Maggio 1st, 2015 Riccardo Fucile
EXPO, DISORDINI MILANO: “ABBIAMO SCELTO IL MALE MINORE”
“Abbiamo optato per la logica del male minore. Danni, certo, ma sempre contenuti rispetto a quello che avrebbero potuto esserci. Soprattutto, nessun ferito”.
Alle sette di sera gli uomini del questore di Milano Luigi Savina, il regista del dispositivo di ordine pubblico di oggi e dei prossimi sei mesi di Expo, sanno di essere solo all’inizio di una lunga prova.
L’inizio può non essere sembrato dei migliori ma dal loro punto di vista è stata una “devastazione contenuta”: “Gli incidenti di oggi erano previsti, quasi calcolati” ripetono.
Il male minore, appunto, rispetto a reazioni più strutturate.
“Quando si dà ordine al reparto mobile di partire — tagliano corto in questura – si sa come inizia ma non come e quando finisce. Non è possibile fare un intervento chirurgico in un corteo dove i devastatori sono mescolati a studenti anche minorenni. Qualcuno voleva un’altra Genova? Noi no, quindi va bene così”.
Tra i responsabili dell’ordine pubblico c’è fastidio perchè l’eco delle polemiche, merce fresca per la campagna elettorale, arriva subito.
E c’è molta rabbia: “Questi professionisti dello sfascio sono dei vigliacchi: quando li stavamo stringendo, hanno alzato fumo con i razzi per nascondersi, si sono cambiati d’abito, hanno lasciato in terra i loro stracci neri e sono scappati via”.
Mescolandosi agli altri. Ne hanno fermati una ventina. Chissà se sono quelli giusti.
Soprattutto sono troppo pochi rispetto ai 700 circa misurati oggi in azione.
Negli uffici di via Fatebenefratelli, sede della questura, non è tempo, stasera, di bilanci e analisi.
C’è la serata alla Scala con la Turandot, per i manifestanti obiettivo alto tanto quanto Expo.
C’è la notte, il campeggio “NoExpo” a parco Trenno in zona san Siro e le altre manifestazioni, minori, previste per sabato e domenica. E’ solo la prima di una serie lunghissima di giornate difficili.
Il questore Savina è stato un ottimo investigatore, squadre mobili, prima di tutto quella di Palermo.
Gestire l’ordine pubblico è un’altra faccenda, complicata in un paese dove la cronaca ha dimostrato che se non fai passi per incapace ma se fai diventi un violento.
Il confine in ordine pubblico è labile. E gli interventi chirurgici sono materia di prevenzione.
Mentre i servizi di presidio restano tutti allertati e mobilitati, i collaboratori del questore rivendicano un dispositivo di ordine pubblico che “esclude il contatto fisico con i manifestanti, ha previsto l’uso di strumenti come gli idranti e di barriere, come le grate di metallo alte tre metri, e prevede come estrema ratio l’intervento dei reparti”.
Che infatti si sono visti marciare in assetto antisommossa senza però reagire per delimitare il terreno degli scontri tra Corso Magenta, via Carducci, piazzale Cadorna e via De Amicis.
Savina spiega e rivendica di non aver abboccato a quello che è stata “una precisa tecnica militare” dei black bloc: “Hanno usato la tecnica del mordi e fuggi, molteplici e contemporanei attacchi, per costringere i reparti a lasciare sguarniti gli accessi in direzione piazza Duomo e centro storico e piazza Castello”.
Zone, tra l’altro, piene di obiettivi e dove sono ancora aperti molti cantieri, naturali depositi di “armi” come sbarre di ferro, cartelli, pietre. “Se arrivavano in piazza Duomo dove stanno ancora smontato le impalcature del concerto, beh… altro che devastazione”.
Il dispositivo di ordine pubblico non viene quindi cambiato.
Perquisizioni e operazioni di prevenzione andranno avanti nelle prossime ore. Altre indagini saranno fatte grazie alle cinquemila telecamere che hanno già consegnato agli investigatori minuti e minuti di filmati in cui, lasciano intendere in questura, “vediamo chiaramente quando alcuni manifestanti inseriti in modo anonimo nel corteo hanno cominciato a travisarsi e sono diventati black block”.
Il prefetto Armando Forgiane, responsabile al Viminale del servizio nazionale ordine pubblico, in serata dice a “Otto e ½” che a Milano “ci poteva scappare il morto e non c’è stato neppure un ferito”.
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 1st, 2015 Riccardo Fucile
LE MISE ELEGANTI DELLA CERIMONIA, I CAPPUCCI E LE MASCHERE ANTIGAS DELLE TUTE NERE, LE SCOPE DEI MILANESI FERITI
Unico trait d’union, uguale per tutti: il cielo compatto e grigio.
Per il resto, Milano in questo primo maggio 2015 le ha viste davvero tutte o comunque troppe per un solo giorno.
