Destra di Popolo.net

IN PUGLIA EX AN E BERLUSCONIANI SUL CARRO DI EMILIANO

Maggio 8th, 2015 Riccardo Fucile

IN LISTA ANCHE TRE IMPUTATI

Michele Emiliano, alias “tutti dentro”.
Tra i quattrocento candidati del centrosinistra alle regionali, l’aspirante alla successione di Nichi Vendola accoglie chiunque: ex aennini come Euprepio Curto, in corsa con i Popolari (Udc, Centro democratico e Realtà  Italia); ex berlusconiani come Tina Fiorentino, già  assessore delle giunte di centrodestra in Puglia; ex schittulliani, dal nome dell’oncologo Francesco Schittulli, come Anita Maurodinoia, “miss preferenze” per i conservatori alle comunali di Bari lontane appena un anno e poi traghettata armi e bagagli nelle file del già  pm antimafia, che la arruola nella squadra del Pd.
«Avevano nei confronti della sinistra, un pregiudizio. Adesso ci danno una mano» spiega Emiliano, che non si scompone più di tanto: «Peraltro, sono delle mosche bianche. Non ho fatto il calcolo, ma si tratta solo di dieci competitori…».
Un’altra mosca bianca figura in una delle due civiche organizzate dal segretario dei riformisti è Desirèe Digeronimo, pm a Roma, che alle ultime amministrative all’ombra di san Nicola voleva scalzare proprio i riformisti dalla guida di Palazzo di città .
Non ci riesce e finisce per farsi ingaggiare dall’intrepido Emiliano.
Ostinato pure a non rinunciare a tre imputati.
Schierati a sua insaputa evidentemente, con i dem: l’ex deputato leccese del Pds Ernesto Abaterusso (truffa aggravata ai danni dello Stato); e i tarantini Michele Mazzarano (finanziamento illecito ai partiti), consigliere uscente, nonchè Donato Pentassuglia, assessore alla Sanità  nell’esecutivo del leader di Sel, a cui contestano il favoreggiamento nel maxi dibattimento per i disastri provocati dall’Ilva.
Emiliano se la cava così: il guaio è che «il codice etico del Pd fa acqua da tutte le parti» ed è la ragione per cui il gruppetto di uomini politici chiacchierati non poteva essere messo da parte.

Lello Parise
(da “La Repubblica”)

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“I MUSULMANI SONO MAIALI”: LA CANDIDATA LEGHISTA IN TOSCANA A PIEDE LIBERO

Maggio 8th, 2015 Riccardo Fucile

GIULIA DEVESCOVI E’ IL NUOVO E DEGNO ACQUISTO DEI RAZZISTI PADAGNI

“I musulmani sono tutti porci”. “Vai a giro con un cencio in testa e veneri una religione di merda”. A essere protagoniste del simpatico scambio di battute sono madre e figlia.
Monica Castro, ex consigliera comunale del centrodestra a Calenzano, passata alla storia per essersi presentata in consiglio in mutande all’epoca del governo Monti, e Giulia Devescovi, ventenne che per ripercorrere i fasti materni ha deciso di candidarsi con la Lega Nord in Toscana.
La conversazione risalta tra i commenti su Facebook ad un post di un collega di partito, che commentava un incontro pubblico di giovani ragazze musulmane.
A Crema lo scambio è diventato un caso.
Anche perchè le due, come riporta il Corriere Fiorentino, sono andate avanti:
Ma mamma e figlia, ancora più infervorate, si lasciano andare a commenti da fascia protetta: «Io con il velo mi ci pulisco il…» è il «ragionamento» di Giulia, che aggiunge: «Per me (gli islamici, ndr) rimangono dei luridi maiali, senza offesa per questi ultimi, e spero che un giorno arriveremo a non ricordarci della loro esistenza».
Una discussione andata avanti per un paio di giorni, che potrebbe finire in un’aula di tribunale perchè la Comunità  islamica di Crema sta valutando se denunciare mamma e figlia.
«Ho detto quello che penso e non credo di aver commesso alcun reato – si difende la giovane candidata della Lega Nord in Toscana – e sono convinta di ciò che ho scritto. Portare il velo per me è offensivo».
In un Paese civile sarebbe già  in galera per istigazione all’odio razziale, in Italia è candidata della Padagna del magna magna in Toscana.

