DA CROCE E ZANARDELLI A MARX E FIDEL CASTRO, QUANTO SONO ANTICHE E VASTE LE RADICI DELL’OMOFOBIA
LIBERALI, COMUNISTI, CATTOLICI PRESUNTI: ECCO UN QUADRO REALE DI CHI ODIA LE DIVERSITA’
Il ddl Zan che nel 2021 dovrebbe trovare un accordo di massima in tutte le forze politiche che siedono in Parlamento, al contrario continua a essere un testo divisivo. Testo che accende il dibattito oltrepassando gli emicicli delle aule parlamentari e arrivando fin dentro al mondo della cultura e dello spettacolo.
E ovviamente della Chiesa. Per non parlare a livello europeo della contrapposizione tra i vertici Ue e l’Ungheria di Viktor Orbán per la pessima legge anti-Lgbtqi. In verità c’è poco da stupirsi.
L’argomento è divisivo perché la sacrosanta garanzia di diritti a chi è gay è piombata come un turbine su una società intrisa di pregiudizi a tutti i livelli, a destra come a sinistra, fra gli intellettuali e nel popolo, con radici profonde e non troppo lontane.
Prendiamo il caso di Benedetto Croce: filosofo, senatore, ministro e fondatore del Partito liberale italiano. Ecco, proprio Croce ha “censurato” un libro del napoletano Luigi Settembrini, considerato uno dei padri della Patria. Settembrini che aveva scritto testi di una certa importanza soprattutto sul tema risorgimentale, aveva lasciato tra le sue carte un romanzo, “I neoplatonici”, in cui raccontava di un amore omosessuale anche con descrizioni molto dettagliate.
Quando nel 1937 viene ritrovato, il testo è sottoposto a Croce per un’eventuale pubblicazione. Il filosofo si oppone dicendo che si tratta di un “lubrico e malsano errore letterario del Venerato Maestro, martire patriottico dei Borboni”. Insomma, meglio lasciarlo nel cassetto.
Rimanendo tra filosofi è emblematico un carteggio tra gli ideologi del comunismo, Karl Marx e Friedrich Engels. Il 22 giugno 1869 Engels scrive all’amico che ormai esiste una lobby gay: “I pederasti iniziano a contarsi e scoprono di formare una potenza all’interno dello Stato (…) D’ora in poi sarà: “Guerre aux cons, paix aux trous de cul”. Uno slogan che tradotto significa all’incirca “guerra alla f… e pace al buco del c.”.
Interessante è anche la visione del ministro della Giustizia del Regno d’Italia, Giuseppe Zanardelli, già patriota e anche presidente del Consiglio. Zanardelli è l’autore del primo codice penale “liberale” dell’Italia unita che entra in vigore nel 1890 e ci resterà fino al 1930, anno dell’introduzione del codice Rocco. Nonostante nel suo codice venga esclusa la norma che punisce i comportamenti omosessuali, la motivazione che lo stesso Zanardelli ne dà in aula durante la presentazione del testo è equivoca. E abbastanza ipocrita. Il ministro infatti spiega che contro l’omosessualità “riesce più utile l’ignoranza del vizio”. Riassunto: di certe cose meglio non parlarne e non interessarsi.
Un po’ la stessa filosofia che nell’Italia repubblicana pervade tutte le forze politiche. In un bel libro del giornalista Giampaolo Pansa, “Ottobre, addio”, nel ricordare l’atteggiamento del partitone rosso nei confronti non solo dell’omosessualità ma anche dell’adulterio, un militante spiega: “C’è un codice di comportamento che non ammette deroghe: ognuno si faccia i fatti suoi, purché li copra e se li tenga per sé”.
Non mancano poi tra gli uomini di punta del Pci alcune uscite grevi, magari per attaccare il nemico politico di turno. Palmiro Togliatti per esempio prende di mira il premio Nobel per la letteratura André Gide reo di aver preso le distanze dal comunismo. Sulla rivista del partito “Rinascita” il Migliore scrive che quando sente parlare Gide di certi argomenti “viene voglia di invitarlo a occuparsi di pederastia dove è specialista”.
