Maggio 22nd, 2015 Riccardo Fucile
LA PROCURA DI ASTI INDAGA SU VENEZIANI PER LE VICENDE DELLA STAMPERIA PIEMONTESE DESTINATA AL FALLIMENTO
Ora per il Pd sarà più difficile fare finta di nulla.
Perchè il salvatore dell’Unità Guido Veneziani è indagato dalla procura di Asti per bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice relativamente alle vicende della stamperia piemontese Roto Alba, ormai quasi certamente destinata al fallimento.
Gli uomini della Guardia di finanza di Cuneo si sono presentati giovedì 21 maggio nello stabilimento per eseguire il sequestro di alcuni computer e dei libri contabili dell’azienda, mentre al patron del gruppo editoriale è stato notificato un avviso di garanzia.
Con ogni probabilità sarà lo stesso Veneziani a presentare per Roto Alba l’istanza di fallimento durante la prossima udienza al tribunale fallimentare di Asti, dopo che due settimane fa il giudice ha respinto la richiesta di prosecuzione della procedura di concordato preventivo.
Il concordato era stato chiesto a novembre, ma da allora la situazione della Roto Alba non si è risollevata, come hanno dimostrato l’episodio del distacco dell’elettricità e gli stipendi non pagati ai 130 lavoratori, che dopo un lungo sciopero sono stati messi in cassa integrazione pochi giorni fa. Ieri ad attendere i finanzieri, i cui controlli in azienda sono durati mesi, c’erano loro, in presidio davanti alla stamperia. Latitante invece la dirigenza.
Ora toccherà alla Procura verificare quali siano le responsabilità di Veneziani nel crollo economico e finanziario di Roto Alba, e se queste responsabilità abbiano rilevanza penale.
L’editore ha acquisito l’azienda nel 2012, quando il suo gruppo aveva un debito con Roto Alba per circa 5 milioni di euro.
Sulla successiva compensazione tra debiti e crediti tra le società controllate dalla Guido Veneziani Editore i pm faranno le loro valutazioni.
Va in ogni caso detto che nel 2011 e nel 2012 il bilancio ha registrato un utile, seppur risicato, mentre già nel 2013 è finito in perdita per oltre 1,8 milioni di euro.
Fino al buco da 12 milioni che ha portato Veneziani ad avviare le procedure per il concordato preventivo.
Per settimane si è vociferato di un interessamento a Roto Alba di Vittorio Farina, altro imprenditore attivo nel settore tipografico.
Nulla però che al momento abbia consentito di salvare la storica stamperia. E ora le indagini che coinvolgono Veneziani, con gli imbarazzi che ne deriveranno per il Pd. Dietro al tentativo di rilancio del quotidiano fondato da Gramsci Veneziani e i democratici sono soci, visto che il 5% della nuova società Unità srl è in mano proprio al Pd, attraverso la Eyu srl.
Finora Matteo Renzi e i vertici del partito hanno fatto finta di non vedere i problemi dell’editore nelle altre avventure imprenditoriali. In Italia, come in Francia, dove il suo gruppo ha perso una causa con dei lavoratori dopo il rilancio fallito di una tipografia a Nieppe, nonostante i fondi pubblici già incassati.
Finora a Renzi è arrivata solo la protesta di alcuni esponenti del Pd di Alba.
Probabile che adesso la presenza di un socio indagato nel salvataggio dell’Unità non passi inosservata.
Questioni che Veneziani, contattato da ilfattoquotidiano.it, dice di non vedere: “Non capisco quale imbarazzo possa esserci. Non sono preoccupato di nulla. Sono presidente del cda di Roto Alba dal 2012 e non ho mai percepito alcun emolumento. Non ho mai distratto un euro, piuttosto ho messo dentro denaro per cercare di far sopravvivere l’azienda. Le imprese possono funzionare e non funzionare. Non mi sembra che questa sia l’unica azienda in Italia ad essere andata male”.
Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 22nd, 2015 Riccardo Fucile
LA NUOVA LEGGE RITENUTA “PIU’ FAVOREVOLE AL REO” RSPETTO AL REATO DI DISASTRO INNOMINATO PER CUI I RIVA SONO IMPUTATI A TARANTO
La parola d’ordine è “temporeggiare”. Le dichiarazioni di Matteo Renzi sull’Italia che “riparte da Taranto” all’inizio del 2015 sono ormai un ricordo sbiadito.
