MARINE LE PEN, IL TRASFORMISMO NON PAGA
ZERO REGIONI VINTE, UN PARTITO CHE E’ CROLLATO OVUNQUE… PRESENTARSI COME “FORCE TRANQUILLE” NON FUNZIONA
Non più tardi di un mese fa ci si chiedeva quante regioni poteva vincere, o almeno contendere voto per voto ai vecchi partiti. Almeno sei, secondo sondaggi e giornali. La riposta degli elettori per Marine Le Pen è stata zero.
Ma non basta, perché il suo Rassemblement National è crollato ovunque, da nord a sud. L’elezione presidenziale della primavera 2022 sarà tutt’altra cosa, con i leader in campo, testa a testa, duelli all’ultimo sangue e Marine tornerà in campo.
Ma intanto queste elezioni regionali e dipartimentali segnate dall’astensione record (65 per cento) mettono la Le Pen di fronte al suo destino.
La figlia del demonizzato Jean-Marie, erede di un partito estremista, nostalgico, bandito dalla liturgia repubblicana francese, negli ultimi cinque anni ha fatto di tutto per rompere il cordone sanitario che la avvolgeva.
Un processo di “dédiabolisation” (traduciamo con normalizzazione) per legittimarsi come contendente al tavolo della grande politica.
Ha compiuto acrobazie ideologiche inimmaginabili, chiudendo la campagna in Costa Azzurra, ha persino citato Mitterrand usurpando lo slogan vincente del presidente a socialista nell’1981: “Oggi siamo noi la force tranquille”.
E compiuto un impavido esercizio di riesumazione del generale De Gaulle (che suo padre trattava da “traditore”) osando una citazione dall’appello del 18 giugno 1940 contro i nazisti invasori: “Non tutto è perduto per la Francia!”.
Ne era evidentemente così convinta che un paio di mesi fa in un’intervista alla televisione Bfmtv aveva detto con sfacciata serenità: “tra un anno sarò eletta presidente e il mio compito è quello di rassicurare la Francia”.
Nessun sondaggio l’ha mai data vincente, ma le percentuali che le venivano attribuite erano molto generose: ad appena quattro-cinque punti da Macron e in vantaggio rispetto all’ipotesi (al momento inesistente) di un faccia faccia con la sindaca socialista di Parigi Anne Hidalgo.
Se nel 2015, alle precedenti regionali, il Front National (allora non aveva ancora cambiato nome in Rassemblement National, vagamente di rassicurante evocazione gollista) effettivamente sfiorò il successo al Nord (Lille) e al Sud (Marsiglia Costa Azzurra), quest’anno non c’è nemmeno andato vicino.
Allora erano in campo Marine e la nipotina Marion e il nome Le Pen aveva avuto certo un maggior richiamo di quello dei figuranti candidati domenica scorsa.
Ma alla fine, tutto questo gran battage mediatico, in concreto ha portato nel 2020 alla conquista del sindaco di Perpignan che si è aggiunto a qualche municipio decentrato come Béziers o Henin Beaumont.
Tutto qui? Sì, ed è evidente che nel partito si prepara una stagione di coltelli, il “doppio gioco irrita gli elettori”, ha già avvertito ieri Ėric Zemmour, popolarissimo polemista tv, che molti vorrebbero candidato nel vuoto dell’estrema destra creato dalla normalizzazione di madame Le Pen.
Marine deve quindi aggiornare in fretta il suo discorso, tanto più che il ritorno dei vecchi partiti confermati e vincenti ovunque (sette regioni ai gollisti, cinque a socialisti e verdi) le tolgono quello spazio immaginario privo della dialettica destra-sinistra dove tutto è possibile e dove nel 2017 si era affermato l’uomo nuovo Emmanuel Macron.
Se ritorna ad essere Le Pen, Marine rischia il tran tran del vecchio padre che fungeva da spaventapasseri ad ogni elezione presidenziale e viveva di rendita (lo stato francese è molto generoso con i rimborsi delle spese elettorali) nel castello di Montretout, a Saint-Cloud, con vista su Parigi, ricevuto in dono da un erede di una ricchissima famiglia di collaborazionisti.
Se invece decide di procedere sulla strada della normalizzazione, troverà il terreno degli elettori moderati rioccupato dai vecchi proprietari gollisti (“Le vieux monde est de retour”, scrive con evidente soddisfazione il direttore del Figaro nell’editoriale di oggi) che con queste elezioni si candidano a riprendersi l’Eliseo nel 2022.
La campana è suonata ieri, più ancora che per Marine, per Emmanuel Macron, il cui partito “La République en marche” è svanito sotto il peso della propria inconsistenza, una specie di Cinque stelle chic, spuntato dal nulla nel 2017 quando si celebrarono con troppo anticipo i funerali dei vecchi partiti.
Visti i risultati di ieri, per la sfida dell’Eliseo segnatevi questi nomi: Xavier Bertrand, eletto trionfalmente nell’Alto Nord, ex ministro di Chirac, che già parla da candidato presidente; Valérie Pecresse, confermata al vertice dell’Ile de France (la regione di Parigi); Laurent Wauquiez, il più destro di tutti (certo, oggi, più della Le Pen), rieletto in Alvernia-Rodano-Alpi.
Che poi l’85 per cento dei giovani tra 18 e 35 anni non sia andato a votare, è un’altra storia: se la Le Pen non fa più paura, gli altri non mettono nessuna voglia.
(da Huffingtonpost)
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