Maggio 17th, 2015 Riccardo Fucile
GIOVANNI, 26 ANNI, RACCONTA LA SUA ESPERIENZA: “AL MOMENTO DEL CONTRATTO MI HANNO LASCIATO A CASA”
“Ho lavorato due giorni al padiglione Expo del Belgio, senza essere pagato”. Comincia così la testimonianza di Giovanni Tomasino, 26enne fresco di laurea in Scienze politiche che ha fatto sulla propria pelle l’esperienza di lavorare nel padiglione che ha fatto registrare il primosciopero e la prima defezione di lavoratori dal sito dell’Esposizione universale di Milano.
Il motivo? Una ventina di addetti alla ristoriazione e sala hanno scoperto in busta paga cifre diverse da quelle prospettate e che le due settimane di lavoro antecedenti all’inaugurazione non erano state trretruite.
Hanno incrociato le braccia giovedì e venerdì hanno deciso di fare le valigie per tornare a Bruxelles.
Ma a Giovanni è andata anche peggio.
“Ho lavorato in quello stesso padiglione per due giorni senza essere pagato”.
Da lì un racconto della brutte sorprese in cui può incappare chi cerca fortuna all’ombra dei padiglioni.
“Sono stato lì dall’8 al 9 maggio. Mi sono presentato alle 10.00 all’ingresso ovest di Cascina Triulza, dove trovo un collaboratore del padiglione con altri ragazzi per fare una giornata di formazione come barista presso il padiglione belga”.
Queste le premesse, ecco come proseguono.
“Entriamo in fiera con dei pass non nostri, perchè “tanto non li controllano”. Arrivati al padiglione scopriamo che il bar era ancora chiuso e passiamo la prima giornata a pulirlo e sistemare tutte le cose mancanti, facendo lavoro da magazzinieri.
Ci viene spiegato come usare il forno e verso le 21.00, prima di andarcene, parliamo con un esperto di spillatura che ci spiega che avremmo dovuto spillare solo in bicchieri di plastica e che quindi non era necessario alcun corso accelerato di spillatura”.
E siamo al secondo giorno. “Partecipiamo all’evento di inaugurazione del padiglione servendo qualche birra e qualche croissant gratis. Al pomeriggio, visto che il bar non avrebbe aperto, vengo mandato a lavare i piatti in cucina e verso le 16.00 veniamo convocati per fare finalmente il punto della situazione.
Speranzoso di poter finalmente firmare il mio contratto, mi viene invece detto che avevo finito di lavorare con loro perchè “not fast”, troppo lento.
I ragazzi che erano con me a sentire queste parole si sono messi a ridere pensando fosse solo uno scherzo: tra noi l’ingiustizia è stata da subito evidente”.
Giovanni vive a Buccinasco, a 20 km dall’aera Expo.
Tornerai lì a cercare lavoro? “Francamente no. Certo ci speravo, perchè per un neolaureato un’esperienza formativa anche retribuita poco è un occasione. Ma la formazione lì non c’è mai stata, solo un modo di avere manodopera gratis. Dopo 48 ore non sapevo neppure cosa sarebbe stato di me, come accaduto ad altri. Quando sono tornato a casa mi sono reso conto di aver semplicemente lavorato gratis. E che questo non era giusto”.
“Di sicuro non sono stato “not fast” in quei due giorni di lavoro in cui non ho visto un soldo nè un contratto. Ero lì in nero, sotto la bandiera di uno Stato europeo, sotto gli occhi di milioni di visitatori. Mi sono sentito trattato in modo disonesto, sfruttato. Sarebbe stato più facile far finta di niente, perchè “tanto ci sono cose più gravi”, Cercare lavoro è una sfida in cui è facile farsi cadere le cose addosso e restare giornate a casa a far nulla: non voglio arrendermi”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 17th, 2015 Riccardo Fucile
IL PRIMO SCIOPERO: UNA VENTINA DI ADDETTI AL RISTORANTE HANNO INCROCIATO LE BRACCIA E ALLA FINE HANNO FATTO I BAGAGLI… ACCUSE ALLA ORGANIZZAZIONE ITALIANA
Lo stufato è sempre fiammingo ma a cucinarlo, d’ora in poi, potrebbero essere sostituti italiani reclutati in fretta e furia.
La notizia viene battuta con un certo “gusto” dai siti in lingua belga e arriva dritto da Expo, il grande evento mondiale sul cibo.
Una ventina di addetti al servizio ristorazione, secondo diverse fonti, avrebbero deciso di scioperare e poi di far fagotto tutti insieme per tornarsene a casa, lasciando soli ai fornelli lo chef pluristellato Benoà®t Gersdorff e il vicecommissario.
Nel padiglione che fa capo a Bruxelles, dunque, si registra forse la prima, clamorosa, defezione di lavoratori venuti dall’estero per partecipare all’olimpiade dell’alimentazione sostenibile.
Il primo sciopero sul suolo di Expo
Erano in protesta da giorni. Lamentavano problemi di organizzazione del servizio.
I malumori sono poi esplosi quando hanno capito che il loro contratto non copriva parte del lavoro svolto dal 15 aprile fino al 1 maggio, data ufficiale di apertura dell’Expo.
La busta paga riportava anche un lordo di 1.200 euro anzichè il netto che — a detta loro — sarebbe stato concordato al momento dell’ingaggio.
