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MELONI E’ UNA LEADER DEBOLE

Luglio 30th, 2023 Riccardo Fucile

SI VOLEVA PRESENTARE ALL’INCONTRO CON BIDEN CON DUE SUCCESSI, IL PRIMO: L’ASCESA DELLA DESTRA IN EUROPA MA LE ELEZIONI SPAGNOLE HANNO PRESENTATO IL CONTO CON LA SCONFITTA DI VOX. IL SECONDO, L’AMBIZIONE DI ESSERE GUIDA DELL’AREA DEL MEDITERRANEO E DELL’AFRICA. MA MENTRE METTEVA PIEDE NEGLI USA VENIVA ROVESCIATO CON UN COLPO DI STATO IL GOVERNO DEL NIGER, UNO DEI PAESI GUIDA DEL PROGETTO ITALO-AFRICANO

Questa settimana Giorgia Meloni è stata ammessa al soglio della Casa Bianca. L’accesso alla sala ovale di Washington le è stato consentito dopo nove mesi di governo, un periodo che possiamo definire una lunga attesa. Gli Stati Uniti sono un grande paese portato alla chiarezza politica, anche alla durezza dello scontro politico. La situazione italiana non è facile da inquadrare per gli statunitensi: non riescono a capire se si tratta effettivamente di conversione, di pentimento, o di simulazione. La premier italiana si è presentata all’appuntamento con il presidente Joe Biden con un atteggiamento festoso. Ma è una leader che improvvisamente ha mutato atteggiamento.
A Washington infatti si sono incontrati due mondi: il mondo della democrazia americana, di Biden, e quello di Giorgia Meloni, quello dell’arrangiamento, senza princìpi solidi di politiche nazionali e internazionali. Gli Stati Uniti hanno anche un difetto di fondo, che aiuta a superare le situazioni di scarsa sintonia, ed è quello di ritenere che un capo di stato estero, che gravita nell’orbita degli interessi degli Stati Uniti e del mondo occidentale, più debole è, più fragile è, più è domabile, più è asservibile.
Questo è il punto di debolezza di un incontro raccontato e commentato per lo più in termini agiografici. Con occhi americani, il fatto che la premier italiana si sia presentata allegra, e disposta ad ogni apertura, è stato guardato con il paternalistico interesse ad avere un capo di governo di un paese in grande difficoltà più disponibile, e dunque più prono. Ma Meloni è stata sfortunata. Si voleva presentare all’incontro avendo nel bagaglio a mano almeno due successi importanti.
Il primo: il successo della tendenza in Europa del vento della destra pura, con le elezioni spagnole; si aspettava un grande successo di Vox, la forza che considera e vanta come alleata. Ma le elezioni spagnole hanno presentato il conto di una situazione completamente rovesciata rispetto alla sua aspettativa. A Madrid, dopo ferragosto, probabilmente avremo un governo in cui Vox resterà all’opposizione.
La seconda sfortuna di Meloni, e quindi l’altra debolezza, stava nella sua mania di grandezza, l’ambizione di essere una guida politica di un’Europa conservatrice e reazionaria, dei piccoli patriottismi, l’ambizione di essere guida dell’area del Mediterraneo e dell’Africa. La presidente del Consiglio ha vantato il suo piano africano, il presunto piano Mattei e la riunione dei capi di stato a Roma: ma mentre metteva piede negli Usa veniva rovesciato con un colpo di stato il governo del Niger, uno dei paesi guida del progetto italo-africano.
Il che dimostra la grande debolezza di regimi dove non è escluso il golpe; e di più dimostra in maniera sempre più evidente che in Africa la ripresa delle tendenze autoritarie è ispirata dalla Russia. E i progetti astratti della presidente italiana si sono rivelati per quello che sono: enunciazioni semplici, anzi semplicistiche, di sognatori vaganti.
Tutto questo ci dice una cosa: che l’eterno antico tentativo dei capi deboli nel proprio paese di trovare una forza e un prestigio, attraverso un ruolo di carattere internazionale, si infrange su una legge politica fondamentale: non si ha ruolo internazionale se non si ha una forza radicata popolare, importante del proprio paese. Ed è quello che serve innanzitutto per conquistare un ruolo in Europa e nel mondo occidentale, a cui l’Italia appartiene, e del quale non possiamo non fare parte.
L’Italia ha dunque bisogno di un grande sussulto interno. Il periodo più felice del nostro Novecento è stato nelle fasi espansive delle forze del popolarismo cattolico e di quelle del concretismo socialista democratico
(da Domani)

