Destra di Popolo.net

IL GOVERNO MELONI E GLI EVASORI

Luglio 24th, 2023 Riccardo Fucile

QUEL PATTO DEI SOVRANISTI CON L’ITALIA PEGGIORE

Sarebbe ingenuo sorprendersi delle uscite di Giorgia Meloni e Matteo Salvini su tasse ed evasione fiscale. Attenzione: quando la premier usa parole mafiose per giustificare chi non paga il dovuto all’erario («pizzo di stato») l’indignazione è una reazione appropriata.
Così come naturale sdegno provocano gli ammiccamenti del segretario della Lega ai predoni che si rifiutano di saldare le cartelle esattoriali dovute all’Agenzia delle entrate.
Alla stizza, però, va aggiunta una riflessione sulla base elettorale della destra di governo. E sulle sue strategie per gestire il consenso.
Meloni ha vinto le elezioni firmando un patto esplicito con l’elettorato di riferimento, fondato su due pilastri fondamentali.
Uno securitario (contro i migranti in primis) e uno, in campo economico, incentrato sulla flat tax in varie salse, l’eliminazione del reddito di cittadinanza e laissez-faire per le categorie di riferimento. Arrivata a palazzo Chigi, la destra nero-verde non riesce però a tagliare le tasse come promesso. Dunque alliscia il suo popolo come può.
Con dichiarazioni che piacciono a lavoratori autonomi, piccoli imprenditori e professionisti (secondo gli ultimi dati del Mef è la loro evasione a pesare maggiormente sul mancato gettito); e attraverso lo scudo politico concesso alle partite iva, i cui comportamenti abusivi vengono tollerati per puro tornaconto elettorale.
Il patto della destra con l’Italia peggiore è poi incentrato su un’altra contraddizione. Anche gli operai e gli impiegati che subiscono sulla propria pelle gli effetti nefasti dell’evasione lo scorso settembre hanno infatti votato in massa il partito di Meloni.
Com’è possibile che persino gli insegnanti delle scuole che guadagnano in media la miseria di 1.600 euro al mese, salario tra i più bassi d’Europa, premino – secondo Ipsos – una coalizione che non protegge loro, ma corporazioni (quella dei tassisti, per fare un esempio di attualità) che incassano senza versare i tributi e danneggiando la collettività?
La risposta è nell’altra parte dell’offerta politica di Lega e Fratelli d’Italia. Incentrata sulla propaganda che ha convinto i ceti meno abbienti, quelli che un tempo votavano a sinistra, che le disuguaglianze economiche non sono colpa di una cattiva distribuzione delle ricchezze tra chi ha di più e chi di meno. Ma è dovuta alla concorrenza di stranieri e migranti che delinquono, e che «rubano il lavoro agli italiani».
Un disegno che al fine provoca un conflitto sociale tra deboli, e che consente alla destra di sviare l’attenzione dalla vera sperequazione in atto. Quella, cioè, che vede ricchi sempre più ricchi pagare meno tasse di quello che dovrebbero, e poveri sempre più poveri che si fanno la guerra tra loro per un osso. Quando le opposizioni progressiste concentreranno ogni sforzo per svelare questo imbroglio di successo, non sarà mai troppo presto.
(da editorialedomani.it)

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MOSCA COLPITA CON DUE DRONI

Luglio 24th, 2023 Riccardo Fucile

KIEV RIVENDICA: “PUTIN HA PERSO IL CONTROLLO ANCHE DEI SUOI CIELI, SUBIRA’ ALTRI ATTACCHI”

