RITORNO AL PASSATO, “CACASOTTO” ED “ETERNO SECONDO” VICINI ALL’ACCORDO
FORZITALIOTI E PADAGNI UNITI NELLA LOTTA (PER LA POLTRONA)
L’accordo tra Pdl e Lega per confermare l’alleanza sia in Lombardia che alle elezioni politiche sarebbe ormai fatto.
Ma nessuno lo vuole ancora confermare.
Berlusconi rinuncerebbe alla candidatura a premier, ma non ci sarebbero altre candidature ufficiali dei due partiti a Palazzo Chigi.
Il Cavaliere si limiterà a fare il capo della coalizione. Alla fine e solo in caso di vittoria, il più votato dagli elettori tra i nomi di bandiera sarà il candidato di tutti.
Un escamotage consentito dall’attuale legge elettorale che non obbliga i partiti a dare l’indicazione.
In cambio, il Carroccio ottiene il sì di Berlusconi alla candidatura unica di Roberto Maroni in Lombardia e all’idea di trattenere nella stessa regione il 75 per cento del gettito fiscale. Spalmato, però, in più anni.
«Berlusconi ha fatto un passo indietro – spiega un luogotenente di Maroni – e noi ne facciamo mezzo verso di lui. Del resto, spetta al Presidente della Repubblica dare l’incarico di formare il nuovo governo ».
In questo modo la Lega potrebbe continuare a sponsorizzare il nome del sindaco di Verona Flavio Tosi e il Pdl quello del segretario politico Angelino Alfano.
L’ufficializzazione dell’accordo dovrebbe arrivare solo dopo il faccia a faccia tra Berlusconi e Maroni oggi o domani.
I due si sarebbero già sentiti al telefono.
L’unica incertezza sull’appuntamento è la coincidenza con la festività dell’Epifania. «Solo una questione di dettagli» conferma il coordinatore lombardo del Pdl Mario Mantovani, uno dei più stretti collaboratori del Cavaliere, che però ammette: «Speriamo che questa vicenda non diventi la guerra dei Trent’anni».
In ogni caso, la decisione sarà in tempo per il consiglio federale che il Carroccio ha convocato martedì.
Anche se, al momento, resta comunque ancora più di una incognita.
L’ordine del giorno della riunione del parlamentino leghista, in realtà , prevede la definizione dei candidati delle liste.
Maroni, infatti, ha già ricevuto all’unanimità il mandato a trattare con il Pdl. Ma è più che probabile che la componente veneta, la più scettica finora all’idea di confermare l’alleanza con Berlusconi, faccia sentire la sua voce.
«Al momento non ci sono novità » tagliava corto significativamente ieri sera un autorevole dirigente leghista veneto, nonostante il tam tam di indiscrezioni sull’accordo ormai raggiunto che si sono rincorse per tutto il giorno.
In Lombardia, qualche conferma in più, ma a patto di non rilasciare commenti.
Nella Lega tutto resta ancora sospeso. Almeno finchè il capo non darà l’ok. Ieri, Maroni si è limitato a stigmatizzare su Twitter i risultati del governo Monti in tema di sicurezza.
Non si sbilancia nemmeno il segretario della Lega Lombardia Matteo Salvini, i cui toni si erano comunque ammorbiditi negli ultimi giorni.
In base alla bozza elaborata nei giorni scorsi al tavolo tecnico formato dai leghisti Roberto Calderoli, Giancarlo Giorgetti, Andrea Gibelli e dai pidiellini Luigi Casero e Paolo Romani, la proposta di trattenere sul territorio regionale il 75 per cento del gettito fiscale fuori dalla Lombardia sarebbe stata parecchio edulcorata.
Per renderla meno indigesta ai dirigenti pidiellini delle regioni del Sud.
Il meccanismo è quello dell’applicazione dei costi standard.
In altre parole, le altre regioni potranno trattenere una percentuale del gettito fiscale fino al 75 per cento, ma proporzionata alla virtuosità nel contenimento dei costi.
In caso contrario, tutto resterà come prima.
L’intesa tra Pdl e Lega sarebbe soprattutto sul programma.
Ancora tutte da definire le candidature e gli accordi sui collegi.
Resta in campo l’ipotesi di un ticket in Lombardia tra Maroni e l’ex ministro pidiellino Mariastella Gelmini.
Anche se Ignazio La Russa spingerebbe per l’opzione Viviana Beccalossi.
Ma c’è chi è pronto a scommettere che alla fine tra le due potrebbe spuntarla proprio il senatore berlusconiano Mantovani.
Andrea Mantovani
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