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VOLI DI STATO DI SALVINI, IL VIMINALE CONFERMA L’INCHIESTA DI REPUBBLICA: “IN 11 MESI HA UTILIZZANO GLI AEREI DELLA POLIZIA PER 19 TRATTE”

Maggio 16th, 2019 Riccardo Fucile

IL SISTEMA “VOLI UNO E PRENDI DUE”…FA COINCIDERE I COMIZI CON VISITE E RIUNIONI ISTITUZIONALI AD HOC

Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha confermato l’inchiesta di Repubblica.
Con una nota ufficiale, ha dichiarato che il ministro Matteo Salvini “negli undici mesi di permanenza al Viminale, ha utilizzato gli aerei della Polizia di Stato per 19 tratte, per la durata media di un’ora, che fanno riferimento a 10 giorni”.
Il nostro giornale aveva individuato “una ventina di trasferimenti”, confrontando i tracciati del sito Flightradar24 con l’agenda del leader leghista: uno risulta però effettuato con un bimotore dei Vigili del Fuoco, sempre dipendenti dal suo dicastero.
Lo stesso comunicato ufficiale ribadisce che il ministro ha diritto ai voli di Stato, per motivi di sicurezza.
Una nota ufficiosa del Viminale, invece, specifica che “da Salvini non c’è mai stato utilizzo per motivi estranei a ruolo istituzionale”.
Ed infatti Repubblica ha scritto che tutte le trasferte del “Capitano Volante” erano dirette verso un appuntamento istituzionale. A cui molto spesso, però, seguivano comizi o eventi della Lega. Una prassi che gli ha permesso di impiegare in maniera formalmente legittima i velivoli della Polizia. E che viene confermata dai tabulati.
La lista di voli resa pubblica riporta soltanto gli impegni istituzionali.
Il confronto con l’agenda Salvini mostra la prassi furbetta del “voli uno e prendi due”. Ad esempio i tre decolli di venerdì scorso, che in realtà  sono quattro, perchè l’elenco omette lo spostamento del velivolo da Reggio Calabria a Lamezia, sempre legato alle esigenze del ministro.
Tra i due momenti pubblici – la consegna di un bene confiscato alla mafia a Platì e l’incontro a Napoli per l’arresto dei killer che hanno ferito la piccola Noemi – c’è un comizio elettorale a Catanzaro.
Il viaggio di ritorno da Napoli verso Milano – e non Roma, sede del ministero – dove all’indomani Salvini ha partecipato alla festa degli alpini è avvenuto alle 1920. Venti minuti esatti dopo c’era un jet Alitalia sulla stessa rotta, che sarebbe costato di meno e addirittura arrivato prima.
Mercoledì 16 gennaio il bimotore della Polizia porta il ministro a Cagliari per “il comitato provinciale sulla sicurezza”. E subito dopo il leader leghista ha tre incontri di partito – a Quartu, Oristano e Alghero – in vista delle elezioni.
La stessa cosa era avvenuta il 4 gennaio: la lista del Viminale indica un volo per “il comitato provinciale sulla sicurezza a Pescara”. A cui segue la manifestazione d’apertura della campagna elettorale leghista per le regionali in Abruzzo.
Il 25 ottobre l’aereo va a Verona per la Fiera dei Cavalli, un po’ particolare come evento istituzionale, dove Salvini fa una sfilata equestre tra i fan.
Nella stessa data l’altro impegno ufficiale segnalato è il IX Forum Economico Euro-Asiatico. Un convegno all’insegna dell’amicizia italo-russa, sponsorizzato anche da Gazprom e benedetto da un messaggio personale di Vladimir Putin: “Sono certo che i vostri dibattiti saranno interessanti e proficui e che le idee e i suggerimenti che ne emergeranno troveranno una fattiva attuazione”.
Il 13 settembre si va a Bari, per la Fiera del Levante. In più il ministro visita il quartiere Libertà , dove – riportano le cronache – “tremila residenti hanno organizzato una raccolta firme contro la presenza di stranieri”.
Lì ha tenuto un comizio tra la folla, indossando la classica felpa: “I politici di sinistra hanno trasformato Bari in un campo profughi”. Non pare proprio un discorso istituzionale.
Il 18 gennaio la rotta include Rigopiano e poi Afragola. Incontri ministeriali. Con la celebre doppia processione tra i sostenitori che gli baciano la mano e gli gridano “elimina Saviano”.
Il 27 dicembre Salvini è a Milano. Il velivolo della Polizia – cosa assente dai tabulati – parte da Roma per andare a prenderlo. Poi va Pesaro: alla vigilia di Natale è stato assassinato il fratello di un pentito di mafia, lui fa il punto con le autorità  in prefettura. Dopo si concede un giro in centro storico tra la folla. Lo stesso fa poco dopo a Catania alla fine di un vertice sul terremoto. Ma questo è il suo stile. Nella lista dei voli, solo due appaiono interamente istituzionali. Gli spostamenti del 4 novembre sui luoghi devastati dal maltempo e la cerimonia del 18 dicembre a Sorbolo (Parma).
Nelle tabelle del Viminale non si fa cenno invece alla giornata del 15 settembre. Secondo quanto hanno scritto alcuni siti, in quella data il bimotore della Polizia ha un problema prima del decollo e viene sostituito da un elicottero per raggiungere Fano, dove c’è la festa regionale della Lega e l’imminenza del voto.
Il sito Flightradar registra comunque il viaggio dell’aereo della Polizia verso Ancona, lo scalo più vicino a Fano, e il rientro la mattina successiva a Linate. Lì nel pomeriggio Salvini è atteso da Barbara D’Urso a “Domenica Live” e poi ad Arcore con Silvio Berlusconi.
Nessuna traccia nella tabulato ufficiale anche della contro-festa della Liberazione a Corleone. Lì il ministro è arrivato in elicottero da Palermo. E l’Agusta è decollato in contemporanea con l’atterraggio di un aereo della Polizia partito da Roma. A bordo c’era qualcun altro? Di sicuro Salvini ha poi proseguito il tour siciliano con undici comizi.
Infine i costi. Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha precisato che ogni ora di volo costa 1.415 euro.
Repubblica aveva scritto “circa duemila euro”, riportando che sul mercato privato viene venduta per 4/5000 euro. Ma su tutto questo adesso farà  luce la procura della Corte dei Conti.