La questione Ilva può aspettare. Anche la proposta di patteggiamento dinanzi al Tribunale di Taranto può restare in qualche cassetto del ministero dello Sviluppo economico, che avrebbe dovuto dare il via libera al collegio difensivo dell’azienda in amministrazione straordinaria.
In una riunione tenuta martedì 19 maggio tra il ministro Federica Guidi e la struttura commissariale guidata da Piero Gnudi, presente Paola Severino in veste di consulente legale del commissario, si è deciso appunto di frenare sul patteggiamento.
A quanto risulta al Fatto Quotidiano, nel vertice si è anche parlato del fatto che la nuova legge sugli ecoreati (approvata proprio martedì sera) potrebbe avere un impatto sul processo in corso a Taranto essendo ritenuta più “favorevole al reo” rispetto al reato di “disastro innominato” per cui l’azienda, la famiglia Riva e altri vengono perseguiti a Taranto.
Trovano così una prima conferma i timori finora non ufficiali della Procura e del Tribunale della città pugliese sugli effetti che la nuova legge sugli ecoreati potrebbe avere sul maxi-processo Ilva.
D’altronde anche magistrati esperti del tema come Gianfranco Amendola, uno dei padri dell’ambientalismo italiano, e Raffaele Guariniello lasciano intendere che il lavoro del Parlamento non sia stato così accurato come ci si aspetterebbe per una normativa attesa da vent’anni almeno.
Intanto il 28 maggio — data in cui è fissata l’udienza preliminare del procedimento “ambiente svenduto” — si avvicina.
I legali dell’Ilva avevano ipotizzato di chiedere l’applicazione di una pena che prevedeva una multa da 3 milioni di euro, l’interdizione per 8 mesi e la confisca di 2 miliardi di euro come profitto del reato.
Nei fatti l’uscita dell’Ilva dal processo penale, però, avrebbe gravato solo sulle tasche dei cittadini: i due miliardi di euro per il risarcimento, infatti, sarebbero stati recuperati grazie a obbligazioni garantite dallo Stato in attesa che fossero svincolati i soldi sequestrati su alcuni conti svizzeri alla famiglia Riva dalla Procura di Milano (che indaga per evasione fiscale) e da usare per il risanamento della fabbrica secondo un decreto del governo di Mario Monti (il Guardasigilli, come si sa, era Paola Severino).
Sul piano giuridico, però, il patteggiamento qualcosa lo avrebbe prodotto eccome: l’ammissione di responsabilità dell’azienda (cioè il commissario) avrebbe pregiudicato in modo significativo la posizione penale degli altri imputati.
I Riva, infatti, lo hanno interpretato come una sorta di tradimento della struttura commissariale.
Come che sia, qualcosa durante il cammino verso il patteggiamento deve essersi inceppato.
E stando a quanto riferito da fonti interne all’azienda, uno dei principali oppositori alla proposta di patteggiamento sarebbe l’ex ministro della Giustizia Paola Severino che, da consulente legale di Gnudi, difende l’Ilva commissariata nel procedimento in corso al Tribunale di Milano.
L’ex Guardasigilli, peraltro, ha una discreta competenza in tema di disastri ambientali visto che fu nel collegio di difesa della Montedison anche nel caso della discarica di Bussi, in Abruzzo, su cui — dopo le rivelazioni del Fatto Quotidiano — ora indaga il Csm per presunte pressioni sui giudici popolari per far assolvere l’azienda.
Ora, curiosamente, proprio l’ex Guardasigilli che contribuì a scrivere il decreto che consentiva l’utilizzo dei fondi svizzeri, sembra intenzionata a consigliare all’azienda di fare un passo indietro.
Il motivo? Si teme che il patteggiamento a Taranto possa condizionare la banca svizzera spingendola a non svincolare il miliardo e 200 milioni di euro sequestrati alla famiglia Riva.
Un punto che però — secondo fonti aziendali — è particolarmente pretestuoso: “La Svizzera sbloccherà il denaro solo quando ci sarà una sentenza definitiva di condanna a Milano”.
Tutti lo sanno, insomma, ma nessuno lo dice.
Un’ipotesi che, visti i tempi della giustizia italiana e un maxi-processo con oltre 50 imputati, non promette bene. Anzi.
Francesco Casula e Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 22nd, 2015 Riccardo Fucile
RISCHIO AUMENTO TASSE SULLA BENZINA. IL TESORO CERCA A CHI SOTTRARRE I QUATTRINI
Renzi alle prese con un altro buco, di 700 milioni di euro, nei conti pubblici.
