“NOI GIOVANI MANTENUTI DAL PD? SONO I VECCHI A TEMERE L’USCITA”
DOPO L’ATTACCO DELLA MAGISTRELLI AI QUARANTENNI DEL PARTITO SI SCATENA LA POLEMICA
A chi pensava che lo scontro generazionale fosse stato archiviato con il fair play kennediano di Matteo Renzi nella notte della sconfitta, la senatrice Marina Magistrelli fa sapere che i giochi nel Pd sono solo all’inizio.
E non si tratta di un gioco da ragazzi: sessantenni contro quarantenni rischia di essere il tema più scottante nella concitata corsa verso le primarie superfast.
La Magistrelli, simpaticamente, definisce i giovani turchi “polli da batteria”. Parassiti che il partito nutre e alleva fin dalla più tenera età trovando il modo di portarli avanti almeno fino alla pensione: come parlamentari, sindaci o consiglieri di non si sa bene che.
“La Magistrelli dice una gran fesseria” attacca Matteo Ricci, 38 anni, presidente della Provincia di Pesaro Urbino, talento ufficiale del Pd marchigiano cui la stessa Magistrelli appartiene da ‘ancunitana’ colta e verace.
Guerra di campanile dunque?
Due precandidati in lotta per lo stesso seggio?
“No, perchè io alle primarie non partecipo” spiega Ricci, accusato dalla senatrice di “non aver mai lavorato un giorno in vita sua”.
Lui se la ride. Forse perchè da ragazzo faceva “il manovale e il cameriere pur di finire gli studi”.
Forse perchè è convinto ci sia una motivazione poco nobile dietro le unghiate della conterranea.
“È semplicissimo — dice Ricci — la Magistrelli vuole difendere il terzo mandato di Rosy Bindi, sua referente al Senato. Noi giovani invece siamo contrari. Faccio notare che la signora sta da 12 anni in Parlamento incassando regolarmente lo stipendio. Quando parla dei funzionari, dei parassiti, offende i ragazzi che lavorano anche per lei, per tenere in piedi il partito nei circoli, nei paesi, nei quartieri. Guadagnando mille euro al mese”.
Oppure un po’ di più, come Matteo Orfini, responsabile cultura del Pd, bollato pure lui come fardello a vita per la collettività .
“Marina sa benissimo che io ho un contratto a tempo determinato, scade al prossimo congresso” dice Orfini il precario.
“No, quella parola no — s’oppone —. Guadagno 3.200 euro al mese e oggi i precari sono tutta un’altra cosa. Ma se non dovessi essere confermato dovrei per forza trovare un’altra soluzione. Ho fatto l’archeologo, poi il manager per un’associazione, mi interessano i beni culturali e lì vorrei restare”.
Però il tentativo di entrare in aula c’è eccome: “Ho chiesto ai vertici del partito di organizzare le primarie per tutti e mi auguro sia così. Bersani a parte, è bene che ogni seggio sia attribuito dai nostri elettori scegliendo tra proposte diverse. Mi piacerebbe partecipare, vediamo cosa succederà lunedì quando verranno definite le regole”.
Non pensa alla competizione frontale Matteo Renzi.
Altro tipico prodotto della birocratija di partito, secondo la Magistrelli.
“Ma dai, su, non vale neanche la pena di risponderle” si smarca Roberto Reggi, alter ego di Renzi.
Del resto, la storica antipatia tra il sindaco di Firenze e la Bindi giustifica di per sè l’uscita anti-rottamazione.
“Però evitiamo di dire cose a casaccio” prega Stefano Fassina, 44 anni, esperto economico del Pd, insistentemente indicato come ministro dell’Economia nel futuribile governo Bersani.
“Ho fatto tante cose in vita mia fuori dal partito — risponde lui —. Non credo si possa procedere al rinnovamento della nostra leadership ignorando la qualità delle persone. Spero che la Magistrelli voglia prendere informazioni la prossima volta che parla”.
Insomma si parla a Marina perchè presidente Rosy intenda: lunedì, sulle famose regole, gli schieramenti sono già belli carichi.
Reggi non vuole fare il solito guastafeste: “Mi auguro solo che si permetta a tutti di partecipare al voto. Sennò, non servono a nulla”.
Ricci mette lì un punticino in più: “Bisogna assolutamente stabilire dei paletti, delle indicazioni chiare, perchè con questi tempi così stretti sta succedendo che tanti si buttano avanti così, senza preavviso, pur di cercare uno spazio. Invece chi ha un ruolo ufficiale, un incarico istituzionale, dovrebbe prima portare a termine il suo lavoro per bene. Questa sì che sarebbe una rivoluzione”.
E c’è già chi la chiama regola anti-Renzi. O anti-furbi.
Chiara Paolin
(da “il Fatto Quotidiano”)
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