AVVISO A GIORGIA MELONI: PER SPERARE DI GOVERNARE UN PAESE SERVE UN PARTITO CON UNA CLASSE DIRIGENTE ALL’ALTEZZA
IL GIORNALISTA DELLA RIVISTA DI DESTRA FRANCESE “VALEURS ACTUELLES”, ANTOINE COLONNA: “LA VERITÀ È CHE MARINE LE PEN NON ERA PRONTA, NON AVEVA UNA SQUADRA DI GOVERNO, E IL SUO STATO MAGGIORE ERA PRIVO DI PERSONALITÀ PASSIBILI DI ASSUMERE LA RESPONSABILITÀ MINISTERIALE”
A Valeurs Actuelles, la rivista della destra conservatrice, sovranista e nazionalista, il redattore capo delle pagine internazionali Antoine Colonna non si è mai fatto illusioni sull’influenza della politica estera sul voto dei francesi per le presidenziali, e dunque sull’handicap della dipendenza finanziaria russa di Marine Le Pen.
«Anche se avessimo saputo che Marine Le Pen aveva cucinato uno dei suoi gatti in casseruola, la cosa non avrebbe avuto impatto sul risultato finale».
Ciò detto, il 41,5% di Marine Le Pen rischia di rafforzare gli scontenti e fomentare la protesta delle piazze?
«La crisi economica è una minaccia per tutti, e non solo in Francia. In tutta Europa rafforza gli elettorati scontenti, per l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, per l’inflazione, per il conseguente carovita. Il rischio adesso che le presidenziali sono finite e inizia il terzo turno con le legislative di giugno, è che i francesi possano far pagare Macron e la maggioranza presidenziale centrista e liberale votando alle legislative per Le Pen».
A fronte dello scarto di 17 punti rispetto a Macron, come giudica risultato raggiunto da Marine Le Pen alla sua terza candidatura all’Eliseo?
«L’astensione al 28% ha giocato un ruolo importante. Molti commentatori sui social nei giorni scorsi hanno ripreso e amplificato il giudizio di Marine Le Pen sull’arroganza di Macron, sulla sua supponenza, sul disprezzo del presidente dei ricchi nei confronti delle classi popolari. Ma la verità è un’altra. Ed è che Marine Le Pen diversamente da quanto lei stessa andava dicendo, non era pronta a governare, non aveva una squadra di governo, e il suo stato maggiore era privo di un certo numero di personalità passibili di assumere la responsabilità ministeriale. Se avesse vinto, sarebbe stata costretta a dover fare i conti con i profili altamente governativi che da parte loro si erano già tutti schierati con Eric Zemmour, e che dopo essere rimasti inchiodati al magrissimo risultato del 7 per cento al primo turno avrebbero e avranno difficoltà a riciclarsi a fianco della prima rivale e diretta concorrente di Zemmour».
Alle prossime legislative del 12 e del 19 giugno crede che la destra di Zemmour potrebbe prendersi una rivincita, manovrando magari sul fronte delle alleanze e delle desistenze così dette triangolari, scelta imposta dal maggioritario a doppio turno?
«Francamente, non credo che Zemmour avrà un futuro. Per quanto sia portatore di grandi speranze ha un rapporto complicato con Marine Le Pen e viceversa. Col suo 7 per cento non può vincere in nessuna delle migliaia di circoscrizioni in cui si giocano i seggi per l’Assemblea Nazionale, anche se va forte all’estero, tant’ è che al primo turno delle presidenziali ha conseguito il miglior risultato in Israele col più del 50%. In più bisogna pensare che i delusi di Zemmour avranno serie difficoltà di risalire la china, e come loro la destra classica, di Les Républicains, che è stata svaligiata da Zemmour nel suo capitale. Il che finirà per mettere il Rassemblement National, cioè il partito di Marine Le Pen, in posizione di forza».
Marine Le Pen forte del suo 40% cavalcherà la protesta di piazza o tenterà di consolidare la sua rappresentatività parlamentare?
«Il voto per il Rassemblement National è un voto di protesta, ma per quanto riguarda la distribuzione del voto alle legislative credo che i partiti tradizionali resistono. Il maggioritario del resto a doppio turno impedisce l’espressione delle sfumature. Marine Le Pen ne dovrà tenere conto per consolidare la forza di opposizione del suo partito».
(da “Il Messaggero”)
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