La tegola, questa volta, non arriva dalla Corte Costituzionale ma da Bruxelles.
La Commissione europea ha comunicato al Consiglio che si oppone alla richiesta italiana di deroga per estendere la ‘reverse charge’ dell’Iva alla grande distribuzione perchè non è in linea con l’articolo 395 della direttiva sull’Iva. Lo ‘split payment’, invece, è ancora sotto esame.
La reverse charge vale circa 728 milioni nel bilancio. Detta anche ‘inversione contabile’, ha come obiettivo quello di ridurre l’evasione fiscale dell’imposta.
Tuttavia, ha subito incontrato forti opposizioni: Confindustria a marzo ha presentato ricorso alla Commissione Ue per gli “effetti devastanti sulla liquidità delle imprese e sui piani di investimento futuri”.
E in effetti, a Roma la bocciatura dell’Ue, era oramai data per scontata.
L’imposta sul valore aggiunto, con il nuovo meccanismo introdotto dal governo Renzi nella legge di Stabilità (ma non ancora in vigore senza il via libero di Bruxelles), verrebbe pagata all’Erario direttamente dagli acquirenti del prodotto e non dai venditori.
Le imprese della grande distribuzione, in questo caso, finirebbero in credito nei confronti dello Stato.
Secondo la valutazione della Commissione, però, “non ci sono prove sufficienti” per cui la misura richiesta contribuirebbe alla lotta contro le frodi e l’evasione.
Non solo: la Commissione ha aggiunto che questa misura potrebbe comportare “elevati rischi” di spostamento delle frodi verso il settore retail e altri Stati membri.
Il governo si era cautelato per fronteggiare l’eventuale (ora effettiva) bocciatura europea del ‘reverse charge’ prevedendo l’aumento delle accise della benzina e del gasolio da far scattare dopo il 30 giugno.
Con la bocciatura dovrebbe scattare automaticamente dal 1 luglio l’aumento delle accise per circa 700 milioni. Il governo pensava di intervenire con il ‘tesoretto’, che però adesso è stato già usato per applicare la sentenza della corte costituzionale sulle pensioni.
Tuttavia, una settimana fa, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aveva dichiarato che “c’è l’impegno del governo ad eliminare tutte le clausole di salvaguardia, ma prima vediamo cosa dice l’Unione Europea”.
Ora che la Commissione ha parlato, la palla passa al duo Renzi-Padoan.
L’obiettivo è evitare l’aumento delle accise sulla benzina entro il 30 giugno.
Intanto il Tesoro, cerca di rassicurare gli italiani: “Resta fermo l’impegno del governo a non far scattare la clausola di salvaguardia”.
Cercasi altre vittime cui praticare i tagli.
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Maggio 22nd, 2015 Riccardo Fucile
SE IL SINDACO DI SALERNO VINCERA’ AVRA’ VINTO RENZI, SE SARA’ SCONFITTO AVRA’ PERSO DE LUCA
Alla fine, bon grè mal grè, l’abbraccio per i flash: “Oggi – scherza il premier – ci facciamo l’album insieme”.
Anche se si capisce che la scintilla con Vincenzo De Luca non è scattata. Anzi, più volte il premier ripete: “Si può stare in un partito, pensarla in maniera diversa ed essere comunque amici”.
Alla fine, bon grè mal grè, Matteo Renzi mette la sua faccia, e quella del Pd, sulle elezioni da cui finora si era tenuto alla larga: “I prossimi dieci giorni saranno di impegno totale da parte del Pd perchè vinca De Luca”.
Visita lampo, nella Svizzera di “Enzo”, Salerno.
Atterraggio attorno alle 13, ripartenza poco dopo le 16, tappe veloci – porto cittadella giudiziaria, incontro con i lavoratori della Whirlpool — gran finale all’Hotel Mediterranea con i candidati del Pd.
Non proprio un bagno di folla, quanto basta per incassare i titoli su Renzi che sostiene De Luca, dopo la freddezza delle scorse settimane.
Secondo la più classica operazione di storytelling renziana, il premier punta tutto sull’immagine del bravo sindaco e dell’efficiente amministratore, glissando la questione degli impresentabili: “Al di là delle valutazioni, se la Campania sarà amministrata nei prossimi anni come è stata amministrata Salerno, il Pil del paese crescerà tra lo zero e cinque e l’un per cento. Con la Campania crescerà il paese”.