(da “La Repubblica“)

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IL PRECONSIGLIO DEI MINISTRI SMONTA IL DECRETO SICUREZZA BIS DI SALVINI

Maggio 16th, 2019 Riccardo Fucile

GLI UFFICI GIURIDICI: “UN PASTROCCHIO PIENO DI NORME INCOSTITUZIONALI”

Punto per punto, un’obiezione dopo l’altra. I tecnici degli uffici giuridici di palazzo Chigi, quelli dei ministeri a guida M5s ma anche di quelli a guida leghista, stanno smontando passo passo il decreto Sicurezza bis presentato da Matteo Salvini.
Il preconsiglio, l’organo chiamato a valutare tecnicamente i testi prima del loro arrivo in Consiglio dei ministri, si è riunito per quattro ore e andrà  avanti anche domani alla ricerca di una quadra che adesso appare distante.
Parlando dei mancati rimpatri Luigi Di Maio aveva definito il leader della Lega “uno studente che non ha fatto i compiti a casa”, adesso dicono fonti vicine al capo politico grillino i “compiti sono stati fatti davvero male. Questo decreto è un pastrocchio”.
E alla forzatura di Salvini, che vuole a tutti i costi che il suo provvedimento arrivi sul tavolo di Palazzo Chigi lunedì, Di Maio ha risposto accelerando l’iter del decreto natalità , che prevede l’istituzione presso il ministero del Lavoro di un fondo per la famiglia, materia che in teoria sarebbe appannaggio del ministro leghista Lorenzo Fontana.
Un dito in un occhio per il Carroccio, che infatti reagisce dicendo che “è una norma manifesto che non avrebbe attuazione ed effetti immediati”.
Se queste sono le premesse, nel prossimo Cdm il premier Giuseppe Conte dovrà  faticare per cercare di arrivare a una sintesi.
Di certo – viene sottolineato – “così com’è il decreto Sicurezza bis non può arrivare”. E se Salvini dovesse forzare la mano, i ministri M5s si asterrano convinti che sarà  poi il Colle a bocciarlo, mentre la Lega casomai si asterrà  su quella natalità .
In pratica i 5Stelle lo giudicano “impresentabile” e fanno presente che non è stato concordato. Il titolare del Viminale è pronto a iniziare un braccio di ferro con l’alleato a pochi giorni dal voto.
Lunedì si riunirà  il Consiglio dei ministri per iniziare la discussione sul decreto Sicurezza bis. Se non dovesse passare, i leghisti si preparano a dare la colpa all’alleato.
Per i grillini “ma quello presentato è un pastrocchio incostituzionale”. In particolare nella parte in cui vengono attribuiti maggiori poteri e competenze al Viminale.
Tanto che gli uffici del ministero della Difesa e dei Trasporti, i due dicasteri a guida pentastellata ai quali verrebbero sottratte alcune dello loro competenze, hanno già  rilevato diversi profili di incostituzionalità .
Tra questi anche per quanto riguarda l’articolo che inserisce le multe fino a 50mila euro per le navi che non rispettano le istruzioni delle autorità  competenti o dello Stato di appartenenza dell’imbarcazione. Secondo i pentastellati l’Unione europea potrebbe anche aprire una procedura di inflazione.