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UNA VITA DA PRECARI: IL FUTURO A TINTE FOSCHE DEI GIOVANI DI OGGI

Luglio 30th, 2023 Riccardo Fucile

IL 53% PREOCCUPATO PER IL DOMANI DEI PROPRI FIGLI

Lo sguardo al futuro per i figli è, per gran parte dei genitori di oggi, un tormento. La preoccupazione, che accompagna sempre un genitore, si sta lentamente trasformando nella certezza di lasciare ai ragazzi e alle ragazze un paese peggiore, in cui si respira un’aria pesante.
Il 53 per cento dei baby boomers mette al primo posto, nella classifica delle preoccupazioni per il domani dei propri figli, la paura che non riescano ad avere uno standard di vita decente. Un dato che accomuna tutti i segmenti sociali, dai ceti popolari al ceto medio, dal nord al sud.
Su questo aspetto sono maggiormente in apprensione i residenti nei piccoli centri rispetto a quelli delle grandi città (55 per cento a 48), i piccoli imprenditori (56 per cento) rispetto agli operai (42 per cento).
Una seconda preoccupazione è quella legata al tema delle relazioni affettive. Il 33 per cento dei boomers ha il timore che i giovani non riescano a costruirsi una famiglia. Un’inquietudine che coinvolge, innanzitutto, i residenti nelle grandi città (36 per cento contro il 30 di chi vive nei piccoli centri), gli abitanti del nord ovest (36 per cento), chi vive nelle periferie urbane (40 per cento), nonché il ceto medio (36 per cento, rispetto al 31 per cento dei ceti popolari).
Quanti vivono al sud (21 per cento) guardano con apprensione al rischio che i propri figli debbano emigrare. Un tema che viene avvertito anche dalle persone che abitano nelle grandi città e nelle periferie urbane (23 per cento), dai ceti popolari (21 per cento rispetto al 16 del cento medio).
Il rischio che incappino in cattive compagnie e vadano a finire sulla cattiva strada (droga, alcol ecc) spaventa circa il 17 per cento dei boomers, in particolare tra quanti risiedono a centrosud (22 per cento), tra gli operai (22 per cento), tra gli abitanti delle periferie (19 per cento) e tra i ceti popolari (26 per cento).
Tra le crescenti apprensioni dei boomers verso i figli c’è il timore che i ragazzi siano condannati a una vita di solitudine (14 per cento). Un aspetto avvertito sia a Nordovest sia a Nordest, con punte del 18 per cento tra i residenti nei grandi centri urbani e del 21 per cento nelle periferie. A essere in ansia per la solitudine dei figli sono anche le persone più agiate e il ceto medio (17 per cento), rispetto ai ceti popolari (8 per cento).
La mappa dei fattori di paura per il domani si completa con temi come il rischio che debbano lavorare troppo (12 per cento) e con il timore che non abbiano successo nella vita (9 per cento). Quest’ultimo aspetto mette in allarme soprattutto i genitori del nord est (16 per cento) e delle Isole (18 per cento), quanti risiedono nelle periferie urbane (19 per cento), i laureati (17), quanti si sentono ceto dirigente (26) e i piccoli imprenditori (24 per cento).§
POVERI E PRECARI
Se la mappa delle apprensioni mostra una società genitoriale in tensione sul domani individuale dei propri figli, il quadro si tinge di ulteriori colori foschi se si passa ad analizzare lo status dell’Italia che le generazioni future si troveranno in eredità.
Per il 30 per cento degli italiani il primo e principale rischio è quello di lasciare un paese segnato da grandi ingiustizie sociali. Un aspetto avvertito dal 37 per cento degli over sessantenni, dal 33 per cento dei residenti a centro-sud e dal 35 per cento di quanti vivono nelle grandi città.
Al secondo posto, strettamente legato al primo, anzi come causa scatenante delle disuguaglianze, c’è il tema di un paese sempre più precarizzato (26 per cento): tema caldo per chi vive nelle periferie (34 per cento), nelle grandi città (30 per cento) e per i laureati (37 per cento). A questi due temi si lega quello della povertà (24 per cento).
Un aspetto particolarmente avvertito dai ceti popolari e dai residenti nelle periferie (33 per cento). E i giovani della generazione Z come vedono l’Italia di domani? Pensano che stanno ricevendo un paese più precarizzato (38 per cento), più povero (35 per cento) e degradato ambientalmente (20 per cento).
Lo sguardo al futuro degli italiani, dei genitori come dei figli, è cupo, segnato dalla convinzione che le cose non sono orientate a un progressivo miglioramento. Nell’accrescersi delle incertezze, per i giovani sembra esserci una certezza: dovranno farsi carico dei fardelli ambientali generati negli ultimi trenta anni, affrontando, al contempo, una società più difficile da gestire, marcata da disparità e tensioni sociali.
Una realtà in salita, ondivaga e ambigua, contrassegnata da complessità esistenziali e lavorative, con spinte e contro-spinte capaci di causare passioni tristi e solitudini.
(da agenzie)