È tutto qui il senso dell’operazione, che non cancella la lontananza tra il fantastico mondo renziano e il crudo mondo di De Luca: “Io facevo il sindaco e Enzo era sempre il sindaco più amato”.
Enzo, giacca e cravatta come i politici di una volta, picchia come un fabbro su Caldoro, dossier dopo dossier: sanità , trasporti, servizi, burocrazia.
Pare Crozza che lo imita quando scandisce roboante: “Gli impresentabili sono quelli che tolgono la speranza di futuro a una generazione”.
Scamiciato, sbottonatissimo, Matteo evita, come ha fatto finora, frontali col governatore uscente che nei giorni scorsi ha lodato perchè non ha aumentato le tasse, limitandosi a qualche spot su De Luca: “Quando facevo il sindaco a Firenze avevo il problema delle scritte sui muri. E guardai il video di De Luca che parlava di ‘frullino amoroso’ (il firmatario di una scritta sui muri dedicata alla fidanzata preso in giro da De Luca in tv, ndr). Chissà se la fidanzata di ‘frullino amoroso’ ha lasciato il suo fidanzato per colpa di De Luca. Se così fosse voterà per Caldoro”.
E soprattutto, il premier evita gli argomenti che hanno segnato la campagna elettorale in Campania.
Evita di parlare della decadenza del candidato governatore, per effetto della Severino: “L’attenzione sul Pd è straordinaria, forse perchè il Pd è un punto di riferimento ma io non vedo l’ora di assistere alle primarie dall’altra parte per verificare come il grado di democrazia interna diventerà maggiorenne in Italia”.
Ed evita soprattutto la questione degli impresentabili in lista: “La camorra — dice – non si combatte con un articolo di giornale ma portando lavoro e sviluppo. La camorra si compatte corpo a corpo, portando occupazione sui territori”.
Difficile non vedere un riferimento, sia pur non diretto alle critiche della stampa e di Roberto Saviano, che denunciò: “Nelle liste di De Luca c’è Gomorra”.
E difficile è non vedere un altro riferimento, sia pur indiretto, quando il premier scandisce: “Non solo falso in bilancio, ma pure pene più dure sulla corruzione. questo governo non prende lezioni da nessuno sulla legalità ”
Si capisce che, nella filosofia renziana, che l’importante è vincere, è il numero di bandierine che, a urne chiuse, saranno piantate su ogni regione.
E al sei a uno adesso il premier ci crede davvero. Non è un caso, sussurrano i colonnelli di De Luca, che Renzi “ci ha messo il cappello ora che è chiaro che Vincenzo vince”, mentre prima si era tenuto equidistante: “Il suo approccio resta che se vince De Luca ha vinto lui, se invece perde ha perso De Luca.
Infatti con Caldoro è rimasto corretto, non attaccandolo mai, perchè, nel caso, è perfetto per il partito della Nazione”.
E per il gran finale, nell’agenda del premier, non c’è ancora traccia di una sua calata su Napoli. E di un bagno vero di folla.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 22nd, 2015 Riccardo Fucile
IL GRILLINO DI ARMA DI TAGGIA CON AMICIZIE PERICOLOSE NON HA FATTO IL PASSO INDIETRO ANNUNCIATO … IL SUO NOME E’ SUI MANIFESTI ELETTORALI
Daniele Comandini (“fiero” dell’amicizia fraterna con l’esponente della nota famiglia di ‘ndrangheta dei Maffodda) è a pieno titolo candidato come capolista del M5S di Imperia.
Non c’è stata alcuna “rinuncia” alla candidatura e quindi è votabile ed eleggibile alle prossime elezioni regionali nella lista del M5S.
Quello presentato dalla Salvatore e dall’On. Fico come un “ritiro” non è stato altro che un inconfutabile bluff, rilanciato ora dall’On. Sibilia.
I candidati alle elezioni regionali per “rinunciare” alla candidatura possono, prima delle votazione, presentare una “rinuncia autenticata” come indicato dal Ministero dell’Interno, nelle stesse modalità di presentazione della candidatura.
Se Comandini voleva rinunciare (e vuole “rinunciare”) alla candidatura può farlo nei modi e termini previsti dalle norme vigenti.
Se lo avesse fatto quando hanno dichiarato il “passo indietro”, cioè la scorsa settimana, il suo nominativo non sarebbe stato nemmeno stampato sui manifesti ufficiali delle Elezioni del 31 maggio.