L’intelligence militare ucraina ha rivendicato gli attacchi compiuti con droni su Mosca nelle prime ore di lunedì 24 luglio. La capitale si è svegliata infatti questa mattina con due esplosioni. Ad essere colpito, secondo quanto riportato dall’agenzia russa Tass, è stato un centro commerciale in via Likhacheva, vicino a una delle principali tangenziali di Mosca, mentre un secondo drone sarebbe caduto su Komsomolsky Prospekt, a poco distanza dalla sede del ministero della Difesa russo. «Gli attacchi contro infrastrutture chiave del settore di sicurezza russo a Mosca sono la prova che il regime di Putin non è in grado di controllare completamente il cielo, neppure per neanche per la protezione delle sue strutture più importanti», ha affondato il colpo il portavoce dell’intelligence militare ucraina (Gur) Andriy Yusov.
Parlando al Kyiv Post, Yusov ha aggiunto minaccioso che attacchi di questo genere «continueranno e aumenteranno di portata».
Per motivi di sicurezza, riporta la Tass, alcuni voli in arrivo all’aeroporto di Vnukovo sono stati dirottati su altri aeroporti. Non è la prima volta che Mosca si trova a dover fare i conti con un attacco dronistico. L’ultimo episodio risale al 4 luglio scorso. Anche in quell’occasione il Cremlino ha accusato Kiev di aver orchestrato l’attacco.
(da agenzie)

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IGNAZIO LA RUSSA E DANIELA SANTANCHE’: “UN PATTO INDISSOLUBILE” TRA AMICIZIA, FESTE E AFFARI

Luglio 24th, 2023 Riccardo Fucile

I PARERI LEGALI DI LUI E IL SODALIZIO CON VERDINI

La loro storia è da sempre un intreccio di politica, salotti e lavoro: quest’ultimo volgarmente definito, in alcuni casi con sottotesto, come «occuparsi di affari reciproci».
E a intuirne l’intreccio oltre dieci anni fa, quindi ben prima delle cronache di questi giorni, è stato il missino e «nobile dandy fascista» Tomaso Staiti di Cuddia.
Acerrimo avversario della corrente dei siculi sbarcati a Milano
«Ligresti-La Russa», cresciuti tra i neri dell’Etna, in una intervista al sito della casa editrice cattolica-evoliana Effedieffe nel 2010 descriveva così l’arrivo di Daniela Garnero in Santanchè nell’area della destra-destra milanese: «Lei e Ignazio la Russa hanno siglato un patto politico-mondano-commerciale. Ignazio le ha aperto le porte della Provincia, lei quelle dei salotti».
Un patto, un legame fatto di vacanze insieme, amici comuni, Milano festaiola e Parlamento. Un legame che stona con la fredda presa di distanza dalle vicende che stanno coinvolgendo la ministra-imprenditrice con indagini sulle sue società, dipendenti che denunciano irregolarità e soldi da raccattare e in fretta per evitare fallimenti e bancarotte: «Mai lavorato per le società di Santanchè», ha detto il presidente del Senato. Non proprio così, come ha dovuto ammettere la stessa ministra in Senato nell’arringa difensiva che non le ha evitato la mozione di sfiducia che sarà discussa mercoledì su proposta dei 5 stelle: «Lo studio legale La Russa ha curato una diffida a uno dei miei soci in Visibilia», ha detta la ministra. Non proprio così ancora una volta: La Russa da avvocato ha firmato altre due diffide inviate a Milanotoday per conto di Visibilia e del fondo di Dubai Negma che ha prestato soldi alle società della ministra. E in una assemblea dei revisori di Visibilia a verbale è scritto che per un consulto è stato chiamato «l’avvocato La Russa».