“Probabilmente si è trattato di un errore”, ammette il vice commissario Marie Noà«lle Higny. Fatto sta che tutti i dipendenti in cucina e sala da pranzo giovedì hanno smesso di lavorare. Per ovviare al problema, i funzionari hanno proposto un euro in più l’ora come compensazione e 300 euro per 12 giorni di formazione.
Il clima però si era ormai fatto pesante e venerdì sera la funzionaria belga ha preso atto che trattenerli era impossibile: in venti su trenta se ne vanno, mettendosi in tasca una manciata di banconote come rimborso e prendendo la strada per Bruxelles. “Hanno accettato un assegno di formazione di 300 euro e hanno scelto di tornare a casa, nonostante le trattative in corso”, ha detto precisando che “i contratti sono stati attivati fino all’1 maggio, ma andiamo in cerca di una soluzione giuridica per pagare i quindici giorni precedenti. Tuttavia, questo richiede tempo perchè dobbiamo organizzare con il segretariato italiano”.
Contratti, silenzi e salsicce belghe made in Italy
Di tutto questo in zona Expo poco o nulla trapela.
La notizia fa però gola a Bruxelles, dove divampano le polemiche. “Niente più della bandiera belga”, titola ad esempio l’edizione online della radio tv nazionale RTBF. L’emittente ha raggiunto il personale registrando cosi le ragioni del malcontento: mancanza di organizzazione, di controllo sulle scorte e ritardi nella consegna della merce.
Parla di “bugie” la vice commissario Higny, ma poi ammette le difficoltà e l’imbarazzo.
Ora le tocca però trovare il modo di garantire il ricco menù che viene presentato ai visitatori come “specialità nazionale“, e che in realtà potrebbe non essere esattamente tale.
Uno degli addetti in partenza l’ha spiegato così: “Ci avevano detto che se avessimo lasciato saremo stati prontamente rimpiazzati da sostituiti italiani reclutati localmente. Sono loro che prepareranno lo stufato fiammingo e Waterzooi?”.
La cucina fiamminga made in Italy non sarebbe però una vera novità .
Il giorno dell’inaugurazione del Padiglione non è stato possibile trasportare la salsiccia belga dal capannone che stava lì a 100 metri: fu sostituita da salumeria italiana. Il vice commissario, forse per scrollarsi dall’imbarazzo, accusa ora l’organizzazione italiana: “La logistica è organizzata molto male e questo provoca malumori e stress da mesi. Non siamo gli unici a lamentarsi di questo. Presto la direzione dell’Expo, composta da tutti i commissari, si riunirà per affrontare il problema di approvvigionamento”.
La piccola defezione potrebbe diventare anche il primo grattacapo per il commissario generale di Expo, Antonio Pasquino.
Entro fine mese il funzionario distaccato dalla Farnesina presenterà un report in cui verranno indicati i Paesi che applicano i contratti più sfavorevoli e meno rispettosi del contratto italiano del settore fieristico, utilizzato per i dipendenti diretti di Expo.
Una rilevazione dovuta al fatto che tra le eleganti vele bianche del decumano e le colorate installazioni dell’Esposizione vanno in scena tutte le formule possibili e immaginabili di gestione del lavoro, con variazioni di salario tra un padiglione e l’altro che arrivano fino al 30%.
Una situazione su cui Pasquino si è impegnato a fare chiarezza.
Qualcun altro, nell’attesa, ha optato per la valigia.
Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 17th, 2015 Riccardo Fucile
LA PATRIA DEL TRASFORMISMO: LE LISTE DI ZAIA, MORETTI E TOSI SONO UN MIX DI FACCE DA BAR DELLO SPORT… CHI VOLEVA USARE I MITRA CONTRO I MIGRANTI E C’E’ PURE LA CUGINA DI PUTIN
Gaffeur, trasformisti, vip e amici degli amici.
Tra razzisti, indipendentisti incalliti, fascisti di ritorno, omofobi in ordine sparso e professionisti della carega, in Veneto le liste sono un caleidoscopio di facce da bar sport, infarcite di “ex” in cerca di conferme e new entry a caccia di promozioni.
Così scorrere l’elenco dei quasi 1100 nomi dei candidati, divisi in 19 liste, può diventare un’impresa tragicomica.
Tosi e il corso popolare con chi vuole i mitra con i migranti
Il candidato di rottura Flavio Tosi, il sindaco di Verona che si è ribellato a Salvini proponendosi a capo di una coalizione di 6 liste (venetiste ma di osservanza costituzionale, di destra ma moderate), ha imbarcato una marea di suoi fedelissimi. Sindaci, assessori, presidenti di provincia, consiglieri e addirittura un paio di assessori regionali della giunta Zaia che, abbagliati dai fari, hanno scelto di abbandonare il Carroccio.
Nella lista Tosi per il Veneto troviamo candidato niente meno che Daniele Stival, assessore regionale alla Caccia e all’Identità di ferrea fede leghista fino a poche settimane fa.
Nel corso della sua carriera politica ha collezionato una serie non indifferente di perle, passando agevolmente dalla bestemmia in aula (udita da molti, ma non dai microfoni istituzionali) alle offese rivolte all’ex ministro Kyenge: sul profilo facebook aveva condiviso un post nel quale si affermava che fosse “vergognoso paragonare un povero animale indifeso come l’orango a un ministro congolese” (salvo poi smentire di condividerne il messaggio).
