IL GRIDO DEI FAN: “SENTENZA ANNULLATA! SILVIO HA VINTOâ€, MA NON AVEVANO CAPITO
ALL’ESERCITO DI SILVIO FUNZIONA POCO IL REPARTO RICETRASMITTENTI E QUELLO CONOSCENZE GIURIDICHE
«ANNULLATAAAA!». Il grido liberatorio ed esultante squarcia l’aria all’improvviso.
Lo lancia una signora di mezza età che tiene un cellulare in ciascun orecchio e riceve in diretta l’annuncio della sentenza da uno smartphone a stelle e strisce. «Annullamento! » ripete, agitando la mano sinistra ornata da un vistoso bracciale dorato, e quell’urlo scatena la gioia dei berlusconiani arrivati qui per essere vicini al loro leader nell’ora della verità .
Volevano essergli ancora più vicini, e arrivare davanti al cancello automatico di Palazzo Grazioli, ma la polizia ha chiuso al traffico via del Plebiscito e dunque si sono dovuti fermare davanti alle transenne, in piazza del Gesù, all’ombra della chiesa dove il giorno prima è entrato il Papa e davanti al palazzo dove una volta c’era il vero cuore del potere politico, la sede della Dc.
Ma ora sono qui, il resto conta poco, e quel grido che risuona nella piazza è il premio per la loro fede: è fatta, anche stavolta Berlusconi è salvo.
«Annullamento!». Due ragazze lanciano in aria le bandiere, un uomo alza i pugni verso il cielo, altri quattro o cinque cominciano a saltare come si fa allo stadio quando la tua squadra vince il derby.
E tutti gridano in coro: “Sil-vio, Sil-vio, Sil-vio!». Evviva, Berlusconi non esce di scena. Non andrà in carcere. L’incubo è finito, finalmente.
«Avete visto? Devono rifare tutto!» sentenzia soddisfatto un pensionato che sta in prima fila.
«Ha vinto su tutta la linea!» esulta una donna con la borsa rossa. E una ragazza tira fuori dalla borsa una bottigliadi champagne.
E poi… Un momento.
La signora col bracciale dorato fa un segno con la mano. Al telefono le stanno spiegando qualcosa. «Come dici? Una va in appello e l’altra è rigettata? ». Ah, erano due le sentenze? Ma no, era solo una. E allora?
La signora ha improvvisamente cambiato espressione, e ora passa il cellulare a stelle e strisce a un giovanotto che ha l’aria di intendersene un po’ di più.
«Annullata solo la pena accessoria » annuncia quello con voce grave.
Là dietro non l’hanno sentito, e continuano a saltare e a lanciare le bandiere in alto. «Fermi, fermi!» ordina qualcuno, perentoriamente.
E quelli si fermano, interdetti: ma non avevamo vinto noi? Pare di no, perchè all’improvviso un silenzio pesante cala su quest’angolo della piazza, come in quei vecchi sketch del sabato sera dove il conduttore del telegiornale annunciava dispiaciuto: «Dalla regia mi dicono che non è vero».
Non è vero. Silvio ha perso.
E allora scompaiono rapidamente quei grandicartelli con la forma di guanti bianchi che avvertivano: «Giù le mani da Silvio!».
Le ragazze arrotolano meste lo striscione che volevano mostrare al Cavaliere vincitore: «Sempre con te».
E spariscono d’incanto anche le bandiere azzurre con la scritta «Esercito di Silvio» (beh, esercito: saranno stati una ventina, poco più di una pattuglia).
«Non avevamo sentito bene» si giustifica la signora con il bracciale davanti a un nuovo arrivato che chiedeva spiegazioni.
Non sanno che davanti alla Cassazione, sotto il monumento al conte di Cavour, una pattuglia altrettanto sparuta – guidata da Gianfranco Mascia, antico contestatore di Berlusconi e seguace di Ingroia – in questo momento sta festeggiando, stappando lo spumante e alzando i cartelli che aveva ottimisticamente preparato: «Giustizia è fatta», «Nessuno è più uguale degli altri», «Colpevole per la giustizia, assolto dalla politica».
Ma qui, in via del Plebiscito, ormai tutti hanno capito che la battaglia è perduta.
E mentre l'”esercito” risale in disordine e senza speranza la strada che aveva disceso con orgogliosa sicurezza, il suo generalissimo resta davanti alle telecamere per coprire la ritirata.
Lui, Simone Furlan, l’albergatore veneto che s’è incaricato di organizzare le truppe del Cavaliere, non si dà per vinto, figuriamoci.
E se gli avvocati di Berlusconi, in questo momento accanto al condannato, minacciano di ricorrere ai tribunali europei, lui ha un altro piano: chiamare in causa Napolitano. «Credo che sia uno scandalo incredibile» dichiara. «Si è verificato un golpe giudiziario. Ma noi metteremo immediatamente in atto delle azioni forti».
I cronisti si guardano in faccia, e a qualcuno torna in mente la scena finale de “Il Caimano”, quando il Berlusconi cinematografico subisce una condanna che somiglia assai a quella di oggi – sette anni di carcere e interdizione perpetua dai pubblici uffici – e mentre il protagonista lascia il tribunale con sguardo fiero, come se avesse vinto e non perso il processo, i suoi sostenitori aspettano i giudici sulle gradinate del palazzo di giustizia e li circondano lanciando bombe molotov, costringendoli a fuggire.
E’ qualcosa del genere che ha in mente questo “Esercito di Silvio”? Macchè.
Dopo una sapiente pausa, lui stesso chiarisce quello che farà : «Chiederemo in tutti i modi possibili la grazia del presidente della Repubblica».
Tutto qui? Tutto qui.
A Moretti non sarebbe piaciuto, come finale.
Ma non è detto che sia questo, il finale che ha in mente il vero Caimano.
Sebastiano Messina
(da “La Repubblica“)
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