C’è il potere dell’Expo, i suoi padiglioni coloratissimi come quelli di un luna park, un set montato per durare sei mesi e poi via, chissà dove, a parte il padiglione Italia che resta.
Le autorità politiche e istituzionali, dal premier Matteo Renzi ai leader africani e arabi, il potere di chi lo esercita o ci vive dentro, tutti all’Open Air Theatre dell’Expo per l’inaugurazione.
E poi chi tutto questo potere lo contesta: i casseur entrati in azione alla manifestazione ‘MayDay’, corteo del lavoro precario che da anni sfila a Milano il primo maggio, è il corteo che anni fa si è inventato anche i santini di ‘San precario’, mai aveva conosciuto devastazioni e tafferugli.
E poi c’è la normalità dei milanesi: alcuni di loro scendono in piazza a pulire dopo l’inferno che per qualche ora scatena in centro, tra Corso Magenta e via Francesco Monti e poi giù verso piazza Mario Pagano, punto di conclusione del corteo.
Dai tacchi dell’Expo agli anfibi dei No Expo. Dalle mise eleganti della cerimonia ai cappucci neri e le maschere antigas che a fine corteo formano un tappeto in via D’Arezzo, poco prima di piazza Pagano: è lì che i black si svestono per evitare l’identificazione.
E’ lì che alcuni milanesi scendono in strada a pulire. Ed è lì che alcuni manifestanti invece rovistano tra la roba lasciata a terra. Ci sono scarpe e pantaloni, giubbotti e maglioni. Una ragazza prende una felpa nera con la stella rossa: “Bella, me la prendo!”.
Anche qui si può raccattare qualcosa, mica solo allo shopping di cibo dell’Expo. E c’è da dire che è la prima volta che in Italia i black bloc si disfano dei loro indumenti per tornare ad abiti normali, indossati sotto le tute nere. E’ una tecnica da casseur europei, è arrivata anche in Italia.
Expo e No Expo, due facce di una medaglia sociale che si sapeva sarebbe venuta allo scontro oggi, data la composizione molto radical della manifestazione pomeridiana. Expo è il trionfo del cibo, anche se c’è da dire che nel giorno dell’inaugurazione è difficile mangiare se non nei padiglioni di Eataly e gli altri italiani.
Vietnam e Corea non sono ancora pronti con la cucina e il giapponese non ha il sushi: “Arriverà solo ad agosto”, ci dice la cameriera, gentilissima.
Ma come? Il No Expo contesta, non crede alle buone intenzioni suggerite dall’intervento di Papa Francesco e professate dai politici sulla fame nel mondo, urla che il lavoro è precario all’Expo e fuori, dice che “nutrire le multinazionali”, come McDonald e Coca Cola che hanno stand all’Expo, “è nocivo per il pianeta”, conclude con uno striscione emblematico: “Ai ricchi il biologico, ai poveri il cancerogeno”.
Il cittadino milanese, che si affaccia al corteo e che magari ha in mente di fare un salto a Expo prima o poi, scuote la testa di fronte alle macchine incendiate e alle vetrine infrante di Largo D’Ancona, Cariparma è a pezzi e così anche il Banco Desio, di là c’è il ‘cadavere’ di un motorino, di qua il palazzo dell’Enel sul quale i casseur si sono particolarmente accaniti.
“Una cosa così a Milano non me la ricordavo dagli anni ’70”, ci dice. E non capisce. E poi ci sono le forze dell’ordine: gestione soft in piazza, contenimento, idranti e lacrimogeni, nessuna carica aggressiva.
Sarà l’effetto della recente sentenza della corte europea di Strasburgo sulle torture alla Diaz?
Su Milano piove una pioggia fine e pesante che sembra Dublino.
I vip si preparano per la serata di gala alla Scala, la Turandot di Puccini che conclude la loro giornata di festa per il primo giorno di Expo.
I black bloc non sono più black e si rintanano nei loro rifugi (a parte una ventina di fermati), lasciando una scia di allerta intorno alla sfilata delle autorità alla Scala: del resto, succede ad ogni prima di stagione, ogni anno, dagli anni ’70 in poi.
Il milanese medio resta a casa con questa pioggia: non è aria, sarà primo maggio un’altra volta.
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 1st, 2015 Riccardo Fucile
RINGRAZIA LA MORATTI MA NON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO CHE VOLLE L’EXPO A MILANO
Tra le persone ringraziate dal premier Matteo Renzi nel suo discorso di inaugurazione di Expo c’è un assente ingombrante.
Il presidente del Consiglio, oltre a salutare Giorgio Napolitano e il commissario Giuseppe Sala, ha voluto fare un omaggio particolare all’ex sindaco di Milano Letizia Moratti: “Fatemi dire grazie in particolare a Letizia Moratti che ha avuto l’intuizione di questo evento e ha avuto il desiderio di scegliere questi temi”.
