I NEMICI DELLA RIFORMA PREPARANO LA PALUDE DI PALAZZO MADAMA
SI DELINEA UNA TRINCEA TRASVERSALE PER CAMBIARE L’ITALICUM SU PREFERENZE E SOGLIA
Può darsi che si tratti solo di un tentativo di intimidazione contro il governo. Oppure di una somma di debolezze e di frustrazioni destinate a rivelarsi un bluff.
Ma la possibilità che la riforma elettorale in via d’approvazione alla Camera sia cambiata al Senato sembrerebbe tutt’altro che remota.
A Montecitorio, tra lunedì e martedì il cosiddetto Italicum diventerà legge, come il premier Matteo Renzi aveva promesso.
Nessuno, però, è pronto a scommettere che il testo uscirà indenne dalla discussione nell’altro ramo del Parlamento. E non tanto perchè nella strategia del presidente del Consiglio la «Camera alta» è destinata ad assumere un rilievo politico più o meno ornamentale.
Sono i numeri a far ritenere che le forze minori cercheranno una rivincita in grado di bilanciare lo strapotere che i partiti maggiori, Pd, FI e M5S, si vedranno attribuire dall’Italicum.
Ma, in quel caso, c’è da chiedersi quali saranno i possibili effetti sull’asse tra Renzi e Silvio Berlusconi che ha già ingoiato di malavoglia le modifiche imposte dal Nuovo centrodestra a Montecitorio.
Gli attacchi del partito di Angelino Alfano a FI sembrano fatti per rendere più difficile la sintonia istituzionale tra i due maggiori partiti.
L’impazienza del Cavaliere trasuda dalle pagine del Mattinale, il bollettino diffuso dal gruppo parlamentare.
«Attento, Renzi – scriveva ieri–, la luna di miele con gli italiani dura poco…».
In parallelo, viene chiesto al premier di richiamare all’ordine quanti, nel suo Pd, non nascondono la volontà di «migliorare» la riforma elettorale a palazzo Madama: al punto che i renziani sono costretti a ricordare che la direzione del partito ha approvato il progetto a stragrande maggioranza.
In discussione sono soprattutto le preferenze: quelle che ridurrebbero il potere dei leader nella designazione di fatto dei parlamentari, a seconda della loro posizione nelle liste.
Alla Camera la proposta non è passata per una trentina di voti. Il tentativo dei dissidenti è di farla approvare al Senato.
E nel frattempo di insinuare dubbi corposi sulla costituzionalità della riforma che sta prendendo corpo. In più, non riesce a decollare l’idea delle «quote» femminili nelle liste; e questo aggiunge un altro focolaio di tensione trasversale.
Una degli avversari di Renzi, Anna Finocchiaro, pd e presidente della commissione Affari costituzionali, ha annunciato che in Senato si lavorerà per abbassare la soglia che sbarra l’ingresso in Parlamento delle forze minori, e per alzare il premio di maggioranza.
«La soglia dell’8 per cento per i partiti che vanno da soli è molto alta. E per il premio, è ragionevole il 40 per cento». Sono bastate queste parole per tirarle addosso l’ira di berlusconiani e renziani: al punto che è intervenuto a difenderla il vicepresidente del Senato, Vannino Chiti. «Sono stupefatto e preoccupato», ha detto. «Il Senato c’è ancora e pesa. Cercheremo di migliorare la legge elettorale, come è nostro dovere».
Eppure, nonostante tutto, il patto Renzi-Berlusconi regge.
Il Ncd parla maliziosamente di un Cavaliere desideroso di far parte del governo.
Sono punture di spillo che nascono da una campagna elettorale già in atto, alla quale tutti più o meno consapevolmente partecipano.
Rimane da capire se è solo per le Europee di maggio, o se possa sfociare in un voto politico anticipato.
Massimo Franco
(da “il Corriere della Sera“)
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