Il presidente del Senato è stato visto in un ristorante con Santanchè prima dell’intervento in Senato e poi ci sono altre vicende che riportano all’intreccio La Russa-Santanchè sul lato degli affari: l’acquisto e la rivendita in un’ora con guadagno da un milione di euro della villa del sociologo Francesco Alberoni da parte della moglie del presidente del Senato, Laura De Cicco, e del compagno e socio in affari della Santanchè, Dimitri Kunz. A proposito di Alberoni, chi lo ha introdotto alla corte di La Russa anni fa? Ma lei, la Garnero Santanchè.
Daniela e Ignazio, una coppia politica che a Milano fa vita comune da decenni. Sua assistente nei primi anni Novanta, La Russa nel 1995 la fa entrare in An. Diventa quindi consulente di un’assessora a Milano, Serena Manzin, e nel ‘99 viene eletta consigliera provinciale.
Nel 2001 il grande salto a Roma alla Camera e l’ingresso nel Pdl quando a guidare le creatura nata dalla fusione tra An e Forza Italia sono la triade Sandro Bondi, La Russa e Denis Verdini: quest’ultimo grande amico e tessitore di relazioni per entrambi. La Russa e Santanchè vanno a trovarlo insieme in carcere e ancora oggi hanno un filo diretto con lui. Scrive nella sua autobiografia «Sono una donna, sono una santa» l’odierna ministra: «Sono entrata in politica grazie a La Russa, che ritengo uno dei miei pochissimi amici. Insieme a Denis Verdini».
La Russa nel 2003 fa fare l’assessore al Turismo a Daniela nel Comune di Ragalna, sull’Etna, dove il presidente del Senato ha una casa di famiglia e allora villeggiava spesso lì prima dei lussi della Sardegna e delle tante case comprate nel borgo di Zoagli in Liguria anche dal Comune e a buon prezzo.
Venti anni fa l’allora assessora di Ragalna sognava comunque già in grande e annunciava un progetto faraonico: quello di costruire alle pendici del vulcano un resort «a metà fra Hollywood e il safari in Kenya». Non se ne farà nulla, per fortuna. Ma pochi anni dopo La Russa spinge per premiarla e farla eleggere vice presidente della Camera: non ci riuscirà, ma grazie ai buoni uffici di Ignazio diventerà sottosegretaria dell’ultimo governo Berlusconi.
A parte una parentesi con La Destra di Francesco Storace, che la separa per un po’ da La Russa, la “Santa” torna nel partito di Giorgia Meloni e grazie all’asse con Mario Mantovani, l’amico di mamma Rosa Berlusconi, si prende il partito a Milano con i buoni uffici proprio di Ignazio, che con lei si fa vedere ovunque, anche in piccoli eventi in provincia. Sull’altra sponda l’ala di Carlo Fidanza, che oggi osserva con un certo sorrisino di piacere le disavventure del tandem.
Ma anche durante la parentesi con La Destra, La Russa e Santanchè sono spesso insieme, dalla Toscana a Cortina, dove vanno a sciare con mogli e compagni. Sempre insieme, legati, fino ai giorni nostri.
Lo scorso settembre sui divanetti di A’Riccione Terrazza 12 a Milano Santanchè attende l’esito del voto insieme a Mantovani e al figlio più grande del presidente del Senato, Geronimo La Russa: oggi alls guida dell’Aci, un ente che collabora con il ministero del Turismo per la programmazione dei fondi europei 2023-2030. Per dire i casi della vita e gli intrecci dei “Larussanchè”, come ormai li chiamano a Milano.
(da La Repubblica)