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RAI, IL SINDACATO DEI GIORNALISTI CONTRO IL RITORNO DEL SOVRANISTA FOA: “UN’ALTRA MOSSA PER SILENZIARE LE VOCI CRITICHE”

Luglio 30th, 2023 Riccardo Fucile

FOA E’ STATO VOLUTO DA SALVINI

«Negazionista del cambiamento climatico, propalatore di fake news, critico nei confronti del presidente Mattarella». Il ritorno in Rai dell’ex presidente, voluto da Matteo Salvini nel 2018, che andrà a condurre un programma mattutino in radio nella striscia che fu di Luca Bottura e Marianna Aprile allontanati «senza alcun preavviso», ha prodotto la levata di scudi di Usigrai. Il sindacato dei giornalisti dell’emittente pubblica denuncia «il codice etico applicato a intermittenza» dai vertici di viale Mazzini, evocando la cancellazione della messa in onda del programma già registrato da Roberto Saviano ma che «riporta in azienda l’ex presidente che si è fatto notare per le posizioni che negano il cambiamento climatico, per aver pubblicato e rilanciato fake news (ad esempio Hillary Clinton che avrebbe partecipato a cene sataniche) e per gli attacchi social al presidente della Repubblica». Secondo l’organizzazione, «con queste scelte al settimo piano di viale Mazzini progettano il cambio di narrazione del servizio pubblico, la presunta necessità di riequilibrare, sostenuta dai nuovi vertici, non consiste in altro che silenziare le voci sgradite alla maggioranza di governo e accaparrarsi conduzioni, nomine e programmi per amici e sodali». Stando a quanto riporta la Repubblica, per il ritorno di Foa manca solo la firma sul contratto. L’ufficialità arriverà a settembre con la presentazione dei palinsesti, ma sembrerebbe che il direttore di Radio1 Francesco Pionati gli abbia già dato carta bianca nella scelta dei temi e nella selezione degli ospiti, per un’ora ogni mattina dal lunedì al venerdì.
(da agenzie)

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NAUFRAGIO DI CUTRO, TRE TESTIMONI RIVELANO: “UN ELICOTTERO VOLAVA SUL BARCONE”

Luglio 30th, 2023 Riccardo Fucile

SI AGGRAVA LA POSIZIONE DELLA GUARDIA COSTIERA… I SUPERSTITI: “L’ITALIA CI HA LASCIATI MORIRE”

Tre dei sopravvissuti alla tragedia di Cutro, quando il 26 febbraio scorso un barcone con a bordo centinaia di migranti naufragò davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro, nei pressi di Crotone, ne sono sicuri.
Nelle ore precedenti alla strage, quando il caicco si inabissò portando con se almeno 94 persone – sono le vittime accertate – un elicottero volò sopra le loro teste. Più volte. E nelle descrizioni dei tre sopravvissuti – una donna afghana, una ragazza di 23 anni e un uomo – si tratta di un elicottero bianco con la coda rossa. Un dettaglio non ininfluente: si tratterebbe infatti, secondo il riconoscimento avvenuto attraverso le fotografie dei modelli in dotazione a diversi enti, di quello della Guardia Costiera.
«L’ho visto passare sopra di noi, fare un giro e andare via», ha raccontato la donna afghana, «non avevo orologio o telefono, non so l’ora esatta. L’ho visto quando la luce del giorno era ancora lì e non era completamente buio. L’ho visto per 3-5 secondi, poi lo scafista ci ha mandato di sotto. L’ho visto molto bene, due volte da vicino, la prima che era ancora giorno, la seconda era durante la notte. Era bianco e la sua coda era rossa, c’era qualcosa come una bandiera. Guardavo la facciata bianca ma poi lo scafista ci ha mandato di sotto».
Queste parole vengono pronunciate davanti alle telecamere disposte dagli avvocati torinesi Marco Bona, Enrico Calabrese e Stefano Bertone, che difendono 8 sopravvissuti e le famiglie di 47 vittime. I legali, dopo una ricognizione per ascoltare quante più testimonianze possibile, hanno sentito ripetersi il racconto dell’elicottero da tre voci distinte, e hanno così deciso di di formalizzare deposizioni con interprete giurato (in lingua persiana), riconoscimento ufficiale della fotografia e videoregistrazione delle testimonianze, come spiega il Corriere della Sera.
Il materiale è andato quindi a riempire il fascicolo di istanza depositato alla Procura di Crotone per acquisire i registri di volo degli elicotteri della Guardia costiera e verificare quindi i racconti dei tre testimoni. I quali si riferiscono a due presunti sorvoli di elicottero sulla Summer Love la notte del 25 febbraio, alle 19 circa e alle 22 circa, almeno 4 ore prima del naufragio.

