Maggio 9th, 2015 Riccardo Fucile
PER LA CORTE D’APPELLO DI TORINO GLI VIENE PREFERITO TALE ARTURO SOPRANO
Vi ricordate di Giovanni Falcone? Quando fece domanda per dirigere l’ufficio istruzione di Palermo gli fu preferito Antonino Meli.
Lui, Falcone, non andava bene per l’ufficio che aveva portato a un livello di eccellenza nella lotta alla mafia.
Ma andava bene Meli, un giudice senza infamia e senza lode, con un curriculum analogo a quello di migliaia di magistrati, la cui competenza e capacità organizzativa furono messe subito in risalto dagli ordini di servizio che smantellavano il pool antimafia e assegnavano a Falcone e agli altri giudici specializzati i turni ordinari. Paolo Borsellino parlò, affranto, di decisione con “motivazioni risibili”.
Nel 2010 il Csm ne fece un’altra (una di 10.000).
Preferì, per la presidenza della Corte d’Appello di Milano, a Renato Rordorf, il maestro di tutti i magistrati italiani in tema di diritto penale dell’economia, con esperienze in Consob e Cassazione, tale Ignazio Marra, altro magistrato di ordinaria caratura (3 mesi dopo si scoprì che era coinvolto nella P3).
Adesso la 5° Commissione del Csm ha indicato all’unanimità , per la presidenza della Corte d’Appello di Torino, tale Arturo Soprano, un presidente di sezione della Corte d’Appello di Milano.
È una cosa importante? Sì, insomma. Tra i concorrenti c’era Piercamillo Davigo.
Come si fa a far capire chi è Davigo? Servono centinaia di pagine per spiegare cosa ha fatto: incarichi conferiti da organizzazioni internazionali, partecipazione a Forum prestigiosi, dove è stato relatore con presidenti e ministri di Stati Esteri, attività didattica in decine di Università , italiane ed estere, e in incontri di studio organizzati dal Csm e da istituzioni e organizzazioni private di vario genere.
E poi, naturalmente, Mani Pulite: 4500 rinvii a giudizio, 4000 condannati (nessuno o quasi è andato in prigione ma questo non è dipeso da lui, è la norma in questo orribile Paese dove ci tocca vivere).
E ancora poi la Cassazione, dove ha portato quella che era la sua caratteristica originale, per cui Borrelli lo inserì nel pool Mani Pulite, la grande competenza giuridica.
E, nel frattempo, decine di processi con centinaia di imputati, per mafia, droga, corruzioni. Senza parlare della sua rettitudine.
Ricordo sempre che, quando gli chiesi se non era stufo di fare processi e sentenze che non avevano alcun esito concreto (in prigione non ci va mai nessuno, gli dissi), mi fulminò: “Sai, quando ci sono io, non si fanno porcherie”.
Fare capire chi è Soprano, invece, è facilissimo. Pretore per un sacco di anni, poi giudice di Tribunale prima e di Appello poi, alla fine Presidente di Sezione (ce ne sono una ventina) presso la Corte d’Appello di Milano.
Il Csm segnala che ha gestito un (uno) processo importante con 126 imputati per reati di criminalità organizzata.
Non si sa che tipo di criminalità . Io posso dire che processi come questo, quando lavoravo, andavano a un tanto al mazzo, ce ne erano centinaia.
La sua notorietà è legata, su Google, al fatto che ha presieduto il Collegio che ha comminato a Berlusconi l’interdizione dai pubblici uffici.
E, se questo ritratto di una vita professionale ordinaria che più non si può non fosse sufficiente, basterebbe rispondere a una domanda: com’è che il Csm chiamava Davigo ai corsi per la formazione dei magistrati (ne ha tenuti decine) e non Soprano?
Però oggi la 5° Commissione ha proposto Soprano.
Si è sdilinquita in motivazioni risibili (chissà Paolo Borsellino che avrebbe detto) e ha liquidato Davigo con mezzo foglio di sconcertanti considerazioni.
Tra cui che Soprano ha sicuramente doti di organizzatore perchè presidente di una sezione di Corte d’Appello (ordinaria macelleria, questo lo sa ogni giudice italiano) e Davigo, semplice giudice d’Appello e poi semplice giudice di Cassazione, no.
La verità la si capisce bene leggendo chi sono i componenti di questa commissione. Ce n’è uno di Unicost; e Soprano è di Unicost; non particolarmente impegnato nemmeno in questo, ma insomma i suoi amici sono in questa corrente.
Due sono di Area (MD e Movimento); e Davigo è sempre stato di MI, avversaria storica di MD.
Uno è di MI ma di stretta osservanza ferriana (da Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia che, da lì, continua a dirigere la “sua” corrente); e Davigo ha capitanato una scissione, proprio perchè stufo (lui e altri) di una corrente diretta da un politico di note frequentazioni politiche anche da magistrato.
I due componenti laici sono due politici: volete che abbiano simpatia per uno che ha “fatto” Mani Pulite?
Certo, per ora il misfatto è stato compiuto dalla sola commissione. Adesso tocca al Plenum.
Prevarrà la vergogna o l’improntitudine?
Bruno Tinti
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 9th, 2015 Riccardo Fucile
LA BOZZA DELLA NUOVA AGENDA PREVEDE L’ASILO POLITICO EUROPEO
È una rivoluzione nel segno della solidarietà quella in arrivo da Bruxelles sulla politica europea per l’immigrazione: obbligo per tutti paesi ad accogliere chi sbarca sulle coste italiane o degli altri paesi rivieraschi, missioni nei porti libici per sequestrare e distruggere i barconi dei trafficanti di esseri umani, aiuti ai paesi di origine e transito per sgominare le bande criminali che ruotano intorno alla Libia. Sono questi i punti cardine della nuova Agenda sull’immigrazione che, salvo sorprese, sarà approvata mercoledì dalla Commissione europea e le cui bozze iniziano a circolare tra le Cancellerie continentali.
