Maggio 30th, 2015 Riccardo Fucile
LE PREVISIONI PIÙ PESSIMISTE ERANO DI 3,6 MILIONI DI INGRESSI, QUASI IL DOPPIO
Ora anche il gran capo di Expo ammette il flop: “È abbastanza realistico il dato di 1.900.000 visitatori dall’inaugurazione a oggi”, dice Giuseppe Sala, confermando la cifra diffusa ieri da Federalberghi.
Ma come? Pochi giorni fa era stato fatto filtrare il “primo successo” dell’esposizione universale: 3 milioni di visitatori del mese di maggio. Non era vero.
Le previsioni ufficiali per il primo mese erano comunque più alte: 4.200.000 ingressi nei documenti Expo più ottimistici, 3.600.000 in quelli più cauti.
Tutto sbagliato: siamo sotto i 2 milioni e ora ad ammetterlo è il Grande Timoniere dell’esposizione. Il Fatto è gufo? No, troppo “expottimista ”
Dunque erano perfino troppo generose ed expottimiste anche le cifre calcolate dal Fatto quotidiano, 2.500.000 visitatori, con la valutazione che fossero il 30 per cento in meno rispetto alle previsioni. È peggio.
Siamo in realtà vicini al meno 50 per cento.
Questo spiega l’incredibile embargo, ancora vigente, dei numeri che riguardano non soltanto gli ingressi al sito, ma anche i biglietti del metrò e la raccolta della spazzatura.
La resa dei conti è ancora lontana, anche perchè si può sempre sperare che, dopo il primo mese nero, la situazione migliori.
Ma qualcuno già ha cominciato a protestare con Sala e a chiedergli conto di alcuni errori: sono i Paesi (soprattutto l’Oman e la Russia), le organizzazioni e gli operatori confinati nell’area Est del sito, tra il cardo e l’ingresso Roserio.
La protesta dei “confinati ”: l’Ingresso Est non funziona
Inferociti gli espositori a pagamento, come la Birra Moretti e la Fiera di Bologna. Questa ha dato a Expo 7 milioni di euro per poter gestire l’area che va dall’Ingresso Est fino all’Albero della vita.
Le urla del presidente di FieraBologna si sono sentite fin da fuori del luogo dove è avvenuta una burrascosa riunione in cui i “confinati” del settore Est hanno rinfacciato a Sala un’altra promessa non mantenuta: quella secondo cui il 35 per cento dei visitatori di Expo sarebbe entrato dall’Ingresso Est, venduto come uno dei più ricettivi, con i suoi oltre trenta tornelli.
Dall’Ingresso Est invece non entra quasi nessuno, perchè i visitatori arrivano in maggioranza (in metrò e in treno) dalla parte opposta, dall’Ingresso Ovest, un chilometro e mezzo più in là , e pochissimi arrivano alla zona dove sorge la Collina Mediterranea, sempre deserta, lo spazio di Slow Food e il Parco della Biodiversità .
La Fiera di Bologna ha fatto in Expo un investimento consistente per realizzare e gestire il Parco della Biodiversità , che è quel che resta del vecchio progetto dell’Orto Planetario, la prima idea che era stata pensata per l’esposizione. Resta l’area più “educativa” e coerente con il tema di Expo 2015, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.
FieraBologna ospita anche spazi commerciali, tra cui lo Shop Natura Sì e Alce Nero Pizza Bio. Clienti zero.
Si possono consolare con un cliente eccellente, il commissario Sala, che spesso mangia lì la pizza biologica, forse contando proprio sul fatto che non sarà disturbato Il flop assoluto dell’Ingresso Est, oltre a scatenare le proteste di Paesi ed espositori, pone più di un problema.
Quello dei parcheggi, per esempio. Sono costati parecchi milioni di soldi pubblici, ma sono utilizzati solo al 10 per cento, cioè sono vuoti al 90.
Pochissimi visitatori vanno a Expo in auto, perchè i parcheggi sono non solo costosi (12,50 euro), ma anche lontanissimi, ad Arese, e costringono chi arriva a lasciare l’auto e poi fare 20 minuti di viaggio in navetta, prima di arrivare al famoso Ingresso Est.
I pullman delle scuole e dei pensionati potrebbero invece arrivare comodamente fino al parcheggio a pochi metri dell’Ingresso Est.
