione però non è disponibile.
Gli esentati per legge
Infine c’è un intero settore che, indipendentemente dal reddito, dal 2017 è esentato per legge dal pagamento dell’Irpef, ed è quello degli imprenditori agricoli, viticoltori, allevatori, pescatori. Sono escluse le società per azioni. L’esenzione, inizialmente giustificata come misura di sostegno temporaneo a fronte di un momento di crisi congiunturale del settore, è stata poi di anno in anno prorogata, fino al 2023, con l’ultima Legge di bilancio. L’andamento della produzione negli anni in esame non risulta però particolarmente negativa, o quanto meno non peggiore rispetto ad altri settori dell’economia» (come da relazione Cnel di settembre 2022), e va inoltre considerato che l’azienda agricola percepisce ogni anno i contributi europei.
Il danno provocato dagli evasori
In conclusione: l’85% dell’Irpef oggi in Italia la pagano i dipendenti e i pensionati. Questi risultati vanno di pari passo con l’inchiesta di Dataroom del dicembre 2021, svolta insieme con il Centro studi «Itinerari previdenziali» di Alberto Brambilla (qui), che mostra come in sostanza, poco più del 13% dei contribuenti compensa anche le spese primarie del resto della popolazione.
Nessuno intende puntare il dito contro gli autonomi e tantomeno generalizzare: fra chi dichiara redditi bassi ci sono persone che sono effettivamente con l’acqua alla gola, ma è fuori discussione che dentro a quelle categorie si nascondono troppi evasori fiscali che non pagano le imposte in base alla loro reale capacità contributiva, ma beneficiano dei servizi di assistenza sanitaria, sociale, e scolastica senza aver contribuito a pagarli.
Sono loro a mettere le mani nel portafoglio dei contribuenti onesti, e con la protezione politica, che di fatto impedisce all’Agenzia delle Entrate di utilizzare strumenti automatici di controllo.
(da Il Corriere della Sera)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
NON SOLO OPERA CONTRARIA ALLA TUTELA DEL PAESAGGIO, MA PURE DUBBI SULLA SUA TENUTA, SUI LAVORI E SUI COSTI NECESSARI
C’è un ponte sospeso sullo Stretto di Messina. Noi non possiamo
vederlo, ma lui sì: il ministro Salvini allunga lo sguardo sullo specchio d’acqua dove un tempo navigava Ulisse, dove secondo la leggenda Colapesce regge l’isola dal fondo per evitare che un giorno s’inabissi, dove l’effetto di Fata Morgana riflette a mezz’aria l’immagine delle due città gemelle, e già vede Scilla e Cariddi coniugate dal mastodonte lungo più di 3 chilometri, retto da due piloni che salgono a 400 metri di quota.
Sarà l’ottava meraviglia, la sua piramide privata. Sarà inoltre l’eccezione che smentisce ogni principio conosciuto. Giacché i ponti uniscono, collegano due sponde contrapposte. Invece il ponte sullo Stretto divide, divarica, distanzia. Non solo la politica, con destra e sinistra a fronteggiarsi tra favorevoli e contrari. Benché – diciamolo – a suo tempo l’idea venne sposata pure da Prodi, D’Alema, Rutelli, Renzi, oltre che da Berlusconi. Ma questo ponte ci separa inoltre dalla logica, o almeno dal buon senso. E ci allontana, ahimè, dalla Costituzione, dai suoi valori.
Mettiamo da parte i dubbi tecnici, che pure in queste faccende dovrebbero essere importanti. Anche se molti studiosi di strutture in acciaio lo reputano di fatto irrealizzabile, anche se il ponte a campata unica più esteso del mondo (quello dei Dardanelli in Turchia) misura il 63 per cento in meno di quest’ultimo prodigio. Lasciamo altresì da parte il rischio eolico, in una zona battuta da venti formidabili, che impediranno il traffico per almeno 30 giorni l’anno. O il rischio sismico, dopo 36 terremoti catastrofici nell’arco di due millenni (l’ultimo, nel 1908, ha fatto 80 mila morti). E dimentichiamo che le due sponde dello Stretto poggiano su placche continentali che si divaricano d’un centimetro per anno. In due secoli fanno un paio di metri; e allora il ponte si romperà come una corda tesa.
Sì, possiamo trascurare questi leggeri inconvenienti, possiamo perfino disinteressarci della sorte cui vanno incontro le popolazioni locali. Il comitato “Invece del ponte” calcola che i lavori dureranno almeno 10 anni, in base al raffronto con il Terzo valico e con altre opere pubbliche perennemente incompiute. Nel frattempo Messina verrà traforata dalle cave (occorre scavare 8 milioni di metri cubi, secondo alcune stime). Subirà il passaggio di centinaia di camion al giorno. Respirerà nubi di polvere. Verrà assordata dal rumore. Per ottenerne in cambio un’astronave sospesa fra le mulattiere, giacché in Sicilia corre (si fa per dire) il treno più lento d’Italia: 13 ore da Trapani a Ragusa.
