DOCUMENTO ESCLUSIVO “REPUBBLICA”: ECCO LE REGOLE DELLA VERGOGNA CHE HANNO BLOCCATO LA GUARDIA COSTIERA A CUTRO
“MONITORARE IL BARCONE, SOCCORSO SOLO IN CASO DI PERICOLO IMMINENTE”: LA DIRETTIVA DEL MINISTRO PISANU DEL 2005, RIESUMATA DA SALVINI E’ IN CONTRASTO CON LE LEGGI INTERNAZIONALI E IL DIRITTO VIGENTE
Prima situazione operativa: localizzazione di natante che trasporta immigrati clandestini individuato oltre le 24 miglia, ma non in situazione Sar. “I mezzi in pattugliamento devono limitarsi ad assicurare il monitoraggio (possibilmente in forma occulta) dei movimenti del natante stesso”.
Eccole qua le regole di ingaggio di cui, a caldo, all’indomani della tragedia di Cutro del 26 febbraio scorso, ha parlato il comandante della Capitaneria di Porto di Crotone Vittorio Aloi per giustificare il mancato intervento dei mezzi della Guardia costiera in soccorso del barcone naufragato sulla secca di Cutro (79 vittime e un numero ancora imprecisato di dispersi).
Stanno in un documento dal titolo “Accordo tecnico-operativo per gli interventi connessi con il fenomeno dell’immigrazione clandestina via mare”, che Repubblica è in grado di mostrare. Il documento, firmato nel 2005 da Giuseppe Pisanu ( governo Berlusconi) e tuttora in vigore, non è stato mai di fatto applicato come confermato dal ruolo della Guardia costiera che, fino al 2018, considerava evento Sar qualsiasi imbarcazione di migranti operando salvataggi in piena autonomia. Ed è infatti con la direttiva del marzo 2019, che Matteo Salvini, allora al Viminale, chiede ai vertici delle forze dell’ordine di “attenersi scrupolosamente alle indicazioni operative al fine di prevenire l’ingresso illegale di immigrati sul territorio nazionale”.
Sono le regole, dettate dal dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, che normano – con estrema precisione – caso per caso chi e come deve intervenire quando viene segnalata un’imbarcazione di migranti.
E, nella fattispecie di Cutro, sono le regole che – applicate rigidamente come da richiamo della direttiva interministeriale firmata da Matteo Salvini a marzo 2019 – hanno da subito messo nelle mani della Guardia di finanza il pallino di quella che è stata immediatamente catalogata come operazione di polizia (law enforcement) legando invece le mani della Guardia costiera che, proprio da queste regole di ingaggio, è chiamata a intervenire con un’operazione di soccorso solo se si apre un evento Sar.
Come prescrive la cosiddetta seconda situazione operativa che scatta quando “le condizioni meteomarine pongono in serio ed immediato pericolo di vita gli occupanti del natante.”
Ecco dunque, perché, la notte tra il 25 e il 26 febraio le potenti motovedette della Guardia costiera in dotazione alle capitanerie di Crotone e di Reggio Calabria rimasero in porto. Semplicemente perché, di fronte ad una segnalazione come quella inoltrata dall’aereo Eagle 1 di Frontex di un natante in “buone condizioni di navigabilità“, le regole di ingaggio decise dal ministero dell’Interno prevedono che debba scattare un’operazione di polizia e non di soccorso e che i mezzi interessati (nella fattispecie quelli della Guardia di finanza, unica polizia marittima in Italia) “devono limitarsi ad assicurare il monitoraggio del natante”, per altro aspettandolo all’ingresso delle acque territoriali italiane.
Il documento fa parte degli atti allegati alla memoria che i legali del pool difensivo che rappresentano alcune famiglie delle vittime presenteranno oggi in Procura a Crotone chiedendo che si faccia chiarezza sulla mancanza dei soccorsi.
Spiega uno dei legali, l’avvocato Francesco Verri: ” Abbiamo preparato una memoria per la procura della Repubblica basata sui fatti noti e sul diritto del mare. Fra i fatti noti, insieme alla segnalazione di Frontex, c’è questo accordo. Prevede che non si deve intervenire fino a quando, per le condizioni del mare o della barca, i migranti non sono ‘in imminente pericolo di vita’. Stiamo chiedendo agli inquirenti di accertare se e in quale misura queste direttive su carta intestata del Ministero dell’Interno abbiano ispirato le decisioni assunte nella tragica notte di domenica 26 febbraio.Perché queste indicazioni sono in contrasto con tutte le norme vigenti: convenzioni e consuetudini internazionali, leggi dell’Unione Europea, raccomandazioni del Consiglio d’Europa, disposizioni nazionali, diritto vivente. Le vite umane si salvano prima che sia troppo tardi. Non si ‘monitorano’, come vorrebbe l’accordo operativo ministeriale. In mare non c’è tempo da perdere. Pochi istanti potrebbero essere fatali. Le donne e gli uomini della Guardia Costiera che in questi anni, talvolta per questione di attimi, hanno scongiurato tante altre tragedie”.
Il comando alla Direzione centrale immigrazione
La regia di qualsiasi operazione è affidata alla direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere a cui – si legge ancora nell’accordo – tutti i comandi delle forze dell’ordine coinvolti (Marina militare, Guardia di finanza, corpo delle Capitanerie di porto, carabinieri e polizia) “dovranno inoltrare le acquisite informazioni relative all’immigrazione clandestina via mare”, “concorrono alle attività di sorveglianza e controllo previste dal presente accordo, restando alle dipendenze gerarchiche ed operative dei rispettivi comandi di appartenenza”.
La catena di comando
Questa, dunque, la catena di comando che ha operato secondo le direttive che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non ha voluto svelare neanche durante la sua informativa a Camera e Senato
Se il natante non è a rischio immediato
Le situazioni operative, dunque. La prima è quella in cui “le condizioni del natante e/o le condizioni meteomarine non pongono in immediato pericolo di vita gli occupanti del natante”. Ed è quella in cui, stando alle informazioni contenute nella segnalazione di Frontex, rientrerebbe il caicco localizzato la sera del 25 febbraio a 40 miglia dalle coste calabresi. “Tale situazione – specifica l’accordo – viene segnalata dal primo mezzo aeronavale che entra in contatto ottico con il natante, salvo diversa valutazione da parte dell’Organizzazione di soccorso in mare”, che sarebbe il Comando generale delle Capitanerie di Porto alle dirette dipendenze del ministero dei Trasporti. Le modalità operative, poi, cambiano a seconda che l’imbarcazione si trovi entro – oppure oltre – le 24 miglia, cioè in acque internazionali, come appunto il caso del caicco localizzato a 40 miglia a sud di Crotone.
Quando entra in gioco l’operazione di soccorso
Ma cosa succede invece se il natante oggetto di operazione di polizia marittima si ritrova in imminente condizioni di pericolo? “Un mezzo aeronavale che constata il serio ed imminente pericolo di vita per gli occupanti del natante stesso, a prescindere dal fatto che si trovi in acque territoriali o internazionali, è obbligato ad intervenire per prestare immediato soccorso dandone immediata conoscenza ai competenti comandi del Corpo delle capitanerie di porto”.
Ancora, una volta dichiarato l’evento Sar, l’operazione non è più da considerarsi come contrasto all’immigrazione clandestina, ma come operazione di soccorso a tutti gli effetti e tuttavia – sottolinea l’accordo – “i competenti comandi delle Capitanerie di porto devono dare immediata comunicazione dell’attività condotta alla Direzione centrale e ai rispettivi comandi”.
(da La Repubblica)
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