PONTE MORANDI, IL MINISTERO DI TONINELLI NON RISPONDE AI PARENTI DELLE VITTIME, MA DIFENDE UNO DEI PRICIPALI INDAGATI
SILENZIO DI TONINELLI A CHI GLI CHIEDE DI INIZIARE L’ITER DEI RISARCIMENTI… AUTOSTRADE HA STABILITO UN CONTATTO CON LE FAMGLIE, IL GOVERNO NO
Anche a leggerlo solo come un automatismo burocratico, l’effetto è notevole: il ministero dei Trasporti guidato da Danilo Toninelli, a 70 giorni dalla strage del Ponte Morandi, non ha risposto ai parenti delle vittime che chiedevano di aprire uno spiraglio sui risarcimenti, mentre difende uno dei suoi indagati attraverso l’Avvocatura dello Stato.
Per capire cosa sta accadendo è necessario mettere in sequenza un po’ di fatti. L’inchiesta sul disastro del 14 agosto (43 vittime) vede allo stato 21 persone iscritte sul registro degli indagati, con l’accusa di omicidio colposo e stradale, aggravati dalla «colpa cosciente», disastro e attentato alla sicurezza dei trasporti.
Nel mirino dei pubblici ministeri sono finiti dirigenti e tecnici di Autostrade per l’Italia, della sua controllata Spea (delegata ai monitoraggi sul campo) e, appunto, del dicastero d’Infrastrutture e Trasporti.
Tra questi figura Roberto Ferrazza, tuttora provveditore alle opere pubbliche di Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta, nel mirino poichè presiedeva un comitato tecnico-amministrativo che diede il via libera al progetto di ristrutturazione dei tiranti presentato da Aspi.
Accettò, secondo gli investigatori, che quel lavoro fosse classificato come «locale», dribblando così i collaudi; e non rilevò, nei report allegati che pure presentavano in alcuni frangenti tratti allarmanti, elementi tali da coinvolgere il Consiglio superiore dei lavori pubblici a Roma.
Alla prima udienza dell’incidente probatorio – superperizia in corso che ha valore di prova processuale – Ferrazza si è presentato assistito dall’avvocato dello Stato Giuseppe Novaresi, con il via libera del suo ministero.
Novaresi ha assunto con il massimo rigore il proprio mandato (pubblico), sollevando una serie di eccezioni e dubbi d’incompatibilità sui periti di accusa e giudici, che avrebbero potuto significativamente allungare i tempi d’un procedimento per il quale il governo auspica al contrario una conduzione «celere».
Quello stesso giorno, era il 25 settembre, Toninelli aveva provato a fornire qualche spiegazione. E in una nota aveva precisato che la nomina dell’avvocato dello Stato per uno degli inquisiti «sarà revocata in caso di rinvio a giudizio», con la precisazione che il Mit «si costituirà parte civile quando ci saranno le condizioni».
E però negli ultimi giorni è emerso un altro elemento non proprio secondario.
E cioè che almeno un centinaio di familiari delle vittime hanno scritto proprio al Mit, e in un caso alla Presidenza del consiglio, per ragionare sulle possibilità di risarcimento: le missive sono state regolarmente recapitate, ma da Roma non si è fatto vivo nessuno.
E quindi nessuno, per esempio, ha fornito un riscontro ai parenti di Samuele Robbiano, il bimbo di 8 anni che morì con i suoi genitori; non lo hanno fatto con la compagna, la madre e la sorella di Francesco Bello, che avevano cercato disperatamente notizie della sua auto per ore, finchè non fu certo che era stata sepolta dalle macerie.
Nessuno ha ottenuto risposta, nonostante siano trascorsi ormai due mesi e mezzo.
Nei giorni scorsi era stata Autostrade a mettersi in contatto con alcuni familiari, mentre un testacoda dello Stato per certi aspetti simile si è registrato di recente nel processo all’ex vicepresidente di Confindustria in Sicilia Antonello Montante (aveva pure la delega alla legalità ) che fu arrestato per corruzione e spionaggio.
È accusato d’intrusione nei database del Viminale con complicità di vari dipendenti pubblici, ma il ministero dell’Interno non si è costituito parte civile e l’Avvocatura dello Stato difende un funzionario dei servizi segreti coinvolto nel medesimo processo poichè faceva da sponda sulle spiate.
(da agenzie)
Leave a Reply