Ma non è tutto: durante una trasmissione di una tv locale ha invitato ad “usare il mitra” contro gli immigrati, senza dimenticare quella volta in cui citò il “teatro Petruzzelli di Napoli”.
Un altro ex assessore (titolare della Cultura nella giunta Galan all’inizio dello scorso decennio) è Ermanno Serrajotto, candidato con Tosi a Treviso.
Al suo attivo ha la proposta di spostare a Venezia il festival di Sanremo e una firma in calce alla delibera di acquisto di un affresco del Veronese.
Affresco acquistato da un misterioso privato per una cifra superiore ai 200mila euro, sulla cui paternità (e quindi sul suo valore) negli anni successivi è stato sollevato più di un dubbio.
Con Tosi ex Fi, ex Udc, perfino ex Pd
A Treviso Tosi candida anche Maria Gomierato, ex sindaco di Castelfranco, in trattativa fino all’ultimo con la Moretti, e Diego Bottacin, consigliere regionale uscente del Pd che ha lasciato “perchè andava troppo a sinistra”.
Capolista a Treviso, dopo un lungo tira e molla, è Leonardo Muraro, che resta leghista in Provincia (lui è presidente), ma sfila nelle truppe tosiane per la Regione.
A Belluno troviamo il consigliere uscente Matteo Toscani (ex leghista), l’ex segretario provinciale del Carroccio Diego Vello e Daniela Templari, che da assessore provinciale nel 2010 si era autosospesa per via del coinvolgimento del figlio in una questione di droga: un anno dopo, quando chiese il reintegro, le venne negata la poltrona.
In provincia di Venezia si candida con Tosi anche Francesco Piccolo, consigliere uscente ex Forza Italia.
A conferma delle ambizioni di Tosi è da segnalare la presenza in lista di Luciano Finesso, nel direttivo nazionale dell’associazione Democrazia Cristiana.
Infine il sindaco s’è portato dietro mezza amministrazione: c’è il vicesindaco Stefano Casali, l’assessore Luigi Pisa, le consigliere Antonia Pavesi e Barbara Tosi, che con il fratello-primo cittadino condivide anche la condanna definitiva a due mesi per aver propagandato idee razziste contro Rom e Sinti.
Razza Piave e il consigliere che incontrò Karadzic
Tra le liste che sostengono Tosi non ne manca una di ispirazione apertamente indipendentista: Razza Piave-Veneto Stato, un nome un programma.
Tra i candidati di questa lista anche Luciano Fior, una delle anime del movimento Noi Veneto Indipendente.
Nella lista Unione Nord Est c’è invece Adriano Bertaso, leghista delle origini che, nelle vesti di consigliere regionale, incontrò nientemeno che Radovan Karadzic, leader serbo-bosniaco poi ricercato dal 1996 per crimini di guerra dal tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia.
Immortalato in una foto pubblicata da Sette che nel 1997 costrinse la Liga Veneta a prendere pubblicamente le distanze da Bertaso.
Con Zaia la cugina di Putin e l’assessore che saluta romano
Se Tosi ha fatto il pieno di leghisti, non badando troppo ai loro trascorsi, alla corte di Luca Zaia le cose non vanno molto diversamente.
Tra le liste di sostegno al governatore uscente, la più prolifica sembra essere quella di Fratelli d’Italia.
Partendo da Venezia, il primo nome in cui ci si imbatte è quello di Raffaele Speranzon che nel 2011 da assessore provinciale alla Cultura mise al bando dalle biblioteche le opere dei letterati che nel 2004 firmarono l’appello per la scarcerazione di Cesare Battisti, chiedendo di ritirare le loro opere dagli scaffali e di non promuoverne la presentazione.
In provincia di Vicenza Adelina Luigia Putin, che vanta parentele con il più noto Vladimir: “Amo questo cognome — ha dichiarato — in Italia ci vorrebbero sette Vladimir” e si fa ritrarre mentre imbraccia un fucile di precisione.
Ma non è sola in lista, con lei c’è l’ormai noto sindaco Joe Formaggio che con tempismo veneto ha emanato un’ordinanza anti-rom a due mesi dalle elezioni regionali in cui sarebbe stato candidato.
In quel di Padova c’è Raffaele Zanon, l’ex assessore regionale protagonista di un noto spot omofobo pubblicato nel 2013 si era già fatto pizzicare ad una cena fascistissima, mentre se ne stava con le mani in tasca accanto ad un gruppo di amici intenti fare un saluto fascista davanti ad una croce celtica.
Il candidato Zaia: “Tosiani? Se li vedo li prendo a calci in bocca”
Anche le altre liste che sostengono Zaia non hanno voluto farsi mancare nulla.
Un pieno di sindaci, assessori e consiglieri comunali e provinciali in cerca di una ribalta regionale.
Tra i tanti candidati si è distinto ad esempio Fulvio Pettenà che nei giorni della rottura con Tosi ha sconsigliato pubblicamente al sindaco scissionista e alla sua compagna, la senatrice Patrizia Bisinella, di palesarsi a Treviso: “Se li vedo li prendo a calci in bocca”. In provincia di Padova, invece, è il vulcanico Roberto Marcato a prendersi la scena, dall’invito ad “evadere di più” al consiglio rivolto ai padovani di non accogliere profughi perchè “se avrete problemi vi arrangiate” per arrivare alla “militarizzazione della città ”.