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EX LEGHISTA OMOFOBO CANDIDATO CON IL PD DELLA MORETTI: “IO LI CHIAMO CULATTONI”

Maggio 8th, 2015 Riccardo Fucile

IL PD PRENDE DI TUTTO, ANCHE L’EX BOSSIANO SANTINO BOZZA: “I GAY SONO DIVERSI, PURTROPPO ESISTONO”

Insieme per il cambiamento e per l’Italia. Tutti quanti e nessuno escluso.
Ex leghisti storicamente omofobi, candidati nel segno del renzismo.
Un PD transgenico del secondo tipo attraversa l’Italia, dal Veneto alla Campania.
Le coalizioni di centrosinistra alle prossime elezioni regionali presentano tra le loro fila candidati che mettono in imbarazzo il Partito Democratico che in questi giorni si appresta a discutere il ddl Cirinnà  sulle Unioni Civili in Parlamento.
Si parte dal nord: in Veneto il Pd ha schierato Alessandra Moretti nella speranza di vincere sul territorio leghista, lacerato tra i lombardi di Salvini che sostengono il governatore uscente Luca Zaia e il veneto Flavio Tosi che va al voto da solo.
Ma proprio tra candidati al consiglio regionale che sostengono Ladylike spunta il nome di Santino Bozza, per la lista “Uniti per il Progetto Veneto autonomo’.
Bossiano di ferro ed ex consigliere regionale del Veneto della Lega Nord, Bozza è noto alle cronache per le sue uscite omofobe verso la comunità  gay:
“Da noi in Veneto si chiamano culattoni” aveva affermato nel 2012 ai microfoni della trasmissione radiofonica la Zanzara. “Non conosco la parola gay, io li chiamo culattoni. Gay è in inglese, io non conosco l’inglese. Qui in Veneto li chiamiamo culattoni. A me i gay non piacciono, se me li trovo vicino mi stacco di qualche metro. Sono diversi. Purtroppo esistono, sono malati, sbullonati”.
La candidata Moretti, sommersa ieri dalle critiche da parte della comunità  LGBT, si è così giustificata: “Bozza è candidato nella lista “Veneto Autonomo”, ma le posizioni sui diritti civili sono espresse dall’intera coalizione”.
Ma sul sito, a sette mesi dalla candidatura, il programma sui diritti manca.
Stando a quanto dichiarato dall’eurodeputata saranno presentati lunedì i suoi impegni sul tema.
Riecheggiano però parole dell’ex leghista sulle coppie omosessuali: “E se avessi avuto un figlio gay. Lo avrei curato, lo avrei portato anche a donne personalmente. Se avessi avuto una figlia donna, avrei fatto la stessa cosa, le avrei insegnato l’educazione sessuale”

Simone Alliva
(da “L’Espresso”)

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SONDAGGIO IXE’. SALGONO PD, SEL E M5S, SCENDONO LEGA E FORZA ITALIA. BOCCIATO L’ITALICUM

Maggio 8th, 2015 Riccardo Fucile

PD 37%, M5S 19,7%, LEGA 13,6%, FORZA ITALIA 11,8%, SEL 4,6%, FDI 4%

Sia il Pd sia Sel in crescita. Lo stesso il Movimento Cinque Stelle. Il centrodestra che cala quasi tutto, Lega Nord compresa.
Sono spostamenti quasi ininfluenti quelli registrati del tradizionale sondaggio del venerdì dell’istituto Ixè per Agorà  (Rai Tre).
Con la nuova legge elettorale, approvata dal Parlamento, si profilerebbe — a oggi — un ballottaggio tra il Pd e il M5s.
Ixè ha effettuato una rilevazione anche sull’eventuale “sfida a due” e il vincitore sarebbe il Partito Democratico.
In particolare i democratici alla Camera sarebbero 340 (per via del premio di maggioranza), a seguire ci sarebbe il M5s con 102 seggi, poi Lega 66, Forza Italia 61, Sel 24, Fratelli d’Italia 21, Suedtirolervolks Partei 3.
L’affluenza stimata resterebbe solo il 50 per cento, fissandosi al 56,4.
Quanto alle percentuali dei partiti il Pd torna intorno a quota 37% davanti al M5s (19,7), alla Lega (13,6) e Forza Italia (11,8).
Supererebbero la soglia di sbarramento del 3 per cento Sel (4,6 per cento) e Fratelli d’Italia (4).
Non ce la farebbero invece Nuovo Centrodestra e Udc, nè separati nè uniti.
Avrebbero voti (pochi) anche Rifondazione comunista (1,8), Verdi (1) e Scelta Civica (0,6).
L’approvazione definitiva dell’Italicum, anche attraverso il voto di fiducia, dal 48% degli italiani è giudicata una vittoria di Renzi.
Secondo il sondaggio Ixè per il 28% la scelta di ricorrere alla fiducia è stata una sconfitta del presidente del Consiglio.
Ma la nuova legge elettorale non piace al 50% degli intervistati, mentre a favore è il 28%, non sa il restante 22%.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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“HA RAGIONE SAVIANO: RENZI, PERCHE’ SU GOMORRA NON PARLI?”. NEL PD CAMPANO E’ RIVOLTA DEI SOTTO SCORTA