Un testo ambizioso oltre ogni aspettativa anche grazie all’impegno personale del presidente dell’esecutivo comunitario, Jean Claude Juncker, dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, Federica Mogherini, del vicepresidente Frans Timmermans e del commissario all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos.
Sembra dunque che in Europa si sia finalmente sviluppata una nuova sensibilità sulle tragedie che periodicamente si consumano nel Mediterraneo.
Un ruolo tristemente centrale lo ha avuto la strage di aprile quando nel Canale di Sicilia sono morti 900 migranti e dopo la quale l’Italia aveva ottenuto un summit straordinario dei capi di Stato e di governo a Bruxelles.
Da quel momento la percezione politica è cambiata permettendo alla Commissione di preparare un testo di spessore che sarà discusso, e approvato, dal collegio preceduto da Juncker mercoledì prossimo.
Un passaggio non facile: in molti si aspettano un dibattito acceso tra i commissari europei, non tutti ancora convinti della necessità di un salto di qualità di questa portata.
Se passerà l’Agenda dovrà poi essere approvata dal Consiglio (i governi) e dal Parlamento di Strasburgo.
Altro percorso non facile. Basta leggere le dichiarazioni rilasciate preventivamente ieri del premier ultranazionalista ungherese Victor Orban: «È un’idea folle quella di dividere gli immigrati fra i paesi dell’Unione, mi opporrò».
E ieri l’ambasciatore libico all’Onu, Ibrahim Dabbashi, ha affermato che la Libia non appoggia l’idea di interventi europei nelle sue acque territoriali.
Dunque per portare a casa il risultato servirà una vera battaglia politica dentro e fuori all’Unione: in prima linea oltre a Juncker ci saranno Renzi, Merkel e Hollande.
Nel dettaglio l’Agenda prevede una serie di azioni immediate per rispondere all’emergenza migranti e alle stragi in mare accompagnate da misure di mediolungo termine per cambiare la politica migratoria europea.
La novità di maggior rilievo, se verrà confermata mercoledì, è la proposta di creare un sistema di quote obbligatorie di ripartizione tra tutti i paesi europei dei migranti già presenti sul territorio dell’Unione.
Per fare un esempio, gli stranieri oggi stipati nei centri d’accoglienza italiani o maltesi, ormai al collasso, saranno sparpagliati tra i Ventotto con un criterio di quote obbligatorio al quale nessun governo potrà sottrarsi.
Saranno poi i paesi in questione a occuparsi delle pratiche di asilo odei rimpatri in modo da alleggerire non solo i paesi che fronteggiano gli sbarchi, ma anche quelli dove la maggioranza dei rifugiati poi si stabilisce come Germania, Svezia, Francia, Italia o Belgio.
Nel medio termine si propone anche una revisione delle politiche di asilo: l’obiettivo è il mutuo riconoscimento delle decisioni di un singolo paese in modo che se ad uno straniero viene riconosciuto lo status di rifugiato, questo possa poi trasferirsi da una nazione all’altra all’interno dell’Ue.
Insomma, sarà un asilante europeo, non italiano, francese o tedesco come avviene oggi.
La Commissione proporrà anche il contrasto alle attività dei trafficanti nel Mediterraneo, come chiesto dal summit straordinario di aprile.
Si tratta di un missione chiamata a intercettare i barconi degli scafisti anche in acque territoriali libiche, persino dentro ai porti, sequestrarli prima della partenza ed eventualmente affondarli.
Per dare chance di successo alla missione Bruxelles propone anche un lavoro di stretta condivisione di informazioni tra le intelligence europee.
Proprio lunedì Mogherini sarà a New York per tessere la tela al Consiglio di Sicurezza, vista la necessità di agire all’interno del diritto internazionale.
L’Europa punta ad avere una risoluzione delle Nazioni Unite che dia il via libera alla missione entro il summit europeo del 25 e 26 giugno per permettere ai leader Ue di lanciarla prima di luglio.
La Commissione conferma poi che verranno triplicati i soldi per Frontex, ovvero per la missione Triton nel Canale di Sicilia.
Ambiziosa anche la parte di politica estera dell’Agenda, curata direttamente dalla Mogherini. Si propone di integrare tutte le politiche europee di settore per ottenere risposte dai paesi di origine e di transito: saranno tutte indirizzate al fine di ottenere la massima collaborazione dei governi locali affinchè contrastino i trafficanti, ne sgominino le bande e impediscano loro di far entrare i migranti in Libia, dove poi spariscono dai radar internazionali fino all’attraversata sulle carrette del mare.
Un lavoro che nelle intenzioni di Bruxelles sarà finalizzato nel vertice tra Ue e Africa di ottobre a Malta.
Per ottenere l’intervento nei paesi di origine si punta anche ad aiuti economici per contrastare la povertà , una delle cause delle partenze oltre alle guerre e alle persecuzioni.
Si proporrà poi di aiutare economicamente i paesi di transito — come Sudan, Egitto, Ciad e Niger — per aumentare i controlli alle frontiere in modo da in- tercettare i camion dove i trafficanti stipano i migranti.
Sgominare le bande, salvare i migranti e accoglierli in campi Unhcr dove poi verranno rimpatriati o portati in Europa se ne avranno diritto.