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INTERVISTA A PASQUALE TRIDICO: “IL GOVERNO E’ IN GUERRA CON I POVERI, L’ATTACCI DI FRATELLI D’ITALIA NON MI FA PAURA”

Luglio 30th, 2023 Riccardo Fucile

L’EX PRESIDENTE DELL’INPS: “HO EVITATO FRODI PER 11 MILIARDI. E ORA SUBITO IL SALARIO MINIMO”

Secondo Pasquale Tridico basterebbe prendere la giornata di venerdì per dimostrare che il governo sta portando avanti «politiche di classe».
Nello stesso giorno, infatti, in cui è stato comunicata a duecentomila persone la fine del reddito di cittadinanza, è arrivata la notizia della proroga per della data ultima per il versamento della tassa sugli extraprofitti da parte delle società energetiche, «che hanno contribuito all’aumento dell’inflazione», e anche la cancellazione sanzioni penali alle aziende che collaborano con il Fisco.
Per l’ex presidente dell’Inps, si tratta di «messaggi sbagliati che rivelano la natura di questo governo: forte con i deboli e deboli con i forti».
In un’audizione del 18 maggio davanti alla commissione Affari sociali, sanità e lavoro, Tridico ha messo in fila le sue perplessità riguardo alla riforma di uno strumento «che ha combattuto la povertà». La destra lo attacca e ieri il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, ha proposto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui mancati controlli al reddito di cittadinanza.
Tridico, la maggioranza le chiede di rispondere in Parlamento degli abusi del reddito di cittadinanza, è pronto?
«Non ho niente da temere».
Il fatto che il reddito venga tagliato a centinaia di migliaia di persone non dipende anche dagli errori di questi anni?
«C’è stata una narrazione volutamente fuorviante. Sotto la mia gestione ho creato una direzione antifrode che non è mai esistita prima».
I controlli sono serviti?
«È stata la misura più controllata di sempre».
Ha delle cifre?
«I controlli preventivi e successivi hanno evitato mancati esborsi del reddito a circa tre milioni di domande tra il 2019 al 2022, per un valore di 11 miliardi di euro non pagati».
Che parte degli assegni finisse a luglio era noto, cosa è stato fatto nel frattempo?
«L’Inps sta facendo il suo lavoro, informando le persone, ma non siamo pronti: da settembre le domande saranno condizionate alla partecipazione a corsi di formazione, che però non sempre sono partiti o non sono efficaci».
Il governo dice: i più deboli saranno tutelati.
«I primi a perdere il sussidio sono quelli che lavorano, i cosiddetti lavoratori poveri, e questo è un messaggio brutto che diamo a chi si sta impegnando, ma guadagna poco. L’unico strumento contro la diseguaglianza e di contrasto alla povertà viene abolito e queste persone resteranno senza un sostegno, in un periodo segnato da un’inflazione molto alta. La gran parte di questi duecentomila cittadini è poco scolarizzata» .
Cosa è stato fatto in questi mesi?
«L’Inps si occupa dei pagamenti, il problema sono le politiche attive. La situazione si è anche aggravata negli ultimi mesi: l’Anpal (l’agenzia per le politiche attive ndr) è commissariata in vista di un assorbimento nel ministero del Lavoro. La riforma non prende piede, sono molto stupito. Proprio ora che si punta sulle politiche attive» .
Cosa succederà dal primo gennaio?
«Altre 350 mila persone perderanno il sussidio e il nuovo “assegno di inclusione” sarà destinato solo a disabili, anziani e minori».