Maggio 8th, 2015 Riccardo Fucile

LE LISTE DE LUCA AL CENTRO DELLA POLEMICA

“È già  troppo tardi ma Renzi non può non parlare. Deve dire qualcosa. La forza del Male è ancora presente, come dice Saviano nelle liste a sostegno di De Luca c’è il sistema di Gomorra”.
Benedetto Zoccola è vicesindaco a Mondragone, del Pd. E vive sotto scorta.
Legge e rilegge le parole che Roberto Saviano ha consegnato all’HuffPost, con la sua intervista: “Ha ragione — ripete — certo che ha ragione Saviano. Ha centrato il punto dell’inquinamento delle liste. E qui non vale il discorso: gli impresentabili sono nelle liste alleate, quindi la responsabilità  non è nel Pd”.
A Benedetto Zoccola, due anni fa fu messa una bomba carta davanti alla sua abitazione, dopo essere stato più volte minacciato e pestato a sangue.
Da allora ha perso l’udito a un orecchio e vive sotto scorta.
Tutto è cominciato quando ha deciso di denunciare gli estorsori della sua famiglia. Due anni fa era un grande sostenitore di Matteo Renzi.
Ora all’HuffPost dice: “Vorrei approfittare del vostro giornale per rivolgere un appello al presidente del Consiglio: è già  troppo tardi, perchè le liste sono state fatte. Ma, presidente, parli, intervenga, non permetta che la Campania venga lasciata a se stessa. Noi, il Pd, non possiamo predicare bene e razzolare male. E dobbiamo impedire che il consiglio regionale sia invaso da Gomorra. Ora dobbiamo fare in modo che vengano elette le persone perbene”.
In queste ore, lo spin renziano consiste nel minimizzare: “Noi abbiamo pulito le nostre liste — dicono i fedelissimi del premier — mica potevamo intrometterci in quelle degli alleati”.
Il vicesindaco sotto scorta ha quasi un moto di indignazione su questa giustificazione: “Eh, no. Non dire nulla sulle liste inquinate è una precisa scelta politica. E la scelta è: per vincere si imbarca di tutto, a partire da chi porta pacchetti di voti, di qualunque natura essi siano. E addio cambiamento”.
Nella pancia del Pd impegnato nella lotta alla mafia è l’ora del disagio. E dell’indignazione.
Perchè il caso è senza precedenti. Il “sistema di Gomorra”, per dirla con Saviano, è entrato nelle liste che sostengono il candidato del centrosinistra e Renzi non parla.
Il leader decisionista, che cambia verso, che dice prendere o lasciare su tutto, ad alleati, sindacati, compagni di partito, che dice “l’Italia s’è desta”, “il futuro è iniziato”, di fronte al fatto che Gomorra è entrata in casa, tace.
E militanti del Pd in trincea ribollono perchè il Sud non s’è desto e il passato non muore mai. Rosaria Capacchione è giornalista del Mattino e senatrice del Pd.
Vive sotto scorta da quando iniziò a raccontare l’ascesa dei Casalesi e la loro penetrazione nel potere e nell’economia italiana.