La “promessa” di dimissioni, così come un fantomatico “impegno con il M5S” per dimettersi una volta eletto, non ha alcun valore e può essere disattesa senza nemmeno un battere di ciglia.
Se da candidato, con i voti di preferenza, verrà eletto, Comandini non risponderà delle promesse elettorali o di accordi privatistici, da quel momento è un eletto senza vincolo di mandato ed il M5S non potrà mai pretendere l’esecuzione delle sue dimissioni “promesse”.
Quindi, se è grave questo bluff targato M5S verso i cittadini elettori, sorge doverosa una domanda: perchè il M5S non vuole rinunciare alla candidatura di Comandini?
E poi perchè non c’è ancora stata una dichiarazione netta di condanna delle famiglie mafiose, tra cui la famiglia di ‘ndrangheta dei Mafodda, con messaggio inequivocabile di rigetto sociale ed anche dei loro voti, da parte del M5S?
Casa della Legalità
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Maggio 22nd, 2015 Riccardo Fucile
MENO PESI PER I CENTRI DI ACCOGLIENZA, MA L’ITALIA DEVE RISPETTARE LE REGOLE
Adesso il numero è scritto. L’orientamento definito dai tecnici di Bruxelles è che la Commissione europea, nella riunione di mercoledì, debba proporre ai governi dell’Unione di redistribuire su base obbligatoria 40 mila dei migranti in fuga dalle guerre, quelli che hanno attraversato il Mediterraneo e sono sbarcati sulle nostre coste. Secondo quanto risulta alla Stampa, il 60 per cento verrà prelevato dall’Italia (24 mila, poche ore fa era stato comunicato 22 mila), il resto dalla Grecia (16 mila).
La mossa alleggerirebbe in parte il peso sui centri di accoglienza dei due paesi più esposti all’emergenza e, per la prima volta, creerebbe un meccanismo di solidarietà obbligatorio per riallocare chi ha diritto alla protezione.
È un impianto, va precisato, che non riguarda in alcun modo i migranti economici e chi non può ottenere l’asilo: «Chi può essere rimandato a casa, deve essere rimandato a casa – assicura un alto funzionario -. Ci sono le regole, basta applicarle».
Il condizionale resta d’obbligo.
La certezza sui numeri e i metodi, per ora in bozza e senza sigillo “politico”, si avrà solo a metà settimana quando il collegio dei commissari – a cui i Trattati attribuiscono il ruolo di scrivere le proposte nominative europee – varerà l’insieme delle disposizioni operative per la sua Agenda Immigrazione.
Potrebbe cambiare qualche cifra, magari anche crescere, però l’ordine di grandezza dovrebbe essere assodato.
Il pacchetto di base, approvato dieci giorni fa, crea le fondamenta per una politica comune a ventotto in un settore che, fino a questo momento, è stato di competenza dei governi nazionali.
L’offensiva
Fra le altre cose, la strategia scritta dalla Commissione, e voluta con forza dal trio di testa Juncker-Mogherini-Avramopolous, conferisce più mezzi e fondi alla missione Triton; introduce un sistema temporaneo di distribuzione vincolante e di emergenza dei migranti che ne hanno diritto; apre un nuovo canale pilota obbligatorio per gli asilanti che ancora non sono sul territorio europeo (20 mila, per ora); pone le basi per schemi di accoglienza permanenti dal 2016; riapre il dibattito sul controverso regolamento di Dublino III che attribuisce al porto più vicino l’onere di registrazione etc. Si lavora anche uno strumento per la lotta ai trafficanti.
I 40mila
Nella comunicazione del 13 maggio mancava il numero da attribuire al meccanismo di ridistribuzione dei migranti arrivati, ovvero la risposta «cosa ne facciamo dopo averli salvati?».
Si era parlato di ventimila anime, adesso la Commissione è intenzionata a raddoppiare: è un precedente, più che una soluzione, visto che da noi gli arrivi del 2015 erano 37.982 mila il 17 maggio.
Se il Consiglio – cioè i governi a cui spetta l’ultima parola – sarà d’accordo, da luglio partirà lo smistamento organizzato su una base di criteri, fra cui pil, popolazione, disoccupazione, sforzi precedenti.