Già oggi l’Europa tra aiuti umanitari e altre politiche attive spende circa un miliardo all’anno per l’Africa, se tutto il flusso di spesa verrà indirizzato o condizionato alla lotta all’immigrazione clandestina, scommettono a Bruxelles, si potranno ottenere risultati concreti.
Novità arriveranno anche sulla migrazione legale, quella economica, ritenuta necessaria per contrastare il flusso clandestino dei disperati in cerca di lavoro e per rispondere alle necessità del mercato del lavoro.
Si pensa ad una Blu Card europea che funzionerà grazie una piattaforma comune che identificherà che genere di specializzazioni, professionalità o mano d’opera sia richiesta in ogni momento in Europa.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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Maggio 9th, 2015 Riccardo Fucile
DA DE LUCA ALL’EXPO, DALLA GIUSTIZIA ALL’ITALICUM
Già è strano che, per denunciare la vergogna delle liste elettorali d’appoggio al candidato pidino Vincenzo De Luca in Campania, la firma di punta di Repubblica Roberto Saviano debba autoesiliarsi sul sito cugino dell’Huffington Post con l’esplosiva intervista ad Alessandro De Angelis.
Ma ancor più strano è che le sue parole definitive su “Gomorra nel Pd” non vengano riprese dai giornaloni, per non parlare dei telegiornali: gli stessi che, non appena Roberto dice qualunque cosa, foss’anche sul suo gatto, la rilanciano con paginate di servizi e fiumi di commenti.
Ma forse gli strani siamo noi che ancora ci meravigliamo di come funziona la cosiddetta informazione.
Quando c’era Lui, inteso come Silvio non come Benito, il modello della politica erano i Grandi Eventi.
Tutto era grande, grandioso, grandeur: milioni di posti di lavoro, grandi opere, grandi processi. Ora invece il modello, sempre mutuato dal ramo appalti & affari, è il Camouflage: crasi del verbo camuffare e del sostantivo maquillage, letteralmente mascheramento, trucco, copertura.
Tipica tecnica cosmetica per nascondere brufoli, acne, angiomi, vitiligini, cicatrici e altre imperfezioni cutanee, recentemente applicata ai disastri di Expo, con apposito appalto da 1 milione di euro per occultare con trompe l’oeil in cartongesso i cantieri ancora aperti, che probabilmente consegneranno le opere il prossimo ottobre, giusto in tempo per smontarle o abbatterle.
A distrarre l’attenzione generale dalle magagne exponenziali è poi giunto, provvidenziale e soprattutto gratuito (almeno si spera), il contributo dei black bloc, sempre a disposizione quando c’è da soccorrere e rafforzare il potere costituito.
E, quando l’eco del saccheggio è scemato, ecco l’astuta uscita del noto trust di cervelli Renzi-Alfano sui black bloc figli di papà col Rolex al polso, che fatta da due noti figli di papà democristiani non è niente male.
Prendersela con chi porta il Rolex, magari taroccato a Napoli o in Cina, avendone magari una collezione a casa, fa molto pop-pauperista, e soprattutto aiuta a far dimenticare la rapina ai pensionati perpetrata dal governo Monti-Fornero, votata dai partiti oggi al governo e sventata dalla Consulta con una sentenza che il governo sta studiando come disapplicare.
Purtroppo però, più che ai presunti Rolex dei black bloc, i pensionati continuano a pensare alle loro pensioni bloccate e a come recuperare il maltolto.
E allora, sotto con il nuovo camouflage.
Per camoufler le fiducie imposte sull’Italicum, ecco l’annuncio di un appetitoso “tesoretto“ di 1,6 miliardi spuntato chissà da dove (per i titolisti dei giornaloni c’è sempre qualcosa che “spunta”), naturalmente mai esistito e subito evaporato assieme al suo effetto mediatico.
Così l’altroieri Madonna Boschi ha regalato al Corriere, così su due piedi, un nuovo trompe l’oeil pret à porter: “Ora il conflitto d’interessi”.
E il Corriere giovedì ci è subito cascato con tutta la prima pagina, annunciando una non notizia: la riesumazione — per giunta soltanto annunciata da una ministra-del vecchio disegno di legge sul conflitto d’interessi che ammuffisce da mesi nei cassetti del Parlamento, fra l’altro totalmente inefficace (basti pensare che fu scritto con FI), diventa la notizia del giorno.
L’indomani Saviano dice che il marchio del best seller che l’ha reso un simbolo mondiale della lotta alle mafie è entrato nel partito di Renzi, e nessuno gli dedica una riga.
È pronto un altro trompe l’oeil: “Aboliti i vitalizi ai condannati”, titola il Corriere; “Il Senato cancella i vitalizi ai condannati”, spara Repubblica, aggiungendo che “M5S e FI non votano”.
Così, vedendoli appaiati ai berluscones, qualcuno penserà che i 5Stelle vogliano mantenere i vitalizi ai condannati.
E non saprà mai che non han votato al Senato e han votato contro alla Camera perchè il regolamento varato dai due rami del Parlamento in realtà garantisce i vitalizi a quasi tutti i condannati (col trucco di fissare il tetto di pena sopra i 2 anni e di escludere chi nel frattempo è stato “riabilitato”, che non vuol dire assolto con tante scuse, ma pregiudicato da qualche anno).