Ecco, qui comincia ad affacciarsi la regola costituzionale, ammesso che qualcuno voglia prenderla sul serio. In quella Carta non c’è forse scritto che “la sovranità appartiene al popolo”? E si può allora decidere tutto questo pandemonio senza l’assenso popolare? In Francia la legge Barnier del 1995 garantisce il giudizio della cittadinanza sui grandi progetti d’infrastrutture nazionali. Da parte nostra potremmo quantomeno celebrare un referendum consultivo, è il minimo. Magari allargandolo a tutti gli italiani, dato che le grandi opere hanno sempre un rilievo nazionale, dato che in ballo c’è una spesa di 11 miliardi.
Il governo, viceversa, ha in odio il dibattito, preferisce l’indottrinamento. Sicché assegna un milione l’anno alla società concessionaria per “sensibilizzare” le popolazioni di Messina e Villa San Giovanni, anche attraverso concorsi nelle scuole. Roba da Minculpop, altro che libertà d’informazione. Ma il governo ha in odio pure la concorrenza, benché a sua volta iscritta nelle tavole costituzionali. Difatti attribuisce l’opera al vecchio General Contractor (disdetto nel 2013) senza una nuova gara; e scaricando per giunta tutti i rischi sulla parte pubblica, come ha denunziato l’Autorità Anticorruzione.
Infine, la Costituzione subisce una ferita nella norma – celeberrima – che promette la tutela del paesaggio. Che ne sarà di quel tratto di mare, con una cicatrice nera a sfregiare l’orizzonte? Sennonché lo Stretto di Messina è parte del patrimonio culturale, oltre che di quello naturale. Ne scrisse Omero, e poi anche Tucidide, e Virgilio, e Lucrezio, e Ovidio, e Dante, e Goethe, e Pascoli, e D’Arrigo. Si può oscurare questo lascito in nome della viabilità? Sarebbe come costruire un ponte sospeso sopra il Colosseo, per migliorare il traffico di Roma. Ma lo Stato italiano ha appena riformato l’articolo 9 della Costituzione, per rafforzare la tutela del paesaggio; e con quest’impresa diventa il primo nemico del paesaggio.
(da La Repubblica)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
IL SINDACALISTA DIFENDE I GIUDICI DALL’ATTACCO DEL GOVERNO
Per il segretario della Cgil Maurizio Landini la proposta di legge sul salario minimo a 9 euro l’ora è soltanto l’inizio. E il suo sindacato si impegna a lottare contro la precarietà. Mentre il governo Meloni non può risolvere tutto con il taglio del cuneo. L’obiettivo finale del sindacato, sostiene in un’intervista a Repubblica, è cancellare tutti i contratti precari. E nel colloquio con Valentina Conte il sindacalista stigmatizza anche l’attacco ai giudici di Palazzo Chigi e del ministero della giustizia.
Un passo avanti
«Il salario minimo orario legale deve essere parte di un intervento legislativo che dà valore generale ai contratti nazionali per tutti, in tutti i settori e per tutti i lavoratori, autonomi inclusi», esordisce Landini. Con queste condizioni, dice, la proposta delle opposizioni è «uno strumento, un passo avanti». Mentre il governo, dice ancora, «non pensi di risolvere l’emergenza dei salari più bassi d’Europa solo con il taglio del cuneo o inventandosi gabbie salariali. È il momento di applicare la Costituzione. Con una legge che misuri la rappresentanza e assegni i diritti ai lavoratori di votare gli accordi che li riguardano ed estenda erga omnes i contratti nazionali. Nei contratti non c’è solo il trattamento economico minimo».
Tredicesima, maternità, ferie
Ma ci sono anche «Tredicesima, maternità, ferie, malattia, infortuni, welfare. Il salario minimo orario è utile. Ma l’obiettivo finale è più ampio. Ovvero cancellare i contratti pirata e i contratti di lavoro precari». Rispetto alla posizione di Meloni, invece, «se la premier crede nella contrattazione, perché non ha messo un euro per rinnovare i contratti pubblici? Perché contrappone i benefici fiscali al rinnovo dei contratti? Anziché applicare la Costituzione per migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini, continua ogni giorno a volerla cambiare: prima con le proposte per l’autonomia differenziata e il presidenzialismo. Ora con un attacco violento e inaccettabile alla magistratura di berlusconiana memoria. È una ragione in più per scendere in piazza il 30 settembre».