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LA FOBIA DELLO STRANIERO NELL’ITALIA CHE MUORE

Luglio 24th, 2023 Riccardo Fucile

LA NOSTRA MALATTIA E’ LO SPOPOLAMENTO, NON UNA INVASIONE CHE NON ESISTE SE NON NEI CERVELLI MALATI

Alla grande conferenza di Roma su sviluppo e migrazioni i governanti europei, a cominciare dai nostri, non parlano che di fermare i migranti irregolari. Comprensibile e persino commendevole, magari cominciando a rendere meno impossibile approdare in Italia e in Europa per via regolare. Finora pare non si riesca a inventare nulla di meglio che finanziare regimi arabi mediterranei perché sbarrino la loro frontiera terrestre con l’Africa profonda, facendo leva sul diffuso disprezzo per i neri. Il caso tunisino è modello.
Morire pugnalati nel Sahara come alternativa ad affogare nel Mediterraneo? Confidiamo che persuasione morale e incentivi economici del nostro governo nei confronti del presidente Saied – non più né meno dittatore di quasi tutti i suoi colleghi nordafricani – migliorino il clima a Sfax e dintorni.
Eppure la grande nuvola mediatica alimentata da esponenti e ministri della destra continua a battere sull’incubo dell’invasione. E anche a sinistra ogni tanto uno squillo rimbomba. Fino a scivolare nel puro complottismo, evocando il mostro della “sostituzione etnica”. Sempreverde teoria per cui misteriose élite cosmopolitiche organizzerebbero la liquidazione della razza bianca per imporre il dominio di neri e alieni vari nel Vecchio Continente. Italia in testa. Come se noi italiani, per fortuna uno dei popoli più “impuri” al mondo, fossimo gli eredi diretti di Giulio Cesare o i greci discendessero da Pericle.
Fin qui classico razzismo. Ma colpisce il tentativo di mettere insieme migrazioni e complotto anti-italiano in un Paese che ha nel declino demografico il suo tallone di Achille.
La nostra priorità dovrebbe consistere in robuste politiche di sostegno alla famiglia e alla natalità insieme a costanti flussi migratori, regolari e gestiti per quote con Paesi stranieri, per evitare la desertificazione del Belpaese.
Altro che sostituzione etnica: qui rischiamo lo spopolamento, con una popolazione anziana di proporzioni insostenibili, sufficienti a sovvertire l’equilibrio sociale.
Oggi un italiano su quattro ha almeno 65 anni, fra vent’anni sarà uno su tre. Le classi scolastiche si svuotano – i ragazzi fra i 3 e i 18 anni sono oggi 8 milioni e mezzo, saranno 7 fra vent’anni – e le iscrizioni alle università calano di brutto.
Bassa natalità e invecchiamento della popolazione ci spingono verso un drastico declino, non solo economico. E noi ci preoccupiamo del colore della pelle di chi abita lo Stivale?
Forse converrebbe spendere almeno parte delle energie con cui alimentiamo la paura dei migranti per studiare e combattere la vera emergenza nazionale. Né possiamo ridurla alla dimensione economica e sociale, che pure pesa. È un’emergenza culturale che riguarda il nostro modo di (non) convivere, la concentrazione autistica su se stessi, quasi fossimo noi lo scopo della nostra vita.
La miscela fra emergenza demografica e fobia del migrante – o dell’altro in genere – può innescare circuiti culturali devastanti. I movimenti estremisti violenti e razzisti che hanno insanguinato l’Europa nella prima metà dello scorso secolo sono fioriti sulla narrazione dell’aggressione aliena contro una minoranza minacciata, che intanto dominava il mondo e colonizzava Afriche e Asie. Per tacere del segregazionismo americano, tutt’altro che domato.
È difficile affrontare con piglio propositivo questioni esistenziali di tanto calibro, coscienti come siamo di non poterle risolvere nel breve periodo. Ma per poterle gestire e curare non con magie improbabili ma via terapie da affinare è meglio concentrarci sulla realtà. E scacciare i fantasmi. Specie in tempo di guerra.
(da La Stampa)

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SALARIO MINIMO, LO DICE LA COSTITUZIONE: L’INIZIATIVA PRIVATA NON PUO’ ANDARE CONTRO L’UTILITA’ SOCIALE

