“MI CANDIDERÒ A PRESCINDERE, PERCHÉ SONO INDISPENSABILE, SENZA DI ME QUA CROLLA TUTTO”: DE LUCA SI RICANDIDERA’ IN CAMPANIA
ELLY SCHLEIN PRONTA A FAR FUORI TUTTI I CONSIGLIERI CHE HANNO DISATTESO LA LINEA DEL PARTITO: PERDERA’ VOTI IN CAMPANIA MA LI AUMENTERA’ IN ITALIA DIMOSTRANDOSI UNA LEADER CHE NON ACCETTA RICATTI
È notoriamente scaramantico, Vincenzo De Luca. Il «corniciello» lo ha in tasca anche questa volta. Nella giornata in cui incassa la norma sul terzo mandato e spacca (come se ce ne fosse bisogno) il Pd, il governatore, il «cacicco più cacicco di tutti», tiene un contegno inaspettatamente sobrio.
Tranne quando il capogruppo renziano, Tommaso Pellegrino, nella sua dichiarazione di voto in un empito di esaltazione dice: «Oggi non dobbiamo decidere per il candidato alla Regione, ma il nostro è Vincenzo De Luca». Ghigno d’ordinanza, brandisce il cornetto di corallo. Un gesto apotropaico che la dice lunga sulle sue intenzioni: andare avanti, of course.
In consiglio regionale non ci sono neanche i capannelli di sempre. E la maggioranza deluchiana va anche oltre le più rosee aspettative: 34 voti a favore, anche uno dell’opposizione vota per lui. Tra i fedelissimi tira un’aria rilassata. Tra i consiglieri dem, in pieno psicodramma, è, invece, una corsa a spiegare, cavillare, mettere toppe: è un atto tecnico, non politico, dicono. Intanto De Luca si potrà candidare. Il risultato è questo. Ed è quello che il Nazareno avrebbe voluto evitare. «È finita l’epoca di un piede a Roma e uno a Salerno», tradotto, con ogni probabilità in molti non saranno ricandidati.
«Non dobbiamo rompere i perpendicoli ai nostri concittadini», dice De Luca nell’unico momento in cui prende la parola in consiglio regionale. Lo dice riferendosi al dibattito sull’Autonomia differenziata in corso. E anche in questo caso incassa l’ok dell’aula per la proposta di modifica della legge Calderoli.
La guerra tra il Nazareno e Palazzo Santa Lucia sinora era come una partita a scacchi. Lunga. Tattica e anatemi. Ora? Il quadro politico è molto più chiaro almeno sulla carta: De Luca non è più un problema di Schlein e viceversa. I vertici del Pd nazionale hanno detto che il candidato del centrosinistra non sarà il presidente uscente. L’ex sindaco che da mesi va ribadendo che «mi candiderò a prescindere, perché sono indispensabile, senza di me qua crolla tutto», non può certo invece tirarsi indietro. E allora serra le truppe, fedele all’assioma che l’ha fatto stravincere nella sua Salerno: meglio un partito personale che uno tradizionale.
Allora eccole le sue liste civiche pronte a intercettare il voto trasversale di destra, di centro e di sinistra si vedrà. Nel 2020 il Pd risultò primo partito in Campania con il 16,9% dei consensi, ma De Luca presidente, la sua listona, s’attestò al secondo posto con il 13,3 per cento. Campania libera, altro serbatoio deluchiano, al 5,2. Iv ebbe addirittura il risultato migliore d’Italia (7,4 per cento).
I giochi in Campania sono cominciati. In casa dem si lavora al dopo De Luca. Nelle stanze di De Luca, invece, si lavora contro il Pd. «Non ho cominciato io la guerra», ricorda il governatore. Ma qualcuno, però, la perderà.
(da agenzie)
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