Ma sono dirottati per lo più all’ingresso Sud, quello di Cascina Merlata, obbligando bambini e anziani a fare centinaia di metri e molte scale in salita e in discesa, sotto il sole, prima di raggiungere i tornelli (e vedere l’unico marchio che svetta: quello di McDonald’s).
Il superponte da 100 milioni per poche decine di taxi Il terzo problema è un vero scandalo: il superponte.
È costato 100 milioni di euro e scavalca le autostrade per collegare Milano all’Esposizione universale. Ma è precluso alle auto, che devono fare altre più arzigogolate strade per arrivare fino ai parcheggi di Arese.
Possono passarci solo i taxi, che sono poche decine al giorno: è la corsia preferenziale più costosa al mondo.
Comunque la bassa affluenza è nutrita da errori di concezione del sito e della viabilità per raggiungerlo.
A protestare, per ora, sono i padiglioni segregati e i poveri espositori bolognesi.
Ma Sala è sereno. Si consola con i biglietti venduti, 11 milioni secondo le sue dichiarazioni, addirittura 15 milioni secondo Matteo Renzi, che non si fa battere da nessuno.
Sono biglietti distribuiti ad agenzie di viaggio e grossi dealer, non ancora ai visitatori in carne e ossa.
Sul numero degli ingressi del primo mese, invece, resta ancora il segreto di Fatima. Pressato dalle richieste, il commissario Expo ha promesso che le cifre saranno date dopo il 2 giugno, quando arriverà in visita il presidente del Consiglio.
Ma già l’ammissione di ieri (1,9 milioni) inchioda Sala a un numero che neanche i gufi avevano immaginato.
Gianni Barbacetto
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 30th, 2015 Riccardo Fucile
SANDRA LEONARDO LO VIENE A SAPERE DA UN GIORNALISTA DEL “CORRIERE”
Vincenzo De Luca non è stato forse il più sorpreso tra i politici finiti nell’elenco dei cosiddetti “impresentabili” per le elezioni regionali stilato dalla commissione Antimafia.
Anche Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella, è stata decisamente presa alla sprovvista, tanto da svenire letteralmente al telefono una volta ricevuta la notizia da Fabrizio Roncone del Corriere della Sera che aveva chiamato per raccogliere una prima dichiarazione a caldo.
Scena che lo stesso Roncone racconta nell’intervista
«No, assolutamente… non mi disturba…».
Signora, ha saputo?
«Cosa?».
È nell’elenco dell’Antimafia…
«Io? No, cioè, scusi: io dove sarei?».
Lei è una «impresentabile».
«Nooooo! Ma che mi dice? Ma cosa mi dice?».
Signora..
«Io sono una persona perbene! No, non posso più sopportare questo accanimento…».
A suo carico c’è un procedimento della Procura di Napoli, in cui si ipotizza il reato di concussione.
«Ma quale concussione, eh? Io non ho condanne e sono presentabilissima… O Dio mio… no… non ce la faccio… ohhh… mi gira la testa… ohhh…»
Signora…
«Ohhh…».
Si sente un tonfo. Poi un vociare convulso e distante.
«Sandra! Sandra se n’è cascata… Rispondi, Sandra! Avvertite a Clemente! Portate un poco di pepe… Sandra Sandra amore bello…»
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 30th, 2015 Riccardo Fucile
IN QUALITA’ DI RETTORE DELL’UNIVERSITA’ DI PERUGIA AUTORIZZO’ UNA SPESA DI 22.000 EURO PER UN VOLO FALCON… FA SEGUITO A UN’ALTRA CITAZIONE IN GIUDIZIO PER 420.000 EURO DI DANNO ERARIALE
L’Università per stranieri di Perugia regala nuovi problemi al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, rettore dell’ateneo speciale per nove anni.
Il 9 marzo scorso, ma si scopre soltanto adesso, la procura della Corte dei conti di Perugia ha aperto un procedimento sul noleggio di un aereo Falcon 20 sostenuto dall’università nel 2011 per consentire all’attore Roberto Benigni e a quattro uomini del suo staff di raggiungere Bruxelles, l’otto novembre, per una lezione su Dante e La Divina commedia da tenere al Parlamento europeo.
