L’ASSIST DI BERLUSCONI A RENZI: “NESSUN COMUNISTA AL COLLE”. E AD ARCORE SI RAGIONA SU DELRIO
MA DENTRO FORZA ITALIA SALE L’IPOTESI CASINI
Sul Quirinale è il momento in cui il gioco è iniziato davvero.
E Berlusconi, che è uno esperto nell’arte di alzare la posta o passare la mano, è consapevole che stavolta può mettere condizioni, ma fino a un certo punto.
Ecco perchè sono tutt’altro che un diktat le parole che pronuncia nel corso della manifestazione di Forza Italia al Divino Amore a Roma: “Io credo che sia una domanda logica e giusta pretendere di avere un presidente della Repubblica che non sia il seguito degli ultimi tre presidenti della Repubblica di sinistra che hanno portato questo paese in una situazione di non democrazia”.
È un messaggio da leggere piuttosto come un “assist” a Renzi, non come un veto.
Nel senso che in questi giorni, in cui ci sono stati contatti tra Arcore e palazzo Chigi attraverso i soliti ambasciatori, l’ex premier si è convinto che il primo a non volere uno di “sinistra” sia proprio Renzi.
Nel senso che preferisce un moderato a uno che provenga dalla filiera di Pci-Pds-Ds. Non è un caso che, da giorni, Gianni Letta che sulla partita interna gioca di concerto con Verdini si sia fatto sponsor di Sergio Mattarella, con cui — ha garantito — parla personalmente. Sarebbe uno di quei nomi che rappresentano quella garanzia perfetta. Chissà .
L’ex premier ascolta, prende appunti, verifica personalmente — pare che il suo telefono sia particolarmente bollente in questi giorni — in attesa che si passi dal riscaldamento al gioco vero.
Chi lo conosce bene assicura che l’unico prezzo dei suoi voti per il Colle sia sempre lo stesso: l’agibilità politica da garantire attraverso la salva-Silvio o qualche altra diavoleria.
Se gliela garantisse un comunista, sarebbe pronto pure a votarlo intonando bandiera rossa, solo che il fiuto gli dice che uno che da giovane andava alla Frattocchie difficilmente potrebbe prestarsi a soluzioni, tipo la salva-Silvio, che in parecchi attribuiscono al genio creativo di Ghedini.
Dentro Forza Italia però ogni testa è un tribunale.
E se Gianni Letta ha spiegato che la prima scelta è Mattarella ma che pure Veltroni è il migliore dei suoi, anche Confalonieri ha speso parole di grande stima nei confronti dell’ex sindaco di Roma.
In Parlamento invece cresce il partito pro-Casini, anche in chiave di ricomposizione di un’area moderata con Alfano che ha spiegato che non cederà facilmente a un candidato espressione delle “primarie del Pd”.
Su questo fronte il più attivo è il capogruppo Paolo Romani.
Proprio attorno a Casini avrebbe fatto breccia il ragionamento di Romani se Berlusconi coi suoi si è abbandonato a battute di cuore: “Ma chi l’avrebbe mai detto che avrei dovuto valutare l’ipotesi di quel furbo di Pier che non ricordo quante volte mi ha tradito…”.
Berlusconi ascolta, ragiona e si domanda: chi si spenderà per l’agibilità politica?
Ecco l’insistenza su un moderato che sia “garante” e “arbitro”, parola usata più volte in questi giorni anche da Renzi.
E in fondo che questo sia un assist e non un veto a Renzi è la teoria di Verdini.
Il quale sostiene che il primo a non volere un “comunista” al Colle sia Renzi.
Perchè sarebbe come mettere un altro segretario del Pd: “Vi pare — trapela da Grazioli — che il premier si fa commissariare e oscurare da uno come Veltroni e Fassino, anche se stanno con lui?”.
Già , proprio nel Renzi pensiero prende forma la tattica di Berlusconi. Chi ha parlato col Cavaliere la spiega così: “Matteo vuole uno al Colle suo che non gli faccia ombra, praticamente una sua longa manus? Bene, si può fare purchè sia il capo dello Stato del Nazareno che dia l’agibilità a Berlusconi”.
E c’è un nome che è circolato in questi giorni ad Arcore, su cui si sta ragionando seriamente: quello del sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio.
Sembrerebbe la soluzione perfetta sulla carta: Renzi elegge con Forza Italia al quarto scrutinio uno che rappresenta la sua longa manus, e a quel punto il Nazareno si è impossessato del Colle.
E poco importa se, per farlo passare, occorre il metodo della “rosa” o meno.
Il problema semmai è arrivare al momento con delle garanzie, evitando che la guerriglia per ora a bassa intensità nel Pd faccia impazzire il clima.
E proprio per non fare impazzire il clima gli ambasciatori di palazzo Chigi e di Arcore hanno convenuto che un incontro sarebbe controproducente.
Meglio qualche assist pubblico e mantenere i contatti riservati.
(da “Huffingtonpost“)
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