Nessuna parola, nessun cenno invece a chi, siamo nel 2006, era al governo e pure si è speso per la candidatura ufficiale di Milano per l’Expo: era il secondo governo di Romano Prodi.
Il Professore, a quanto risulta all’Huffington Post, è rimasto particolarmente amareggiato per la mancata citazione nel giorno più importante, il via ufficiale dell’Esposizione universale.
Non solo dispiaciuto: anche offeso per lo sgarbo che considera “gratuito” nei suoi confronti, lasciando l’Expo pochi minuti dopo la fine del discorso di Renzi.
Secondo persone vicine all’ex premier, si tratterebbe del secondo sgarbo dopo quello sulla Libia.
È stato il suo governo, e lui in prima persona, a volere l’Expo a Milano.
Al suo arrivo, oggi, alla cerimonia ufficiale Prodi lo aveva rimarcato: “Abbiamo fatto una bella battaglia con Turchia e Corea del Sud”.
Così Rosi Bindi, che faceva parte del secondo governo Prodi, ha bacchettato il premier per la sua dimenticanza (o piccola rivincita, visti le recenti polemiche tra il premier e il Professore?).
“Il discorso di Renzi mi è piaciuto, non è la parte peggiore di lui: queste cose le sa fare bene anche se a volte si dimentica qualche nome. Come si fa a citare Letizia Moratti – ha attaccato Bindi – e a non citare quel governo di cui ho fatto parte dal quale è partito tutto?”.
“Senza Romano Prodi e il suo governo oggi si sarebbe inaugurato l’Expo a Smirne e non a Milano. Questo va detto per amor di verità “, ha detto la prodiana e portavoce dell’allora governo Sandra Zampa.
“Prodi passò ore e notti intere, quando era presidente del Consiglio, in contatti per sostenere la candidatura di Milano per l’Expo. E oggi lo hanno ringraziato in molti per questo, sia chi nel Mondo sostenne l’Italia con il voto sia nel centrodestra. Sarebbe stato giusto riconoscere il fondamentale contributo venuto dal governo Prodi senza il cui impegno oggi l’Expo ci sarebbe stato in Turchia e non a Milano”.
Ma a testimoniare il lavoro fatto dall’allora governo, ci sono anche alcune righe del libro di Enrico Letta “Andare insieme, andare lontano”.
Scrive l’ex premier sostituito da Renzi a Palazzo Chigi:
“Ricordo perfettamente la gestazione della candidatura. Secondo governo Prodi, notte tra il 29 e il 30 settembre 2006, seduta fiume per l’approvazione di una legge finanziaria molto complessa. Il Consiglio dei Ministri stanzia 5 milioni di euro per l’impostazione della candidatura all’Esposizione universale del 2055. Il tentativo precedente, quello fatto su Trieste con una brillante scommessa di Riccardo Illy, è sfumato di un soffio. Qualcuno mugugna perchè l’iniziativa gli sembra velleitaria, l’ennesimo passo più. (…). Prodi non solo tiene il punto, ma sceglie proprio Milano. Vale a dire, tra quelle in lizza, l’unica città governata dall’opposizione al governo di centrosinistra.
L’ex sindaco Letizia Moratti si è detta “commossa”, visibilmente con le lacrime agli occhi non nascondendo la sua emozione anche rispetto alla scelta di Renzi di riservarle un ringraziamento particolare per aver avuto “l’intuizione dell’Expo”.
“Sono molto emozionata – ha detto – questo è un sogno realizzato. Mi ha commosso il ringraziamento di Renzi – ha aggiunto -, non me lo aspettavo e devo dire che mi ha anche molto commosso l’applauso tantissimo che ne è scaturito: è come se fosse stato l’abbraccio della città “.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 1st, 2015 Riccardo Fucile
IL CORO DEI BAMBINI: DA “SIAMO PRONTI ALLA MORTE” A “SIAM PRONTI ALLA VITA”
Il direttore del coro dei bambini che ha cambiato l’Inno: «L’idea è di mia moglie e Renzi sapeva». «I bambini? Erano felici».
Spazza via così le polemiche Stefano Barzan, musicista e direttore del coro dei Piccoli Cantori di Milano.
«Siam pronti alla morte» diventa «Siam pronti alla vita» e subito partono le obiezioni. L’Inno cantato con questa piccola ma notevole modifica al testo ha scandalizzato molti.
E’ stato proprio lui, Barzan, milanese di origine veneta, 51 anni, a sentire disagio in quel passaggio tra le parole scritte dall’allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli nell’autunno del 1847.
«Basta polemiche, era solo un arrangiamento diverso»
«Ma come han modificato l’Inno? Non si può e non si deve», commentava qualcuno alla cerimonia di inaugurazione di Expo Milano 2015.