All’HuffPost dice: “Renzi deve parlare. Se è vero che il Pd è rimasto vittima, e che gli alleati hanno inserito gli impresentabili, l’appello forte che Renzi e il Pd dovrebbero fare è questo: noi prendiamo le distanze da queste liste, voi camorristi volete venire con me, ma io non vi voglio, voi mafie vi volete attaccare al carro del vincitore, io non vi faccio attaccare. Come? Dicendo, ora, subito: io non vi do niente, non un posto al sole, non un assessorato, non vi sponsorizzo nessun disegno di legge. Insomma, chi va a votare deve sapere che la camorra non sta votando il Pd”.
Già , chi va a votare.
Perchè la mutazione genetica della sinistra in Campania sta già  producendo i suoi effetti nefasti: “È chiaro — prosegue Benedetto Zoccola – che un pezzo di sinistra non andrà  a votare”.
Semplicemente perchè ha letto le liste. E, come se non bastasse, ha ascoltato le parole di De Luca, che non solo non ha preso le distanze dalle liste, ma ha coperto politicamente la scelta degli “impresentabili” e ha attaccato Roberto Saviano.
E perchè Renzi non parla. Nè di fronte a Gomorra. Nè di fronte agli altri impresentabili.
Fabrizio D’Esposito, sul Fatto ne ha cacciato un altro, che completa il quadro zeppo di cosentiniani, ex “responsabili” di Berlusconi, e fascisti come Aveta: tal Attilio Malafronte da Pompei, arrestato a gennaio per induzione indebita a dare o promettere utilità  (la vecchia concussione per induzione) e tutt’ora indagato per quel reato con l’accusa di aver lucrato sulle sepolture dei defunti al cimitero.
Perquisendo casa sua la polizia sequestrò un fucile calibro 12, una canna per fucile e 30 cartucce. Ora è candidato a Napoli con la lista “Campania in Rete” a sostegno di De Luca.
Roberto Saviano ha invitato a votare le persone perbene, di qualunque partito esse siano: “Ognuno scelga nel migliore dei modi tra Cinque Stelle, Sel, Pd, Caldoro”.
E già  questo appello che supera la logica dello schieramento destra-sinistra è indicativo della gravità  della situazione. Perchè Saviano coglie il punto.
Nelle liste entra Gomorra. E un pezzo di sinistra si rifiuta di votare per logiche di schieramento. Tra questi Renato Natale, sindaco di sinistra di Casal di Principe. All’HuffPost dice: “Resto fuori da questa competizione elettorale. Se nelle liste di appoggio a De Luca, De Luca sceglie i nostri avversari e allarga, allarga al centrodestra, significa che De Luca sceglie di essere avversario. O no? Ma forse sono io che non capisco più queste logiche. Una volta la politica era ideale, c’erano dei punti di riferimento. Ora… In cabina voterò solo secondo coscienza e incompetenza, perchè io queste logiche non le capisco”. Due anni fa il sindaco di sinistra di Casal di Principe sconfisse Enricomaria Natale, il candidato del centrodestra. Ora il suo avversario di allora è candidato a sostegno di De Luca. E non è uno qualunque.
Queste le parole di Saviano: “La sua famiglia è stata più volte accusata di essere in continuità  con la famiglia Schiavone. Negli anni Novanta hanno avuto un ruolo nel mondo dell’imprenditoria grigia. Questa candidatura a dimostrazione che De Luca non sta affatto cambiando il modo di fare politica in Campania”.
E Renzi tace.