L’affitto di quel mezzo, firmato personalmente dall’attuale ministro nonostante l’opposizione di un funzionario dell’ufficio acquisti, costò all’Università per stranieri di Perugia 16.400 euro, a cui vanno sommati oltre 5 mila euro per una serie di spese tra cui il volo di linea Roma-Bruxelles utilizzato dal rettore Giannini (640,60 euro), un secondo aereo su Bruxelles prenotato per un giornalista chiamato a raccontare l’evento (470,90 euro), i trasferimenti dello staff di Benigni all’aeroporto di Ciampino (315 euro), le notti in albergo per sette persone e i loro ristoranti.
La contestazione della Corte dei conti – 22 mila euro in totale – segue quella più onerosa ma meno spettacolare del 10 dicembre 2014, quando il ministro Giannini era stata citata in giudizio per un danno erariale da 420mila euro per l’affitto di alcuni locali dell’università a un centro di ristorazione poi fallito.
Per questo procedimento il processo contabile è previsto il prossimo novembre.
Per contestare il “Falcon privato per Benigni” la Corte dei conti, che nelle ultime settimane ha visto un avvicendamento ai vertici, si è appoggiata su una relazione dei revisori della stessa università perugina, che aveva evidenziato come il rettore Stefania Giannini si fosse attivata in maniera decisa per riuscire a organizzare l’evento “La lingua italiana come fattore di identità e unità nazionale” – attribuendolo alla sua università – in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
La Giannini riuscì a convincere il ministero dell’Istruzione, a cavallo tra gli ultimi giorni di Maria Stella Gelmini e l’ingresso di Francesco Profumo, a portare sulla “Lectura Dantis” due finanziamenti destinati ad altro.
Inizialmente, sull’evento furono stornati 7.500 euro previsti per Eurostudent, un lavoro di ricerca sui potenziali clienti (studenti) nel mondo, questo sì in sintonia con la missione di un ateneo per stranieri.
Altri 10.000 euro vennero recuperati in una quota di fondi Miur per la cooperazione tra le università .
Con i soldi rintracciati, la Giannini, in qualità di rettrice, potè garantire alla compagnia l’assegno per il volo privato Ciampino-Bruxelles e ritorno per Benigni e staff (dieci posti disponibili, 28 ore la durata della trasferta).
“L’importo sarà pagato dall’ateneo a termine della prestazione e dietro presentazione di regolare fattura”, scrisse l’università al vettore l’8 novembre 2011.
Dieci giorni dopo, il bonifico partì. La compagnia aerea privata era stata espressamente indicata dall’agente di Benigni.
La Corte dei conti di Perugia ha già ricevuto, e inserito nel fascicolo 219, il carteggio tra gli uffici dell’ex rettore e lo staff dell’attore, le delibere del Consiglio d’amministrazione dell’Università , i biglietti di linea del ministro e del giornalista invitato, la fattura per l’affitto del Falcon 20.
La vicenda “volo in aereo”, aperta dalla magistratura contabile già nel 2014, è rimasta sganciata dall’affitto in perdita dei locali universitari e da una terza vicenda riguardante l’acquisto per 2,5 milioni di un palazzo della Provincia di Perugia da parte dell’ateneo per stranieri.
Su tutte e tre i casi c’è stata censura dei revisori interni, la Corte dei conti per ora ne ha contestati due.
In un’interrogazione parlamentare Gianluca Vacca del Movimento 5 Stelle a marzo ha scritto: “Ci sembra evidente che se lo stesso viaggio a Bruxelles fosse stato compiuto utilizzando un volo di linea avrebbe avuto costi nettamente inferiori”.
Il ministro Stefania Giannini, interpellata, ha fatto sapere che fu Roberto Benigni a chiedere la cortesia del volo privato visto che il suo staff era ampio e lui aveva una gamba ingessata.
“Resto orgogliosa di aver contribuito a organizzare quello straordinario evento e non sono convinta che pagare un volo di linea ad altre cinque persone sarebbe costato meno. Benigni non chiese cachet e la spesa per il suo trasferimento fu condivisa da tutto il Consiglio di amministrazione dell’Università per stranieri. In un primo tempo era prevista anche la presenza del presidente Napolitano, poi rientrata per il precipitare delle vicende politiche italiane. Vorrei anche ricordare che io volai a Bruxelles con una compagnia low cost”.