Su tutti ha prevalso la reazione di Agnese Landini, la moglie del premier, che inquadrata dalle telecamere, è stata colta in un momento di commozione.
«Abbiamo provato per dieci giorni», spiega Stefano Barzan.
«In quel passaggio, quelle parole “Siam pronti alla morte” stonavano in bocca a dei bambini. Così ne ho parlato a mia moglie e lei mi ha proposto la modifica: “Vita!” al posto di “Morte”.
Subito l’ho proposto al regista e al responsabile delle musiche. Loro erano entusiasti. Le istituzioni sono state avvertite. E dopo pochi giorni è arrivato l’ok».
Quindi Renzi è stato informato. E Barzan ha potuto procedere.
«In ogni caso a chi vuol fare polemiche rispondo che l’Inno di Mameli non è stato cambiato. Semplicemente, finito l’Inno è iniziata una seconda parte con un arrangiamento diverso. Questa volta liberamente ispirato all’Inno dal titolo Inno alla vita! Tutto qua».
E Renzi lo ha interpretato come un altro momento di «svolta».
Anzi il presidente del Consiglio, che ha preso la parola immediatamente al termine dell’esecuzione dell’inno, lo ha proprio citato, anzi scandito: «Sì, siamo pronti alla vita e siamo pronti a dire benvenuti».
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 1st, 2015 Riccardo Fucile
AGLI ATTI SULLA PRESUNTA CORRUZIONE DELLE GUARDIE CARCERARIE ANCHE GLI AVVICINAMENTI CON LO BUE, GALATOLO E BONACCORSO…. IL COLLOQUIO CON UNA SEDICENTE SPIA
Per quale ragione Nicola Cosentino voleva incontrare un mafioso corleonese vicinissimo a Bernardo Provenzano?
E chi era davvero l’uomo qualificatosi come “persona vicina ai servizi segreti” che ha parlato con l’ex sottosegretario Pdl all’uscita di un casello autostradale provando a spillargli un po’ di denaro in cambio di uno strano aiuto, consegnandogli verbali fasulli di un pentito vero?
Sono alcuni dei misteri che si intrecciano nell’ultima inchiesta su Cosentino, arrestato per la quarta volta con l’accusa di aver corrotto un agente di polizia penitenziaria di Secondigliano per ottenere trattamenti di favore in carcere.
Storie raccontate con ricchezza di particolari nelle 284 pagine della richiesta di arresto firmata dai pm della Dda di Napoli Fabrizio Vanorio e Alessandro D’Alessio.
Storie rivelate dagli scambi di sms dei secondini che hanno avuto in custodia sia Cosentino che Giuseppe Lo Bue, mafioso condannato con sentenza definitiva perchè inserito nel sistema dei “pizzini” di Provenzano.
Cosentino e Lo Bue sono stati entrambi detenuti per un periodo del 2013 a Secondigliano.
I due avevano legato.
Interrogatorio di una guardia penitenziaria del 21 marzo: “Durante la prima detenzione del Cosentino, il Lo Bue era allocato nello stesso reparto del primo con cui aveva molto legato tanto da mangiare spesso insieme, ovviamente in conformità al regolamento. Ciò avveniva durante la c.d. ‘Socialità ‘ durante la quale i detenuti della sezione potevano passeggiare a cella aperta lungo il corridoio fino alle 18”.
Un altro agente, sentito lo stesso giorno, aggiunge: “Poichè la socialità consente di cenare fino ad un massimo di quattro detenuti, ricordo, in alcune circostanze, cene tra Nicola Cosentino, Giuseppe Lo Bue, Vito Galatolo e Concetto Bonaccorso; anche questi ultimi due detenuti per reati di criminalità organizzata di tipo mafioso”.
I pm hanno allegato agli atti verbali recenti ed intercettazioni di conversazioni ed sms dei primi mesi del 2014 tra gli agenti “asserviti” a Cosentino.
Materiale che dimostrerebbe questa tesi: quando Lo Bue fu scarcerato, le guardie carcerarie amiche del politico azzurro provarono a cercarlo presso una struttura di Francolise (Caserta), dove si ipotizzava che il mafioso potesse scontare la sorveglianza speciale grazie all’interessamento di una persona della Regione Campania.
“Vicenda — mette a verbale un secondino — che si era svolta grazie all’interessamento di Cosentino, come io intuivo”.
La manovra, scrivono i pm, “è chiaramente finalizzata alla volontà di Cosentino di mantenere con il mafioso i collegamenti già avviati durante la detenzione”.
E di incontrarlo a piede libero. Lo Bue però è costretto a tornare in Sicilia e gli agenti informeranno il politico della circostanza.
L’incontro tra i due non avverrà anche per un’altra ragione: il nuovo arresto di Cosentino del 3 aprile 2014.
