MINISTRO BOSCHI, LA MADONNA DEL PRESEPE RENZIANO TRA PROCESSIONI, GAFFE E VERDINI
VOLENTEROSA, PESO SPECIFICO ZERO, SPESSO IN DIFFICOLTA’
Maria Elena Boschi, ministro 33enne da Laterina, Arezzo, ha un passato d’attrice: per
qualche anno, infatti, ha fatto la Madonna nel presepe vivente organizzato dalla sua parrocchia.
Ebbene, non sembri irriverente il paragone, ma anche oggi la giovane ministro ai Rapporti col Parlamento interpreta la parte della Madonna, stavolta nel presepe renziano.
In aula, gli eletti d’ogni ordine, grado e colore passano, in interminabile processione, a renderle omaggio e a sussurrarle all’orecchio frasi preziose: forse è per la sua simpatia, forse perchè tutti sanno che è una delle poche persone ammesse alla confidenza di Matteo Renzi.
Qualcuno, sostengono i più maligni, passa solo per farsi una bella foto nell’occhio del ciclone del renzismo, visto che gli obiettivi dalle tribune puntano la ministro senza sosta
“Magari non è brillantissima nella conoscenza delle tecniche parlamentari, ma la sua vicinanza a Renzi, il suo peso politico, le garantisce che almeno l’aula la ascolti con attenzione”, racconta un deputato.
Poco male per la tecnica e la gestione dei rapporti: alla Camera la copre la sottosegretario Sesa Amici, deputata di lungo corso e politica d’esperienza che si sobbarca anche l’arduo compito di auscultare gli umori dei gruppi in Transatlantico; al Senato quel compito è appannaggio di Luciano Pizzetti, funzionario di partito pure lui, alla terza legislatura.
Le Camere, d’altronde, sono la vera casa del ministro Boschi: l’ufficio di Largo Chigi è per i funzionari, lei – a differenza dei suoi predecessori Giarda e Franceschini – è continuamente in Parlamento.
Si tratta, insomma, di un politico assai volenteroso, ma il cui peso specifico è al momento pari a zero.
Il debutto, per dire, fu di quelli terrificanti: il 26 febbraio – quando Boschi era in carica solo da quattro giorni – si ritrovò in una riunione ristretta a spiegare che il decreto Salva-Roma sarebbe stato lasciato decadere perchè non c’era abbastanza tempo per convertirlo.
Il problema, poi risolto con una nuova norma, era che la capitale senza i soldi stanziati in quel testo non avrebbe pagato gli stipendi a lungo: quando le fecero presente la cosa, racconta una fonte, la ministro andò nel panico e fu Graziano Delrio da allora a gestire la pratica.
Pure sui sottosegretari indagati, dopo i mesi del Renzi manettaro delle primarie, fu mandata in aula con poche righe scritte dagli uffici in risposta ad una interrogazione del M5S: “Non è intenzione di questo governo chiedere dimissioni sulla base di un avviso di garanzia, ma eventualmente per motivi di opportunità politica”, lesse con tono monocorde.
Anche mercoledì in Senato, per dire, non è andata benissimo. Presa la parola in aula per porre la fiducia sulla legge sulle province, s’è ritrovata nel mirino di Roberto Calderoli, il quale – con malvagia noncuranza – le ha chiesto se il testo da votare era quello della Camera o quello modificato dal Senato.
Alcuni secondi di vuoto, sguardo perplesso, silenzio: solo l’intervento di Piero Grasso le ha consentito di mettere insieme una risposta.
Maurizio Gasparri, impietoso: “Tremo al pensiero di affrontare la legge elettorale con un ministro che ha dovuto prendere la parola per tre volte per spiegare che metteva la fiducia e su cosa. L’esperienza, la conoscenza dei fatti e la non improvvisazione sono requisiti essenziali per affrontare questioni complesse”.
L’ex ministro delle Comunicazioni, in realtà , può stare tranquillo: pur avendo la delega anche alle Riforme, la legge elettorale e la modifica della Costituzione non sono materia per Maria Elena Boschi.
La trattativa sui contenuti si svolge fuori dalle Camere e dalla portata del ministro. Quando poi, come fu per l’Italicum, c’è qualcosa che non torna, appaiono improvvisamente nei paraggi Luca Lotti e Denis Verdini: i due si mettono d’accordo, verificano la tenuta dei gruppi e poi fanno una bella chiacchierata anche con l’avvocato Boschi, già consigliere giuridico del sindaco di Firenze.
Nel presepe renziano ognuno ha la sua parte.
E per lo più si recita a soggetto.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
Leave a Reply