Il sindaco di Cittadella e i lager
Il sindaco di Cittadella Giuseppe Pan, degno erede di Massimo Bitonci, rischia di fargli ombra. Un cittadino su Facebook lo invitava ad agire contro gli accampamenti abusivi di Rom lungo il Brenta e Pan non ha tardato a rispondere: “Sono sempre gli stessi rom che continuamente sgombriamo. Non hanno una dimora e vagano disseminandosi nel territorio. Visto che i lager non ci sono e tanto meno i campi rom, se vuoi provare tu!”. Attaccato dalle opposizioni si è difeso nel più classico dei modi: “Travisate le mie parole”.
Lo “spot” del vescovo alla candidata leghista
La Lista Zaia ha fatto parlare nelle ultime ore per via di una email inviata da don Domenico Consolini, direttore dell’ufficio scuole della curia di Verona, a tutti gli insegnanti di religione della diocesi.
Allegata alla missiva elettronica una lettera del vescovo scaligero Giuseppe Zenti nella quale si elogiava il programma e l’operato di Monica Lavarini e si invitava a diffondere l’informazione.
Poi un mezzo passo indietro dei prelati, che si professano “al di sopra delle parti”.
Per restare in area popolare nella lista Zaia Presidente c’è anche Stefano Valdegamberi, eletto nel 2010 con l’Udc. Ex tosiano, cattolico integralista, che ha scelto la via di Zaia è anche il consigliere comunale veronese Alberto Zelger.
Nei mesi passati si è distinto per prese di posizione intransigenti sui temi dell’omosessualità ma non solo: durante un dibattito, racconta il Corriere Veneto, assicurò che il cervello delle donne è “diverso da quello degli uomini”, d’altra parte — ha spiegato poi — “basta leggere gli studi scientifici e guardare come parcheggiano le auto“.
Le “candidature imbarazzanti” della Moretti
Spazio a qualche funambolo della politica anche tra le liste che sostengono Alessandra Moretti.
Nel firmamento democratico c’è una stella che brilla più di tutte, è quella della lista Progetto Veneto Autonomo che ha portato alla corte della candidata renziana una schiera di candidati che non sembrano aderire all’ortodossia classica del Pd.
Su tutti Santino Bozza, ex consigliere regionale leghista (espulso nel 2013), convinto che gli omosessuali sono “sbullonati” che “non devono farsi vedere in giro“.
Con lui c’è anche Gianluca Panto, che nel 2010 è stato candidato presidente con il Partito Nasional Veneto, poi confluito in Veneto Stato.
Altro leader autonomista nel listone morettiano è Bortolino “Bobo” Sarotre a cui si riconoscono posizioni contrarie alle unioni civili e al riconoscimento della famiglia anagrafica (sostenuta invece dal Pd): “Non sarà che vogliono annientare la famiglia tradizionale svuotandola di significato dall’interno?”.
Indipendentisti die hard
Tra le fila di Indipendenza Veneta spiccano invece i nomi di Fabio Padovan e Lucio Chiavegato.
Il primo è il fondatore della LiFe, il movimento degli imprenditori federalisti che si battono contro l’oppressione fiscale, è stato in Parlamento con la Lega Nord dal 1992 al 1994.
L’amore per il Carroccio è finito quando la Lega di Bossi ha preso le distanze dai Serenissimi che lui, al contrario, ha sempre sostenuto (anche economicamente) definendoli degli “eroi” .
Da allora è sempre stato un uomo d’azione, pronto a scendere in piazza anche a rischio di prenderle (come nel 1997, quando la manifestazione davanti al tribunale di Venezia contro il processo agli otto Serenissimi finì a botte, sassate e lacrimogeni tra autonomisti, autonomi e polizia).
Il suo animo barricadero, anticasta e antiromano non gli ha impedito però di schierarsi contro il taglio ai vitalizi, che ha spiegato dicendo di essere “contro alla riforma delle pensioni”.
Da imprenditore Padovan viene ricordato per due episodi: il regalo di 500 euro a testa ai suoi 150 dipendenti in occasione del suo matrimonio e il viaggio con i dipendenti a Medjugorje, per scongiurare una crisi che poi non lo ha risparmiato.
Lucio Chiavegato è l’altro nome forte del sodalizio autonomista.
In prima fila con il movimento dei Forconi che ha paralizzato il Veneto nel 2013, Chiavegato si è fatto sentire parecchio negli ultimi anni, il suo nome figurava anche tra i 24 arrestati su mandato della procura di Brescia nell’inchiesta sul presunto terrorismo armato veneto.
Alessandro Madron
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 17th, 2015 Riccardo Fucile
SETTE MANAGER COINVOLTI PER UNA ELUSIONE DI 300 MILIONI… GUERRA E’ ORA CONSIGLIERE STRATEGICO DEL PREMIER PER ILVA, BANDA LARGA E BAD BANK
Andrea Guerra, ex amministratore delegato di Luxottica, oggi consigliere strategico del premier Matteo Renzi e in predicato per la guida di Eataly, è indagato dalla procura di Belluno per dichiarazione infedele, nell’ambito di un’inchiesta sui prezzi dei trasferimenti di beni e servizi tra le filiali del gruppo dell’occhialeria.