È la solita legge-spot, il cui titolo accattivante è contraddetto dal contenuto: come l’anticorruzione Severino che di fatto depenalizza la concussione per induzione su misura per B.; come la legge sul voto di scambio che in realtà rende impossibile punire il voto di scambio; come la riforma degli eco-reati, che nella sostanza li manda impuniti perchè va dimostrato che il disastro ambientale è stato commesso “abusivamente”; come il delitto di autoriciclaggio, finto anche quello visto che non scatta in caso di “godimento personale” del bottino; come il nuovo falso in bilancio, che si prescrive l’indomani mattina e soprattutto non consente quasi mai le intercettazioni e la custodia cautelare.
Nei paesi bene informati, le bugie hanno le gambe corte.
In Italia, non a caso precipitata al 69° posto (perdendo 24 posizioni) nella classifica di Reporter Sans Frontières sulla libertà di stampa, hanno gambe lunghissime.
Basti pensare che qualcuno sta abboccando persino alla supercazzola del “sussidio universale” per chi perde il lavoro, anticipata l’altro giorno da Renzi con la formula a presa rapida del “Piano contro la Povertà ”.
L’ultimo trompe l’oeil di cartapesta ricorda la scena della signora parigina che incontrò per strada Charles De Gaulle e Andrè Malraux e li apostrofò: “Morte agli idioti!”.
Il generale si voltò verso lo scrittore e sibilò: “Vasto programma…”.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 9th, 2015 Riccardo Fucile
L’IMBARAZZO DEI FEDELISSIMI: “IN MERIDIONE CI MANCA LA CLASSE DIRIGENTE”
“La Campania, la Campania è un caso delicato”. Genova, centro convegni dei Magazzini del Sale. Comizio con Raffaella Paita, candidata a governatrice della Liguria.
Con Matteo Renzi che fa il punto sulle Regionali.
La Paita è indagata per mancata allerta durante l’alluvione di Genova. Anche lei rappresenta il terminale di un gruppo di potere forte (in primis, il governatore uscente, Burlando).
Ma rispetto alla questione Campania sembra poco. Giovedì, in un’intervista all’Huffington Post, Roberto Saviano ha puntato il dito contro Renzi e partito. “Nel Pd c’è Gomorra”. Mica poco da parte dello scrittore-simbolo dell’anticamorra, che vive ancora sotto scorta.
La comunicazione di Renzi, una corazzata che in genere si mobilita per molto meno, ha messo il silenziatore sulla faccenda.
E l’hanno fatto anche i giornali: neanche una riga, ieri, Fatto a parte, sulla denuncia di Saviano. Neanche l’ombra di un commento, seppur fugace, da parte di Renzi e dei vertici del Pd e del governo.
Silenzio che permane ieri per tutta la giornata.
Nonostante un premier che non si risparmia in fatto di attività pubbliche: alle 12 è a The State of Union, conferenza sull’Europa, a Firenze. Alle 16 comizio ad Aosta, alle 18 e 30 (ma saranno le 19, nonostante l’elicottero con cui si sposta a Genova).
Non parla il vice segretario Lorenzo Guerini, che molto si è attivato per evitare le primarie e la vittoria di De Luca (invano) e che poi ha provato a limitare i danni nelle liste del Pd, cercando di tener fuori gli impresentabili.
Non parla Luca Lotti, che ad avere contatti con l’ex sindaco di Salerno è stato uno dei primi tra i renziani.
E in sintesi, nel Pd che conta nessuno dice niente. Isolata la voce concorde con Saviano di Benedetto Zoccola, vicesindaco a Mondragone,
L’imbarazzo generale è enorme. Qualche ammissione a mezza bocca tra i fedelissimi: “Il problema è che al Sud non abbiamo una classe dirigente”.
O il tentativo di distinguere: “I casi discussi sono nelle liste del centro democratico, nell’Udc e nella lista civica Campania in rete”.
La questione De Luca è totalmente sfuggita di mano a Renzi e al suo Pd: accordi del passato, equilibri di potere del presente e impotenza a trovare una soluzione diversa adesso fanno venire tutti i nodi al pettine.
E Renzi preferisce non metterci la faccia. Ma, da neo segretario, uno dei primi viaggi che aveva voluto fare era stata una ricognizione nella Terra dei Fuochi il 23 dicembre del 2013, dove aveva incontrato anche la famiglia di don Peppe Diana, prete anticamorra.
Nel regno dei Casalesi, contro i Casalesi. Con lui c’erano, tra gli altri, l’allora ministro dell’ambiente Andrea Orlando (oggi guardasigilli) e Pina Picierno, oggi eurodeputata.
Allora diceva: “Per cambiare davvero le cose è da qui che bisogna ripartire, riannodare i legami con le istituzioni, ricostruire un tessuto di legalità ”.
Dopo la denuncia di Saviano, che dice che non è cambiato nulla, neanche lei interviene.
La Campania è il punto più caldo.
Ma lo scenario del comizio genovese è in qualche modo coerente : ad ascoltare Renzi ci sono i dirigenti della Voltri Terminal Europa, come i leader dei Camalli.
Potere vero e zoccolo duro di sinistra. È il partito-nazione, quello dove c’è posto per tutti, a prescindere dalle ideologie (e non solo), “il partito del sì”, per dirla con chi ne fa parte.
“Bella l’Italia che decide. Forte l’Italia che decide”, recitano, non a caso, gli slogan dietro al palco.
È l’Italia del fare, quella che contro “i professionisti del non ce la farete mai” (citazione Renzi) è decisa a tollerare anche De Luca e la sua quota di Gomorra. Ma a Genova il segretario-premier parla al chiuso, blindato nelle vie di accesso per evitare ogni tipo di contestazione (si temevano quelle dei lavoratori di Fincantieri).
Entra di corsa ed esce di corsa. La sala è piena e partecipe. Ma sono tutti iscritti del Pd e non più di un migliaio.