(da “Huffingtonpost“)

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LA RICERCA SU COSA ACCADREBBE IN UNA REGIONE SE SPARISSERO TUTTI GLI STRANIERI

Maggio 16th, 2019 Riccardo Fucile

VIA COLF, MURATORI, CUOCHI, BABYSITTER NEL LAZIO? PIL RIDOTTO DI 19 MILIARDI, 80.000 IMPRESE   E 300.000 POSTI DI LAVORO IN MENO, CROLLO DEL WELFARE, TRACOLLO DELL’INPS

Scompaiono colf, babysitter, muratori, infermieri, cuochi, commercianti e imprenditori. Le aule si svuotano, diminuiscono i matrimoni. Tremano le casse dell’Inps. Le città  sono in tilt.
Cosa accadrebbe se sparissero di colpo tutti gli immigrati in una regione come il Lazio?
Il pil regionale crollerebbe di 19 miliardi di euro, i conti della previdenza registrerebbero un buco milionario, salterebbero 80mila imprese e 300mila occupati.
Nel Paese dei porti chiusi e del “prima gli italiani”, la Uil del Lazio e l’istituto di ricerca Eures hanno immaginato cosa ne sarebbe di una regione senza stranieri.
Addio braccianti, colf e badanti. La ricerca prova a fotografare lo scenario che ci troveremmo di fronte se improvvisamente fossero espulsi dal Lazio i 680mila stranieri regolarmente residenti.
Si avrebbe intanto l’immediata diminuzione del 12,9% dell’occupazione: «La perdita del contributo straniero alla produzione agricola, la cui forza lavoro ufficiale è rappresentata per il 40% da migranti (a cui si aggiunge la quota di sommerso che raggiunge secondo le stime Istat il 70% della forza lavoro complessiva), determinerebbe il taglio di circa 20mila addetti.
Ancora più pesanti sarebbero le ricadute nel lavoro domestico dove gli stranieri rappresentano circa l’83,9% del totale degli addetti attualmente censiti dalle statistiche. Sommando la quota relativa ai lavoratori non in regola, si tratterebbe di un esercito di circa 200mila persone, la cui fuoriuscita avrebbe ripercussioni drammatiche. Basti pensare che nel nostro Paese solo il 10% di anziani e persone non autosufficienti è assistito in strutture residenziali idonee».
Tracollo dell’Inps. La ridotta presenza di anziani tra gli stranieri trova conferma anche nei dati relativi ai beneficiari delle pensioni: appena l’1% degli assegni complessivamente erogati nel Lazio è destinato a cittadini di nazionalità  straniera. L’esborso Inps per le 17mila pensioni degli stranieri è pari a 135 milioni di euro, mentre i contributi versati solo dai lavoratori dipendenti del comparto privato non agricolo ammontano a oltre mezzo miliardo di euro.
«Ciò significa — sostiene il segretario generale della Uil del Lazio, Alberto Civica — che se ipoteticamente gli stranieri venissero espulsi dal nostro Paese, avremmo anche una diminuzione delle pensioni di anzianità  e un tracollo del sistema previdenziale».
Scuole vuote e addio sposi.
Allontanare tutti gli immigrati dalla regione significherebbe anche allontanare dalle scuole del Lazio i 64mila studenti stranieri regolarmente iscritti. Ciò comporterebbe un esubero immediato di circa 6.800 docenti.
Infine, una curiosità . Anche i matrimoni nella regione subirebbero un tracollo, perchè se tra i connazionali le nozze hanno subito un calo negli ultimi anni, tra gli stranieri si registra un incremento del 10,9% nell’ultimo quinquennio e un aumento del 39,2% nell’ultimo anno.