(da “La Repubblica“)
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Maggio 30th, 2015 Riccardo Fucile
CANDIDATO LEGHISTA FA DISTRIBUIRE MATERIALE ELETTORALE A MIGRANTI A 25 EURO PER OTTO ORE DI LAVORO IN NERO
Immigrati extracomunitari assoldati per distribuire volantini elettorali al costo di venticinque euro per otto di lavoro “più una bibita”.
Potrebbe essere una storia come tante quella raccontata dal Nuovo Quotidiano di Puglia se il candidato “sponsorizzato” dai migranti non fosse Mauro Giordano, un esponente di “Noi con Salvini”, la lista a supporto del leader leghista che si è caratterizzata in questa campagna elettorale per messaggi molto duri proprio nei confronti dei migranti.
È stato un lettore, racconta il quotidiano, a notare fuori da un ipermercato un gruppo di immigrati extracomunitari distribuire i volantini, segnalando quindi la storia al giornale.
“Ho chiesto il loro compenso e mi hanno risposto dicendo di percepire 25 euro per otto ore di lavoro più una bevanda”, ha scritto alla redazione.
Il candidato in questione si è difeso spiegando di non conoscere l’uomo ritratto nelle foto a corredo dell’articolo e di avere poi scoperto in un secondo momento che si trattasse di un conoscente della persona a cui aveva affidato il compito di distribuire i volantini.
Resta un dettaglio non irrilevante: la paga oraria è pari a 3 euro all’ora e in nero.
Quando gli immigrati vengono utili…
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Maggio 30th, 2015 Riccardo Fucile
“CI HA MESSO UN PO’ PRIMA DI CAPIRE CHE NON ERA LA MANIFESTAZIONE DELLA SUA CANDIDATA”
“Votate per Paolo”, dice Silvio Berlusconi a tarda sera.
Peccato che sia il candidato del centrosinistra.
L’ex premier ieri sera si è presentato a una festa in piazza per giovani organizzata dalla lista civica di centrosinistra che corre per le elezioni al Comune di Segrate, nel Milanese, ed è rimasto là per circa cinque minuti “prima di accorgersi che aveva sbagliato manifestazione e che quella non era la festa della candidata del centrodestra”.
Lo ha raccontato Paolo Micheli, consigliere regionale candidato sindaco del centrosinistra al Comune di Segrate, che visto l’appoggio insperato, scrive su Facebook: “Dopo l’endorsement del Cavaliere posso dire che è fatta”.
“E’ accaduto verso le 23 – ha spiegato – Berlusconi si è messo a parlare con alcuni giovani, ha chiesto loro quale fosse il nome del candidato e poi ha detto ‘allora domenica trovate un’ora per andare a votare Paolo’, prima di rendersi conto che era la festa sbagliata”.
“Abbiamo prima visto arrivare un paio di auto – ha raccontato ancora Micheli – e poi è sceso Berlusconi, accompagnato dalla sua scorta, e ha iniziato a muoversi tra gli stand della festa, dove c’erano soprattutto ragazzi”.
Si trattava della ‘Street Fest’, evento per giovani organizzato dalla lista civica ‘Paolo Micheli-Segrate Nostra’ nella piazza principale di Segrate dove “non c’erano – ha precisato – bandiere o simboli di partito, solo un gazebo politico della nostra lista”.
Secondo il racconto di Micheli, l’ex premier ha iniziato a parlare con alcuni ragazzi, che intanto ne approfittavano per scattare alcune foto.
A un certo punto, ha chiesto loro il nome del candidato, seguito dall’esortazione a partecipare al voto per sostenerlo.
Poco dopo, però, sempre stando alla versione di Micheli, “si è reso conto che era la festa sbagliata, anche perchè il candidato del centrodestra è una donna”.
Mentre si consumava la gaffe in piazza, infatti, al PalaSegrate era in corso la manifestazione di Tecla Fraschini, appoggiata anche da Forza Italia.
“Dopo circa 5 minuti che era con noi – ha detto Micheli – Berlusconi si è accorto di aver sbagliato e se ne è andato, forse un po’ imbarazzato”.