Luglio 24th, 2023 Riccardo Fucile

LA DESTRA ASOCIALE SI RILEGGA L’ART 36 DELLA COSTITUZIONE

La lotta per il salario a nove euro come richiede l’opposizione al governo Meloni è poca cosa in confronto alla velocità con cui corre la povertà in Italia. Questa piaga sociale si affaccia prepotentemente alle porte della classe media e nessuno può negare che in questo modo la distribuzione della ricchezza viene inesorabilmente erosa.
La perdita dei valori umani e costituzionali delle leadership di questo Paese è un dato di fatto e ha contagiato quella classe media a cui tutta la politica cerca di parlare. Se gli italiani si abituano a ragionare: “ciò che accade agli altri non mi riguarda, l’importante è che mi salvi io” dimostrano di rifiutare i valori fondanti dei padri costituenti. Ci siamo forse persi per strada qualcosa che le destre hanno raccolto e buttato nella spazzatura: le libertà costituzionali.
A milioni di salariati che non hanno i soldi per finire il mese cosa può interessare della Costituzione? I poveri assoluti non sanno cosa sia la Costituzione e i super ricchi riconoscono solo il valore del denaro.
Va presa coscienza che la battaglia sul salario minimo è di fondamentale importanza per la ripresa economica, ma soprattutto per la rinascita di quei valori sociali che il sistema sta voracemente divorando. Il principio che deve essere avanzato è la garanzia delle minime necessità (cibo, vestiti, casa, servizio sanitario, istruzione), articoli 25 e 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani, che è poi l’applicazione dell’art. 36 della Costituzione.
Se fai una battaglia sul salario minimo esso deve coprire le minime necessità, perché è questo il valore umano che l’economia deve garantire. Solo se la lotta si farà per questo valore i lavoratori prenderanno coscienza costituzionale. L’opposizione si deve muovere in questa direzione: M5s, sinistre, sindacati sbagliano a fare la lotta con l’obbiettivo dei nove euro perché è priva di valore etico ed economico. Il sindacato non può nemmeno pensare: “la congiuntura non è favorevole non bisogna troppo scomodare gli imprenditori”. Ragionare in questa maniera non solo provoca da anni la diminuzione di lavoratori e iscritti, ma proliferano i lavoratori sottopagati e precari.
Il problema della povertà è strutturale, cioè ci sono meccanismi socio-economici che producono il rischio di povertà. Altrimenti non sarebbe possibile spiegare perché, mentre gli imprenditori aumentano i profitti, i lavoratori hanno sempre meno potere d’acquisto e la povertà avanza. Se la garanzia delle minime necessità è un valore universalmente riconosciuto, perché imprenditori e super ricchi non dovrebbero rispettare la Costituzione? Non potranno giustificare di fronte all’opinione pubblica i loro lauti profitti mentre pagano stipendi da fame ai loro lavoratori e la povertà attanaglia il 25% della popolazione.
Se la Confindustria e tutte le sue “sorelle minori” negheranno tali valori, bisogna lottare e richiedere la modifica esplicita in tal senso dell’articolo 36 della Costituzione. “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente a garantire le minime necessità (cibo, vestiario, casa, sanità e istruzione) a sé e alla famiglia, necessarie per un’esistenza libera e dignitosa”.
Non basterà portare i lavoratori in piazza, bisogna risvegliare le coscienze degli italiani. Bisogna mettere su una bilancia il valore della dignità umana e il valore del denaro, allora sì che i super ricchi e le loro schiere di cortigiani inizieranno a preoccuparsi. La lotta per il salario minimo avrà un risultato positivo solo se si inizierà a rivendicare il limite dell’iniziativa economica privata come prevede l’art. 41 della Costituzione “… Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Se non saremo capaci di trasmettere questi valori agli italiani la battaglia si perde. Se la lotta alla povertà salariale diventa un valore si vince.
(da Il Fatto Quotidiano)

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OPERAZIONE PULIZIA DEI RICH KIDS LONDINESI: DAI PROFILI SPARISCONO LE FOTO DEL DJ INDAGATO PER VIOLENZA SESSUALE CON LA RUSSA JR