Insieme all’ex numero uno hanno ricevuto la notifica di conclusione delle indagini altri sei manager di Luxottica: Enrico Cavatorta, che lo scorso anno ha guidato l’azienda per un mese prima di lasciare per dissidi con il patron Leonardo Del Vecchio, Paola De Martini, Marco Vendramini, Enrico Mistron, Omar Pilotto e Andrea Cecchet.
Le indagini dei pm bellunesi, partite nel 2013, si sono concentrate sul “transfer pricing” all’interno del gruppo, cioè appunto i prezzi a cui le diverse società si scambiavano prodotti e servizi.
Un aspetto che finisce di frequente nel mirino del fisco perchè può essere usato per “spostare” redditi imponibili nei Paesi in cui la tassazione è più bassa.
Nel caso di Luxottica, l’ipotesi investigativa è che tra 2007 e 2012 il gruppo, applicando alle compravendite prezzi non corretti, abbia eluso circa 300 milioni di euro, di cui 75 per il solo 2007, 44 per il 2008 e 22 per il 2011.
L’azienda di Agordo, come risulta dagli ultimi bilanci, dopo le contestazioni della Guardia di Finanza ha scelto di chiudere il contenzioso amministrativo con il fisco pagando in totale circa 130 milioni, pur rivendicando di aver “sempre agito nel rispetto della legge e in assenza di ogni strumentalizzazione fiscale” e spiegando di aver deciso di aderire “nella consapevolezza che la materia oggetto della contestazione è di natura esclusivamente valutativa” e “si presta pertanto a divergenti posizioni che non sono facilmente risolvibili nell’ambito di un procedimento contenzioso, se non a scapito di lunghe, defatiganti e costose iniziative difensive con un esito inevitabilmente incerto“.
L’iter penale però prosegue. Di qui l’indagine a carico dei manager.
Gli atti saranno trasmessi ora alle parti perchè possano esprimere le proprie ragioni e al giudice per le indagini preliminari che dovrà entrare nel merito con l’archiviazione o l’eventuale rinvio a giudizio.
Guerra, chiamato a Palazzo Chigi lo scorso dicembre per seguire da vicino i dossier Ilva, banche popolari, bad bank e banda larga, come rivelato da Il Fatto Quotidiano si appresta a diventare amministratore delegato del gruppo fondato da Oscar Farinetti, sostenitore della prima ora del premier.
Di Farinetti, del resto, Guerra è già socio dallo scorso febbraio nella scuola Holden.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 17th, 2015 Riccardo Fucile
IL GOVERNO NON RISPETTA LA SENTENZA: INVECE CHE 12 MILIARDI NE RESTITUISCE 2… E A CHI LI SOTTRAE? OVVIAMENTE ALLE MISURE CONTRO LA POVERTA’… UN PENSIONATO SOTTO I 1500 EURO LORDI AVREBBE AVUTO DIRITTO A CIRCA 3.000 EURO DI ARRETRATI
“Nessun pensionato perderà un centesimo. Noi scriveremo una nuova norma rispetto al blocco dell’indicizzazione che restituirà in tasca a 4 milioni di italiani il 1 agosto 500 euro a testa. Saranno tagliate fuori le pensioni oltre 3mila euro”.
Il premier Matteo Renzi, a sorpresa, ha scelto il contenitore domenicale di RaiUno L’Arena per annunciare l’ennesima patacca e per spiegare come il governo ha intenzione di risolvere l’impasse aperta dalla sentenza della Consulta che ha bocciato la norma Fornero.
Dichiarando incostituzionale il mancato adeguamento al costo della vita degli assegni superiori a tre volte il minimo nel 2012 e 2013.
Dopo aver smentito di voler rimandare la decisione a dopo le regionali del 31 maggio — “Chi guida un Paese non può avere paura delle elezioni” — Renzi ha detto che “ovviamente non sarà un rimborso totale. Ma ci sono 2 miliardi che mi ero tenuto per le misure contro la povertà “, che comunque “faremo lo stesso”.
Una restituzione molto parziale. Non solo, la somma restituita sarà un una tantum uguale per tutti coloro che prendono tra 1.486 e 3mila euro lordi.
Esclusi invece i circa 600mila titolari dei trattamenti più alti (che faranno ricorso e lo vinceranno)
I “quattro milioni di italiani” a cui ha fatto riferimento Renzi, corrispondono più o meno al numero di pensionati che prendono tra tre e sei volte il minimo e si sono visti congelare l’introito dal decreto salva Italia del governo Monti.
“Quanti pensano che sia un bonus per le elezioni non potranno dirlo, perchè parte dall’1 agosto”, ha messo poi le mani avanti il premier, forse pensando alle polemiche sul bonus di 80 euro annunciato prima delle Europee del 2014.
Quanto alle coperture, i 2 miliardi verrebbero per la maggior parte da un aumento del deficit dal 2,5 al 2,6% del Pil: il cosiddetto “tesoretto” da 1,6 miliardi, che Renzi aveva detto appunto di voler utilizzare per misure di welfare e contro la povertà .
Ballano circa 400 milioni, che potrebbero derivare da un ulteriore aumento dei risparmi attesi dalla solita spending review.
Salta all’occhio che i cinquecento euro promessi (“da agosto” probabilmente per dare all’Inps i tempi tecnici per adeguarsi) sono una somma ben più bassa rispetto a quella che risulterebbe dalla piena restituzione degli arretrati: secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio considerando anche le maggiori cifre dovute per il 2014 e 2015 a causa dell’effetto trascinamento il rimborso integrale varrebbe, per un pensionato-tipo con assegno pari a 3,5 volte il minimo, circa 3mila euro.