Altrettanto inquietante è la vicenda del colloquio tra Cosentino e un sedicente “uomo di servizi segreti”.
L’ex sottosegretario lo rivela in un memoriale manoscritto in carcere col quale prova a spiegare la provenienza di alcuni verbali fasulli di un vero pentito rinvenuti nel suo studio nel corso di una perquisizione.
Verbali tecnicamente ben contraffatti nei quali il camorrista Tommaso Prestieri faceva i nomi di Cosentino e Silvio Berlusconi.
“Ricordo — sostiene Cosentino — di essere stato contattato telefonicamente da una utenza sconosciuta da un tale che chiese di incontrarmi con una certa urgenza per parlarmi di fatti non attinenti la politica, ma che sarebbero stati per me di sicuro interesse. Era nel mese di dicembre 2013, certamente agli inizi. In quella circostanza inviati l’interlocutore a fornirmi le sue generalità e del caso raggiungermi presso la mia abitazione all’indomani. Ma la persona insistette per vederci altrove e dato il suo argomentare e le sue insistenze ci demmo appuntamento il giorno seguente, nel pomeriggio all’uscita del casello di Nola. Mi recai da solo all’incontro. Appena giunto sul posto mi venne incontro una persona, di mezza età , altezza normale, con pochi capelli, distinto. Notai che scendeva da una punto vecchio tipo di colore nero”. Cosentino ovviamente gli chiede chi sia: “Mi disse testualmente ‘sono una persona che opera a contatto dei servizi segreti e non posso rivelare la mia identità , ma sono dalla sue parte politica e sono qua per darle una mano dal fuoco amico politico che ancora vuole creare problemi’”.
“Fu a quel punto — scrive Cosentino — che mi consegnò queste informative che mi disse assolutamente riservate e aggiunse che avrebbe potuto continuare a darmi utili informazioni e quindi darmi un aiuto, a condizione che gli avessi messo a disposizione un po’ di risorse economiche. Non appena ebbi modo di leggere le carte mi resi subito conto che si trattava si una informativa ‘patacca’ e pensai subito che mi volesse, come si suole dire a Napoli propormi un pacco. Fu a quel punto che nel dichiarargli la mia indisponibilità economica lo ringraziai e gli dissi che ci saremmo comunque sentiti nei giorni a seguire. La persona cercò nei giorni seguenti di contattarmi telefonicamente ma io declinai qualsiasi possibilità di contatto”.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 1st, 2015 Riccardo Fucile
ALFANO AVEVA DETTO: “HANNO CAPITO CHI E’ IL PIU’ FORTE”… SBAGLIATE LE VALUTAZIONI DELLA QUESTURA: 20.000 MANIFESTANTI, TRE VOLTE IL PREVISTO…TUTE NERE ANCORA IN AZIONE
Decine di automobili, negozi e cassonetti incendiati.
Bombe carta e vetrine di negozi e banche spaccate a forza di sprangate, semafori distrutti.
Bottiglie, pietre e sassi contro palazzi e pensiline dei mezzi pubblici e contro il cortile dell’università Cattolica a Milano.
Poi sono arrivate le fiamme: i negozi incendiati dalle bombe carta, i cittadini che sono stati costretti a fuggire.
L’azione più grave è avvenuta in largo d’Ancona, dove – appunto – sono state gettate le bombe carta contro due negozi, uno di fronte all’altro.
Ed è qui che i black bloc hanno costruito delle barricate improvvisate con cassonetti, cestini dell’immondizia e fioriere che sono state date incendiate per impedire agli agenti di avanzare.
Alla fine, dopo due ore, la zona – centralissima – che si trova a due passi da piazza Cadorna, è uscita devastata.
E il corteo No Expo – che alla partenza contava circa 20mila manifestanti – è stato interrotto: la grande quantità di lacrimogeni lanciata dalla polizia ha reso impossibile proseguire il corteo.
La polizia aveva usato anche gli idranti per fermare l’azione di danneggiamento che le ‘tute nere’ avevano messo a segno fin da subito.
Tutto è degenerato circa un’ora dopo l’inizio della manifestazione, quando il corteo si è spaccato in due tronconi.
In testa la parte pacifica, in coda l’ala black block.
Tutto è successo, nonostante l’imponente dispiegamento di uomini e mezzi (una zona rossa, grate d’acciaio, barricate e un dispiegamento di 2.200 agenti) che ha cercato di proteggere il centro di Milano in una giornata così importante, così com’è quella che ha inaugurato l’Expo.
In via Mellerio è stata lanciata una bomba carta, altre in via Carducci.
In corso Magenta i manifestanti hanno lanciato fumogeni contro i poliziotti che hanno risposto con i lacrimogeni.
Per bloccare l’azione devastatrice, in via Cesare Correnti, la polizia ha usato gli idranti per disperdere un gruppo di ‘tute nere’ che lanciavano petardi.