(da “Huffingtonpost”)

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GRAN BRETAGNA, CHI HA PERSO SE NE VA: LASCIANO MILIBAND, CLEGG E FARAGE

Maggio 8th, 2015 Riccardo Fucile

QUASI COME IN ITALIA… IN GRAN BRETAGNA CHI PERDE LE ELEZIONI SI DIMETTE DALLA SEGRETERIA DEL PARTITO

E’ stata la corsa elettorale più serrata degli ultimi dieci anni e il Regno Unito si conferma conservatore.
Il partito di David Cameron, come previsto dai risultati degli exit poll, ha la maggioranza assoluta in Parlamento.
Sul totale di 650 seggi ne ha ottenuti 326 assicurandosi quindi il numero sufficiente per diventare il partito di maggioranza del Paese.
Nel suo primo discorso dopo i risultati elettorali, Cameron ha ribadito il programma del suo partito che “rappresenta un solo regno, uno Stato unito, da est a ovest, da nord a sud”. Poi la promessa:   “Faremo il referendum per decidere se restare fuori o dentro l’Europa”.
Parlando di fronte a Downing Street ha dichiarato: “Ho visto la regina e formerò un nuovo governo”.
Gli avversari del partito laburista lo seguono a distanza con 228 seggi finora conquistati.
In genere sono necessari 326 seggi per costituire un governo di maggioranza, ma dato che i parlamentari di Sinn Feinn non ne hanno preso alcuno, il limite è in pratica sceso a 323.
Il Partito nazionale scozzese, che in queste elezioni ha portato a casa un risultato sorprendente, si piazza in terza posizione con 56 seggi conquistando un vantaggio storico sui liberaldemocratici, che sono riusciti a portare a casa appena otto seggi. Fino all’ultimo momento, il futuro più probabile per la Gran Bretagna sembrava quello di avere un governo di coalizione o di minoranza per i prossimi cinque anni.
Una vittoria tanto schiacciante che tutt’intorno, chi aveva promesso, si è dimesso.
Con una serie di tweet il leader del partito laburista Ed Miliband si è dimesso assumendo la “piena responsabilità ” della sconfitta elettorale al voto politico britannico di ieri.
“E’ tempo che qualcun altro prenda la guida del partito” ha detto ai suoi sostenitori.
Le sue dimissioni avranno effetto dopo le commemorazioni di oggi per la fine della seconda guerra mondiale.
Prenderà  il suo posto Harriet Harman, sino a quando un successore sarà  eletto. Miliband si è assunto la “assoluta e totale responsabilità ” dei risultati negativi del suo partito alle elezioni, dicendosi “molto dispiaciuto” per i colleghi che hanno perso i loro seggi in Parlamento.
“La lotta continua”, ha però aggiunto, sottolineando che ora il partito deve ricostruirsi. “Tutti noi dobbiamo aderire alla sfida di tenere il insieme il nostro Paese”, ha dichiarato ancora.
Il leader del partito liberaldemocratico britannico Nick Clegg ha perso 47 seggi sui 57 ottenuti nel 2010.
Il vicepremier nel governo uscente di Cameron ha definito “semplicemente straziante” vedere molti colleghi e amici perdere i loro seggi alla Camera dei Comuni.
“Mi aspettavo che queste elezioni fossero eccezionalmente difficili per i Libdem”, ha dichiarato Clegg. Ma, ha aggiunto, “evidentemente i risultati sono stati incommensurabilmente più devastanti e crudeli di quanto avrei mai potuto immaginare”.