Per il solo 2012, per esempio, questo pensionato-tipo avrebbe diritto a 567 euro, che salgono a 630 nel 2013.
Resta dunque da capire come Palazzo Chigi e il Tesoro pensino di cavarsela così, rischiando nuovi ricorsi.
Anche perchè siamo di fronte a un ladrocinio di Stato.
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Maggio 17th, 2015 Riccardo Fucile
ADDIO AL PPE E ADESIONE AL GRUPPO DEI CONSERVATORI: “FORZA ITALIA HA LASCIATO SPAZI ENORMI A SALVINI, DAL 1 GIUGNO SI CAMBIA”… “IL CERCHIO INTORNO A BERLUSCONI FORSE E’ DAVVERO “MAGICO”: NON ERA FACILE PERDERE NOVE MILIONI DI VOTI”
Raffaele Fitto esce dal gruppo del Partito popolare europeo (Ppe) all’Europarlamento. E suggella lo strappo definitivo con Forza Italia. “Ho scritto una lettera al capogruppo del Ppe per spiegare che esco e ho mandato una richiesta di adesione al capogruppo dei conservatori europei”.
Lo ha detto l’europarlamentare di Forza Italia alla trasmissione In Mezz’Ora di Lucia Annunziata su Rai 3. “La lettera l’ho scritta questa mattina: è una decisione che stavo maturando da tempo”.
“Per quanto mi riguarda Forza Italia è un capitolo chiuso“, ha aggiunto Fitto, “non ci sono più le condizioni per restare. Forza Italia non c’è più, mi sembra chiaro, anche per il clima e le finalità con le quali sta portando avanti la sua azione politica. Noi abbiamo bisogno di guardare avanti e di andare oltre. Stiamo lavorando a un centrodestra che abbia una prospettiva diversa: nè con Merkel nè con Le Pen. È necessario mettere in campo un progetto politico, questa scelta può rappresentare una nuova cornice culturale programmatica”.
Fitto ha poi replicato a Silvio Berlusconi, che pochi giorni fa gli ha dato il benservito riconducendo la sua iniziativa politica a “episodio assolutamente e soltanto regionale, è un episodio pugliese”.
“Il centrodestra nel nostro Paese ha bisogno di mettere in campo qualcosa che vada oltre a una leadership che ha messo fine alla sua esperienza. In Forza Italia ci sono tante persone da cui ho ascoltato in questi mesi una condivisione delle posizioni, ma che poi non ha il coraggio. Dentro al partito tanta gente la pensa come me, ma non ha il coraggio di dirlo. Anche Salvini, sono convinto che dopo la campagna elettorale porrà con forza questa questione”.
Nell’intervista trovano spazio anche il tema dei legami personali e fiduciari del leader e quello delle alleanze.
Fitto rigetta l’accusa di aver definito “badanti” le donne che gravitano intorno a Berlusconi nel cosiddetto cerchio magico: “Non troverà mai una mia offesa, io non ho mai insultato nessuno”.
“Il punto che ho sollevato — aggiunge — è la totale mancanza di legittimazione: non si può scegliere una persona senza che ci sia un organismo in cui discutere. Io questo l’ho sempre denunciato, pubblicamente. E’ vero che mi sono interrogato più volte sull’esistenza di questo cerchio, ma soprattutto sul “magico” visto che tale non mi sembra, visto come ci troviamo”, con “9 milioni di elettori in meno”.
Infine la sua idea della concorrenza tra Fi e Lega.
“Tra Renzi e Salvini c’è uno spazio importante. Salvini fa il suo e lo fa bene dal suo punto di vista. La sua crescita è data dal fatto che Forza Italia gli ha lasciato campo, gli ha lasciato fare il bello e il cattivo tempo. Ma dal 1 giugno parte una fase nuova”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 17th, 2015 Riccardo Fucile
TRA RINNEGARE LA PROPRIA STORIA E CALPESTARE LA COERENZA… LA DESTRA VA RICOSTRUITA SU BASI ETICHE E COMPORTAMENTALI
Non è trascorso così tanto tempo da quando la Poli Bortone, dopo aver sostenuto e sviluppato – insieme a Storace e ad altre figure storiche della destra che fu – il “movimento per Alleanza Nazionale”, e dopo aver variamente attaccato la stessa Meloni, decise di abbandonare l’ennesimo tentativo velleitario per aderire a Fratelli d’Italia.
Non è passato così tanto tempo da quando la Senatrice, nel cercare di giustificare l’ennesima piroette, assunse che l’avrebbe fatto perchè sarebbe stato suo dovere “dare testimonianza”.
Cosa volesse testimoniare non s’e’ capito, però…
Fratelli d’Italia non ha nulla a che vedere con quella Destra Repubblicana, moderna ed Europeista di cui c’e’ bisogno, e la stessa senatrice non ha nulla di quella risolutezza concettuale e valoriale che dovrebbe essere quid indiscusso di chi si professa di destra.
Non è possibile che ci si conceda alle lusinghe berlusconiane per candidarsi a Governatore della Puglia voltando le spalle a quello stesso progetto politico a cui aveva contribuito – mettendosi addirittura in prima fila per farsi notare ad ogni costo e per sentire subito i “primi applausi” – per spaccare il centrodestra in due e consegnarlo all’annesima sconfitta.
