AMMINISTRATIVE, IL CENTRODESTRA NON CAVA UN RAGNO DAL BUCO
FORSE FORMALIZZERANNO I CANDIDATI SINDACI DOPO LE ELEZIONI, TANTO NON NE ELEGGERANNO NESSUNO
Al museo di Silvio Berlusconi la biglietteria, per la prima volta, è tristemente vuota: “Beh – sussurra Mariastella Gelmini – diciamo che non abbiamo la fila di candidati. Però c’è ancora tempo”.
Almeno fino a domenica, quando il tema della ricerca dello “sfidante” di Sala o comunque del vincitore delle primarie del Pd renderà clamoroso il ritardo del centrodestra.
Al punto che quando Salvini ha raccontato ai suoi l’esito della riunione di domenica notte con Berlusconi e Giorgia Meloni, un colonnello lombardo gli ha obiettato: “Ma sei sicuro che Berlusconi non stia giocando a perdere per fare un favore a Renzi? Fa le riunioni dopo il derby, pare disinteressato, non trova il candidato, dice di no alle primarie. O gioca perdere o è completamente bollito”.
Nel dubbio l’unico punto fisso è il “no” alle primarie (o consultazioni analoghe) che il Cavaliere ha scandito di fronte ai suoi alleati: “Sennò diventano la regola”.
Anche quando Giorgia Meloni le ha poste come una soluzione logica e di buon senso: “Se non troviamo il candidato o non si riesce a scegliere, facciamo le primarie o come le vogliamo chiamare, almeno usciamo dall’immobilismo, sennò sembriamo fermi mentre gli altri vanno avanti”. Parole “sacrosante” per Salvini, ma non per Berlusconi che a Milano ha chiesto a Bruno Ermolli di dargli una mano a convincere Stefano Parisi, manager, ex direttore generale del comune di Milano, ad accettare la candidatura.
E che su Roma ha provato a magnificare le doti di Guido Bertolaso, anche se i sondaggi dicono che l’ex capo della protezione civile viene percepito come una gloria del passato con poco appeal, anzi nullo per Salvini che ha detto un “no” esplicito.
Non è il solo. Su Bertolaso in parecchi hanno suggerito a Berlusconi di aspettare e valutare bene se la sua candidatura possa dare inizio a una “guerra dei dossier” o spifferi dalle procure.
Perchè Bertolaso ha ancora qualche guaio giudiziario da risolvere: imputato per corruzione nel processo sulla “cricca” degli Appalti al G8, rinviato a giudizio per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose nel processo grandi rischi bis nel processo all’Aquila.
La verità è che lo schema su cui si muove il grosso di Forza Italia porta alla candidatura di Marchini. Ma anche in questo caso, attraverso una consultazione dal basso.
Dice Maurizio Gasparri all’HuffPost: “È bene non rinunciare all’ipotesi delle primarie o di una consultazione all’americana con una convention dove possano partecipare tutti. A quel punto è giusto che si candidino Marchini, Storace, Francesco Aracri. So che Giorgia Meloni ha sempre avuto dubbi su Marchini, perchè non è una candidatura di centrodestra ma al centrodestra Marchini si lega con un rito comune, le primarie”.
Il presupposto del ragionamento è che “Giorgia” a questo punto non corra, nonostante ogni indicatore dica che è il candidato più forte in questo contesto post-Mafia Capitale, perchè intercetta il sentimento di rabbia e protesta trasversale tra gli schieramenti. È lei la prima a essere consapevole che la gravidanza rende oggettivamente complicato reggere la fatica di una campagna elettorale a Roma, con trenta gradi e 15 iniziative al giorno.
Il suo veto su “Alfio” resta, se resta lo schema di imposizione dall’alto: “Silvio — ha detto durante la cena — scusa: tu mi chiedi cosa penso di Marchini? Penso che non è accettabile che Marchini pretende il sostegno dei partiti, ma vuole fare una campagna contro i partiti; vuole il sostegno della destra, ma dice che la destra non gli piace. Non credi che per essere candidato almeno dovrebbe dire che è di centrodestra o vincolarsi a una carta di valori?”. O, appunto, fare le primarie nell’ambito di una coalizione.
Al museo di Arcore la parola primarie e confronto sono ancora un tabù.
E la biglietteria è vuota.
(da “Huffingtonpost“)
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