Poi ha affermato che la responsabilità  per la sconfitta ricade su di lui e che i Libdem pagano il prezzo di essere stati al governo.
“La paura e l’ingiustizia hanno vinto. Il liberalismo ha perso. Ma ora più che mai dobbiamo continuare a lottare”, ha aggiunto, sottolineando che è “un’ora buia” per il partito ma che i valori liberali devono essere difesi.
Il 48enne Clegg è riuscito a conservare il suo seggio di Sheffield Hallam, ma il suo venerando partito, erede dei Whigs, è stato falcidiato e rischia di restare solo con otto seggi nella camera dei comuni.
Parlando ai sostenitori, Clegg ha difeso la sua scelta di entrare nel governo insieme ai conservatori nel 2010, una decisione responsabile in chiave di stabilità , mentre la Gran Bretagna faticava a uscire dalla crisi finanziaria globale.
Parlando dinanzi alla leadership del partito, Nick Clegg, che è stato visto lasciare la stanza con le lacrime agli occhi, ha detto che “hanno vinto la paura e il risentimento”, che “sono in crescita il nazionalismo e il ‘noi contro voi’, e che “in assenza di una forte leadership è a rischio la tenuta stessa del Regno Unito”.
“Ha perso il liberalismo – ha aggiunto – che però è più prezioso che mai e per il quale dobbiamo a continuare a lottare. Sarebbe facile immaginare che non si può tornare indietro. Non è così. E’ un’ora molto buia per il nostro partito, ma non possiamo e non permetteremo che i valori liberali evaporino con questa notte”.
Secondo il vicepremier, i Lib-dem sono riusciti ad ammorbidire le misure di austerità  più pesanti promosse da Cameron, innalzando ad esempio la soglia di esenzione fiscale per i lavoratori meno pagati.
Ma la sinistra del suo partito non gli ha mai perdonato di aver sostenuto tagli ai servizi pubblici, un sacrifico agli ideali liberal del partito.
Inoltre Clegg ha rinnegato la promessa elettorale di non aumentare le tasse universitarie e non è riuscito a ottenere una riforma del sistema di voto e della camera dei Lord, da tempo al cuore del programma liberaldemocratico.
Come lui anche Nigel Farage, leader carismatico del partito anti-immigrati e anti-europeo britannico Ukip, ha lasciato la guida del partito dopo la sconfitta elettorale. Almeno per il momento. Farage non è riuscito a ottenere un seggio al parlamento britannico nella circoscrizione di Thanet South, assegnata al candidato conservatore. “Sono un uomo di parola”, ha detto riferendosi alla propria promessa sul fatto che avrebbe lasciato la guida del partito in caso di mancata elezione a Westminster. Farage ha inoltre annunciato che raccomanderà  allo stato maggiore dell’Ukip di nominare Suzanne Evans leader a interim.
Quanto al suo futuro, Farage ha espresso l’intenzione di volersi “divertire un po’” e trascorrere l’estate in vacanza.
Tuttavia non ha escluso un ritorno alla guida dell’Ukip affermando che prenderà  in considerazione l’idea di presentare la propria candidatura quando il partito sarà  chiamato a eleggere un nuovo leader a settembre.