Ma anche nel mensile della Figc diretto da Enrico Berlinguer i toni non sono da meno e nel mirino c’è un altro scrittore francese: Jean-Paul Sartre, evidentemente troppo autonomo nel suo pensiero. Tanto da essere descritto come “un degenerato lacchè dell’imperialismo, che si compiace della pederastia e dell’onanismo”.
Da ricordare, come racconta il giornalista Filippo Maria Battaglia nel suo puntuale libro ″Ho molti amici gay. La crociata omofoba della politica italiana”, il grottesco episodio capitato al celebre pittore Filippo De Pisis subito dopo la liberazione dal nazifascismo.
De Pisis nella primavera del 1945 dà una festa nel suo studio a Venezia. Tra gli invitati decine di uomini coperti solo da gusci di granceola, pronti a essere dipinti dal vero. La festa però viene interrotta da un gruppo di partigiani comunisti che arresta tutti, compreso il pittore, per “mollezza borghese”. Gli uomini vengono interrogati e scherniti. Dopo due giorni rinchiuso con delinquenti comuni, De Pisis viene rilasciato con l’intimazione di non organizzare più “orge del genere”.
Sempre De Pisis subirà un’altra amarezza pochi anni dopo quando un telegramma da Roma ordina di non consegnargli il Gran premio della XXV Biennale perché omosessuale. Vincerà il bolognese Giorgio Morandi.
Sempre nel saggio di Battaglia, si riporta come anche tra i presidenti della Repubblica si possono elencare alcuni atteggiamenti inequivocabili. Per esempio il no del socialista Sandro Pertini a una delegazione di omosessuali che chiede di essere ricevuta al Quirinale: “Non è ora il momento, forse dopo le elezioni”.
Un certo imbarazzo anni dopo emerge anche su di un altro Capo dello Stato, il diccì Oscar Luigi Scalfaro, che decide di non presenziare e non mandare nemmeno un telegramma per il funerale dello stilista famoso in tutto il mondo, Gianni Versace. Ma omosessuale dichiarato e ucciso in circostanze poco chiare. Meglio non mischiarsi. Già in passato Scalfaro da sottosegretario all’Interno sotto Mario Scelba, se l’era presa con alcune feste omosessuali organizzate nel bresciano, e ribattezzate “balletti verdi”, assicurando di prendere provvedimenti contro “il mondo nauseante degli invertiti”.
Ci sono poi episodi davvero drammatici. Come il caso di Aldo Braibanti, partigiano e intellettuale comunista che viene condannato per plagio dopo la denuncia dei genitori del suo convivente maggiorenne di cui non riescono ad accettare l’omosessualità. Braibanti verrà arrestato, rinchiuso in manicomio e sottoposto a elettroshock.
Siamo nel 1968. Una decina d’anni prima, dopo l’omicidio di un bambino nella pineta di Viareggio, Ermanno Lavorini, si scatena una campagna mediatica e politica contro “pederasti e procacciatori di ragazzi”, rovinando la vita ad alcune persone del tutto innocenti. Uno morirà d’infarto, un altro si impiccherà.
Inutile poi sottolineare come sotto tutte le dittature gli omosessuali siano stati perseguitati. E ancora oggi lo sono in molte parti del mondo. Degno di nota il caso di Cuba che dopo la rivoluzione dei barbudos con a capo Fidel Castro e Che Guevara, mette subito in atto una politica aggressiva e repressiva contro gli omosessuali. Proprio il lider maximo, all’inizio degli anni ’60 intervistato da un suo estimatore, Giangiacomo Feltrinelli, che gli chiede conto della repressione dei gay, risponde: “L’idea di mandare un figlio a scuola e vederselo tornare frocio non garba a nessuno”.
(da Huffingtonpost)
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