Mentre tra i vertici la tensione è palese: “Nelle province non ce n’è una dove possiamo andare sotto. Anche se a Genova possono arrivarci vicino”.
Parole di Burlando, che tradiscono la paura. Non a caso, il primo destinatario del comizio è Luca Pastorino, il candidato civatiano, che può togliere voti alla Paita.
“C’è una sinistra a cui piace perdere e far perdere”, declama Renzi dal palco.
Attacca Pastorino “eletto con i voti del Pd” che “non ha lasciato il Parlamento”. E sa che “non ha nessuna possibilità , se non quella di far vincere il portavoce di Berlusconi” (alias Toti ).
“Non c’è spot migliore della sinistra masochista che vuole perdere per i prossimi 20 anni”.
Poi a D’Alema: “Vedo che qualcuno dice che perdiamo iscritti: sono i nostalgici del 25%”. Ieri il suo riferimento sono le elezioni inglesi: “Quando la sinistra sceglie di non giocare il profilo riformista ma la carta estremista può vincere i congressi, ma perde le elezioni”.
La platea è entusiasta, Renzi è tutto una battuta. Ma i problemi restano. La voce evocata nella serata genovese è quella di Ivano Fossati: “Questo è un tempo bellissimo, tutto sudato. E c’è un tempo per seminare e uno per aspettare”.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 9th, 2015 Riccardo Fucile
IN POLITICA RESTIAMO IL PAESE DELLA PAGNOTTA E DEI CERCHI MAGICI, DELLE CLIENTELE E DEGLI AFFARISTI: OCCORRE CAMBIARE MENTALITA’ E METODO, LARGO AI RIBELLI
Se uno spunto di riflessione, seria e profonda, ci è dato consumare sulla scorta del recente risultato elettorale dei Conservatori Inglesi, esso non può che attenere alla serietà dell’intera “macchina” concettuale, operativa e comunicazionale.
Nessuna sbavatura. Nessuna indecisione. “Toni” sempre moderati nell’esplicitazione dei concetti ma estremamente decisi e risoluti nei contenuti.
Una “proposta politica” chiara, netta e precisa suffragata da un sistema di coinvolgimento della “base” autentico e sincero.
In Inghilterra, il merito non è una mera bandiera da sventolare per far semplicemente riaccendere i cuori e la speranza.
In Inghilterra, il merito è autentica cultura sociale e di Governo.
La progressione “in carriera” si consuma sulla scorta dell’incontrovertibile qualità e quantità dei risultati raggiunti.
La sfida è netta: “uno contro uno” e si misura dal punto di vista empirico e concettuale. Chi ha carisma, chi ha qualità , chi davvero ci sa fare, chi ha autentica contezza di cosa “si stia parlando”, va avanti, vince e prova a fare la storia. Chi è manchevole perde e se ne va a casa. Libero di “rigiocarsela” o di passare a cose diverse.
In Italia le cose non funzionano così, purtroppo.
La meritocrazia è soltanto sventolata all’occorrenza per disegnare un futuro così tanto auspicato eppure così sostanzialmene disatteso, perchè questo è il Paese della “pagnotta”, il Paese dei “cerchi magici”. La “Patria” dei “lecca-lecca”.
La competizione politica è, per lo più, conquista di clientele e dei conseguenti spazi d’affarismo: consumazione reiterata e continuata di prebende d’ogni sorta.
Che ne è dello spirito “rivoluzionario” e “ribelle”? Che ne è di quell’audacia capace di “fare” la storia? Che nè di quella passione capace di infiammare gli animi?
Domande profonde e devastanti, proprio come le risposte, tutte tristemente negative.
L’inghilterra ha grandi politici perchè ha un grande popolo.
Se in Italia le cose vanno diversamente è perchè ci si distrae di continuo, si pensa ad altro e lo stesso sistema involge soltanto una persistente alienazione.
Una volta la Thatcher disse che “non era stata fortunata: Lei se l’era meritato”.
Maggie aveva perfettamente ragione. Nel nostro Paese si tira “a campare”.
Chi ha dignità , chi ha vedute alte, chi sogna mettendoci la passione, se la dovrà sempre “vedere da solo” perchè “fare gruppo”, “fare rete”, fare massa critica di qualità è cosa che si appartiene davvero soltanto a pochi.
Il più delle volte si pensa soltanto al “proprio orticello” in un reiterato e continuato delirio da “prima donna”, becero, freddo, sterile e soprattutto inconsistente.
Solo che la storia la fanno i “gradi uomini” – quelli dagli attributi veri, quelli dall’etica sincera e dalle qualità profonde – la cultura vera e le immense e le profonde sfide culturali.
Se alla sostanza si continueranno a contrapporre soltanto gli slogan triti e ritriti, l’immobilismo, è, sarà e resterà l’unico risultato possibile.
La politica richiede una grande visione, un grande spirito ribelle, una sincera voglia di fare perchè chi pensa di fare politica deve avere “l’umiltà di pensare sempre in grande”, di guardare lontano, di cadere anche, se deve, ma anche di rialzarsi subito facendo ammenda.
La politica richiede preparazione, cultura, spirito critico sincero e grande impegno: non si fa per denaro o per prestigio. Si fa per servire il proprio Paese.
La nostra area è ricca di fiumi e fiumiciattoli, orticelli vari, parolai e parolieri.
Poche le persone davvero meritevoli e/o comunque capaci di struttura un minimo di iniziativa davvero degna d’attenzione.
Nelle piazze virtuali trovi di tutto, anche se non sempre di qualità . Nelle vie della città trovi parecchio di meno, invece.
