D’ALEMA: “NON MI CANDIDO, MA SE VINCE RENZI SARA’ GUERRA”
SE VINCE BERSANI NON SI RIPRESENTERA’: “POTRO’ FARE PIU’ POLITICA, CON PIU’ LIBERTA'”…”RENZI E’ VAGO NELLE PROPOSTE, NON HA STILE E NON RISPETTA I VALORI DELLA SINISTRA”
«Se vincerà Bersani, non chiederò deroghe, e il rinnovamento lo agevolerò. Ma se vince Renzi sarà scontro, e sarà uno scontro politico».
Massimo D’Alema annuncia a «Otto e mezzo» su La7 (anticipando un’intervista a «l’Unità ») la sua rinuncia alla candidatura in Parlamento in caso di vittoria del segretario del Pd alle primarie.
Una mossa ad effetto, quella del presidente del Copasir, che ha spiegato – in una durissima polemica politica e personale con il sindaco di Firenze – che «nel 2001 Berlusconi venne nel mio collegio di Gallipoli a dire “rottamiamolo”. Mi dispiace averlo sentito di nuovo nel mio partito».
Non sarà più in Parlamento, l’ex-premier, ma fa capire con nettezza che ha tutt’altro che in mente di ritirarsi dalla politica.
«Anzi – spiega – potrò fare ancora più politica con più libertà », non necessariamente solo in Italia.
Quel che è certo è che nella conversazione con Lilli Gruber D’Alema lancia un durissimo attacco a Matteo Renzi, accusato di non avere stile («e chi non ha stile non ha la stoffa di un leader»), di voler dividere il partito, di non rispettare i valori della sinistra, di una tardiva rivalutazione del liberismo, di esprimere una totale vaghezza nelle proposte di merito che riguardano i problemi del Paese.
E insieme, difende Pier Luigi Bersani come l’uomo del rinnovamento, «l’uomo che unisce»
«È aberrante questo modo di pensare e dire “io metto o io tolgo questa persona” – ha detto D’Alema citando l’esempio di Obama e Hillary Clinton – va contro i fondamentali della democrazia».
L’atteggiamento di Renzi è popolare e riscuote consensi?
Colpa anche della legge elettorale, ma «gli applausi – avverte – li misureremo alla fine, quando si voterà alle primarie».
Al sindaco di Firenze, che tanto poco dice sui programmi, D’Alema dice che «chi si candida a guidare l’Italia, una persona che pretende domani di essere al posto di Monti ha il dovere di proporre qualcosa di più che insulti a D’Alema. Dovrebbe proporre qualcosa».
Il «rottamatore», invece, riflette il difetto tradizionale del centrosinistra, cioè «la divisione. Ma lui non è il rimedio, è il male, perchè è un elemento di divisione».
In realtà , gli attacchi di Renzi avevano convinto il presidente del Copasir a fare marcia indietro rispetto alla decisione – già annunciata e concordata con Bersani – di non ripresentarsi alle elezioni.
«A quel punto, forse sbagliando – dice – ho pensato di non dover cedere all’aggressione».
Ma adesso il dado è tratto: se Bersani vincerà , niente più Parlamento.
Il che non significa ritirarsi dalla politica, perchè ora «io sono mobilitato: tutte le volte che il Paese ha vissuto una fase difficile io mi mobilito!», esclama D’Alema. Mobilitazione per Bersani, «l’uomo che unisce».
E per la vittoria del centrosinistra, che significa – pur riconoscendo i meriti di Monti – «volere qualcosa di più: giustizia sociale, dignità del lavoro».
Dunque si salda nettamente il fronte tra D’Alema e Pier Luigi Bersani.
Non è un caso che in mattinata il segretario avesse chiarito che «io non rottamo nessuno – aveva detto Bersani – ma punto a rinnovare assieme. D’Alema, per come lo conosco sono sicuro che sul concetto di rottamazione combatterà fino alla morte, e sul rinnovamento sono sicuro che c’è. E quindi faremo il rinnovamento tutti insieme».
Roberto Giovannini
(da “La Stampa”)
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