Giugno 30th, 2011 Riccardo Fucile
NELLE 83 PAGINE DEL DOCUMENTO SONO RIPORTATI STRALCI DELLA LEGGE IDEATA PER GARANTIRE L’IMMUNITA’ AL PREMIER… DURA PRESA DI POSIZIONE DI DI PIETRO E DI ANGELA NAPOLI DI FLI
Dentro questa finanziaria c’è qualcosa che rende coesa la maggioranza e mette fine addirittura alla proverbiale arroganza di Tremonti.
Nelle ultime venti pagine della bozza della manovra economica, che il consiglio dei ministri si appresta ad approvare entro giovedì, c’è qualcosa di molto caro a Berlusconi: il processo breve.
Ovvero la legge che cancella non solo la maggior parte dei processi del presidente del Consiglio, ma anche altri 100 mila, secondo i dati di Csm e Anm dei mesi scorsi.
Nella bozza sono stati copiati parola per parola interi brani del disegno di legge ammazzaprocessi.
Nell’articolato, per esempio, si legge: “Il processo penale si considera iniziato alla data di assunzione della qualità di imputato. Non rilevano, agli stessi fini, i periodi conseguenti ai rinvii del procedimento richiesti o consentiti dalla parte, nel limite di novanta giorni ciascuno.
3-ter. Non sono considerati irragionevoli, nel computo del periodo di cui al comma 3, lettera a), i periodi che non eccedono la durata di due anni per il primo grado, di due anni per il grado di appello e di ulteriori due anni per il giudizio di legittimità , nonchè di un altro anno per ogni successivo grado di giudizio nel caso di giudizio di rinvio. Il giudice, in applicazione dei parametri di cui al comma 2, può aumentare fino alla metà i termini di cui al presente comma”.
Al contrario di quanto scrivono oggi tutti i giornali, insomma, anche il processo penale (e non solo quello civile) secondo la bozza di manovra deve durare sei anni. Ma non basta.
Il copia incolla con la norma accantonata (momentaneamente) dopo le violente polemiche di magistrati e opposizioni, prosegue in molti altri articoli.
Anche se non è riportato quello che prevedeva l’estinzione del processo in caso di superamento dei termini.
Tutto invece si gioca intorno alla questione dei risarcimenti.
Sino a oggi, in base alla legge Pinto sulla equa riparazione, un cittadino aveva diritto a un indennizzo se il processo di primo grado durava più di tre anni.
Adesso il termine scende a due e scatta dal momento della richiesta di rinvio a giudizio.
Per come è organizzata la macchina della giustizia, dunque, la maggioranza degli imputati potrà chiedere il risarcimento con enormi costi per lo Stato.
Nella manovra c’ è anche una precisa scansione: “Per ciascun giorno di ritardo (del processo ndr) è liquidato un indennizzo di euro 2,50, che può essere equitativamente ridotto fino a euro 2,00 o elevato fino a euro 3,00; l’indennizzo può essere ridotto fino a euro 0,50 quando il procedimento cui l’istanza di equa riparazione si riferisce è stato definito con il rigetto delle richieste del ricorrente, ovvero quando ne è evidente l’infondatezza”.
Ma non basta. I risarcimenti potranno essere richiesti a processo in corso.
Per esempio, oggi il pm chiede il rinvio a giudizio di un imputato. Dopo un anno e mezzo l’imputato avrà diritto a cominciare a mettere in mora i suoi giudici, dicendo in buona sostanza: sono passati 18 mesi, entro 6 mesi voglio la sentenza. Se non arriva, a quel punto può scattare il risarcimento. E gli atti del processo non ancora chiuso vengono esaminati da un altro giudice.
La novità è stata evidentemente architetta in previsione dell’introduzione di tutto il processo breve.
Con le nuove norme è infatti inevitabile un enorme aumento delle cifre liquidate per la lungaggine dei processi.
E ulteriore sovraccarico di lavoro (e confusione) nei tribunali. Con imputati, magari colpevoli, che vengono prima risarciti e poi condannati penalmente.
C’è da chiedersi: è questa la “riforma epocale” annunciata da Silvio Berlusconi?
“C’è un limite oltre il quale la politica diventa criminale e va fermata a ogni costo, prima che sia troppo tardi”, dice Antonio Di Pietro.
Sorpreso di trovare nel testo di una manovra economica un pezzo delle norme sul processo breve. “Berlusconi e la sua maggioranza non hanno capito che 27 milioni di italiani hanno detto basta alle leggi ad personam”, aggiunge il leader dell’Idv. Mentre Angela Napoli, capogruppo di Futuro e Libertà in commissione Giustizia alla Camera, definisce “grave, scandaloso e inaccettabile quanto sembrerebbe emergere dalla bozza della manovra finanziaria, circa l’nserimento sotto il titolo ‘Processo civile ed altre disposizioni per la maggiore efficienza della giustizià , disposizioni relative al cosiddetto ‘processo breve, cui la maggioranza aveva detto di rinunciare”, ha detto. ”La manovra non configura tagli, non presenta misure per lo sviluppo, tuttavia rispuntano norme ‘ad personam’, che nel corso della legislatura corrente sono apparse sempre quale unica ossessione del premier. L’efficienza della giustizia la si promuove attraverso adeguati interventi finanziari, utili a sensibilizzare l’informatizzazione dei servizi, ed attraverso l’adeguamento di organici e mezzi, non sicuramente attraverso provvedimenti che non rendono uguali tutti i cittadini di fronte alla legge”.