Cosa c’è di sbagliato?
«È illogico perché esiste già un sussidio per i disabili, per gli anziani poveri, l’assegno sociale, e per i minori, l’assegno unico. Se non basta, e io sono d’accordo, aumentiamo gli assegni. Ma il contrasto alla povertà non riguarda solo queste categorie, ma i poveri, compresi alcuni lavoratori».
A proposito di lavoro povero: il salario minimo serve?
«È necessario. La contrattazione non è più efficace come in passato. Prima della pandemia i salari hanno perso il 2,9%. Il Covid ha aggravato la situazione. E, infine, l’inflazione, negli ultimi due anni, ha ridotto il potere d’acquisto del 15%. Per i lavoratori dei servizi, i più numerosi, la contrattazione è uno strumento insufficiente».
Chi è più penalizzato dall’abolizione del reddito di cittadinanza?
«Le donne, che rappresentano il 53% dei percettori totali e sono la maggioranza di quelli che lo perderanno. Servirebbe un sistema flessibile».
Cosa vuol dire un sistema flessibile?
«Nel gennaio ’21, in pieno Covid, abbiamo avuto 4, 5 milioni di percettori, perché in molti si erano impoveriti. E già a dicembre 2022, erano diventati 2, 5 milioni. Questo significa che lo strumento segue l’andamento dell’economia. Se domani tornasse una situazione del genere non si potrebbe fare domanda, almeno di non appartenere a quelle tre categorie, perché quello di oggi è uno strumento rigido».
Fratelli d’Italia si è presentato in campagna elettorale proponendo l’abolizione del reddito di cittadinanza e gli elettori si sono espressi.
«Sì, ma una volta arrivati al potere, si sono resi conto che quella era una promessa propagandistica. Così, hanno introdotto qualcosa che potesse essere accettata dall’opinione pubblica: lasciare il reddito per disabili, anziani e minori. Gli altri muoiano pure di fame. Quindi la riforma non è ispirata a un principio di razionalità, ma è un rimedio per non perdere la faccia».
Cosa succederà adesso?
«In Italia, specie al Sud, ci sono persone che, a volte lavorando, entrano in povertà. A un senzatetto di 50 anni della stazione di Porta Nuova togliamo il sussidio perché è occupabile? C’è una condanna dei poveri e non della povertà, una cosa che mi fa paura».
Come se lo spiega?
«Un Paese avanzato ha bisogno di un reddito minimo, come dividendo sociale, specie davanti a un mercato che espelle i lavoratori. La Commissione europea spinge per un reddito minimo universale. I Paesi avanzati fanno questo, noi andiamo nella direzione opposta».
La deroga al pagamento delle imposte degli extraprofitti e la cancellazione delle sanzioni penali alle aziende che collaborano con il fisco cosa indicano?
«La Bce e il Fmi dicono che questi extraprofitti contribuiscono all’inflazione, eppure arriva la moratoria. Poi si premiano gli evasori, consentendo dei condoni di fatto. Nelle stesse ore si toglie il reddito di cittadinanza a 200 mila persone. È una politica di classe che contrasta con i principi di uguaglianza della nostra Costituzione».
È vero che lei si candiderà alle Europee con il M5S?
«Mi candido solo a fare il professore, da settembre riparte il mio corso».
(da La Stampa)

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SONDAGGIO GHISLERI: IL 74% DEGLI ITALIANI E’ PREOCCUPATO DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO, IL 70,8% DEL CAROVITA