Luglio 24th, 2023 Riccardo Fucile

DOPO LA NOTIZIA DELL’INDAGINE, CANCELLATE LE IMMAGINI CON IL FIGLIO DI MADONNA E UN ALTRO NOME DEI SALOTTI BENE

Operazione pulizia sui social da quando il nome di Tommaso Gilardoni è finito sul registro degli indagati assieme a quello di Leonardo La Russa. Entrambi i ventenni sono al centro di un’inchiesta della procura di Milano a seguito del racconto di una 22enne, che ha denunciato una violenza sessuale dopo una notte in discoteca. Oltre al figlio del presidente del Senato, in questi giorni è emerso un profilo più delineato del 24enne di origine comasche, il quale sembra fosse poco avvezzo agli ambienti notturni del capoluogo lombardo, preferendo di gran lunga quelli di Londra, città dove si era trasferito a vivere da alcuni anni e dove avrebbe incontrato proprio Leo Apache, qui per studi universitari.
Nella capitale inglese dj Tommy, così come è conosciuto, era riuscito ad entrare nel giro dei “rich kids”, figli di vip ed imprenditori di successo che non disdegnano la bella vita e le ore piccole, come ampiamente documentato sui rispettivi profili social.
Gli stessi che ora sembrano voler prendere le distanze da Gilardoni fin quando l’inchiesta della Procura non farà chiarezza sul suo coinvolgimento. Tra tutti spicca il nome di Rocco Ritchie, il figlio 22enne di Madonna e del regista inglese Guy, con il quale più volte dj Tommy aveva condiviso varie occasioni di svago. Occasioni che, fino a poche ore fa, erano documentate sul profilo Instagram del figlio della popstar e che invece ora sono state cancellate in una sorta di “operazione pulizia”.
Il riferimento è alla serie di foto e video con i quali Rocco Ritchie ha raccontato, in un post pubblicato lo scorso 26 giugno, la sua escursione in motocross lungo le strade sterrate della Romania, nella regione della Transilvania, proprio insieme a Gilardoni, taggato dallo stesso Rocco nei vari scatti pubblicati, ora spariti.
Non era la prima volta che i due si ritrovavano insieme in situazioni di piacere; era già accaduto il 14 dicembre del 2022 e, anche in questo caso, niente più traccia sui social. Gilardoni è intento ad accendersi una sigaretta, Rocco Ritchie tiene in mano una pipa, con loro c’è anche Guy Belot, un altro nome dei salotti buoni della Londra by night. Tutti e tre elegantissimi, ma di loro ora non c’è più traccia, almeno sui social. Ad aver pubblicato la foto, rimossa nelle ultime ore, il fotografo Robin Hunter Blake, noto per raccontare in immagini il mondo della notte londinese e i suoi protagonisti
Lo scatto era avvenuto in uno studio a Chelsea, come spiegava la geolocalizzazione inserita nel post. Rimosso anche un secondo scatto sempre ad opera di Blake, pubblicato il 17 ottobre del 2021, in cui aveva dedicato a Tommaso Gilardoni un primo piano, immortalato in giacca, cravatta pochette e occhiali scuri. Anche di questa foto niente più traccia.
Sul profilo Instagram di Blake rimane giusto una foto in cui Gilardoni è ancora taggato: è il 22 agosto del 2022, dj Tommy è di spalle su uno yacht ad Ibiza come recita la geolocalizzazione. Una foto che forse, per distrazione, è sfuggita alla ”operazione pulizia”.
(da Open)

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IL CROLLO DEI RAZZISTI DI VOX È UNA SCONFITTA PERSONALE PER GIORGIA MELONI

Luglio 24th, 2023 Riccardo Fucile

NON SOLO PERCHÉ AVEVA SPONSORIZZATO CON COMIZI E SLOGAN IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA DELL’AMICO “SANTI” ABASCAL, MA SOPRATTUTTO PERCHÉ IL BUON ESITO DELLE ELEZIONI A MADRID ERA IL PRIMO PASSO DELLA STRATEGIA DELLA DUCETTA PER LE EUROPEE DEL PROSSIMO ANNO… L’ALLEANZA POPOLARI-VOX IN SPAGNA AVREBBE APERTO LE PORTE A QUELLA TRA PPE ED ECR IN UE

«Il modello italiano»: questo era il risultato più importante per Giorgia Meloni. L’ultradestra di Vox dentro il governo, un governo di centrodestra. E invece, a guardare e a riguardare i dati, la realtà dei voti parla chiaro, ed è una realtà che via via che lo spoglio proseguiva ha assunto il sapore dell’incubo: l’alleato dei patrioti italiani, Santiago Abascal, è andato molto peggio delle ultime elezioni. Non c’è stato l’effetto traino del melonismo, della sorella d’Italia, di “Yo-soy-Giorgia”.
La rivoluzione conservatrice può attendere. Per Meloni e Fratelli d’Italia il voto in Spagna rappresentava una tappa significativa nel cammino verso il capovolgimento degli equilibri europei. Non è andata come si sperava. E forse la presidente del Consiglio qualcosa lo aveva già intuito all’arrivo degli ultimi sondaggi, mentre si dirigeva a cena, dopo aver chiuso la Conferenza sull’immigrazione alla Farnesina. Nessun commento, nessun entusiasmo. Incerta se preparare un comunicato o meno.
L’aritmetica elettorale spagnola lasciava troppi margini di interpretazione. Forse un presagio ha consigliato prudenza: la premier sa che la sconfitta della destra spagnola è la sconfitta del format italiano, ma anche la sconfitta del progetto europeo che Meloni coccola in vista delle elezioni del 2024, e che punta al blocco tra popolari e conservatori, per far fuori i socialisti.
Vox – il partito gemello di FdI – ha perso una ventina di seggi. Male, molto male
Del “modello italiano” è certamente mancata la terza componente, quella autonomista che a Roma è rappresentata dalla Lega, un partito che è parte del governo di destra, mentre a Madrid è divisa tra forze politiche visceralmente nemiche di Vox e incompatibili con i post-franchisti.
Tra due mesi tocca alla Polonia, altro voto che è cruciale nei piani di Meloni. A Varsavia però i giochi sono ancora più difficili. Perché l’alleato della leader di FdI, il premier Mateusz Morawiecki, se la dovrà vedere Donald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo e membro del Partito popolare europeo. Un’ulteriore inconciliabilità che complica i sogni di rivalsa europea di Meloni.
(da La Stampa)

