IL CASO: ALL’AQUILA HANNO RESISTITO SOLO GLI EDIFICI DEL VENTENNIO
SONO CROLLATI EDIFICI ANTICHI E RECENTI, MA SONO RIMASTI INTEGRI QUELLE COSTRUITI DAL FASCISMO… DALLE CASE STATALI DELL’INCIS ALLA CHIESA DEL CRISTO RE, DAL QUARTIERE DELLA BANCA D’ITALIA ALLA PISCINA COMUNALE
Abbiamo potuto constatare che all’Aquila è venuto giù tutto o quasi: villette di periferia costruite da pochi anni in presunto cemento armato, palazzi del Settecento, chiese del Trecento, campanili ottagonali di trenta metri, mura medievali restaurate recentemente, case popolari degli anni Sessanta, silos di acciaio della zona industriale. Con una vistosa sola eccezione che molti esperti hanno sottolineato: le opere dell’architettura fascista. Basta fare una passeggiata nel martoriato centro storico della città e si vedono molti esempi. Nella piazza della Fontana Luminosa, i due comandi mobili dei vigili del Fuoco che provvedono a organizzare per gli sfollati le “incursioni protette” nelle case per il recupero di oggetti preziosi e vestiario, sono addossati a una sede della Carispaq e ad una palazzina di studi professionali e uffici ( compresa la sede locale del quotidiano “il Messaggero”), entrambe risalenti agli anni Trenta. A poche decine di metri, oltre il circolo del tennis, la Piscina comunale, una delle prime piscine coperte in Italia, è intatta, neppure una scalfittura sulle pareti esterne. Nella disastrata via xx Settembre, spicca la Chiesa del Cristo Re, datata 1934. Si è rotto solo un piccolo vetro. Accanto la vecchia sede dell’Isef con solo qualche piccola screpolatura. Passando alle abitazioni private l’intero quartiere della banca d’Italia, realizzato prima della seconda guerra mondiale per i dipendenti delle Officine Carte e Valori è perfettamente integro, non è saltato neppure un mattone del rivestimento. Stesso discorso per le case statali dell’Incis in via Duca degli Abruzzi, strada in cui si è sbriciolato un moderno hotel e dove abitava da adolescente il giornalista Bruno Vespa. A questo punto, hanno osservato in molti, non è un caso che gli edifici abbiano resistito mentre quelli accanto sono crollati. Sotto il regime evidentemente, hanno rilevato gli esperti, vi erano controlli severi, non limitati agli edifici pubblici, ma anche alle numerose case popolari che non dovevano essere fatte al risparmio. Case fatte per durare insomma, politica che si inquadrava nella volontà di “monumenti perenni” tipica del fascismo. Non a caso la volontà del popolo aquilano di intitolare la piscina comunale ad Adelchi Serena, ex podestà dell’Aquila dal 1926 al 1934 e ministro dei lavori Pubblici, persona stimata da tutti. Al di là di ogni riferimento politico, vi sono stati periodi della storia italiana dove le costruzioni venivano fatte bene, anche perchè chi costruiva sapeva che se faceva il furbo, speculando sui lavori, finiva in una cella di cui non si sarebbe più ritrovata la chiave. E certe misure sono un ottimo deterrente che travalica ere e periodi storici.
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