Non è possibile sviscerare emozioni a frotte e finanche lacrime di gioia per poi ritrattare tutto.
Non è possibile “danzare” sul corso della storia per rinnegarla di continuo.
Non è possibile fare certe piroette e calpestare quella coerenza che non dovrebbe mai mancare.
Adoro le persone anziane, le rispetto sinceramente, ma quando fanno cose assurde, no. Al netto della premessa, c’e’ da prendere atto che è possibile fare i “ballerini”, o le “ballerine”, anche dopo i settant’anni: coerenza, zero. Testimonianza e “insegnamento”, pure…
E’ triste doverlo ridire ma quella destra che manca non potrà mai rinascere da e con questi presupposti. Quella destra che “non c’è”, non potrà mai rinascere da chi l’ha continuamente bistrattata e svenduta al miglior offerente.
Comunque sia il “vestito” dell’attuale destra italiana è coperto di tante, troppe “macchie” e di “cuciture” fatte davvero male.
Una continua trazione vetero-missina, storicamente apprezzabile, ma politicamente fuori dai tempi e dalla storia.
Una continua trazione xenofoba e razzista che pone sistematicamente fuori dalla storia le necessità di una società che sia davvero capace di combattere le sifde dei tempi.
La reiterata e continuata abiura della nostra storia e della nostra stessa identità di popolo.
Se in Europa la destra vince è perchè guarda altrove e guarda avanti, cavalcando le necessità dei tempi e della società in continuo divenire.
Se quella destra, in Europa, vince, è perchè ha modelli forti che non ha mai abiurato. Non restaurare e non rinnegare, diceva Almirante. La verità , però, è che i “suoi figli”, non soltanto hanno rinnegato ma hanno addirittura dimenticato.
Le imminenti elezioni regionali segneranno, purtroppo, l’ennesima “caporetto” per la nostra area, e sarà sconfitta forte e devastante.
Ricostruire non sarà facile perchè il problema è soprattutto culturale ed etico, perchè un’azione politica priva di spessore culturale e di etica comportamentale non sarà mai degna del compito che le dovrebbe appartenere.
Difficile immaginare locuzioni di sintesi. Difficile immaginare qualcosa che, nel superare vecchi brocardi, riesca a rimettere in moto la storia.
Per fortuna non spetta “a noi fare la pensata” sul nome e sul sotto-titolo.
Noi possiamo soltanto dire in cosa crediamo, cosa vorremmo che nascesse, cosa sentiamo doveroso portare avanti e per cosa siamo disposti “a batterci”.
E le idee sono tante… Ribelli, “rivoluzionarie” e finanche irriverenti – già perchè “oggi” sostenere finanche le storiche ragioni della legalità e di liste al di sopra di ogni sospetto, rappresenta una cosa parecchio ribelle, rivoluzionaria e irriverente! – perchè se nuovo percorso deve essere che sia vero: dei soliti restyling a cui non crede proprio più nessuno, siamo tutti stanchi.
E allora, rispetto per la destra italiana che fu.
Rispetto per la storia che è stata, ma rispetto soprattutto per “l’oggi” perchè è oggi che bisogna dimostrare di avere il coraggio di perseguire sentieri nuovi anche guardando in modo sempre più convinto alle esperienze d’oltre confine.
Proprio là , dove la destra, non soltanto ha vinto, ma ha fatto addirittura la storia almeno degli ultimi trent’anni…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Maggio 17th, 2015 Riccardo Fucile
L’IMPRESENTABILE BARBATO, CANDIDATO IN CAMPANIA, E I CONTATTI COL REGGENTE DEI CASALESI FRANCESCO ZAGARIA
Sugli impresentabili, piazzati in una lista a sostegno della sua corsa a governatore, Vincenzo De Luca è stato chiaro: “Quei nomi messi di notte, io non ne sapevo niente”.
Uno, invece, lo conosce benissimo perchè è stato al suo fianco fin dalle primarie.
Si tratta di Tommaso Barbato, candidato al consiglio regionale nella lista Campania Libera, civica, espressione proprio del presidente De Luca.
Barbato è stato anche senatore dell’Udeur, il suo voto fu decisivo per la caduta del governo di Romano Prodi, nel 2008.
L’ex senatore, tra l’altro, è indagato per voto di scambio in una inchiesta della Procura di Napoli.
Barbato si è sempre dichiarato estraneo ai fatti, ma non è finita. C’è un particolare sfuggito alle cronache sugli impresentabili di questi giorni.
A fine aprile con decreto del presidente della Repubblica è stata sciolta per infiltrazioni camorristiche l’azienda ospedaliera S. Anna e S. Sebastiano a Caserta. Una struttura sanitaria gestita dagli emissari di Gomorra e dai politici locali all’insegna di clientele e favori.
Tutto scaturisce da un’inchiesta della magistratura dello scorso gennaio dove compare anche il nome di Tommaso Barbato, il quale non è indagato.
In particolare emergono i contatti, risalenti al 2007-2008, tra l’ex senatore e Francesco Zagaria, morto nel 2011, ritenuto il dominus della gestione criminale dell’azienda. Francesco ha sposato Elvira, sorella di Michele Zagaria, capo dei Casalesi, oggi in carcere al 41-bis.