(da “La Repubblica“)
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Maggio 30th, 2015 Riccardo Fucile
SU UN MILIONE DI POSIZIONI ANALIZZATE SOLO 567 DIPENDENTI HANO CHIESTO L’ANTICIPO…LA NORMA PENALIZZA I REDDITI SOPRA I 15.000 EURO
L’operazione Tfr in busta paga è partita decisamente in salita.
La possibilità di chiedere l’anticipo del trattamento, ricevendolo “a rate” anzichè tutto in una volta al termine della vita lavorativa, è in vigore dal 3 aprile.
Ma finora, secondo la Fondazione consulenti del lavoro, è un vero e proprio flop: meno dello 0,1% dei lavoratori potenzialmente interessati, quelli del settore privato, ha presentato richiesta.
Su circa un milione di retribuzioni esaminate, solo 567 dipendenti hanno scelto di approfittarne.
Soprattutto perchè il prelievo fiscale sull’anticipo è a tassazione ordinaria, non quella separata e privilegiata in vigore per il Tfr.
Di conseguenza risulta conveniente solo per le fasce più basse di reddito.
Nella relazione tecnica della legge di Stabilità il governo aveva ipotizzato che, a regime, la norma potesse interessare circa il 40-50% dei lavoratori destinatari dell’operazione. A cui si potrà comunque aderire fino al 2018.
Proprio in questi giorni, si legge nel comunicato, “sono partite le elaborazioni degli stipendi di maggio 2015 da parte dei Consulenti del Lavoro su 7 milioni di dipendenti e oltre 1 milione di aziende. In questa prima fase sono stati analizzati i dati delle grandi aziende (che mediamente occupano più di 500 dipendenti) e nei prossimi giorni l’analisi si sposterà sulle micro imprese”.
Risultato: la liquidazione in busta paga del Tfr “riguarda solo 567 lavoratori, ossia circa lo 0,05%”.
Sulla base delle elaborazioni dei consulenti, i lavoratori che hanno fatto richiesta sono per il 75% residenti nel Centro Nord e per il 25% al Sud.
Per il 43% lavorano nel terziario e per circa il 27% nell’industria.
Il 25% ha redditi fino a 20mila euro, il 50% fino a 30mila euro mentre appena il 6,25% lo ha chiesto avendo redditi superiori a 40mila euro annui.
Solo il 10% di coloro che hanno chiesto l’anticipo ha tolto il Tfr da un fondo pensione.
Da un’intervista a un campione significativo di coloro che hanno deciso di non chiedere l’anticipo emerge che la decisione è stata dettata prevalentemente dalla penalizzazione fiscale (il 60% ha risposto che ha deciso di non chiederlo perchè la tassazione ordinaria è troppo penalizzante).
Il 16% considera sbagliato togliere il Tfr dal fondo pensione mentre il 20% non ha ancora valutato adeguatamente.
Secondo la presidente del Consiglio nazionale, Marina Calderone, “questo insuccesso è l’ennesima dimostrazione che la politica ha spesso la percezione delle esigenze del mondo del lavoro ma non è in stretto contatto con chi parla tutti i giorni con lavoratori e imprese. La bontà del provvedimento è apprezzabile, ma non la sua struttura tecnica poichè la tassazione applicata ne ha determinato l’insuccesso fino ad oggi”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 30th, 2015 Riccardo Fucile
L’AVV. PELLEGRINO CHE HA VINTO IN CASSAZIONE SULLA SEVERINO: “L’IPOTESI REGGENTE E’ IMPRATICABILE”….COSA ACCADRA’ DOPO L’APERTURA DELLE URNE: SOSPENSIONE AUTOMATICA DI DE LUCA, SIA CHE VINCA SIA CHE PERDA
Per Vincenzo De Luca non sembra esserci scampo.
Le motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione, del resto, parlano chiaro: la sospensione prevista dalla legge Severino scatta automaticamente senza lasciare «alla pubblica amministrazione alcuna discrezionalità » circa l’adozione del relativo provvedimento.
Sia nel caso l’ex sindaco di Salerno dovesse vincere le regionali di domenica sia nel caso in cui, invece, dovesse uscire sconfitto.
Due scenari opposti, ma con la stessa conseguenza: la sospensione.