Le Istituzioni sono viste come “fatto lontano”; la politica viene vissuta come qualcosa di astruso e gli stessi politici sono visti soltanto come delle mere “battone” pronte “a darla al miglior offerente”.
Piaccia oppure no, questo è lo scenario.
Negli ultimi vent’anni nessun leader è stato realmente all’altezza del compito affidatogli dalla storia e men che meno oggi si intravede una nuova possibilità “a celere uso”. Diaspore. Gruppi sparsi.
Truppe camellate prive di passione, di ardore e finanche pregnantemente e drammaticamente impreparate.
Nessuna spinta ideale sincera salvo la voglia spasmodica di apparire.
Quando si gioca una partita bisogna essere all’altezza, sacrificarsi, sudare “duecentomila camicie”, allenarsi con inflessibile tenacia per ore, giorni, intere settimane perchè, se decidi di giocare, non lo devi fare “giusto” per partecipare: lo devi fare per vincere.
Ed oggi come oggi, vincere “la sfida” è imperativo categorico.
Questione di una storia da rimettere in moto, di un’identità nazionale da riaffermare, difendere e conservare nella storia.
Questione di sfide: quelle a cui la quotidianeità ci chiama di continuo ma che siamo troppo distratti dai selfie per vedere e “combattere”.
Onore a Cameron. Onore a chi fa politica con verità e professionalità .
Ciò non di meno, ricordarsi che “l’Italia è l’Italia”, mentre “l’Inghilterra è l’inghilterra”, sarebbe cosa parimenti doverosa oltre che intelligente.
E’ sterile e finanche velleitariamente sciocco “tirare in ballo” Cameron, Reagan o la Thatcher se non si è dispositi a cambiare “testa”, mentalità e metodo.
Non è che “se ti metti un “libro blu” sotto al braccio diventi per ciò solo un conservatore “di grande respiro e qualità ” come ha provato a fare qualche politico mesi fa.
L’idea del partito Repubblicano o Conservatore made in Italy è l’ennesimo slogan privo di sostanza, l’ennesima frottola, l’ennesima pantomima del nulla travestita da “novità “.
La recita continua, insomma, e l’agonia pure.
Spetterà a noi “altri ribelli” lanciare il giavellotto oltre il fossato dell’oblio, fosse anche solo per “dare fastidio”..
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Maggio 9th, 2015 Riccardo Fucile
FERDINANDO CARRETTA A 52 ANNI POTRA’ VIVERE A FORLI: “VOGLIO UNA VITA TRANQUILLA, ADESSO DIMENTICATEMI”
Ferdinando Carretta a 52 anni è un uomo libero e potrà vivere a Forlì, dove ha acquistato un appartamento con i soldi dell’eredità ottenuta dopo l’uccisione dei genitori e del fratello, avvenuta il 4 agosto 1989 nella loro casa di Parma.
Il magistrato di sorveglianza di Bologna ha accolto la richiesta del suo legale.
A Forlì Carretta ha passato gli ultimi 9 anni in una comunità , dopo averne scontati altri sette e mezzo nell’Opg di Castiglione delle Stiviere.
DIMENTICATEMI
«Dopo tanto tempo, ora voglio solo fare una vita tranquilla, pensare al futuro. Sto bene e vorrei solo essere dimenticato», ha detto Ferdinando Carretta alla Gazzetta di Parma.
«Ogni volta che si parla di ciò che è successo sto male, ogni volta che esce qualche notizia che mi riguarda sto male, voglio solo ricominciare a vivere».
Secondo il giudice la sua pericolosità sociale si è particolarmente attenuata, tanto da consentirgli di lasciare la comunità Podere rosa.
Molte altre volte in precedenza, invece, i giudici avevano bocciato analoghe istanze di revoca della libertà vigilata presentate dalla difesa, anche in Cassazione.
Tuttavia avrà ancora delle prescrizioni da rispettare: dalla sera alla mattina successiva non potrà allontanarsi dall’abitazione e continuerà ad essere periodicamente seguito da psichiatri ed educatori per verificare il suo percorso di reinserimento. Imposizioni che il suo legale, Cesare Menotto Zauli, vorrebbe fossero revocate al più presto.
ASSASSINO SENZA COLPE
Per la legge è un assassino «senza colpe»: nel febbraio ’99 fu assolto dall’accusa di aver ucciso i familiari essendo stato ritenuto totalmente incapace di intendere e volere. Carretta riuscì per anni a tenere nascosta la strage familiare.
Tutti pensavano che la famiglia se ne fosse andata ai Caraibi. Solo nel novembre ’98, nove anni dopo, fu rintracciato a Londra, dove lavorava come pony express.
Confessò davanti alle telecamere di Chi l’ha visto? di aver sterminato la famiglia – i genitori Giuseppe e Marta, il fratello minore Nicola – e raccontò di aver trasportato i cadaveri in una discarica alla periferia di Parma, a Viarolo, ma i corpi non vennero mai trovati e nemmeno la pistola usata per la strage.
Nel dicembre 2010 riuscì a vendere la casa del massacro – un appartamento di 120 mq al primo piano di una palazzina in via Rimini – per circa 200.000 euro, dopo un accordo con le zie sulla spartizione dell’eredità dalla quale ottenne anche circa 40.000 euro in contanti.
«Ha scontato la sua pena, mi auguro solo che ora sia una persona serena ed equilibrata», commenta la zia Paola Carretta, l’unica rimasta dopo la morte negli anni scorsi di Adriana e Carla Chezzi, sorelle della mamma di Ferdinando.