La Procura così definisce Francesco Zagaria: “Uno dei capi del clan dei Casalesi quando il cognato Michele Zagaria era latitante”.
Secondo i magistrati il sodalizio criminale che ha tenuto in scacco l’azienda sanitaria “nasce nel 2006 quando Francesco Zagaria, grazie al supporto politico di Nicola Ferraro, allora segretario dell’Udeur regionale, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, fa nominare un suo uomo di fiducia dirigente generale del S. Anna e S. Sebastiano”.
Nell’ordinanza di arresto, eseguita lo scorso gennaio, c’è un paragrafo dedicato ai rapporti tra Francesco Zagaria e i politici. “A Francesco Zagaria si rivolgevano anche senatori della Repubblica come il senatore Tommaso Barbato”.
E più avanti: “Il 23 novembre 2007, il senatore Barbato contattava Zagaria Francesco e lo invitava presso la propria abitazione sita nel comune di Marigliano. Il senatore sollecitava l’incontro per la necessità di affrontare alcuni argomenti. Dalle successive conversazioni emergeva che, effettivamente, Zagaria Francesco si era recato a Marigliano”.
E al telefono Barbato a Zagaria “Oh (…) Allora , senti ti devo parlare un momento, tu dove stai?”. E alla fine i due si incontrano.
“Dopo il predetto incontro — si legge — dalle intercettazioni emerge, che lo Zagaria avrebbe dovuto fare ritorno presso l’abitazione del senatore Barbato”.
Contatti e incontri tra Tommaso Barbato e l’uomo di Gomorra Francesco Zagaria, scomparso nel 2011, e ritenuto dalla Procura uno dei capi dei Casalesi durante la latitanza del cognato Michele.
Nello Trocchia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 17th, 2015 Riccardo Fucile
IN LISTA CON I SOCIALISTI PER DE LUCA C’E’ CORRADO GABRIELE…E’ STATO ASSESSORE AL LAVORO AL TEMPO DI BASSOLINO
Nelle liste di Vincenzo De Luca c’è un condannato in primo grado per violenza sessuale su minori”.
L’attacco arriva a freddo con un comunicato mattutino.
L’azzurra Mara Carfagna rompe un embargo, un silenzio che ha avvolto per settimane e in qualche modo protetto un nome dal dibattito sugli impresentabili nelle liste collegate all’aspirante governatore Pd in Campania. “La mia storia personale, le mie battaglie mi impongono un intervento. Non posso tacere”, dice l’ex ministro delle Pari Opportunità di Berlusconi.
Il nome del condannato, Carfagna non lo esplicita. Ma gli addetti ai lavori sanno che si riferisce a Corrado Gabriele, candidato nel Psi. Gabriele è stato assessore regionale al Lavoro nell’ultima giunta di Antonio Bassolino.
Era in quota Rifondazione Comunista, partito dal quale uscì candidandosi al consiglio regionale nel 2010 con il Pd, dove ha militato qualche anno prima di passare nel gruppo consiliare socialista.
L’avviso di garanzia raggiunse Gabriele nel 2005.
Rimise subito la delega di assessore nelle mani di Bassolino, che respinse le dimissioni e lo lasciò al suo posto. La condanna è arrivata nel 2011: 4 anni e tre mesi di reclusione, e una provvisionale di 10.000 euro a testa alle parti civili, al termine di un processo a porte chiuse che come sempre in questi casi ha sviscerato dettagli fastidiosi e urticanti.
I giudici della Terza Sezione del Tribunale di Napoli hanno ritenuto fondate le tesi del pm Giuseppina Loreto: Gabriele avrebbe molestato sessualmente le due figlie di primo letto della ex compagna durante la loro relazione.
Una delle due ragazze era minorenne all’epoca dei fatti.
Non ci fu, è bene chiarirlo, una vera violenza fisica. La sentenza è vecchia di 4 anni e ancora si attende l’inizio del giudizio di Appello.
“Il processo deve fare il suo corso — sostiene Carfagna — ma pur non rinunciando al garantismo, non si può far finta di nulla. Conosco Vincenzo De Luca, ha mille difetti, ma non può di certo accettare per pura convenienza politica di essere sostenuto da una persona su cui pende un’accusa di questo tipo. Sono però certa che sia lui che il premier Renzi troveranno il modo di prendere le distanze da questa scelta. Mi auguro con tutto il cuore che la presa di distanza non sia un banale ‘non sapevamo nulla’ e che arrivino parole nette e scuse a tutte le donne italiane e campane”.
Gabriele replica con una lunga nota. Eccone un estratto. “Anche le pietre a Napoli sanno che sono completamente estraneo ai fatti e alle circostanze, peraltro ridicole, che mi vengono imputate e proprio oggi sono ancor più ansioso di poterlo dimostrare, dato che finalmente verrà celebrato il processo d’Appello. Per fortuna ho un rapporto meraviglioso coi miei tre figli che sono cresciuti con me e che sanno bene chi è il loro papà . Mi spiace poi che proprio Mara — aggiunge l’esponente del Psi — che suo malgrado nel corso degli anni ha dovuto subire diversi attacchi per i suoi trascorsi personali, adesso tiri in ballo la mia persona e lo stesso Vincenzo De Luca per fatti ampiamente noti e che nulla hanno a che vedere con la politica”.
Vincenzo Iurillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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