Nonostante le polemiche, il Team Juncker non intende cambiare la formula per questa decisione temporanea. Entro l’anno, presenterà una proposta per un sistema definitivo. Condizioni
La Commissione propone di alleggerire i centri di accoglienza greci e italiani a patto che i due paesi dimostrino pieno rigore nell’identificare e nel custodire (evitare cioè che i centri di accoglienza siano un colabrodo e rispedire al mittente chi non ha diritto di restare). È il principio della solidarietà in cambio della responsabilità .
Triton
La proposta della Commissione è di triplicare i fondi e aumentare le navi. A conti fatti, la missione navale finirà per assomigliare a quella che l’ha preceduta, la vituperata Mare Nostrum.
Attesa la decisione di consentire l’allargamento dell’area di azione oltre le 30 miglia marittime (sino a 50, con ogni probabilità ». E una maggiore flessibilità nel poter effettuare manovre di “Search and Rescue”, cosa che sinora non faceva parte del mandato).
L’iter
Lunedì i capi di gabinetto dei ventotto commissari Ue chiuderanno il pacchetto. Mercoledì il collegio lo varerà , sfidando ogni polemica, perchè questa è la determinazione del presidente Juncker che vuole costringere gli stati membri a essere solidali oppure a prendersi la responsabilità del loro rifiuto.
Il 15 giugno primo esame politico al Consiglio dei ministri degli Interni.
Decisione finale al vertice Ue del 25-26 giungo, insieme con la missione navale davanti alla Libia che si spera nel frattempo sia stata sdoganata dall’Onu.
Alcuni paesi non parteciperanno all’Agenda e alla redistribuzione (Regno Unito, Danimarca, Irlanda).
Altri potrebbero votare contro. La Francia è incerta, la Germania è favorevole con fermezza, come l’Italia.
Nonostante i dinieghi, e le proteste accese, la maggioranza per approvare l’intero disposto, dovrebbero esserci.
Salvo i soliti imprevisti e colpi di scena.
(da “La Stampa”)
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Maggio 22nd, 2015 Riccardo Fucile
LA DIFESA DI NICK ‘O MERIKANO E I TATUAGGI DELLA PASCALE: IL BAGAGLINO DI SILVIO SBARCA A NAPOLI
In Campania, veritas.
All’ombra del Vesuvio al cuor di Silvio Berlusconi non si comanda: “Mi auguro — dice -che il calvario di Nicola Cosentino finisca presto”.
Poco distante, Stefano Caldoro, è una sfinge.
Assiste con aplomb anglosassone a una visita che avrebbe evitato. Ascolta la difesa del “re degli impresentabili”, quel Nick ‘o merikano che è stato, per anni, il suo primo nemico.
Prosegue Berlusconi, parlando dell’ex sottosegretario arrestato per camorra: “Ho avuto con lui relazioni politiche e per lui ho avuto e ho stima. Per il resto non posso esprimere un giudizio”.
Parole pesanti, che evocano l’antico legame. Perchè Cosentino è stato per diversi lustri il vero vicerè berlusconiano in Campania.
Attivo nel risolvere l’emergenza rifiuti più della protezione civile grazie alla sua rete sul territorio, fu il protagonista assoluto della gestione del Noemigate.
Come rivelò in una intervista a Conchita Sannino su Repubblica fu lui che trovò il sistema per mettere a tacere la famiglia di Noemi e quella della sua amica Roberta Oronzo, l’amica minorenne invitata a Villa Certosa.
Ecco, il grande bagaglino berlusconiano sbarca a Napoli col suo rumoroso carico di antichi spettri e nuovi sogni di gloria.
Francesca Pascale, di bianco vestita, sorride coi giornalisti sul lungomare davanti all’Hotel Vesuvio, dove alloggiò per mesi ai tempi in cui gestiva il club Silvio ci manchi ed era candidata alle provinciali.
Mostra il tatuaggio che a Silvio non piace, racconta che non gli piacciono neanche i jeans, per non parlare della moto.
A lei invece piace tutto del compagno che chiama “Presidente”: “Successione? Non mi preoccuperei un leader vero manca alla Sinistra noi ce l’abbiamo. Quando finirà il ciclo di Silvio Berlusconi vedremo cosa succederà , per adesso non è finito”.
Ciclo che è finito per tutti.
Per la gente, che fuori dall’albergo era meno del solito.
Per Salvini, che ospite a Coffee break aveva già rispedito al mittente la solita proposta di Berlusconi di fare un partito unico, ma senza scegliere il leader con le primarie: “Non ci sono eredi e dinastie — ha detto Salvini — ma cittadini che dovranno scegliere programma e candidati per sfidare Renzi”.
