BOOMERANG BANDECCHI, IL DUCETTO SVUOTA-URNE
HA FATTO PERDERE AL CENTRODESTRA PIU’ VOTI DI QUANTI NE HA PORTATI
Il celebrato effetto Bandecchi non c’è stato, anzi forse ha lavorato al contrario vista la sconfitta di Donatella Tesei e i modesti risultati di Alternativa Popolare sia a Terni sia nel resto dell’Umbria.
Bandecchi-boomerang? C’è da chiederselo, la destra se lo sta chiedendo. Chissà se le performance di campagna elettorale – il sollevamento di un’Apecar, l’acqua sputata addosso a un contestatore, eccetera – hanno portato voti o li hanno fatti scappare. Chissà se il personaggismo funziona ancora. Di sicuro può premiare in elezioni più esotiche, quando si spediscono in Europa soggetti estremi come Roberto Vannacci o Ilaria Salis, ma sul territorio, dove si decide delle nostre vite quotidiane, anche no. Gli elettori preferiscono farne a meno. Lo conferma l’analogo insuccesso, dall’altra parte della barricata, di Marco Rizzo: era l’uomo del messaggio rosso-bruno, che voleva (poteva) far perdere il centrosinistra, magari intercettando il pacifismo grillino o l’astensionismo arrabbiato. Si è fermato nei dintorni dell’un per cento.
L’aspirante Trump italiano, insomma, non ce l’ha fatta. La sua battaglia contro il politicamente corretto non lo ha premiato e ha dovuto constatare di persona la distanza tra like e consenso elettorale (a proposito del quale aveva detto: “io i voti li compro o me li prendo di prepotenza”). L’Umbria magari ha riso delle sue performance e i suoi alleati lo hanno pure difeso – è Bandecchi, lui parla così – ma al momento di decidere gli elettori hanno saputo distinguere tra politica e bullismo, tra show e requisiti di governo. E tuttavia sarebbe meschino sparare sulla croce rossa perché il tonante sindaco di Terni è il prodotto di un circuito che si ripete elezione dopo elezione, e c’è sempre un nuovo Berlusconi, un nuovo Blair, un nuovo questo e quello che riesce a conquistare visibilità sgomitando ed estremizzando il suo disprezzo per gli avversari. A Roma c’è stato pure un nuovo Marco Aurelio, e pure lui è finito malissimo.
Stefano Bandecchi ha costruito il suo personaggio ben prima di diventare sindaco, quando si è comprato la Ternana e ha cominciato a dare in escandescenze in ogni occasione, dalle conferenze stampa al corpo a corpo con la tifoseria dopo le sconfitte, talvolta con scambio di manate e sputi. E’ diventato personaggissimo da talk show. Si è divertito. Dopo l’elezione a sindaco ha calcato la mano sulla figura dell’uomo verace, impavido, “di una volta”, che dice pane al pane e culo al culo, vendicatore di ogni maschio che si vede scavalcato da una donna, perché queste donne hanno stufato, “hanno più diritti di me, hanno troppa sensibilità, e gli uomini non possono più aprire bocca”.
Si è fatto campione della cosiddetta battaglia contro il politicamente corretto, ci ha costruito sopra l’immagine del Trump italiano, e ha convinto pure la destra di FdI – sua acerrima nemica in consiglio comunale e sul territorio – che sarebbe stato decisivo per la vittoria. E adesso quelli gli fanno i conti in tasca e chiedono conto del cinque per cento che aveva promesso e non è arrivato.
Ma ora che le urne hanno parlato c’è anche una lezione più generale da imparare. Vale per chi ha favoleggiato di improponibili paragoni tra l’Umbria e gli Appalachi, tra Terni e Springfield, perché magari è vero che gli Usa determinano tendenze planetarie ma forse, nella regione di San Francesco, si poteva prevedere che certe esuberanze trumpiane non fossero così determinanti. Allo stesso modo, si dovrebbe archiviare l’idea che una robusta minoranza di italiani
(da lastampa.it)
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