IL GRANDE RIVOLUZIONARIO BORGHEZIO CONDANNATO PER LA FRASE SUI ROM
PRIMA AVEVA CHIESTO L’IMMUNITA’ PARLAMENTARE, POI HA CHIESTO SCUSA AI ROM OFFRENDOSI PER OPERE DI VOLONTARIATO E PAGANDOLI PER FAR RITIRARE LA QUERELA…ALLA FINE E’ CONDANNATO A UNA MULTA DI 1.000 EURO… NEANCHE LE PALLE DI ANDARE IN GALERA
L’europarlamentare della Lega Nord Mario Borghezio è stato condannato a pagare una multa di mille euro per le opinioni che aveva espresso durante la trasmissione «La Zanzara» dell’8 aprile 2013 sui Rom.
Il politico del Carroccio era imputato per discriminazione razziale e diffamazione aggravata dalle finalità di odio razziale ed etnico.
Borghezio, durante il programma radiofonico, si era scagliato contro la visita di alcuni giovani rom alla Camera, invitati dalla presidente Laura Boldrini in occasione della Giornaya internazionale de rom e dei sinti.
La richiesta d’immunita’
Tra le frasi offensive pronunciate dall’esponente della Lega: «Mi auguro che non portino via gli arredi della Camera». E ancora: «I rom usano una certa cultura tecnologica nello scassinare gli alloggi della gente onesta».
Ecco alcune delle esternazioni, decisamente poco politically correct: «Non tutti i rom sono ladri, ma molti ladri sono rom».
Oppure : «Penso quello che pensano tutti: mano nella tasca del portafoglio per evitare che te lo portino via».
Dopo le denunce e l’avvio dell’inchiesta, Borghezio aveva chiesto al Parlamento europeo il riconoscimento dell’immunità , ma la richiesta era stata rigettata dalla Commissione affari giuridici con la motivazione che «le dichiarazioni fatte nell’intervista non avevano diretta e ovvia connessione con le attività parlamentari» e che comunque se anche tali dichiarazioni fossero state fatte durante una seduta parlamentare «avrebbero potuto generare sanzioni in base all’art. 153 del codice di procedura».
L’aggravante dell’odio razziale
A processo in corso, Borghezio aveva poi cercato di scusarsi: «Essendo pentito per la sgradevolezza di questo fatto non intendo limitarmi a un impegno risarcitorio, ma mi rendo disponibile nella mia città a fare volontariato», ma poi il risarcimento si è tramutato nella corresponsione di alcune migliaia di euro con conseguente ritiro di querela.
Venerdì, tuttavia, i giudici della decima sezione penale hanno accolto la tesi del pubblico ministero Piero Basilone: in virtù dell’aggravante della finalità di odio etnico e razziale, il reato di diffamazione contestato all’imputato è perseguibile d’ufficio.
(da “il Corriere della Sera“)
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