RIVOLTA IN FORZA ITALIA CONTRO LA SVOLTA SALVINISTA DI SILVIO
“NON VOGLIAMO MORIRE LEGHISTI”
La paura è un vento che arriva dal Nord: “Stella, non possiamo consegnarci così a Salvini, che facciamo passiamo dagli schiaffi di un Matteo a quelli di un altro Matteo? Spiegacelo, se la linea la dà Salvini noi ce ne andiamo nella Lega”.
Stella è Maria Stella Gelmini, che oltre ad essere una delle berlusconiane più alte in grado è anche coordinatore regionale della Lombardia.
Il suo telefono bolle, nel primo giorno di opposizione di Forza Italia. Sindaci, coordinatori di Forza Italia delle province, consiglieri a Milano e al Pirellone sfogano la paura nella cornetta.
Lo stesso accade a Paolo Romani, nel suo ufficio a palazzo Madama.
Quello che una volta si sarebbe chiamato “il territorio” pensa che Berlusconi ha gestito la “svolta” con scarsa lucidità , perchè un conto è rompere il Nazareno, un conto è consegnarsi all’altro Matteo: “A questo punto — è il leitmotiv di giornata – andiamo direttamente nella Lega, almeno ci ritagliamo un ruolo lì invece di fare gli scendiletto qui”.
Perchè Salvini si muove con la stessa “arroganza” del Matteo a palazzo Chigi: “Nomi e linea — dichiara a metà mattinata — li diamo noi”.
Parole che hanno alimentano un’atmosfera surreale tra gli azzurri.
Nessuno lo sa con certezza, ma il sospetto è che Berlusconi domenica sera a cena abbia sbracato del tutto.
E oltre alle tre regioni gli abbia offerto la guida del centrodestra, o di ciò che ne resta. Matteo nel ruolo di “goleador”, Berlusconi in quello di regista.
Alla bouvette Daniela Santanchè prende un caffè senza zucchero.
Sorride: “Per fare il circo ci vogliono le tigri, non le gattine”.
Di ruggiti se ne sentono assai pochi.
Pure uno come Renato Brunetta, abituato ai toni alti e alle raffiche verbali, a un certo punto pare un moroteo: “Stiamo facendo opposizione selettiva”.
A tre metri di distanza, da un capannello esce la traduzione: “Selettiva? La verità è che il gruppo non tiene e ognuno vota come diavolo gli pare. Lucetta verde, lucetta bianca, lucetta rossa. Il voto tricolore. Siamo ridicoli”.
Ci sono almeno tre sottogruppi: quello di parlamentari che fa riferimento a Verdini, quello di Fitto e i berlusconiani nelle varie sfumature.
Lo spettacolo è surreale.
Alcuni votano scientificamente l’opposto di quello che indica la Centemero a cui è stato affidato l’ingrato compito.
Fabrizio Cicchitto parlando con un collega, fotografa così l’andamento: “Se la Centemero dice che piove, una parte del gruppo, vota contro dicendo che c’è il sole. Se dice che c’è il sole, quelli dicono che piove”.
Si vede che stavolta non è come le altre.
Un ruggito del capo e gli altri che si gettano nel combattimento. Gruppo frantumato, poche dichiarazioni contro Renzi. Preoccupazione per le camice verdi di Salvini.
Nel suo bunker Berlusconi pronuncia parole di fuoco verso il “ragazzo” che lo ha ingannato sul Colle.
Minaccia vendette. Fantastica battaglie epocali: “Quello è un pericolo per il paese, va fermato”.
L’ordine è recepito dagli house organ di famiglia, dal Giornale a Mediaset. In Parlamento più che ruggiti, direbbe Daniela Santanchè, si sentono miagolii.
Segno che neanche la presa di Berlusconi sui suoi è quella di una volta.
“Siamo al delirio” è la frase più dolce che dicono i suoi, ma a microfoni spenti. Salvini pone condizioni, già tratta Forza Italia come un cespuglio e il territorio esplode.
E Berlusconi, chiuso ad Arcore col suo cerchio magico, pare non rendersene conto. Gelmini, Romani, Gasparri e il grosso dei parlamentari cercherà di contenerlo in vista dell’assemblea dei parlamentari di mercoledì: “Tra un Nazareno meno supino a consegnarci a Salvini — è il loro ragionamento — c’è una via di mezzo. E c’è una via di mezzo pure nei toni verso Renzi. Due mesi fa il Giornale titolava Forza Renzi e oggi lo paragona a un sanguinario come Valentino Borgia”.
In parecchi, anche tra gli alti in grado hanno chiamato Denis Verdini, chiuso in un granitico silenzio nel suo ufficio a San Lorenzo in Lucina.
I nemici di una settimana fa diventano nuovi potenziali alleati.
È uno dei tanti paradossi. Spiegano i ben informati: “Il grosso del gruppo dirigente di Forza Italia, a partire da Romani, non voleva la rottura del Nazareno. Lavorava per un Nazareno dove non comandasse Verdini, non per andare in piazza con Salvini contro gli immigrati”.
Ad applaudire i suoi ruggiti.
(da “Huffingtonpost”)
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