Luglio 30th, 2023 Riccardo Fucile

FDI E’ SCESO AL 27,2%

Si registra una ricaduta sulle percentuali del consenso nelle intenzioni di voto che mostrano Fratelli d’Italia ancorato al 27.2% – come 10 giorni fa-, 1.2% sopra il risultato elettorale del 25 settembre 2022 e 3 punti percentuali al di sotto della soglia psicologica del 30%. Un dato stabile, ma che ha subito una perdita del 2% nell’arco di un mese.
Oggi, ad esempio, il 70.8% degli italiani denuncia un impatto significativo sul costo della vita familiare a causa dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari. È una segnalazione trasversale, senza una particolare ubicazione geografica e politica
Le difficoltà in campo sono molteplici e le indicazioni dei cittadini sollecitati nel merito spaziano dall’inflazione, sempre in prima posizione nella classifica, alla gestione immigrazione, alle tasse , alle infinite liste di attesa per poter accedere ad un esame per la tutela della propria salute.
Le persone nell’elencare tutte le problematicità non dimenticano i temi legati alla sicurezza, alla gestione dei fondi Pnrr e la guerra in Ucraina che sembra non avere una fine, tuttavia al centro del dibattito è tornato il cambiamento del clima e l’azione dell’uomo sul territorio dopo gli eventi che hanno flagellato tutto il Paese da Nord a Sud proprio in questi giorni.
Per il 74.1% degli intervistati si può parlare di un’emergenza climatica e per il 74.3% l’azione e il comportamento dell’uomo di questi anni hanno inciso in maniera seria sulle conseguenze che ne sono derivate a cose e persone. Anche in questo caso le opinioni dominanti risultano essere trasversali: dalla maggioranza alle opposizioni, da Nord a Sud e dai giovani agli over 65+, con qualche singola eccezione al ribasso.
La storia degli ultimi anni ci ha insegnato che questo capitolo, fondamentale per la nostra sopravvivenza, rischia di diventare impalpabile e ininfluente dal punto di vista elettorale non appena le emergenze del territorio e del tempo finiranno e la “finta normalità” tornerà ad essere presente nella vita di tutti i giorni.
Più facilmente si offriranno spunti per colpire le scelte europee accendendo il dibattito politico e la campagna elettorale per le elezioni europee. Si vedranno in campo le diverse fazioni pro e contro contrapponendosi frontalmente e proponendo ognuno le sue ricette salvifiche. In Europa, in effetti, gli argomenti ambiente e clima sono particolarmente sentiti e considerati come vere priorità.
Le indicazioni su cui si vota sono spesso contro gli stili di vita e le quotidianità dei cittadini, che in molti casi hanno anche protestato disertando le urne. Come popolo non possiamo farci prendere alla sprovvista ed inseguire solo le emergenze, ma tutelare la terra significa investire su dei piani di prevenzione che, sappiamo bene portano pochi voti. E il dubbio rimane sempre: nell’interesse di chi?
(da La Stampa)

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“STUPRATORI IN CAMPO NON LI VOGLIAMO” – LE FEMMINISTE DI “NON UNA DI MENO” PROTESTANO IL TRASFERIMENTO ALLA REGGIANA DI MANOLO PORTANOVA, CONDANNATO A SEI ANNI PER VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO

Luglio 30th, 2023 Riccardo Fucile

IL CASO STA SCUOTENDO REGGIO EMILIA, CON GLI ULTRAS E ALTRI TIFOSI SI SCHIERANO DALLA PARTE DEL CALCIATORE… NEL FRATTEMPO, IL CLUB ASPETTA IL PRONUNCIAMENTO DEL TRIBUNALE DEL CONI PRIMA DI DEPOSITARE IL SUO CONTRATTO… IL SINDACO: “LA SITUAZIONE È PESANTE”

Il caso Portanova sta scuotendo Reggio Emilia. Il sindaco Luca Vecchi ammette che la situazione è pesante, ma non va oltre. La sua giunta si è già espressa. Due assessori donne, allo Sport e alle Pari opportunità, hanno sottolineato quanto in città siano fortemente radicate “la cultura, la sensibilità e la consapevolezza della nonviolenza, del contrasto alla violenza maschile sulle donne, della parità tra i generi”.
Manolo Portanova, figlio d’arte, 23 anni, è un centrocampista del Genoa che lo scorso dicembre in primo grado è stato condannato a sei anni di reclusione con rito abbreviato (altrimenti sarebbero stati nove) per violenza sessuale di gruppo.
L’episodio si sarebbe consumato a maggio 2021 in un appartamento di Siena. Il 18 luglio la Reggiana, promossa a metà aprile dalla Lega Pro in Serie B, l’ha ingaggiato. Può giocare a pallone un condannato per stupro in via non definitiva? Eccolo qui il domandone. Talmente complesso che perfino il club granata dice d’essersi messo alla finestra.
Il Coni deve decidere sul tesseramento
Ecco perché sinora il pallone non rotola, nel senso che prima di depositare in Lega il contratto (un anno, in prestito dal Genoa), la Reggiana attende il pronunciamento del tribunale del Coni che, in merito all’articolo 4 del codice di giustizia sportiva (che disciplina i principi di lealtà, correttezza e probità), dovrebbe dire la sua fra martedì e mercoledì.
In caso di parere positivo Portanova sarà tesserato, in caso contrario no. Gli ultras reggiani si sono schierati subito dalla parte del giocatore, contrariamente a quanto capitò a Bari all’inizio dell’anno, quando il prestito in biancorosso saltò per l’opposizione pubblica. E anche al Genoa Portanova pur senza formalmente finire fuori squadra, non giocava più dopo la sentenza. Ora invece la stragrande maggioranza della tifoseria di Reggio Emilia sta con lui. Epperò a ribellarsi non sono pochi.
Ma intanto l’associazione femminista “Non una di meno” ha promosso un sit in di protesta in piazza Prampolini tenutosi il 21 luglio. «Te lo buco ‘sto patriarcato: stupratori in campo non ne vogliamo», era lo slogan. Il cantante Max Collini, reggiano doc, sostiene che “per un vantaggio economico si passa sopra a tutto il resto, ma io non ce l’ho col giocatore, ancora sotto processo, quanto con l’imprudenza della Reggiana”.
Ha preso posizione anche Nicole Ferrarini, figlia di un ex presidente della società e attualmente a capo del centro coordinamento dei clubs: “Avrei preferito vederlo alla Reggiana a processo finito perché le accuse che pesano su di lui sono molto gravi”.
(da agenzie)

