AUTONOMIA? AUTO-SECESSIONE DEI RICCHI: AD AVVANTAGGIARSI DALLA RIFORMA CARA ALLA LEGA SAREBBERO LE REGIONI BENESTANTI DEL NORD, CHE VEDREBBERO TORNARE NELLE PROPRIE CASSE IL “RESIDUO FISCALE”LA QUOTA DI GETTITO FISCALE “DONATA” AL RESTO DEL PAESE
IN LOMBARDIA, OGNI RESIDENTE “GUADAGNEREBBE” PIÙ DI 5MILA EURO E IN GENERALE IL NORD AVREBBE DI PIÙ. IL SUD, INVECE, CI RIMETTEREBBE 2.451 EURO A TESTA
L’autonomia differenziata finirà per garantire più risorse alle Regioni più ricche? Il ministro Calderoli da cui prende nome la legge dice che la riforma sarà “a costo zero”. Ma è difficile credergli perché i futuri atti d’intesa tra Stato e singole regioni apriranno per quelle più ricche la possibilità, come già rivendicano, di trattenere il cosiddetto residuo fiscale, ossia la differenza tra quanto versano e quanto ricevono in termini di spesa pubblica.
Quali sono le regioni che si avvantaggerebbero della riforma?
Sono appunto quelle che versano molte più tasse allo Stato centrale che questo poi restituisce in termini di finanziamenti. Una elaborazione della Banca d’Italia mostra quali sono le regioni che potrebbero veder tornare nelle proprie casse la quota di gettito fiscale “donata” al resto del paese, il cosiddetto “residuo fiscale”.
Ad avvantaggiarsi di più sarebbero Lombardia (con 5. 090 euro per ciascun residente), Emilia Romagna (2. 811), Veneto (2. 680) Piemonte (1. 006), Toscana (852), Lazio (789) e Valle d’Aosta (231). Complessivamente il Nord avrebbe in più, magari per istruzione e sanità, 2. 715 euro ad abitante, il Centro 514 mentre il Sud ce ne rimetterebbe 2. 451 a testa.
Avremo 21 sistemi scolastici differenti?
Il rischio esiste perché alle regioni verrebbe attribuita la potestà legislativa sull’intera materia: dalle norme generali all’assunzione di personale, dai criteri di valutazione ai programmi scolastici.
Come cambierebbe la sanità?
L’autonomia differenziata, come denunciano le associazioni mediche, rischia di sbriciolare quel po’ di solidaristico che ancora c’è nel nostro servizio sanitario nazionale a vantaggio delle regioni più ricche. Il problema non è tanto la divisione delle competenze, che saranno stabilite dalle intese siglate dalle singole regioni con lo Stato.
A quest’ultimo già oggi restano infatti di esclusiva competenza solo la profilassi internazionale, i contratti del personale sanitario e i Lea, i livelli essenziali di assistenza, che elencano le prestazioni mutuabili su tutto il territorio nazionale e che nella riforma si chiamano Lep, Livelli essenziali di prestazioni, che dovrebbero essere uguali da nord a sud.
Ma che il condizionale sia d’obbligo lo dice l’articolo 5 della legge, dove si specifica che ogni intesa Stato-Regione “individua le modalità di finanziamento delle funzioni attribuite attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi o entrate erariali maturato nel territorio regionale”.
E siccome le più ricche regioni del centro-nord potranno attingere a un gettito fiscale maggiore di quelle del sud, è chiaro che i Lep o i Lea che dir si voglia non saranno affatto uguali da un punto all’altro dello Stivale.
Oggi le regioni dispongono di uguali risorse per la sanità?
No perché si va dai 2. 150 euro della Valle d’Aosta e dei 2. 100 della Liguria ai poco più di 1. 900 della Calabria. Ma sono differenze minime rispetto a quelle che si potrebbero verificare con la riforma.
(da La Stampa)
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