Contemporaneamente in via De Amicis – ai confini della cosiddetta ‘zona rossa’ che è preclusa ai manifestanti – un blocco nero di incappucciati – circa 300 – ha raccolto sassi da terra e imbrattato con la vernice e con gli stencil numerose vetrine e le vetrine di una filiale della banca Intesa San Paolo.
Uno spezzone No Tav ha spaccato le vetrine di Fineco. Qui un fotografo è stato picchiato.
Il corteo dedicato alle tematiche No-Expo era partito intorno alle 15 da piazza XXIV Maggio.
A sfilare in strada – nella tradizionale MayDay Parade – oltre ai gruppi che contestano l’Esposizione universale, anche i No Tav, i Cub, varie realtà dei centri sociali milanesi, varie sigle anarchiche e dodici bande musicali provenienti da tutta Europa. Una multitudine di sigle e realtà che ha portato in piazza migliaia e migliaia di persone, intorno alle 20mila.
Questa, almeno è la cifra che l’assessore alla Sicurezza del Comune, Marco Granelli, ha dato dalla sala operativa della prefettura che segue in diretta il corteo.
Mentre il corteo No Expo sfila per corso di Porta Ticinese, è ferma in piazza della Resistenza partigiana, dove ha costruito un’imponente barricata dietro cui sono stati piazzati blindati e mezzi con estintori che impediscono l’accesso al centro cittadino.
Il corteo era molto temuto, anche perchè è stato preceduto da una manifestazione di vigilia che ha imbrattato e danneggiato più di una vetrina del centro.
Per prevenire (o fronteggiare) i problemi di ordine pubblico, la polizia ha schierato 2.200 uomini in tenuta antisommossa. Mentre fino all’ultimo sono continuate le perquisizioni e gli sgomberi della Digos in cerca di armi o materiale pericoloso da usare in manifestazione.
La testa del corteo è guidata da una banda che suona Bella ciao e da un gruppo di clown che ironizza sul tema dell’Esposizione e sulle polemiche che l’hanno interessata. Molte famiglie con bambini stanno sfilando nella parte iniziale accompagnati dalla musica della Banda degli ottoni a scoppio che si è posizionata subito dietro lo striscione di apertura.
Il gruppo NoTav e gli antagonisti si trovano invece al centro del corteo e un gruppo di loro ha già iniziato a lasciare la propria firma sulle facciate dei palazzi e sulle vetrine delle banche incontrate sul percorso. Imponente il dispiegamento delle forze dell’ordine, che hanno bloccato le strade che costeggiano il corteo.
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Maggio 1st, 2015 Riccardo Fucile
COMINCIA L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE: DALLA VITTORIA CONTRO SMIRNE AGLI ARRESTI E AI RITARDI… OPINIONI A FAVORE E CONTRO
È il giorno della verità . Dopo tanta attesa, tante speranze, tante polemiche, oggi i cancelli di Expo si aprono e ciascuno potrà vedere con i suoi occhi la realtà dell’Esposizione universale, Palazzo Italia, i padiglioni dei Paesi di tutto il mondo, i cluster, le vie d’acqua, i ristoranti di Oscar Farinetti, il supermercato del futuro della Coop, gli stand degli sponsor, il “camouflage”, ciò che è pronto e ciò che non lo è.
Da oggi le danze sono aperte e si potrà constatare la qualità delle proposte, ma anche tentare di discernere la realtà dalla retorica.
“Io facevo parte del gruppo ‘forza Smirne’”, dice ironica Lella Costa, attrice e personaggio di riferimento per la cultura a Milano, “ma quando la mia città ha vinto, e poi quando è nata Women for Expo, ho pensato che è meglio stare dentro questa cosa, provare a farla per un pezzettino meglio, piuttosto che peggio. Chi è contro Expo ha molte ragioni, ma anche molto snobismo. Io penso che sia meglio stare dentro ‘l’inferno dei viventi’, provare, come scriveva Italo Calvino al termine di Le città invisibili, a ‘riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio’”.
Più critico Domenico De Masi, sociologo, che è a Belo Horizonte, in Brasile, per una serie di conferenze sulle prospettive economiche del più grande Paese latinoamericano: “L’Expo è un’occasione per l’Italia, ma è una di quelle di cui si poteva anche fare a meno. Un evento che ha come tema l’alimentazione andrebbe fatto nel Sahel o in qualunque altro Paese dove la fame è davvero un problema. A Milano il problema è semmai l’obesità . È un evento organizzato da ricchi per i ricchi e non farà altro che aumentare il divario tra loro e i poveri. I ricchi, quando si riuniscono, non risolvono mai i problemi dei poveri. Può darsi che l’Expo dia uno stimolo all’economia, ma l’economia avrebbe più bisogno di stimoli di altro tipo: l’Italia è già l’ottava potenza economica mondiale, gli stimoli migliori sono quelli che vengono dai cervelli, non dai soldi”.