(da agenzie)

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“QUI NON MANGI SE SEI MAFIOSO O RAZZISTA”

Maggio 16th, 2019 Riccardo Fucile

IL CORAGGIOSO CARTELLO DI UN LOCALE DI   PALERMO

“Qui non mangi se sei mafioso o razzista”. Condizione scritta a chiare lettere all’ingresso. Vietato l’accesso al pizzo e all’odio.
Sabrina e Marco, anni di esperienza nel sociale, hanno dato vita a “Mignon” con questo spirito e con questi principi.
Cucina tradizionale, con le giuste contaminazioni dettate dal nuovo volto di Palermo e del mondo. Nuovi tratti che qualcuno vorrebbe provare a cancellare.
Il ristorante dei due ragazzi palermitani, con una bella esperienza di lavoro nel sociale, si chiama “Mignon” “Qui non ci sarà  spazio per mafiosi che chiedono il pizzo o per razzisti che odiano il prossimo”, dicono Sabrina Monici e Marco Romano a “Canta Stories”, giornale on line di racconti di vita quotidiana.per razzisti che odiano il prossimo“.
“Quando abbiamo deciso di mettere quel cartello sulla vetrina del nostro locale – dicono Marco e Sabrina- non credevamo di raggiungere così tanta partecipazione. Da Nord a Sud, sia dai singoli cittadini che ci hanno invaso di messaggi di incoraggiamento e di affetto, sia dai media. Ciascuno di noi è chiamato, in qualsiasi ruolo ricopra, ad incarnare e diffondere valori positivi come la pace, il rispetto e la legalità .
Nel negozio di Marco e Sabrina cucina tradizionale che si arricchisce di nuovi incontri, di tradizioni che arricchiscono. Cucine che si abbracciano e che si rispettano. Per questo, c’è anche cibo senza “strutto di maiale” per adeguarsi alla tradizione musulmana. E nello staff di “Mignon” c’è anche un ragazzo gambiano che grazie a questo lavoro potrà  ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno.
I due ragazzi palermitani da anni lavorano nel sociale e sono impegnati in operazioni di riqualifica del territorio. Ora il cibo come terreno di incontro e di confronto. Marco e Sabrina hanno dovuto e saputo vincere la tentazione di mollare, sono riusciti a superare le pastoie burocratiche che non incoraggiano certo le difficili imprese, come l’idea di base che sta nella realizzazione di “Mignon”.
“Adesso – promettono i due ragazzi palermitani – vogliamo esportare anche fuori dall’isola le nostre creazioni, ma restando qui. Per lanciare un segnale: prima di essere imprenditori siamo membri di una comunità  che ha bisogno di esempi positivi e di coraggio

(da Globalist)

