INTERVISTA AL SOCIOLOGO DE MASI: “FERMIAMO IL CALCIO PER RISANARE L’ITALIA”
“E’ UNA DECADENZA AUTODISTRUTTIVA: AL DECLINO ECONOMICO SI ACCOMPAGNA QUELLO DI UNA CULTURA”
È una decadenza autodistruttiva e al declino economico si accompagna quello di una cultura».
«Gli ultras che mettono a ferro e fuoco le città sono figli degeneri di una società senza punti fermi. Ormai le tifoserie calcistiche inscenano senza sosta una guerra civile simulata».
Il sociologo Domenico De Masi analizza le «tensioni impellenti che trasformano le partite di calcio in un campo di battaglia».
E lancia una proposta-choc: «Fermiamo il pallone per un po’ di anni e intanto risaniamo il tessuto dell’Italia»
Professore, da cosa nasce la follia ultras?
«L’assenza di positivi modelli di vita fa prosperare la forma scadente di identificazione dei tifosi mentre i mass media ne diventano la cassa di risonanza. I gesti più sconsiderati finiscono sotto i riflettori. I nuovi barbari diventano come i protagonisti del Grande Fratello o dei quiz televisivi. Così il tifo prende il posto dei valori elevati e la fauna dei disadattati da “curva sud” trovano nell’agonismo un fenomenale meccanismo moltiplicatore dei peggiori istinti»
Quale dinamica scatta?
«Negli stadi il calcio innesca un malessere di massa. Dilagano movimenti collettivi che non si esprimono più in chiave costruttiva nelle idealità collettive bensì nel marasma avvelenato delle opposte barricate e del tutti contro tutti. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità Da napoletano, poi, mi addolora un altro fattore in questa dinamica»
A cosa si riferisce?
«Purtroppo, in un momento di fortissima crisi, nella tifoseria partenopea si riversano le tensioni di una metropoli, di una nazione e del Mediterraneo. Di fronte a questa società , siamo tutti poveri. È una decadenza autodistruttiva e al declino economico si accompagna quello di una cultura».
Di chi è la colpa?
«Nessuno fa niente. Intanto sui disvalori degli ultras si fonda uno stile di vita fallimentare. Ho una proposta per il governo. Basta con i campionati di calcio. Sospendiamo il circo affaristico-sportivo per un paio d’anni e risolviamo innanzitutto il problema culturale. Anche nel passato ci sono state situazioni disastrose ma almeno c’erano punti fermi: fino all’illuminismo, quasi tutti di carattere religiosi. Poi i riferimenti divennero prevalentemente laici: si sapeva cosa si poteva fare e cosa no»
Adesso cosa accade?
«La nostra società è la prima della storia umana che è nata prima di avere un modello. Per cambiare il presente prima dobbiamo conoscerlo. Ho ricostruito 15 modelli del passato. E il risultato è sconfortante, impietoso. Quella dell’antica Roma è una civiltà terminata da millenni eppure ha lasciato dietro di sè lingua, usi, consumi. E invece per l’Italia contemporanea dei tifosi che devastano le città abbiamo una certezza: è lo zero assoluto. Le tifoserie calcistiche (in guerra permanente tra loro e col mondo esterno) producono solo macerie e vuoto totale. Non rimarrà nulla».
Giacomo Galeazzi
(da “La Stampa”)
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