LA ROBIN TAX L’ABBIAMO PAGATA NOI NELLE BOLLETTE
DOVEVA COLPIRE I GRUPPI PETROLIFERI CHE PERà’ L’HANNO SCARICATA SUI CONSUMATORI
Sembrava un’idea geniale: far pagare una extra tassa ai produttori di energia, costringendoli a dare il loro contributo alla finanza pubblica in anni difficili.
Peccato che la Robin Hood Tax, ideata e confezionata dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti, sembra non aver funzionato molto.
Lo dice una relazione dell’autorità di garanzia per l’Energia diffusa ieri.
Ci sono 199 casi sospetti, per un ammontare di 1,6 miliardi di euro, in cui si registrano incremento dei margini per gli operatori “dovuti all’effetto prezzo, e tali da costituire una possibile violazione del divieto di traslazione”.
In pratica i produttori hanno scaricato sulla bolletta la tassa aggiuntiva.
Trasferendo quindi il costo che avrebbero dovuto sostenere loro al consumatore finale. Nonostante questo fosse espressamente vietato dalla legge del 2008 che istituiva la tassa.
Poi, nella manovra Tremonti ha ritoccato la sua tassa con un incremento dell’addizionale Ires (l’imposta sul reddito delle società ) dal 6,5 al 10,5 per cento e un ampliamento de settori colpiti: oltre quello petrolifero e di produzione di energia vengono incluse le reti come Terna e Snam. Coinvolte le imprese con ricavi da 10 milioni e reddito imponibile sopra il milione.
Modifiche geniali, secondo l’Autorità guidata da Guido Bortoni.
I nuovi parametri hanno ristretto la platea di imprese soggette alla tassa, quindi i benefici per lo Stato si sono ridotti (di 213 milioni di euro sull’anno precedente).
I danni per i consumatori comunque si erano già manifestati. Soprattutto nel settore petrolifero (quello da cui dipende il prezzo della benzina, tra l’altro): “à‰ possibile affermare che anche nel 2010 una parte significativa dei soggetti vigilati abbia adottato, a seguito dell’introduzione del divieto di traslazione, politiche di prezzo che hanno incrementato il margine di contribuzione dovuto all’effetto prezzo, determinando uno svantaggio per i consumatori finali”, scrive l’autorità .
In pratica, non c’è divieto che tenga, il modo per scaricare a valle i balzelli fiscali si trova sempre. Solo una concorrenza selvaggia, che in Italia non c’è, potrebbe dare la garanzia che le grandi aziende non aumentino i prezzi appena salgono i loro costi.
Secondo le associazioni dei consumatori Adusbef e Fede-consumatori, il costo medio per una famiglia italiana di questa Robin Tax che toglie ai poveri per dare ai ricchi sarebbe stato tra i 300 e i 400 euro in due anni.
Sembrano cifre colossali, ma è prassi in Italia scaricare sulla bolletta le storture del settore energetico.
Come rivelato dal Fatto, per esempio, l’Enel ha ottenuto di far pagare ai consumatori oltre 250 milioni di euro di sussidi alle sue centrali a olio combustibile (con la scusa dell’emergenza gas).
E l’Eni, con Paolo Scaroni, ha cercato di far pagare ad altri oltre 800 milioni per i contratti svantaggiosi stipulati con la Russia, ma il ministro Corrado Passera si è opposto.
A volte l’autorità riesce a bloccare queste tattiche, a volte no.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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