Un milanese doc come Giovanni Soldini, navigatore, è a San Francisco, dove aspetta le condizioni meteo adatte pertentare il record della traversata San Francisco-Shanghai: “Era da tempo che Milano non ospitava un evento internazionale di questa portata. Penso che Expo sia una grande occasione. Va detto che alla fine, malgrado tutto, sono stati bravi. Per ora sono all’estero, ma appena ne avrò l’occasione andrò a visitarlo”.
Positivo anche Stefano Mauri , editore: “Andrò sicuramente all’Expo. Quando nella mia città c’è un evento così importante, certo che ci vado. Sono convinto che l’Expo sarà un successo. Quando ho a che fare con persone di altre parti del mondo, riscontro spesso grandi apprezzamenti per Milano: è una città media, vivibile, gli stranieri la considerano ordinata e piacevole. Di solito la trovano più bella di come se l’aspettassero. Quindi credo che con l’Expo, al di là dei problemi che ci sono stati, faremo una bella figura. L’arrivo di tante persone dal mondo farà bene alla città ”. Certo, nel cantiere c’è stata una corsa contro il tempo, ci sono stati ritardi e inefficienze. “Diciamo”, conclude Mauri, “che siamo pessimi nel pianificare e ottimi nel risolvere” .
Più distaccato Mauro Pagani, musicista e compositore: “Da cittadino che ama Milano, diciamo che l’Expo lo temo. Vivo sui Navigli, che è già una zona incasinata, temo l’ulteriore bailamme generato dall’evento”.
Però alcuni segnali positivi li vede: “Sì, Milano ha già colto alcune occasioni, per esempio dopo 25 anni ho visto rimettere a posto l’argine dei Navigli e la Darsena. Questo è un bene per la città , anche se la riqualificazione tutta cemento e marmo e niente piante non va molto nella direzione della sostenibilità . Comunque, nonostante il malaffare e alcune incredibili leggerezze, qualcosa di buono Expo la farà , non è che siamo una nazione rincoglionita del tutto”.
Andrà all’Expo? “Per ora non mi attira, ma penso che alla fine cederò alla curiosità ”. Claudio Artusi è parte in causa, perchè è il coordinatore di “Expo in città ”, 22 mila appuntamenti che si terranno a Milano nei sei mesi dell’esposizione, 120 al giorno. “La città è una piattaforma in cui, in occasione di Expo, tutto il mondo s’incontra. Questo evento dunque valorizza Milano, non soltanto in termini di ricadute economiche, ma anche e soprattutto di incremento della reputazione e della visibilità internazionale. La vera partita, comunque, non è quella che si comincia a giocare ora, nel 2015, ma riguarda quello che resterà dopo, nel 2016, nel 2017, nel 2018… Se Expo rappresenterà una svolta nel posizionamento di Milano fra le grandi metropoli del mondo, allora la partita l’avremo vinta”.
Ieri un anticipo di Expo è stato realizzato da Giorgio Armani, che in occasione dei suoi 40 anni d’attività ha regalato a Milano un museo, il “Silos Armani”.
“Mi volevano sul palco di Expo all’inaugurazione”, ha detto lo stilista, “ma io faccio vestiti, non sono un’autorità ”.
È invece tornata sulla scena colei che per prima ha lanciato l’idea dell’Expo a Milano, Letizia Moratti, che era sindaco quando nel 2008 la città vinse la candidatura contro Smirne: “Milano è sempre all’altezza, bisogna essere ottimisti”, ha detto ieri, arrivando al concerto inaugurale di Andrea Bocelli in piazza Duomo.
Ora la lunga attesa è terminata.
Nel 2006 è partita la rincorsa per la candidatura, lanciata a Shanghai da Letizia Moratti e dall’allora presidente del Consiglio Romano Prodi.
Nel 2008 Milano ha vinto, raccogliendo i voti di 86 Paesi contro i 65 di Smirne. Poi si sono scatenate le lotte per il controllo dell’evento, si sono succeduti tre amministratori alla guida di Expo spa, prima Paolo Glisenti, poi Lucio Stanca, infine Giuseppe Sala. Risolto non senza polemiche il rebus dei terreni, nel 2011 sono finalmente partite le gare d’appalto.
Si succedono gli scandali, le indagini giudiziarie, gli arresti (18), i tentativi d’infiltrazione mafiosa.
Arriva, a vegliare sulle gare, il nuovo presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone.
Viene raggiunto il record di Paesi partecipanti (145). Parte la corsa contro il tempo per arrivare all’inaugurazione di oggi.
Ora il sipario si alza, il palcoscenico s’illumina, il gran ballo prende avvio.
Abbiamo sei mesi per osservare e partecipare, riflettere e discutere, per gli applausi e per i fischi.