Ne è certo l’avvocato Gianluigi Pellegrino che, per conto del Movimento difesa del cittadino, ha presentato e vinto il ricorso in Cassazione contro la decisione del Tar che ha sospeso l’applicazione della Legge Severino consentendo al sindaco di Napoli Luigi De Magistris di restare al suo posto.
DE LUCA VINCE
Primo scenario: il candidato del Pd viene eletto governatore. «In questo caso — spiega Pellegrino — deve essere immediatamente sospeso dal presidente del Consiglio dei ministri su relazione del Prefetto, sentiti i ministri degli Interni e degli Affari regionali». Insomma, una situazione quanto meno imbarazzante per il premier Matteo Renzi che, in pratica, dovrebbe decretare la sospensione di De Luca dopo averlo sostenuto in campagna elettorale. Non solo.
Dal momento che la sede del dicastero degli Affari regionali è vacante dalle dimissioni del ministro Maria Carmela Lanzetta, avendone assunto l’interim, Renzi sarebbe doppiamente coinvolto nell’espletamento della procedura.
Quanto al parere del Viminale, Angelino Alfano lo ha di fatto già anticipato: «C’è una legge e sarà applicata».
Secondo Pellegrino, quindi, non ci sono margini di manovra per il governo: «La soluzione a cui si sta furbescamente pensando, quella cioè di far nominare all’ex sindaco di Salerno, qualora eletto, la giunta regionale e un vice presidente prima che venga sospeso è clamorosamente impraticabile — prosegue il legale — Perchè il combinato disposto della legge Severino e dello statuto della Regione Campania esclude chiaramente questa opzione e consentire un atto del genere sarebbe contrario all’ordinamento». Risultato: l’inevitabile ritorno alle urne.
EXIT STRATEGY
In realtà un’alternativa ci sarebbe. E la suggerisce lo stesso Pellegrino: «Un intervento legislativo, varato fra oggi e domani, che disciplinando un’ipotesi come quella che rischia di verificarsi in Campania, dove la Severino lascerebbe “decapitata” la Regione, affidi al consigliere più anziano della maggioranza, che resterebbe in carica per un periodo variabile, la guida della giunta».
Un periodo, nel caso di De Luca, di 18 mesi, quanto la durata della sospensione prevista dalla Severino.
«Qualora nel frattempo sopravvenisse la condanna anche in appello la durata della sospensione e, quindi, la permanenza in carica del consigliere anziano si allungherebbero».
Una soluzione di raccordo tra competenze nazionali e locali, come la definisce il legale del Movimento difesa del cittadino.
«Un intervento di questo tipo eviterebbe di lasciare la nomina di un suo plenipotenziario ad un incompatibile — chiarisce — Nè, in questo caso, si potrebbe parlare di norma ad personam ma piuttosto di norma ad institutionem».
Anche perchè, consentire a De Luca di nominare la giunta prima di essere sospeso, esporrebbe Renzi anche a conseguenze penali.
«Chi suggerisce al presidente del Consiglio di dilatare i tempi — avverte Pellegrino — lo spingerebbe a commettere un abuso d’ufficio».
In realtà ci sarebbe un ulteriore scenario limite. Che De Luca, in caso di elezione, decidesse di forzare la mano nominando comunque una giunta.
«In questo caso — puntualizza il legale — la Regione dovrebbe essere commissariata, per macroscopica violazione di legge, con provvedimento del Presidente della Repubblica su proposta del governo». E sarebbe un caso senza precedenti.
DE LUCA PERDE
Secondo scenario: il candidato del Pd non viene eletto governatore.
Pure in questo caso, come semplice consigliere, non potrebbe evitare la sospensione con effetto immediato.
«Anche se tutto sarebbe decisamente più semplice — prosegue l’avvocato — Essendo il Consiglio regionale un organo collegiale, dal punto di vista funzionale la sua assenza sarebbe irrilevante».
Va detto, infine, che gli effetti della legge Severino esulano dal controllo operato dalla giunta delle elezioni regionale della Campania (formata dall’ufficio di presidenza integrato da un rappresentante di ogni forza politica presente in Consiglio).
Che ha il compito di verificare la sussistenza di eventuali cause di incandidabilità degli eletti.
Nulla a che vedere con l’applicazione della legge Severino, che, conclude Pellegrino, «riguarda i casi di ineleggibilità e non di incandidabilità ».