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DAGLI ALTARI ALLA POLVERE, LA LEGA PRIGIONIERA DI LEGNANO

Maggio 16th, 2019 Riccardo Fucile

DALLA BATTAGLIA CONTRO IL BARBAROSSA ALLE MAZZETTE

Dalla battaglia vinta contro l’esercito imperiale di Federico Barbarossa alle mazzette. Dalla gloria sul campo guadagnata dalla Lega Lombarda, guidata dal condottiero Alberto da Giussano, agli arresti per corruzione. Legnano, città  simbolo della Lega perchè il simbolo è qui.
E anche se Salvini ha provato a mandarlo in soffitta togliendolo dall’iconografia di un partito ora nazionalista e non più territoriale, l'”Alberto” – come lo chiamavano i leghisti della prima ora, quelli devoti all’ortodossia bossiana – ancora campeggia, formato spilla, sulle giacche degli esponenti del (fu) Carroccio.
Il brutto scorno dell’arresto del sindaco Gianbattista Fratus, oltre che sconvolgere i già  traballanti equilibri politici di Legnano, segna un clamoroso autogol nella parabola ascendente della Lega di Matteo Salvini.
Perchè l’eco delle manette, qui, ha un significato particolare: più complesso.
La politica, certo. La terra sotto i piedi della giunta traballava da mesi: sfiduciata dalla metà  dei consiglieri comunali, cade il 29 marzo scorso.
Ma il sindaco Fratus — eletto con la Lega nel 2017 — di lasciare la poltrona non ha mai voluto saperne. Dopodichè c’è l’aspetto simbolico, dove la leggenda si fonde con la propaganda. Legnano è la storia della Lega, la culla. E’ madre come lo sono – banalmente o enfaticamente – le madri di tutte le battaglie.
Da Legnano e dalle “schioppettate che abbiamo dato al Barbarossa” partiva la narrazione di Bossi nell’era del celodurismo padano. La data: 29 maggio 1176.
Le truppe di Alberto da Giussano, tra Legnano e Borsano, piegano il Barba-imperatore ponendo fine alla sua quinta e ultima discesa in Italia. Un successone. Che resta inciso a imperitura memoria nella storia del Paese.
Alla battaglia di Legnano fa riferimento il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro (“… Dall’Alpi a Sicilia dovunque è Legnano…”). Vanto dei legnanesi: grazie alla vittoria delle popolazioni italiane contro quelle straniere,
Legnano è l’unica città , oltre a Roma, a essere citata nell’inno nazionale italiano. Quello che la Lega di ieri si rifiutava di cantare e anzi schifava preferendo l’inno “padano” del Va’ Pensiero.
Poi sono arrivati Salvini e il “prima gli italiani”. Poi è successo: dai fasti guerreschi del XII secolo all’epoca della mazzetta infinita.
Legnano è caduta.

(da agenzie)

argomento: Costume | Commenta »

LEGNANO, L’ASSESSORE ARRESTATA: “HO FATTO IN ACCORDO CON SALVINI PER IL BALLOTTAGGIO”