Parole a cui l’ex premier risponde stizzito: “Con la destra provocatoria non si conquista il governo”.
Ciclo finito, sussurrano fonti vicine al canidato, pure per Caldoro che ormai si sente più vicino al Partito della Nazione di Renzi che alla Mussolini che ha monopolizzato la conferenza stampa con la maglietta con le scritte iamm a votà .
Ed è proprio tra quelli della cerchia ristretta del candidato governatore che si teme che il grande ritorno del Cavaliere a Napoli si riveli come il più classico dei “baci della morte”.
Perchè di questi tempi l’effetto Berlusconi rischia di essere negativo. Silvio che difende Cosentino riappropriandosi del tema impresentabili finora ricaduto sulla sinistra, Silvio che nega le primarie, Silvio col suo codazzo che mezza Napoli non ama, a partire dalla tatuata first lady: tutta roba, spiegano gli spin doctor attorno a Caldoro, che rischia di risvegliare un pezzo di quell’elettorato anti-berlusconiano al momento dormiente.
Mentre, almeno questa è la sensazione, l’elettorato azzurro appare assai poco motivato dell’ennesima promessa di un nuovo inizio: “Un rassemblement di moderati dove lo spazio venga lasciato solo a persone che vengano dal mondo delle imprese, del lavoro, del volontariato e della cultura e si abbia il coraggio di escludere quei protagonisti della politica che hanno dimostrato di agire solo per il loro tornaconto”.
Chi siano, non si sa.
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 22nd, 2015 Riccardo Fucile
ALLA PRIMA UDIENZA IL LEGALE DEL RAGAZZO SI OPPONE ALL’ESTRADIZIONE: “ESTRANEO AI FATTI, DA FEBBRAIO E’ SEMPRE STATO IN ITALIA”
“Sono innocente, è un errore”. E ancora: “Non c’entro nulla, non mi spiego come questo sia potuto accadere”.
Il marocchino Abdel Majid Touil, arrestato a Milano per la strage di Tunisi, davanti al giudice del procedimento per l’estradizione ha ribadito la sua innocenza.
“Da febbraio, quando sono arrivato, sono sempre rimasto in Italia dove sono arrivato dalla Libia per stare con la mia famiglia”.
Lo ha riferito il suo legale, l’avvocato Silvia Fiorentino al termine dell’udienza-interrogatorio durata oltre un’ora nel carcere milanese di San Vittore dove si trova in isolamento.
Touil è “provato e spaventato – ha spiegato l’avvocato – compatibilmente con la sua condizione di carcerato innocente, sta bene”.
Touil si è – come ci si aspettava – opposto all’estradizione. “La versione racconta da Touil è coerente, non si è mai mosso dall’Italia, come avevano detto i genitori”, ha aggiunto Fiorentino, convinta che “in questo caso possano esserci tempistiche più rapide” per fare chiarezza sulla vicenda rispetto ai 40 giorni di tempo a disposizione delle autorità tunisine per inoltrare formalmente all’Italia la richiesta di consegna di Touil con i relativi atti.
Il legale, uscendo da San Vittore, ha spiegato che l’udienza di oggi “è andata bene”, ma che era soltanto un’udienza tecnica in cui è stata effettuata l’identificazione e nella quale è stato chiesto al giovane se volesse dare il consenso alla sua consegna alle autorità tunisine, “consenso che ovviamente non è stato dato”.
Il legale ha chiarito inoltre che non era un’udienza per la convalida del mandato d’arresto “che è già stato convalidato de plano due giorni fa”.
L’avvocato ha riferito che Touil “sta bene, come starei io se fossi portata in carcere e accusata di terrorismo internazionale” e ha spiegato che per la prima volta oggi è riuscita a parlare compiutamente con il suo assistito grazie alla presenza dell’interprete.
“Touil ha dato tutti i chiarimenti al giudice – ha detto ancora – professandosi innocente. Respinge ogni addebito e la sua versione corrisponde a quella dei suoi familiari: è sempre stato in Italia e non si è mai allontanato”.
Rispondendo alle domande dei cronisti, inoltre, il legale ha chiarito che allo stato “non è emersa” una possibile ipotesi di scambio di persona.
Il ragazzo ha ribadito la sua innocenza anche oggi, dunque, dopo che sul suo arresto si sono accumulati non pochi dubbi.
