LA FINE DEL BAZOOKA E’ VICINA, LA BCE SI PREPARA ALLA STRETTA, I MERCATI FREMONO
I TASSI AUMENTERANNO E L’ITALIA NON AVRA’ PIU’ LO SCUDO PROTETTIVO
La data cerchiata di rosso è il 14 giugno.
Le attese di alcuni (tedeschi in primis), i timori di altri (italiani in primis) saranno concentrati su giovedì prossimo quando il consiglio direttivo della Bce si incontrerà a Riga per discutere, stando a indiscrezioni sempre più concrete, dell’uscita graduale dal programma di Quantitative easing, il cosiddetto “tapering”.
Solo qualche giorno fa ne aveva fatto cenno la tedesca Sabine Lautenschlaeger, oggi lo ha confermato un altro membro del comitato esecutivo, Peter Praet. “E’ chiaro che la prossima settimana il consiglio direttivo dovrà fare questa valutazione, se i progressi fatti finora sono stati tali da richiedere una graduale uscita dai nostri acquisti netti”.
La fine degli acquisti dei titoli di Stato dei 19 paesi dell’Eurozona è prevista per la fine dell’anno, compatibilmente con il raggiungimento degli obiettivi prefissati, ovvero un tasso di inflazione intorno al 2%.
Obiettivo che, secondo diversi analisti, sembra essere a portata di mano anche grazie a un netto incremento ad aprile dei prezzi dell’energia che ha portato in un mese l’inflazione dall’1,2 all’1,9% di maggio.
Tanto è bastato a chi è sempre stato scettico nei confronti delle politiche monetarie dell’Eurotower nate sull’impulso del “whatever it takes” pronunciato da Mario Draghi a mettere sul tavolo della discussione l’uscita dal Qe.
Come confermato da Jens Weidmann, presidente della Bundesbank tedesca: “Non è una sorpresa che da qualche tempo i mercati si aspettino che gli acquisti netti di titoli finiscano entro il 2018. Per come stanno le cose, trovo plausibili queste aspettative”.
Chi invece non è affatto convinto di chiudere con il Qe, si aspettava che della decisione di riporre il bazooka se ne parlasse in “casa”, a Francoforte, nella riunione del 26 luglio.
Salvo sorprese, però, i tempi sono ormai maturi – secondo l’orientamento diffuso in Europa centrale – per mettere fine al programma monetario della Banca centrale.
Ma la decisione non mancherà di avere ripercussioni sui mercati, temono i Paesi più esposti alle speculazioni finanziarie.
Come rileva il Financial Times, l’inflazione core – che esclude i prezzi dell’energia, dei generi alimentari, dell’alcool e del tabacco – si è attestata a un più moderato 1,1%.
Il tempismo del capo economista di Francoforte Praet non poteva essere peggiore per il Governo Conte proprio mentre è impegnato ad ottenere la fiducia del Parlamento. Dopo una fase di forte tensione in seguito alla scelta di Paolo Savona per il Mef e al successivo per il dirottamento dell’ex ministro di Ciampi agli Affari europei, i rendimenti dei titoli di Stato di Roma sono tornati a crescere negli ultimi giorni. Segnale che l’Italia è ancora fonte di preoccupazione per gli investitori e che l’avvicendamento al Mef tra Padoan e l’europeista scettico al punto giusto Giovanni Tria non è riuscito a sedare del tutto i timori.
A non convincere sono le politiche di bilancio che il Governo Conte intenderà attuare nei prossimi mesi e le coperture necessarie per applicarle.
In giornata è stato diffuso un paper scritto da Tria in cui si sottolinea la necessità di una spesa in deficit per gli investimenti, da concordare in Ue, per ottenere una graduale riduzione del rapporto debito/Pil puntando sulla crescita del denominatore. Fonti del Mef si sono affrettate a smentire ma le idee di Tria, seppur non bellicose quanto quelle di Savona, sono ben note al mondo accademico ed economico e non fugano i dubbi dei mercati.
Non tanto (o comunque non solo) per le ricette proposte quanto per lo scontro che ne nascerebbe nei consessi europei dove la linea del rigore, imposta da Germania e dai Paesi dell’europa del Nord, la fa ancora da padrona.
Secondo Bloomberg, i mercati non hanno apprezzato particolarmente la relazione programmatica di Conte in Senato.
E, visto l’andamento dello spread, non sembrano aver cambiato idea con la sua replica di oggi alla Camera. Nel secondo giorno della fiducia parlamentare il differenziale tra Btp e Bund è salito fino a oltre 250 punti base, chiudendo poi in leggero raffreddamento a 244 punti. Il decennale italiano paga sul mercato secondario un rendimento del 2,9%.
Ma a incidere particolarmente sulla frenesia dei mercati (sono saliti anche i rendimenti dei titoli spagnoli, portoghesi e francesi) sono state le indiscrezioni confermate da Praet che dalla prossima settimana si parlerà in via ufficiale della fine del Qe
Al momento l’ultima sessione di acquisti della Bce è prevista per il 30 settembre.
Da ottobre, è l’attesa dei mercati, dovrebbe iniziare la stretta dell’Eurotower di cui si discuterà la prossima settimana in Lettonia.
Chi preme per la fine del programma di acquisti sicuramente tenterà di cogliere al volo l’occasione approfittando del dato positivo dell’inflazione ma che non mancherà di innescare polemiche.
Il Governo Conte è avvisato.
(da “Huffingtonpost”)
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