Maggio 16th, 2019 Riccardo Fucile

EMERGONO STORIE   DI MALFFARE E ACCORDI SPREGIUDICATI

Un mercato delle vacche: io do a te e tu dai a me.
“Prima del ballottaggio a livello regionale io ho fatto un accordo con Paolo Lalli, Salvini e quell’altro provinciale loro della Lega in cui Paolo Lalli e Guidi, hanno detto che mi avrebbero appoggiato al ballottaggio e che io in cambio gli avrei dato un posto, quindi devo mantenere questa promessa che ho fatto io, Gianbattista Fratus, per cui per Aemme Linea Ambiente non do nessun consigliere in quota a nessun partito. Li scelgo io quindi”.
E quanto emerge in una intercettazione dell’inchiesta sulle nomine a Legnano tra l’assessore alle Opere pubbliche Chiara Lazzarini, finita ai domiciliari, e l’assessore comunale Letterio Monaco.
Una conversazione che sottende, a dire degli inquirenti, “le reali motivazioni sottese alla nomina di Martina Guidi”.
A parlare nell’intercettazione è l’assessore Lazzarini ma il riferimento è a quello che gli inquirenti chiamano il “pactum sceleris” tra il sindaco di Legnano Gianbattista Fratus e Luciano Guidi, candidato come sindaco nella lista Alternativa Popolare ma sconfitto al primo turno e ago della bilancia nella vittoria al ballottaggio del primo cittadino leghista. Nelle parole intercettate dell’assessore Lazzarini, finita ai domiciliari, c’è “la chiave di lettura più genuina della natura costruttiva di genesi elettorale della nomina di Martina Guidi”, figlia dell’esponente politico.
In tre conversazioni telefoniche emerge più volte come la sua nomina è legata a un “accordo politico che aveva preso Gianbattista con Guidi… per il ballottaggio”.
In particolare nella telefonata del 19 marzo 2019 l’assessore Lazzarini rimarca al collega Munafò: “Non l’abbiamo sistemata noi la figlia di Guidi…le nomine sono del sindaco, il sindaco”.   Ed è ancora più esplicita quando cita che Fratus avrebbe fatto “un accordo con Paolo Alli, Salvini e quell’altro provinciale loro della Lega” in cui “Paolo Alli e Guidi” avrebbero appoggiato il candidato leghista al ballottaggio in cambio di “un posto”, ossia la nomina di Martina Guidi nel cda di Aemme Linea Ambiente, azienda a capitale interamente pubblico. Una promessa poi mantenuta dal sindaco.
Dalle indagini su Piazza Pulita è emerso ”il prezzo” pagato dal sindaco di Legnano per l’appoggio elettorale. A raccontarlo nella conferenza stampa è il sostituto procuratore di Busto Arsizio, Nadia Calcaterra.
‘E’ emerso -ha sottolineato- come il sindaco nel 2017 abbia stretto un accordo in sede di ballottaggio con uno dei candidati che aveva perso al primo turno elettorale. In virtù di questo accordo il sindaco avrebbe assicurato, in cambio dell’appoggio elettorale promesso, una nomina, a lui o altra persona all’interno di una società  municipalizzata, situazione che effettivamente le indagini hanno permesso fotografare. Alla fine dello scorso anno il prezzo è stato pagato dal sindaco, il quale ha costretto a dimettersi una consigliera di una società  municipalizzata e al posto suo ha nominato la figlia del candidato escluso”.

(da Globalist)

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SIAMO ALLA FRUTTA: E’ STATO UN AGENTE DI POLIZIA A INSULTARE SINISA MIHAJLOVIC CON “ZINGARO DI MERDA”

Maggio 16th, 2019 Riccardo Fucile

SINISA PLACCATO APPENA IN TEMPO PRIMA CHE SI FACESSE GIUSTIZIA DA SOLO… COSA ASPETTA IL VIMINALE A SOSPENDERE UN SOGGETTO DEL GENERE? O L’INSULTO FA PARTE DEL NUOVO CORSO ?

Sinisa Mihajlovic è stato insultato mentre si recava allo stadio Olimpico per assistere alla finale di Coppa Italia Lazio-Atalanta
L’insulto razzista sarebbe stato pronunciato da un agente in divisa
L’insulto a Sinisa Mihajlovic non sarebbe arrivato da un tifoso ma da un agente in divisa. È questa la versione del tecnico del Bologna, rilanciata su Instagram anche dalla figlia Viktorija.
Secondo la ricostruzione dell’accaduta fornita dall’allenatore del Bologna, l’insulto sarebbe giunto durante un diverbio con un agente in divisa prima di entrare allo stadio Olimpico per la finale di Coppa Italia Lazio-Atalanta.
Sinisa Mihajlovicsi si trovava in automobile insieme al direttore sportivo Bigon e all’avvocato del club, quando ha chiesto informazioni ad un agente circa l’accesso al vialone che conduce allo stadio.
L’agente lo avrebbe mandato a quel paese, scatenando l’indignazione dell’allenatore. Il diverbio è sforato, arrivando all’insulto «zingaro di merda» rivolto dall’agente in divisa a Sinisa Mihajlovic, che a quel punto è sceso dal veicolo confrontandosi fisicamente con l’agente.
A confermare che si trattava non di un tifoso ma di un agente sono stati anche i familiari di Sinisa Mihajlovic.
In primis la moglie Arianna Rapaccioni che sui social ha scritto «probabilmente si tratta di un rappresentante delle forze dell’ordine». Anche la figlia Viktorija ha condiviso le immagini del diverbio diventate virali in una storia Instagram. «Non si reagisce così, è vero» ha scritto la giovane nella storia «tante volte non ho condiviso le reazioni impulsive di mio papà , nonostante fossi sua figlia e nonostante io sia identica a lui in questo. Però mi sento di dire che siete davvero degli ignoranti. Parlo a tutti quelli che pensano che essere nati in Serbia voglia dire essere zingari! Così non è. E anche se fosse avete rotto il c***o a insultare la gente per la sua provenienza. Ah, un’altra cosa. L’insulto non è “zingaro”, ma “merda”. Se essere zingari vuol dire essere come mio padre allora ben venga».