(da agenzie)
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Luglio 10th, 2023 Riccardo Fucile
PARLA A REPORT FEDERICA BUTTIGLIONE, IN CAUSA DI LAVORO… LA STORIA DEI COMPENSI PER KI GROUP E LE FRASI DELLA MINISTRA IN SENATO
Federica Bottiglione, ex dipendente di Visibilia, dice che mentre
era in cassa integrazione lavorava in Senato. Come assistente di Daniela Santanchè e di Ignazio La Russa. Con cui aveva un contratto di consulenza.
E aggiunge che nessuno le aveva comunicato di stare usufruendo della Cig Covid a zero ore.
Il racconto, che getta ulteriori ombre sui conflitti d’interesse del presidente del Senato, Bottiglione lo ha fatto alla trasmissione Report, che lo manderà in onda stasera su Raitre.
Ma in ballo ci sono anche soldi. La ministra del Turismo avrebbe infatti sottoscritto un patto parasociale con il compagno Canio Mazzaro. Che le permetteva di avere di fatto il controllo di Ki Group. E ha incassato, tra stipendi e indennità per le cariche sociali, 2,5 milioni di euro in 9 anni. Durante l’audizione in Senato Santanchè aveva detto di averne portati a casa molti di meno (27 mila) ma in tre anni.
Bancarotta fraudolenta e falso in bilancio
Le anticipazioni della nuova puntata di Report le raccontano oggi il Fatto Quotidiano e La Stampa. Santanchè è indagata dalla procura di Milano per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio. Insieme a lei il compagno Dimitri Kuntz D’Asburgo Lorena e la sorella Fiorella Garnero. Bottiglione decide di parlare “in chiaro”, ovvero senza censure sulla sua immagine. In Visibilia ricopriva la carica di responsabile degli affari societari.
Con questo incarico poteva interfacciarsi con Consob. Nell’intervista afferma di aver lavorato in Visibilia durante l’emergenza Covid mentre era in cassa integrazione a sua insaputa. Tra il 2020 e il 2021 percepiva circa mille euro al mese. Che nel periodo dell’emergenza le venivano corrisposti a titolo di rimborso spese. Nel frattempo lavorava in Senato per La Russa e Santanchè: le sue mansioni erano andare a prendere la posta nella casella e controllare quella elettronica.
La ministra
La ministra aveva dichiarato che l’ex dipendente «non ha mai messo piede in Visibilia dall’entrata della sua cassa integrazione». In effetti nelle carte della causa davanti al giudice del lavoro di Roma e precisamente nella memoria dell’8 giugno – gli avvocati ammettono che la dipendente per l’azienda «ha svolto determinate attività (senza mai mettere piede nei locali aziendali), ricevendo e inviando mail».
E nel frattempo lavorava in Senato (fino al 2021). Per quegli incarichi la lavoratrice «emetteva fatture mensili». Per questo, scrivono gli avvocati, «Visibilia Editrice, viste le contestazioni mosse nel ricorso, ha ritenuto opportuno definire la posizione sotto il profilo retributivo-contributivo». Versando i 37 mila euro nel marzo 2023. Ieri Santanchè è stata contestata in Versilia proprio sul caso.
Gli stipendi
La donna dice in trasmissione che non riceveva buste paga nei termini di legge. Quando se ne è lamentata le hanno risposto: «Come per gli altri, facciamo rimborsi chilometrici. A quel punto ho chiesto: ma c’è Covid, c’è il lockdown, nessuno girava, dove sono andata?».
Sugli emolumenti di Santanchè lei stessa in Senato ha detto: «Da Ki Group srl negli anni 2019, 2020 e 2021 ho incassato complessivamente 27 mila euro lordi, in tutti e tre gli anni. Per gli anni precedenti, 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018 (…) ho percepito dalla capogruppo mediamente un valore lordo annuo di circa 100 mila euro in maniera fortemente decrescente negli ultimi 3 anni». Ovvero, conta il Fatto, in totale 527 mila euro in 8 esercizi. L’analisi dei bilanci effettuata da Report però mostra altri numeri.
2,5 milioni da Ki Group
Ovvero, tra il 2014 e il 2018, 1,7 milioni. Per poi arrivare a quota 2,5 milioni, secondo Report, nel 2021. Mentre l’ex compagno Mazzaro ha incassato 7 milioni. All’epoca la società perdeva 2,7 milioni di euro solo nel 2016. Nel 2021 l’azienda ha licenziato la quasi totalità dei suoi 77 dipendenti. Il personale è poi fuoriuscito definitivamente dall’azienda nel corso del 2023, «quando io già da tempo non avevo alcun ruolo», si è difesa la ministra in Senato».
(da Open)
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