Antonio Pitoni e Giorgio Velardi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 30th, 2015 Riccardo Fucile
E’ PARLAMENTARE DA DUE LEGISLATURE E FEDELISSIMO DI DE LUCA: MA DOVREBBE LASCIARE MONTECITORIO
Ogni Putin ha il suo Medvedev. Il Medvedev del Putin di Salerno, alias Vincenzo De Luca, appena issato da Rosy Bindi a capo degli “impresentabili” con bollo dell’Antimafia, è Fulvio Bonavitacola.
Bonavitacola è la ‘sliding door’ della carriera di De Luca. Carriera che sarebbe stata molto diversa se nel 1992 il pm Michelangelo Russo non avesse chiesto e ottenuto l’arresto del sindaco socialista Vincenzo Giordano e di mezza giunta per le tangenti sugli appalti del Trincerone.
De Luca era vice sindaco, divenne sindaco dell’emergenza, vinse nel 1993 con il nuovo sistema dell’elezione diretta e prese il volo.
Tra gli arrestati, la porta che si chiuse per qualcuno e si aprì per qualcun altro, c’era anche l’assessore comunista Bonavitacola.
Oggi l’avvocato amministrativista salernitano, come Giordano uscito assolto dal processo, potrebbe diventare l’uomo sul quale il candidato Pd in Campania si appoggerà per tirarsi fuori dalle difficoltà e trasformare un problema in un’opportunità . Bonavitacola, infatti, è il nome più accreditato a diventare il vice presidente della Campania.
E quindi il Governatore facente funzioni. In nome e per conto di De Luca, in attesa che i giudici di ogni ordine e grado (civili, amministrativi e costituzionali) dipanino la matassa della legge Severino. Pazienza se è parlamentare, dunque incompatibile.
La legge gli darebbe qualche mese per optare, e magari nel frattempo De Luca ottiene la sentenza favorevole e si insedia.
Ventitrè anni fa Bonavitacola era nella giunta Giordano. De Luca era il vice sindaco Ds di quella traballante amministrazione, ne divenne sindaco col voto del consiglio comunale e riuscì a tirare la barca fuori dagli scogli di Tangentopoli e a traghettarla verso la vittoria del 1993, la prima con il sistema dell’elezione diretta.
Tutto cominciò da lì, altrimenti chissà oggi chi sarebbe il candidato del Pd. Formidabili quegli anni.
Disse Fausto Martino, funzionario della Soprintendenza di Salerno e assessore all’urbanistica del primo De Luca: “Mi scelse perchè aveva bisogno di prendere le distanze dall’amministrazione precedente, travolta da Tangentopoli, tramite persone della società civile che lo garantissero in mondi dove all’epoca era sconosciuto. Io ero apprezzato negli ambienti dell’ambiente e della tutela del paesaggio. La giunta, al cui interno c’erano figure di alto profilo, iniziò a lavorare con un entusiasmo senza precedenti e con grande distanza da ogni logica clientelare”.
Martino è stato assessore per dieci anni e poi se ne è andato in violenta polemica contro le varianti urbanistiche che hanno stravolto Salerno e trascinato De Luca in una serie di inchieste, tra le quali quella sulla riconversione dell’Ideal Standard per la quale è imputato di concussione continuata, il reato per il quale è finito nell’elenco dell’Antimafia. Bonavitacola, invece, è sempre affianco a De Luca.
E’ stato consigliere comunale, assessore, presidente dell’Autorità Portuale di Salerno. La fedeltà a De Luca premia.
Fonti salernitane spiegano che l’ex sindaco di Salerno si fida molto di Bonavitacola.
E a lui si rivolge per consigli e pareri. Anche legali.
Bonavitacola, deputato da due legislature (nella scorsa ha presieduto la commissione Trasporti) ha difeso De Luca davanti al Tar, vincendo, nel ricorso del M5S che voleva estrometterlo dalle elezioni regionali.