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SPAGNA, NON C’È LA GRANDE SPALLATA, GLI AMICI DELLA MELONI SONO CROLLATI

Luglio 24th, 2023 Riccardo Fucile

ECCO GLI SCENARI POSSIBILI PER UN FUTURO GOVERNO

Se la Spagna doveva essere il laboratorio della nuova alleanza tra popolari e conservatori per governare l’Europa, non è andata benissimo. La diga socialista tiene, il centrodestra è lontano dalla maggioranza assoluta. È stata una sorpresa. Erano sbagliati i sondaggi, erano sbagliati gli exit-polls. Il premier socialista Pedro Sánchez rimonta. I popolari crescono, si affermano come primo partito, ma non sfondano. Vox perde 19 seggi.
La Spagna profonda ha detto no all’accordo tra popolari e conservatori. I socialisti hanno mobilitato i loro territori tradizionali. Siviglia, un tempo roccaforte rossa, ora governata dalla destra, si è mossa a favore di Sánchez. Lo stesso è accaduto in Catalogna, dove la sinistra indipendentista di Esquerra Republicana crolla, e anche i separatisti di centrodestra di Junts per Catalunya cedono voti al partito socialista: Barcellona non vuole la destra al governo a Madrid.
Ancora una volta, gli elettori hanno avuto più paura di Vox che dei separatisti catalani. Certo, per il Psoe non è una vittoria. Alla fine il sorpasso dei popolari c’è stato. Ma i socialisti possono fare accordi in Parlamento con catalani e baschi; i popolari no.
A questo punto gli scenari sono tre. Il re chiede a Feijóo di formare il nuovo governo; anche se non si capisce come. Sánchez riesce a ricostruire una maggioranza; ma deve trasformare l’astensione di baschi ed Esquerra Republicana in un Sì (Junts ha già chiesto un referendum per l’indipendenza catalana che nessun premier potrà mai concedere). Oppure si torna al voto.
Feijóo avrebbe fatto volentieri a meno di dialogare con Vox. Il suo schema era e resta un governo di minoranza, con l’astensione dei socialisti. Ma lo schema prevedeva il crollo di Sánchez. Dentro il Psoe c’è un’anima centrista, disposta a lasciar governare i popolari.
Sono i baroni che considerano ancora leader morale il grande vecchio Felipe González, che non è un estimatore di Sánchez. Ma sono gli stessi baroni usciti a pezzi dalle amministrative; al momento nel partito un’alternativa al sanchismo non c’è.
Anche nel Pp esistono due anime. C’è quella di destra, incarnata dalla presidente della Comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso. E c’è quella centrista, rappresentata appunto da Feijóo. Il candidato premier è stato molto critico con Vox, in tutta la campagna elettorale.
§È vero che Feijóo ha tenuto toni duri, a volte aggressivi. Tuttavia, è evidente che Feijóo aveva scelto di non inseguire Vox sulla via dell’estremismo, ma aveva tentato di conquistare il centro. Ci è riuscito solo in parte.
La vera questione, ovviamente, è l’Europa. I popolari hanno un antico legame con la Cdu tedesca: la Germania del resto controlla buona parte del debito pubblico spagnolo. L’interlocutore naturale di Feijóo non è Orbán, non è Marine Le Pen, non è Alternative für Deutschland; è Ursula von der Leyen.
È chiaro che l’Europa preferirebbe un accordo tra popolari e socialisti; che tuttavia non fa parte della cultura politica spagnola. Vox esce malconcia dal voto; e alla fine si è rivelata la migliore alleata dei socialisti. Del resto, il Paese è in piena ripresa economica. Edilizia e turismo, le due leve della crescita spagnola, hanno ripreso a funzionare. L’occupazione è al massimo storico. L’inflazione scende.
A questo punto il Pp deve scegliere se tenere la linea centrista. O se spostarsi a destra, per assorbire i voti di Vox, dopo aver prosciugato il serbatoio liberale di Ciudadanos, il movimento che ora non esiste più. Proprio come Podemos, che si è sciolto in Sumar, una coalizione che appunto somma tutte le forze a sinistra dei socialisti: la sua leader, la vicepremier Yolanda Díaz, raccoglie 31 seggi che potrebbero rivelarsi decisivi per puntellare l’attuale maggioranza di governo. Anche se un ritorno alle urne è tutt’altro che da escludere.
(da il Corriere della Sera)