(da agenzie)

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DISORDINI CONTRO I ROM, INDAGATI 65 ESPONENTI DI CASAPOUND E FORZA NUOVA

Maggio 16th, 2019 Riccardo Fucile

A TORRE MAURA CONTESTATO ANCHE IL REATO DI RAPINA, A CASAL BRUCIATO QUELLO DI ISTIGAZIONE ALL’ODIO RAZZIALE, VIOLENZA PRIVATA… MA L’ERRORE E’ STATO QUELLO DI NON INTERVENIRE CON CARICHE,   ARRESTI E RISTABILIRE SUBITO LA LEGALITA’

La Procura di Roma ha iscritto 41 persone nel registro degli indagati, tra militanti di Casapound e Forza Nuova, per i disordini avvenuti lo scorso aprile nel quartiere di Torre Maura in relazione al trasferimento di alcune famiglie rom in una struttura della zona.
I reati contestati, a vario titolo, nel fascicolo coordinato dal procuratore aggiunto Francesco Caporale e dal sostituto Eugenio Albamonte, vanno da istigazione all’odio razziale, violenza privata, minacce, adunata sediziosa, apologia di fascismo e rapina in riferimento all’episodio dei panini destinati alle famiglie rom calpestati dai manifestanti.
La Procura di Roma ha inoltre iscritto nel registro degli indagati 24 persone, appartenenti ai movimenti di estrema destra Casapound e Forza Nuova, in relazione ai disordini scoppiati nella zona di Casal Bruciato, periferia est della Capitale, per l’assegnazione ad una famiglia rom di una casa popolare.
Indagate anche altre 16 persone, tra antagonisti e appartenenti ai movimenti per la casa, per il reato di corteo non autorizzato svolto, sempre a Casal Bruciato, l’8 maggio.

(da agenzie)

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SALVINI IN PREFETTURA A NAPOLI, SCONTRI TRA LA POLIZIA E CENTINAIA DI MANIFESTANTI, CARICHE E LANCI DI TRANSENNE

Maggio 16th, 2019 Riccardo Fucile

TENSIONI DAVANTI ALLA PREFETTURA

Scontri tra forze dell’ordine e manifestanti all’ingresso di piazza del Plebiscito, a Napoli, nei pressi del palazzo della Prefettura dov’è in corso il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal ministro Salvini.
La polizia ha effettuato una carica per allontanare i manifestanti che hanno lanciato delle transenne e dei fumogeni contro i poliziotti. La situazione è ora tornata alla normalità . I manifestanti, però, stanno stazionando nei pressi della prefettura.
“Napoli non si lega”. È questo il messaggio lanciato dai manifestanti al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in città  per partecipare in prefettura al comitato per l’ordine e la sicurezza. E per ribadire il messaggio cardine del corteo: un manifestante si è presentato con gli abiti di Pulcinella per dire: “statt ‘a casa toia”.
Molte le accuse mosse a Salvini tra cui quella gridata al megafono da attivisti: «Nel cosiddetto decreto spazzaclan non si dice niente delle mafie e ci si preoccupa di fare multe a chi salva i migranti».
In strada anche un manifestante con un cane vestito da uno striscione con la frase «lega uguale mafia».
insieme ai giovani attivisti anche molti cittadini comuni: «Anche chi lo guardava con fiducia ora la sta perdendo, hanno scoperto la fregatura, il vento sta cambiando»

(da agenzie)

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