Per i pm italiani si trovava in Italia nei giorni della strage, come certificato dai registri della scuola di italiano che frequenta e come testimoniato da partenti e vicini.
“Perchè sono qui? Non capisco, non ho fatto nulla”. Touil, arrestato ormai tre giorni fa per l’attentato al museo del Bardo, lo continua a ripetere.
Lo ha fatto anche questa mattina presto, in arabo, davanti a chi ha avuto modo di incontrarlo.
La convalida dell’arresto rappresenta un passaggio puramente formale: il giudice si limita a confermare la richiesta di custodia cautelare disposta per lui dalle autorità tunisine attraverso un mandato di arresto internazionale.
Serve a effettuare l’identificazione formale del presunto terrorista, al quale viene chiesto il consenso all’estradizione. Consenso che non c’è stato.
A questo punto, bisognerà fissare un’altra udienza in attesa che dal ministero della Giustizia arrivino agli atti di indagine da parte della Tunisia che li trasmetterà a Roma insieme alla richiesta formale di estradizione.
Carte che arriveranno sul tavolo della Procura generale di Milano e che serviranno a pianificare la requisitoria dell’accusa.
Saranno poi i giudici della quinta Corte d’appello, al termine di un’udienza camerale dove è previsto il contraddittorio tra le parti, a decidere se accogliere o meno la richiesta di estradizione. Decisione che sarà formalizzata attraverso una sentenza.
La palla passerà poi al ministero della Giustizia, al quale spetta l’ultima parola su una decisione “politica” come l’estradizione di un presunto terrorista.
Intanto, gli accertamenti condotti in questi ultimi giorni dai carabinieri del Ros e dagli agenti della Digos coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli hanno dimostrato che Touil si trovava in Italia il 18 marzo scorso, giorno dell’attentato al Bardo, ma anche nei giorni immediatamente precedenti e successivi.
Il che escluderebbe un suo coinvolgimento come esecutore materiale nella strage.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 22nd, 2015 Riccardo Fucile
IL MOVIMENTO DI FITTO ACCOLTO CALOROSAMENTE NELL’AECR, L’ALLEANZA DI PARTITI CHE IN 16 PAESI EUROPEI FANNO RIFERIMENTO AI CONSERVATORI E RIFORMISTI
Martedì scorso Raffaele Fitto è entrato nel gruppo parlamentare Ecr (Conservatori e Riformisti europei).
Oggi a Winchester (Uk) il movimento politico italiano lanciato da Fitto (Conservatori e Riformisti, che ha dunque assunto la medesima denominazione del gruppo europeo di riferimento) e’ stato accolto nell’Aecr, cioè l’alleanza dei partiti e movimenti che, in 16 Paesi europei, fanno riferimento alla famiglia conservatrice.
“È un grande onore e un privilegio per me essere qui per presentarvi il nostro nuovo movimento italiano di centrodestra. Abbiamo deciso di chiamarlo “Conservatori e Riformisti”. Per noi, il Governo guidato da David Cameron rappresenta un vero modello. I risultati economici di Cameron non sono solo il frutto faticoso di un’amministrazione saggia e prudente, il risultato di una leaderhip efficace e di una squadra competente, ma soprattutto il prodotto di principi e convinzioni chiare” ha esordito Fitto nel suo intervento.
“La grande vittoria di Cameron è stata costruita su idee e valori: dimostra che ridurre la dimensione e il peso dello Stato, dare spazio alla società , liberare le energie di famiglie e imprese, funziona. Il libero mercato, la riduzione della pressione fiscale e burocratica non sono solo teorie accademiche: sono una ragionevole ed efficace dimostrazione di buon senso, una risposta pratica e concreta alle attese e alle aspirazioni delle persone” ha continuato l’europarlamentare pugliese .
Per poi toccare il tema Ue: “troppi euroburocrati sono orientati a non chiedere l’opinione della gente, forse perchè hanno paura delle risposte. Nelle istituzioni europee, socialisti e PPE sono troppo spesso alleati nell’alimentare e nel rafforzare una sorta di leviatano fiscale e burocratico europeo”.
Fitto ha concluso con un riferimento italiano: “In Italia, tocca a noi creare un nuovo, forte e credibile movimento di centrodestra, per sfidare Renzi e il Partito Democratico di sinistra. Questa è la nostra missione, sarà un grande onore imparare dalla vostra esperienza.”
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