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CHE SUCCEDE ORA IN SPAGNA? IL RE FILIPPO VI DOVREBBE DARE UN INCARICO AI POPOLARI, CHE SONO EMERSI COME PRIMO PARTITO. MA IL TENTATIVO DI FORMARE UN GOVERNO DI DESTRA È DESTINATO A FALLIRE, VISTO IL CROLLO DEI RAZZISTI DI VOX

Luglio 24th, 2023 Riccardo Fucile

A QUEL PUNTO, SI RIAPRE LA POSSIBILITÀ DI UNA RIEDIZIONE DELL’ESECUTIVO DI SINISTRA GUIDATO DA SANCHEZ: GLI MANCANO SOLO QUATTRO SEGGI PER LA MAGGIORANZA ASSOLUTA

La distanza tra i due blocchi in competizione è molto piccola e la partita decisa da un pugno di seggi. L’incarico andrà al Pp che non ha i numeri e non si esclude che si vada verso una nuova legislatura di ampia coalizione a guida socialista.
Il Pp di Alberto Nunez Feijoo si è assestato sui 136 seggi, rispetto ai 122 del partito socialista del presidente uscente Pedro Sanchez. Ma poiché nessun partito da solo è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta parlamentare di 176 seggi che gli avrebbe consentito di formare un governo monocolore, in questo caso ciò che contava soprattutto era il peso di ciascuna coalizione, conoscere cioè quanto valeva ciascun blocco in termini di seggi.
Mentre il Psoe può pattuire una nuova investitura di Sanchez col sostegno esterno di altri partiti, oltre a confermare la coalizione di governo con Sumar, il Pp può avere solo come unico socio di maggioranza l’estrema destra Vox. E a scrutinio completato, i popolari e Vox si sono fermati a 169 seggi, a sette di distanza dalla maggioranza di 176.
I partiti della coalizione progressista, Psoe e Sumar, hanno invece totalizzato 153 seggi, potendosi però teoricamente avvalere anche del sostegno di altri partiti in parlamento.
La somma di questi seggi più quelli ottenuti dai partiti che hanno già dichiarato che avrebbero sostenuto una riedizione del governo Sanchez (Erc, Bildu, Pnv, Bng) pur di arrestare una maggioranza delle destre alla guida del paese, raggiunge il totale di 172, a quattro seggi dalla maggioranza assoluta parlamentare.
Ora, se è vero che non si può escludere un ritorno alle elezioni nel caso in cui Sanchez non riesca a comporre la maggioranza necessaria alla sua investitura, l’ipotesi più probabile sembra un’altra.
Date infatti le condizioni in cui si è svolto il difficile confronto elettorale e l’obiettivo raggiunto dai partiti di sinistra di sbarrare il governo del paese alle destre, lo scenario di lavoro è la riedizione di una nuova legislatura progressista.
(da il Messaggero)

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