Non è andata altrettanto bene nella causa di decadenza dalla carica di primo cittadino. Bonavitacola in quel processo civile non era tra gli avvocati dell’ex sindaco che oggi aspira a diventare il primo Governatore ineleggibile e “impresentabile”.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 30th, 2015 Riccardo Fucile
“GIUDICHERANNO GLI ITALIANI CHI USA LE ISTITUZIONI PER FINI POLITICI”
«Indignati? Indignata sono io, io… Lo hanno candidato loro De Luca e sapevano chi era…, sta succedendo una roba fuori dal mondo, ma che Pd è diventato questo? ». Rosy Bindi è nel suo ufficio al quinto piano di Palazzo San Macuto, dopo la “bomba” di Vincenzo De Luca “bollato” come impresentabile.
La presidente dell’Antimafia, la “pasionaria” dem, l’ex presidente del Pd eletta per acclamazione, l’antirenziana che ha sfidato la “rottamazione”( «Ma è la mia ultima legislatura»), lei, Bindi, è in trincea.
Telefonano da Radio Radicale e le chiedono di tenere una diretta perchè tra gli ascoltatori è «un trionfo». «No, no grazie», rifiuta.
Ed è una nemesi davvero strana: essere attacca dai compagni di partito e difesa dai Radicali che la cattolica Bindi ha sempre avversato.
Prova a scherzare, comunque. «Capisco che tra Carbone e l’inferno ci possono essere dei rapporti…». Carbone è Ernesto. È il renziano che la accusa per primo di avere piegato la commissione Antimafia a «vendette interne di corrente partitica».
L’inferno di accuse è quello che la travolge.
Dicono che si è vendicata di Renzi. Che avere inserito De Luca tra gli impresentabili per un reato del 1998, che sarebbe stato già prescritto se l’ex sindaco di Salerno non avesse rinunciato alla prescrizione, che è stata quindi una sua vendetta politica.
Bindi s’inalbera: «Sono indignata io, certo, che qualcuno voglia con queste accuse senza fondamento delegittimare il lavoro di una istituzione. E la mia storia parla da sola. Non conosco l’uso a scopi personali o di parte delle istituzioni. Non mi appartiene e credo che lo sappiano tutti. Giudicheranno gli italiani chi usa le istituzioni per fini politici, ma certamente non sono io». Però lei ha tolto dal cilindro all’ultimo momento, e all’insaputa di tutti, il “caso” De Luca. Non poteva dirlo prima? Persino il capogruppo dem in commissione Antimafia ricostruisce la cosa così. Pronta la replica: «Tutti sanno e sapevano tutto su De Luca. Da quanti giorni? E la fonte non era certo la commissione. Mi sbaglio o è stato il tema principale di questa campagna? Forse non erano note le posizioni di alcune persone che sono nella lista, ma De Luca è stato candidato con la totale conoscenza e consapevolezza della sua situazione. Cosa cambia da ora?»
Cambia in effetti che c’è il bollino dell’Antimafia, che De Luca viene coinvolto in una lista di impresentabili, alcuni con sospetti di 416bis.
Ma Bindi insiste: «Dovevo usare due pesi e due misure? Io non intendo replicare e abbassarmi a interloquire ad accuse assurde».
Ribadisce che la lista degli impresentabili («Parola che io non uso, qui si tratta di chi non è in regola con il codice») presentata alla vigilia delle elezioni regionali, non ha disturbato la campagna elettorale.
Ma non altera così il voto di domenica?
Sbotta: «Meglio dell’ultimo giorno, potrei dire. La verità è che tutti hanno fatto campagna liberamente e se la legge mi affida un compito di informare sulle qualità dei cittadini, quando avrei dovuto farlo? Dopo? Complimenti per il ragionamento».
Nel Pd di Renzi il clima è diventato tesissimo e lo scontro senza esclusione di colpi. Bindi, che ha marcato il suo dissenso persino non partecipando al voto di fiducia sull’Italicum, è a questo punto più vicina a lasciare il Pd di Renzi?
«E perchè mai? – risponde – Non si possono confondere partito e istituzioni». L’ultimo invito lo rivolge ai cittadini perchè vadano a votare: «Gli elettori sono in grado di decidere, il mio è un invito ad andare a votare. Agli italiani non manca certo l’intelligenza di fare delle scelte».
Svicola alla domanda se voterebbe De Luca. La risposta del resto è nel fatto.
«Io voterò in Toscana e sono contenta di farlo in una regione in cui non c’è un dato politico di questo genere».
Un confronto con De Luca? Non se ne parla.
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
argomento: denuncia | Commenta »