“L’OPERAZIONE MENTASTI POTEVA SUSCITARE QUALCHE DUBBIO”: VITTORIO MINCATO, AD DI ENI DAL 1999 AL 2005, PARLA DEGLI AFFARI TRA BERLUSCONI E PUTIN
QUANDO GAZPROM CERCÒ DI CONVINCERLO A COMPRARE GAS
Vittorio Mincato, lei è stato amministratore delegato all’Eni dal 1999 al 2005, Si è parlato tanto del rapporto tra Berlusconi e Putin. Lei che li ha visti da vicino, crede che la loro amicizia potessero contemplare interessi economici personali?
«Né Berlusconi, né Putin mi hanno mai parlato di loro affari personali e non ho mai avuto l’impressione che ci fossero, almeno per quanto atteneva l’Eni. Anche se l’operazione Mentasti, che rifiutai categoricamente di fare, qualche dubbio poteva suscitare».
Nella famosa cena al Westin Palace del 2003, quando le fu prospettato il contratto per lasciare 3 miliardi di metri cubi l’anno di gas russo a Mentasti, si dice che lei abbia detto ‘Col c…gli do il gas a questo’. Perché i russi insistevano su di lui? Fu anche il governo italiano a insistere?
«In realtà, dopo la cena del 2003 e un paio di brevi colloqui con Mentasti nel mio ufficio all’Eur, non mi curai più di tanto di quella richiesta. Solo nei primi mesi del 2005, alla fine di qualche mio colloquio a Palazzo Chigi, in cui si era parlato d’altro, Berlusconi mi disse che Putin a quell’accordo teneva molto, ma non si parlava più di Mentasti, bensì della Gazprom».
Il memorandum tra Eni, Gazprom e Mentasti fu siglato il 10 maggio 2005 dal direttore generale dell’Eni Sgubini. Lei non lo firmò e Paolo Scaroni prese il suo posto all’Eni. Ci fu una correlazione tra la sua uscita e la sua contrarietà a quell’affare?
«Non vorrei ricordare male, ma il memorandum di Vienna non parlava di Mentasti. All’epoca i media misero i due fatti (le mie riserve sull’accordo e la mia sostituzione al vertice dell’Eni) in un rapporto di causa ed effetto. Chissà, forse fu così o forse fu più in generale la naturale conseguenza della mia conclamata idiosincrasia nei confronti di certa “politica affaristica”. La mia storia all’Eni è piena di episodi in cui ho disturbato questa politica».
In quegli anni i russi cercavano di comprare attività estrattive e distributive di energia in Europa: un obiettivo strategico più per la geopolitica di Mosca che per le major come Eni. Lei ha mai avuto richieste in questo senso? Gliele fecero i russi o, anche, le istituzioni italiane?
«Soltanto verso la fine del mio mandato all’Eni, durante un colloquio con Alexey Miller a Sochi, sul Mar Nero, mi fu proposto di acquisire giacimenti petroliferi della Yukos in Russia, in cambio di giacimenti petroliferi dell’Eni in Occidente, ipotesi che scartai subito. Da nessuna istituzione italiana mi giunsero sollecitazioni in tal senso».
(da La Repubblica)
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