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L’ALLARME DEL SEGRETARIO ONU: “L’EMERGENZA CLIMATICA CAUSA CRISI ALIMENTARI E AUMENTA LE MIGRAZIONI: BISOGNA AGIRE SUBITO”

Luglio 30th, 2023 Riccardo Fucile

“DOBBIAMO INVESTIRE IN MODO GLOBALE PER AFFRONTARE I FATTORI TRAINANTI DELLE MIGRAZIONI FORZATE”

«Siamo passati dall’era del riscaldamento globale all’era dell’ebolizione globale. E bisogna agire ora, i leader non hanno più scuse».
Sono le parole del segretario generale dell’Onu Antonio Guteress parlando a New York. Il tema dei cambiamenti climatici non si limita meramente alle condizioni climatiche e agli eventi estremi a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni, non solo in Italia.
La questione climatica ha impatto su più fronti, tra cui – solo per citarne alcuni – la salute fisica e psicologica individuale e collettiva, il lavoro e le condizioni di lavoratori e lavoratrici, la mobilità individuale e i fenomeni migratori, l’aumento della possibilità che si sviluppi una crisi alimentare globale, e tanti altri ancora. Il mese di luglio è stato il mese più caldo mai registrato nella storia, per ora.
Malgrado ciò, Guteress tiene il punto e, in un’intervista a Repubblica, sottolinea che è ancora possibile frenare l’aumento delle temperature, se si riuscisse a raggiungere l’obiettivo del taglio delle emissioni di carbonio del 45% entro il 2030, limitando l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius. E, come ribadito dal presidente Mattarella nei giorni scorsi, è necessario che «si assuma piena consapevolezza che siamo in ritardo sui cambiamenti climatici» e, di conseguenza, su tutte le questioni che ruotano attorno al tema.
A complicare questo quadro ci sono poi le guerre, come l’offensiva russa contro l’Ucraina, e le singole decisioni dei leader, come quella del presidente russo Putin di far uscire la Russia dall’accordo sul grano, rischiando di alimentare ulteriormente la crisi alimentare già in atto in altri Paesi e che è strettamente collegata ai fenomeni migratori.
La crisi alimentare
Guteress, nel corso dell’intervista, sottolinea che «i sistemi alimentari globali sono in crisi, e miliardi di persone ne pagano il prezzo. I Paesi hanno presentato percorsi sulla trasformazione e condiviso i progetti. Ma dobbiamo fare molto di più, molto più velocemente. Questa urgenza si è riflessa nel mio invito all’azione, costruito attorno a sei obiettivi chiave: dall’integrazione delle strategie dei sistemi alimentari nelle politiche nazionali, all’istituzione di una governance che riunisca i settori pubblico e privato, le comunità e società civile». Il tutto garantendo «finanziamenti accessibili a lungo termine, anche attraverso la riforma dell’architettura finanziaria internazionale e il rafforzamento delle banche multilaterali di sviluppo». Il segretario dell’Onu ha poi sottolineato che «la trasformazione dei sistemi alimentari è fondamentale anche per porre fine alla guerra insensata contro il nostro pianeta».
La Black Sea Initiative e l’impatto dell’uscita della Russia dall’accordo