«I tre corpi però non sono mai stati scoperti e non riesco a darmi una spiegazione logica. Ferdinando mi ha sempre detto di averli abbandonati in discarica, ma non ho una risposta. E questo sarà sempre il mio grande cruccio».
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 9th, 2015 Riccardo Fucile
IL PD PRESENTA I PROPRI EMENDAMENTI ALLA RIFORMA DELLA SCUOLA… RESTANO I POTERI DEL PRESIDE E LE REGOLE PER I PRECARI… APERTURE SOLO SUI NUOVI CONCORSI
Dopo il grande sciopero degli insegnanti contro i superpoteri ai presidi e il bonus di merito, i parlamentari democratici presentano soltanto piccole modifiche alla legge in discussione davanti alla Camera.
Dopo l’incontro lampo con i sindacati, durato soltanto un giorno, il Pd ha presentato un pacchetto di emendamenti agli articoli più cruciali della riforma della scuola.
Ma non è cambiato molto, confermando l’indisponibilità a discutere sul serio con i docenti. “Cambieremo ciò che va cambiato, ha detto Matteo Renzi ieri a Genova, io non ho paura del confronto sui contenuti ma la riforma resta valida per ridare autorevolezza alla scuola”.
La linea tracciata è chiara: si va avanti, magari con qualche aggiustamento, ma l’impianto non si tocca.
E questo, nonostante ad opporsi non siano solo i sindacati, che chiedono ancora l’incontro con il governo definito “irresponsabile” ma anche le 32 associazioni tra cui l’Azione cattolica o personalità come don Luigi Ciotti.
A decidere gli emendamenti un vertice del Pd con Matteo Orfini, presidente del partito e Lorenzo Guerini, vicesegretario che hanno dato il via libera al pacchetto della relatrice in commissione Cultura alla Camera, Maria Coscia.
LE RETI DI SCUOLE
L’emendamento all’articolo 6 ridefinisce gli “ambiti territoriali”. Al loro interno potranno costituirsi le “reti di scuole” che puntano a razionalizzare la gestione delle “risorse professionali”, quindi del personale.
Secondo i deputati del M5S, serviranno a tagliare ulteriori posti nelle segreterie amministrative e a far girare i docenti su più scuole nell’ambito degli stessi “ambiti”. POTERI DEL PRESIDE
L’emendamento introduce una sola novità , l’autocandidatura per le assunzioni, che appare molto di facciata.
Il dirigente, infatti, per la copertura dei posti dell’istituzione scolastica, “propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti”.
Resta la facoltà di utilizzare il personale “in classi di concorso diverse da quelle per le quali è abilitato, purchè possegga titoli di studio, percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire”.
Gli incarichi dovranno essere triennali, in grado di valorizzare il curriculum, e di garantire “trasparenza e pubblicità ”.
VALUTAZIONE DOCENTI
Nella valutazione dei docenti, da cui discende la corresponsione del “bonus” per il merito (200 milioni stanziati per il primo anno) il preside sarà affiancato da un Comitato formato da due docenti, due rappresentanti dei genitori per il primo ciclo e un rappresentante genitori e uno degli studenti per il secondo ciclo.
Il Comitato vaglierà la qualità dell’insegnamento, i risultati ottenuti, le responsabilità assunte nel coordinamento. Esprimerà il proprio parere anche sul superamento del periodo di prova.
MOBILITà€ DOCENTI
Nel caso dei cosiddetti docenti sovrannumerari o in esubero (cioè docenti che non trovano più ruolo in un singolo istituto) questi, a partire dall’anno 2016-17 verranno assegnati, a domanda, a un ambito territoriale e la mobilità potrà operare tra gli ambiti territoriali.
ASSUNZIONI.
Si ribadisce il concorso del 1 ottobre 2015 a cui si accederà con il titolo di abilitazione.
Daranno punteggio anche le abilitazioni Tfa oltre ad “aver insegnato per massimo 180 giorni con contratto a tempo”.
Il numero degli idonei non vincitori “non potrà però essere superiore al 10% del numero dei posti banditi”.
Misura questa che potrebbe dare adito a innumerevoli ricorsi. Viene poi chiarito che le graduatorie a esaurimento “si chiuderanno per svuotamento” ma resteranno esclusi dalle assunzioni i 23.000 docenti della scuola d’infanzia che verranno assunti in un secondo tempo.
CONTRATTI A 36 MESI
Il limite temporale dei 36 mesi, adottato per rispettare la sentenza europea, non avrà valore retroattivo.
CINQUE PER MILLE
Resta il finanziamento tramite 5 per mille alla singola scuola ma viene istituito un Fondo ad hoc mentre si innalza al 20% il fondo perequativo.
I sindacati proponevano una ripartizione inversa, l’80% a un fondo comune e solo il 20% alle singole scuole per evitare la divisione tra scuole per “ricchi” e scuole più disagiate.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 9th, 2015 Riccardo Fucile
RESPINTO IL RICORSO DEL M5S: LA SUA CONDANNA NON E’ DEFINITIVA, QUINDI NESSUNA INCANDIDABILITA’… MA RESTA LA SOSPENSIONE
E’ un bicchiere riempito a metà la sentenza della seconda sezione del Tar Campania che ha respinto il ricorso del M5S e lascia in campo Vincenzo De Luca.
Mezzo pieno per l’uomo designato dal Pd a concorrere per la poltrona di governatore della Campania, condannato in primo grado per abuso d’ufficio e nel mirino della legge Severino.
La sua candidatura è valida, e lui esulta: “Sono candidato legittimamente — afferma De Luca — verrò eletto legittimamente e governerò legittimamente”.