(da “La Repubblica”)

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GRAN BRETAGNA SPEZZATA, ADDIO BIPARTITISMO: “SEMBRIAMO L’ITALIA”

Maggio 8th, 2015 Riccardo Fucile

IRROMPONO NAZIONALISTI ED EUROSCETTICI E IL 60% DEI CITTADINI CHIEDE DI PASSARE A UN SISTEMA PROPORZIONALE… L’UKIP CON IL 13% PRENDE UN SOLO DEPUTATO, GLI SCOZZESI CON IL 5% NE OTTENGONO 56

Un sistema politico sempre più frammentato, instabile, spezzato al proprio interno.
Le elezioni inglesi decretano il trionfo dei conservatori — inatteso sino ai momenti immediatamente precedenti la chiusura dei seggi — ma lasciano in eredità  una Gran Bretagna divisa, sul punto di abbandonare la geografia politica e sociale che ha conosciuto per decenni.
Da affrontare, nei prossimi mesi, ci sono le richieste di un referendum sull’uscita dall’Europa chiesto a gran voce dallo Ukip; c’è l’ascesa irresistibile dello Scottish National Party, che mostra ormai la creazione di un Paese, la Scozia, praticamente staccato dalla Gran Bretagna.
Soprattutto, ci sono le sempre più forti richieste di passaggio a un nuovo sistema elettorale, quello proporzionale.
Il Parlamento che esce dal voto di ieri viene infatti visto, da molti inglesi, come non rappresentativo della realtà  politica e della volontà  popolare.
Il maggioritario inglese ha, ancora una volta, garantito la stabilità  politica del Paese.
I Tories di David Cameron si avviano a conquistare la maggioranza assoluta dei seggi, lasciando dietro di loro i laburisti di Miliband, che calano ulteriormente rispetto al già  cattivo risultato del 2010, e i lib-dem di Nick Clegg, in calo di ben 36 seggi.
Il problema è che il maggioritario che ha prodotto questo risultato è ormai messo in discussione, in modo sempre più aperto, dalla maggioranza della popolazione.
Il 60% degli inglesi, secondo un sondaggio pubblicato da “The Independent” nei giorni precedenti il voto, vuole infatti il passaggio al proporzionale, che sarebbe più capace di riflettere davvero gli orientamenti della popolazione.
Facciamo un esempio.
Lo Ukip, su base nazionale, dovrebbe attestarsi intorno al 13% dei consensi. E’ il terzo partito di Gran Bretagna, dopo conservatori e Labour.
In termini di seggi, manda a Westminster un solo deputato.
Lo Scottish National Party si aggira invece intorno al 5%. Concentrando però il proprio voto in Scozia, ottiene 56 deputati.
E’ questa — apparente — assurdità , che nelle scorse ore un deputato della formazione euroscettica ha sottolineato.
Douglas Carswell, l’unico membro dello Ukip che ha per il momento conquistato un seggio nella costituency di Clacton, ha pubblicato sul suo account Twitter un grafico che mostra la discrepanza tra voto reale e seggi conquistati a Westminster. “Ukip e verdi hanno preso quattro volte i voti dello Scottish National Party — ha scritto Carswell — eppure lo S.N.P. manderà  molti più rappresentanti a Londra”.
La stessa frustrazione è stata espressa da Caroline Lucas, che era stata il primo deputato verde nel Parlamento inglese, nel 2010, e che è stata rieletta nel suo seggio di Brighton.
“Queste elezioni rappresentano il più grosso risultato, in termini di voti reali, per i verdi inglesi”, ha detto la Lucas nel suo “discorso della vittoria”.
Eppure, “quest’anno manderemo a Westminister appena due deputati. Si tratta di una ovvia ingiustizia, che mostra quanto il sistema elettorale britannico sia ormai marcio e che si debba passare al proporzionale”.
Gli stessi temi sono stati elaborati in molti modi durante la campagna elettorale.
“Gli inglesi sentono che il loro voto non vale, e che comunque votino, non riescono davvero a influenzare le decisioni dei politici”, spiega a IlFattoQuotidiano.it Nikiforos Panourgias, professore all’Università  di Leicester.
“L’impressione è che chi vive nel villaggio di Westminster sia del tutto rimosso dalla vita reale della gente — aggiunge Sheila Lower, che dirige il think-tank Politeia — un’impressione che un sistema come quello maggioritario finisce inevitabilmente per aumentare”.
Se quindi le richieste di un cambiamento del sistema elettorale percorrono larghi settori del Paese, non sembra che, nell’immediato, queste richieste possano essere ascoltate.
Il nuovo governo conservatore, graziato proprio dai meccanismi del maggioritario, non ha alcun interesse a rivoluzionare il modo di votare e distribuire il potere.
I lib-dem, che tradizionalmente sono più sensibili al richiamo del proporzionale, hanno conosciuto una dèbacle storica e, anche se torneranno al governo, non potranno influenzare le decisioni della maggioranza Tory.
I critici lanciano però l’allarme. Se il nuovo governo non interverrà , attenuando almeno in parte il meccanismo del First-Past-the-Post, quello che domina il maggioritario secco, la Gran Bretagna rischia di spezzarsi e di apparire ancora più divisa di quello che in effetti è. Il sistema spazza infatti via le differenze e le sfumature politiche delle diverse aree, facendo apparire il Paese come un puzzle di blocchi in contrapposizione tra loro.
Non è un caso che in un editoriale apparso giovedì sera sul sito della Cnn, l’analista politico Will Marshall azzardava il paragone con l’Italia: “E all’improvviso la vecchia, posata Gran Bretagna sembra come l’Italia”.
“Un solo Paese, un Regno Unito”, ha detto David Cameron, nel discorso in cui ha salutato la vittoria dei suoi Tories.
Ma il Regno, al momento, sembra molto meno unito di quanto il presente, e futuro, primo ministro britannico voglia e debba sperare.