Gianni Barbacetto e Marco Maroni
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 1st, 2015 Riccardo Fucile
LA MAGGIORANZA SILENZIOSA LO AVREBBE VOLUTO DIVERSO
C’è una minoranza di italiani che detesta l’Expo per partito preso o furore anticapitalista. E ce n’è un’altra, altrettanto risicata, che lo ama alla follia e comprende chi intorno all’Expo ha fatto affari o spera di farne.
In mezzo rema la maggioranza silenziosa e dubbiosa, che lo avrebbe voluto diverso.
Con meno sprechi di tempo e di denaro, e più aderenza al progetto originario: le vie d’acqua e gli orti scomparsi, i progetti artistici rinviati o rinnegati dagli stessi che li avevano partoriti.
Eppure, arrivati a questo punto, la maggioranza mugugnante non se la sente di tifare contro, di augurarsi il disastro.
Sarà la speranza irrazionale che il grande evento trascini l’Italia fuori dalla crisi.
O il semplice, umanissimo desiderio di fare bella figura davanti al mondo, nonostante tutto.
Per restare al tema dell’Expo, il cibo, ci si sente come uno che ha organizzato il cenone di Capodanno, invitando amici e conoscenti, e alle sette di sera si accorge che il pane nel forno è bruciato, il droghiere ha imbrogliato sulla pasta all’uovo e la nuova serie di piatti comprata per l’occasione e pagata il doppio del suo valore si è rotta durante il trasporto. Gli verrebbe voglia di piangere e annullare la festa, ma i primi invitati sono già per strada e allora non gli resta che farsi la doccia, dare una rassettata alla sala da pranzo, apparecchiare la tavola con i piatti di carta più belli che trova e allargare la faccia in un sorriso: speriamo almeno di divertirci e che vada tutto bene.
Ecco, speriamo.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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Maggio 1st, 2015 Riccardo Fucile
L’IMPIANTO REGGERA’ A UN EVENTUALE RICORSO ALLA CORTE COSTITUZIONALE?… IN OGNI CASO RENZI HA UNA STRATEGIA, LA DESTRA BRANCOLA NEL BUIO
Nei suoi interventi, il Presidente Mattarella “mi arriva” sistematicamente come “qualcosa” di parecchio vecchio e poco appassionante, sia nei toni che nei contenuti.
Nel modus operandi, però, sta rettamente agendo. A differenza di Napolitano, parecchio pronto “a forzare” certe regole, Mattarella vi si sta scrupolosamente attenendo dando la chiara dimensione della consapevolezza Istituzionale del ruolo che gli appartiene.
In questi giorni, per esempio, in tanti lo hanno invocato auspicando un suo intervento “forte” rispetto alle dinamiche parlamentari relative all’approvazione dell’Italicum.
Al richiamo del possibile “protagonismo” avrebbe potuto anche cedere, volendo: in fondo è stato comunque un Giudice Costituzionale.
Da giurista presente a sè stesso, però, non è caduto nella tentazione dello straripamento di potere, fosse anche soltanto nella dimensione psicologica del possibile fenomeno.
Salvo sorprese – che non credo proprio ci saranno – l’Italicum diventerà legge: questo è parecchio scontato.
E’ da vedere se “l’inquilino del Colle” la promulgherà , però… In quel frangente, sì che il Capo dello Stato potrà “dire” legittimamente “la sua”.
Certo, sarà “un dire” comunque non vincolante perchè le camere potrebbero essere “insensibili” all’eventuale “richiamo” del Capo dello Stato, confermare il testo in parola e, per l’effetto, ottenere la promulgazione della Legge, ma si vedrà …
L’Italicum ha parecchie pecche. Chissà se reggerà ai possibili, futuri giudizi di legittimità costituzionale.
Al netto di questa evenienza, parecchio articolata e comunque complessa, un Senato come quello che sarà , davvero non ha ragion d’essere.
Se monocameralismo doveva essere, sarebbe stato seriamente auspicabile che fosse stato almeno “perfetto” in tutto e per tutto: due Camere, almeno nella conformazione a divenire, davvero non hanno senso, almeno per ciò che attiene al grande principio della sovranità che si apparterrebbe al popolo…
In ogni caso Renzi, al di là dello specifico “giudizio” che ognuno riterrà di formulare, ha dato vita ad una fase comunque nuova della stagione politica.
Se la destra davvero vorrà dire la sua, riuscendo ad avere un proprio, specifico peso nella storia che verrà , dovrà essere capace di fare molto più della sterile demagogia satura di slogan.
Agli hashtag dovrà essere capace di rispondere con la politica vera perchè Renzi non va semplicemente contestato, ma va messo in minoranza sostanziale contrapponendogli una dimensione politico-culturale capace di appassionare la gente e di riportare il “treno” sul corretto binario di sviluppo.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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