Guteress, a chiare lettere, aggiunge: «Deploro profondamente la decisione della Federazione russa di porre fine all’attuazione della Black Sea Initiative», sottolineando di essere «profondamente deluso» dal fatto che grazie alla Black Sea Initiative, nell’arco di 12 mesi, è stato possibile consentire «l’esportazione sicura di quasi 33 milioni di tonnellate di cibo dai porti ucraini del Mar Nero verso 45 Paesi». E il numero uno dell’Onu precisa: «Togliere milioni e milioni di tonnellate di grano porta a prezzi più alti. Questi ultimi saranno pagati da tutti, in particolare dai Paesi in via di sviluppo e dalle persone vulnerabili, ma anche da quelli sviluppati». «Molte comunità sono a un passo dalla carestia, e questo quadro terribile è diventato più cupo con la fine della Black Sea Intiative da parte della Russia», ha proseguito Guteress, che ha ribadito il proprio impegno a «facilitare l’accesso senza ostacoli ai mercati globali di prodotti alimentari e fertilizzanti sia dall’Ucraina sia dalla Federazione Russa, e a garantire la sicurezza alimentare che ogni persona merita». L’obiettivo resta quello di «trovare nuovi modi per investire in sistemi alimentari che raggiungano ogni persona», perché «affamare i sistemi alimentari di investimenti significa affamare le persone».
I fenomeni migratori
Quanto ai fenomeni migratori, Guteress spiega di aver avuto una «discussione molto positiva e seria» con la premier Giorgia Meloni e, prosegue, «abbiamo convenuto che nessun Paese da solo può affrontare una simile sfida umanitaria. Non può essere solo un problema italiano. È fondamentale che vi sia un’azione coordinata all’interno dell’Unione Europea». E il numero uno dell’Onu precisa: «I membri dell’Ue devono lavorare assieme per limitare le cause profonde delle migrazioni irregolari, e migliorare i vantaggi di una migrazione regolare ben gestita per i paesi di destinazione e per i migranti stessi», perché «le rotte del Mediterraneo, e altrove, sono in mano ai trafficanti di esseri umani: una situazione che non può reggere», perché le tragiche conseguenze sono evidenti». E, concludendo, Guterres dichiara: «Dobbiamo investire in modo massiccio e globale per affrontare i fattori trainanti delle migrazioni forzate: clima, insicurezza alimentare, governance e altri. È essenziale offrire opportunità affinché le persone possano vivere dignitosamente nei propri Paesi».
(da agenzie)

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ATTACCO CON DRONI SU MOSCA, DANNEGGIATI DUE GRATTACIELI

Luglio 30th, 2023 Riccardo Fucile

I PATRIOTI UCRAINI STANNO DIMOSTRANDO DI POTER COLPIRE ANCHE LA CAPITALE

Tre droni hanno colpito la città di Mosca, a 500 chilometri dal fronte della guerra con l’Ucraina, nella notte di domenica 30 luglio. Secondo quanto riferisce il ministero della Difesa russo, che attribuisce l’attacco alle forze ucraine, uno di essi è stato abbattuto alla periferia della città, sopra il territorio del distretto di Odintsovo, mentre gli altri due sono stati neutralizzati «dalla guerra elettronica» e si sono poi schiantati contro due grattacieli del centro.
«I droni ucraini hanno attaccato stanotte. Le facciate di due torri degli uffici della città sono state leggermente danneggiate», ha scritto su Telegram il sindaco Sergei Sobyanin. Nell’esplosione sarebbe rimasto leggermente ferito un addetto alla sicurezza.
L’agenzia di stampa russa Tass riferisce che «sono stati distrutti i vetri del quinto e sesto piano dell’edificio IQ, di 50 piani, e così quelli dal primo al quarto piano nella torre Oko-2».
Durante l’attacco è stato chiuso lo spazio aereo su Mosca e sono stati sospesi gli arrivi e le partenze di voli dall’aeroporto internazionale di Vnukovo, con gli aerei che sono stati indirizzati su altri scali.
Diverse ore prima le forze armate ucraine avevano attaccato il ponte di Chonhar, che collega l’Ucraina alla penisola di Crimea occupata dai russi, come rivendicato dai militari di Kiev sul canale Telegram “Crimean Wind”.
(da agenzie)

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