Roberto Festa
(da “il Fatto Quotidiano“)

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AL SENATO IL GOVERNO E’ APPESO A UN FILO: SOLO QUATTRO I VOTI DI SCARTO

Maggio 8th, 2015 Riccardo Fucile

LA SINISTRA PD E’ DECISIVA PER LA RIFORMA COSTITUZIONALE

Al Senato mancano i voti. Si è al limite tutti i giorni e su tutti i provvedimenti.
Sarà  così, a maggior ragione, al momento di votare la riforma costituzionale.
Anche perchè per le leggi di modifica della Carta non basta la maggioranza relativa. Serve quella assoluta: 161 senatori sui 320 aventi diritto.
Per questo il governo continua a mandare segnali di apertura, soprattutto alla minoranza del Partito democratico.
«Discutiamo di tutto», dicono a Palazzo Chigi, senza entrare nel dettaglio.
Il ministro Boschi ha accennato al modello Bundesrat, in un’intervista al Corriere . Una forma elettiva dei consiglieri regionali. Ma la risposta dei dissidenti è decisamente negativa. «Dov’è l’apertura? In Germania c’è il proporzionale e poi il maggioritario per la Camera dei Laender. Qui avremmo due maggioritari. Non va bene», avverte il bersaniano Miguel Gotor.
Matteo Renzi la prende da lontano ma i timori di un inciampo sono grandi.
La maggioranza di governo alla Camera contava 400 deputati, 85 più del quorum.
A Palazzo Madama invece l’esecutivo combatte sul filo di 4-5 voti e la minoranza del Pd conta 24 dissidenti che hanno già  disertato il voto sull’Italicum.
Ecco perchè l’apertura del premier può diventare inevitabile. «A meno che non decida di rivolgersi direttamente a Verdini e ai suoi senatori. Lo scopriremo presto».
È una mossa che non pochi nella sinistra dem attendono per “impiccare” Renzi all’accusa di voler creare un partito indistinto, il partito della Nazione che snatura il Pd.
Persino l’ipotesi di un’accelerazione sul conflitto d’interessi viene letta da due punti di vista diversi.
Un segnale ai ribelli democratici su un tema molto caro all’elettorato più a sinistra, cioè alla base potenziale di una nuova Cosa rossa.
E un messaggio nemmeno tanto subliminale agli spezzoni di una Forza Italia già  esplosa. Se Verdini e Raffaele Fitto vogliono dare il colpo di grazia al Cavaliere e conquistarsi un posto al sole, hanno o avrebbero nella norma sull’incompatibilità  uno strumento prezioso.
Comunque il premier si ritroverà  presto davanti a un bivio se è vero che la riforma costituzionale arriverà  in aula alla fine di giugno.
«Se vuole stare col Pd — dice Gotor — sa che la riforma deva cambiare, tanto più con questo Italicum. Tecnicamente sono possibili molti cambiamenti ma la decisione è solo politica. Deve prenderla Renzi».
Il gruppo dei dissidenti al Senato sembra molto più compatto di quello della Camera. E sa di essere decisivo.
«Ma vi immaginate i consiglieri regionali della Campania designati per fare i senatori — sottolinea Gotor -. Con le liste fatte da De Luca che Saviano definisce vicine a Gomorra? Si mettono intorno a un tavolo e dicono: io mi occupo di Asl, tu di fondi pubblici e tu vai al Senato perchè c’è l’immunità  parlamentare».
Parole durissime, ma che possono cambiare in caso d’intesa tra minoranza e premier. Altrimenti il “Vietnam” per la riforma è più vicino e non ci sarà  nemmeno bisogno dei grupi parlamentari autonomi a cui lavora Pippo Civati.
I senatori Pd dissidenti possono tranquillamente fare la loro battaglia rimanendo nel loro gruppo.
Decisivi, per entrambi i fronti, saranno i risultati delle regionali.
Li aspettano sia Renzi sia i ribelli per definire le strategie i termini di un’eventuale trattativa.

Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica”)

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IL FITTIANO CAPEZZONE: “CAMERON INSEGNA, C’E’ UN MONDO DA CONQUISTARE OLTRE LE LITI CONDOMINIALI DEL CENTRODESTRA ITALIANO”

Maggio 8th, 2015 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE FINANZE DELLA CAMERA: “NON ABBIAMO AVUTO PAURA A SOSTENERE CAMERON, NEL CENTRODESTRA QUALCOSA SI MUOVE”

Anche il presidente della Commissione Finanze della Camera ha commentato il risultato delle elezioni nel Regno Unito, con particolare riferimento ai riflessi nel centrodestra italiano:
Il successo pieno e indiscutibile colto da David Cameron e dai Conservatori inglesi è un’eccellente notizia non solo per la Gran Bretagna, ma per chiunque creda in una politica riformatrice, fatta di una vera lotta liberale alle tasse, alla spesa pubblica facile, al debito pubblico.
E’ anche l’occasione per rinegoziare trattati europei inadeguati, causa o concausa della negativa situazione del Continente.
Per quanto ci riguarda, come ha già  fatto poco fa Raffaele Fitto, ricordiamo un importante atto politico che abbiamo compiuto, con Fitto e con una trentina di parlamentari, due settimane fa: la lettera inviata a The Telegraph per esprimere sostegno totale a David Cameron e ai Conservatori inglesi.
E’ stato un primo atto di respiro, dopo tanto tempo, nel centrodestra italiano, oggi perso in una discussione sterile, provinciale, costantemente subordinata a Renzi e alla sua agenda.
Invece, come dimostra l’iniziativa che abbiamo assunto con Fitto e con tanti parlamentari, c’è vita e c’è un mondo oltre le liti condominiali.
Ci sono le idee liberali (riduzione di tasse, spesa e debito); c’è una precisa collocazione internazionale (che guarda a Londra e Washington, e non certo a Mosca, a Teheran o alla Corea del Nord); c’è una sfida all’Europa dei burocrati, dell’austerità  e della non crescita (che vede – purtroppo – uniti e ormai pressochè intercambiabili il Pse e il Ppe).
Qualcosa si muove nel centrodestra italiano.

Va ricordato che i trenta parlamentari che fanno riferimento a Fitto sono stati protagonisti di una chiara presa di posizione una settimana or sono in favore di Cameron, attraverso una nota pubblicata sul “Telegraph”.

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