Mezzo vuoto però, se si leggono con attenzione le 18 pagine di motivazioni.
De Luca rimane un’anatra zoppa che faticherà a volare: i giudici del collegio presieduto da Gabriele Nunziata ricordano infatti che scatterà la sospensione dalla carica in caso di vittoria. Passaggio estratto da pagina 14 del provvedimento: “La sua eventuale elezione, (…), non ricadrebbe sotto il regime dell’art. 7, ma sotto quello sospensivo dell’art. 8 del d.lgs. n. 235/2012 (legge Severino, ndr)”.
I giudici, nell’esaminare il ricorso avanzato dalla candidata presidente dei grillini Valeria Ciarambino, ritengono che una condanna non definitiva non possa essere causa di incandidabilità e dunque di annullamento della candidatura.
L’incandidabilità scatta solo in caso di condanna definitiva mentre “la situazione di sospensione dalla carica, siccome legata ad un provvedimento non definitivo, è anch’essa intrinsecamente provvisoria, essendo destinata a far posto alla decadenza dalla carica stessa, qualora intervenga il passaggio in giudicato della sentenza di condanna”.
Il ricorso è stato bocciato anche nelle parti in cui i legali del M5S avanzano dubbi sulla presunta mancanza di una dichiarazione di collegamento alle liste, e su un presunto vizio nella dichiarazione di accettazione della candidatura.
Il Tar ha condannato il M5S a rifondere 3mila euro di spese legali all’ex sindaco di Salerno, costituitosi in giudizio.
De Luca ne approfitta per rivolgere un appello agli elettori grillini “perchè non disperdano il loro voto inutilmente. Chiedo loro di esprimere la voglia di rinnovamento, dando sostegno e forza alla mia battaglia contro la politica politicante, clientelare e deludente”.
Il provvedimento arriva mentre impazzano le polemiche sulla presenza nelle liste collegate all’ex sindaco di Salerno di inquisiti, imputati, ex cosentiniani, familiari di presunti prestanome del clan dei Casalesi.
“Il sistema Gomorra sostiene De Luca” ha denunciato Roberto Saviano.
Un condannato a capo di personaggi discutibili. Anche se De Luca ieri ha maturato una sorta di autocritica, ammettendo che “forse era meglio non candidare qualcuno”.
Secondo il coordinatore campano di Forza Italia, Domenico De Siano, quella emessa dal Tar “è una sentenza durissima che mi auguro non venga strumentalizzata dal candidato Vincenzo De Luca”.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 9th, 2015 Riccardo Fucile
IN REALTA’ PRENDERA’ DAL MODELLO USA QUELLO CHE GLI CONVIENE, LASCIANDO PERDERE IL RESTO
L’ultima intuizione di Berlusconi (dar vita anche in Italia a un partito come quello repubblicano d’America) ha una sua logica e molti fondati perchè.
Basti dire che il nuovo sistema elettorale, l’«Italicum», tende a riprodurre lo stesso schema politico bipolare d’Oltreoceano.
Il partito democratico ce l’abbiamo già , vale intorno al 35-40 per cento.
Ancora manca, invece, qualcosa di simile al Grand Old Party. All’ex Cavaliere tutto si può rimproverare tranne che la prontezza di riflessi: scorge un vuoto politico, ed eccolo subito proporsi per colmarlo.
Tra il dire e il fare, però, notoriamente ne corre.
Il progetto di Silvio è destinato a scontrarsi con alcune serie difficoltà .
La prima riguarda proprio la scelta del nome: dalle nostre parti un Pri esiste già dal 1895, come simbolo ha l’edera e si richiama a una storia gloriosa che trae origine addirittura da Mazzini e nel secolo scorso è stata rinverdita da personaggi del calibro di Ugo La Malfa, Giovanni Spadolini, Oronzo Reale, Bruno Visentini, Leo Valiani…
Escluso che gli eredi di questa tradizione così tenace, per quanto ormai ridotti al lumicino, vogliano concedere l’uso del nome al ricco signore di Arcore.
E d’altra parte qualcuno dubita che il Cav voglia davvero battezzare il nuovo ambizioso progetto con il nome di una forza politica da sempre minoritaria, che solo una volta superò la soglia del 5 per cento.
Probabile che alla fine la sua scelta si orienti altrove.
Un secondo ostacolo riguarda la natura del partito repubblicano Usa.
Che non si fa imporre i propri leader e candidati da un padre-padrone, ma li sceglie dopo durissime lotte decise dagli elettori attraverso le primarie.
È un metodo di selezione che Berlusconi non ha mai voluto accettare e anzi si dubita, tra i fedelissimi, che l’accetterà in futuro.
Ha sempre preferito decidere tutto lui. Quando qualcuno si è messo di traverso, l’ha inesorabilmente cacciato.
In America non sarebbe andata così. Per cui il paragone non regge.
Naturalmente il Cav non va preso alla lettera. Quando egli si richiama agli Usa e annuncia di volerli prendere a modello, intende dire che da quella loro esperienza lui coglierà fior da fiore quanto più gli conviene, lasciando perdere il resto.
In questo caso a lui preme prospettare un partito-contenitore di stampo moderato, o conservatore tout court, dove possano confluire Forza Italia, FdI, Lega e magari un pezzo di Ncd.
Con se stesso, inutile dire, nella veste di condottiero.
Più che alle suggestioni della democrazia americana, insomma, sarà il caso di prestare attenzione alle risposte politiche di Salvini, di Alfano e della Meloni.
Finora sono state dei secchi no. Se non si trasformeranno in sì, il partito repubblicano berlusconiano non andrà oltre lo stadio di crisalide.
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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