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Giugno 29th, 2011 Riccardo Fucile
“DITE A SETOLA E A ZAGARIA CHE SE MI CERCANO POSSONO TROVARMI ALLA STAZIONE DELLA CIRCUMVESUVIANA ALLE 19″… LA VERGOGNA DI UN GOVERNO CHE SI ATTRIBUISCE IL MERITO DEGLI ARRESTI MA LESINA LE RISORSE INDISPENSABILI PER IL FUNZIONAMENTO DELLA GIUSTIZIA
La denuncia arriva direttamente dalla procura.
Uno dei pm che da anni combatte la camorra ha commentato: “‘Dite a Peppe Setola e a Michele Zagaria (due boss del casertano, il primo in carcere, il secondo latitante da molti anni, ndr) che, se mi cercano, possono trovarmi alla stazione della Circumvesuviana”.
I magistrati che indagano sui clan camorristici del casertano e del napoletano, sulle trame di mister P4, al secolo Luigi Bisignani, sul disastro dei rifiuti e su un campionario di reati che il procuratore capo di Napoli Giandomenico Lepore definisce “un supermarket del crimine”, da due giorni se lavorano fino a sera sono costretti a tornare a casa a piedi o coi mezzi pubblici, con tutti i rischi del caso per la sicurezza. Motivo: il ministero della Giustizia da più di un anno non paga gli straordinari agli autisti dei pm sottoposti a tutela: il procuratore capo, i nove aggiunti, i sostituti dell’Antimafia.
Gli autisti, stufi di aspettare, hanno deciso di garantire esclusivamente il servizio ordinario, che si interrompe alle 18.
Per cui, i magistrati sono di fronte a due scelte: o lasciano l’ufficio entro le 18, magari interrompendo a metà qualche delicata attività istruttoria, oppure se prolungano il loro lavoro devono arrangiarsi per il ritorno a casa coi taxi, i pullman, i treni.
Chi abita in provincia, ovviamente, si affida ai mezzi pubblici.
Un pm della Dda titolare di indagini sui clan casalesi si è lasciato andare a un clamoroso sfogo: ”Dite a Peppe Setola e a Michele Zagaria (due boss del casertano, il primo in carcere, il secondo latitante da molti anni, ndr) che, se mi cercano, possono trovarmi alla stazione della Circumvesuviana dalle 7 di sera. Non molto sicura per noi, ma almeno qualcosa che ancora funziona”.
Paradossi di un governo che si attribuisce i meriti degli arresti e dei sequestri patrimoniali anticrimine, salvo poi lesinare le risorse indispensabili per un efficiente funzionamento della giustizia.
Pure i cancellieri, anch’essi privi di straordinario, da mesi lasciano gli uffici alle 15. Riferisce il procuratore Lepore con una punta di avvilimento: ”Dopo numerose sollecitazioni, dal ministero è arrivato un fax in cui è scritto che alla firma del ministro Tremonti c’è un provvedimento che dovrebbe consentire il pagamento degli straordinari”.
Ma con l’aria che tira nella discussione della Finanziaria, non splende l’ottimismo. “Non si sa se e quando Tremonti lo firmerà — aggiunge Lepore — ho girato il fax al dirigente generale e agli autisti, nella speranza di convincerli a tornare al lavoro: più di questo non posso fare. Il problema riguarda anche me: l’altro ieri, per tornare a casa, ho dovuto farmi prestare un’auto dai carabinieri. Per una volta si può fare, ma non può essere questa la soluzione. Anche i carabinieri di auto ne hanno poche”.
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Giugno 29th, 2011 Riccardo Fucile
RICORDA I SUOI ESAMI DI LICENZA LICEALE: “ALLA MATURITA’ SCELSI FOGAZZARO, PALAZZESCHI E I CREPUSCOLARI, ARGOMENTO CHE CONOSCEVO BENE”…PECCATO CHE FOSSE CORAZZINI E NON FOGAZZARO
La nostalgia gioca brutti scherzi. Anche alla memoria.
Alla sua terza maturità da ministro della Pubblica Istruzione, Maria Stella Gelmini ha voluto rinverdire i bei tempi (non troppo lontani) in cui toccava a lei a sudare freddo per la licenza liceale.
E in una lettera al Giorno è tornata indietro coi ricordi fino alla prova d’italiano: «Ho scelto un tema su Fogazzaro, Palazzeschi e i crepuscolari». E ancora: «Argomenti che conoscevo bene».
Fogazzaro, però, non c’entrava nulla.
Notoriamente al popolo dei blog non sfugge nulla.
E per qualcuno l’accostamentro dell’autore di «Piccolo mondo antico» ai crepuscolari e a Palazzeschi stonava come una chitarra elettrica in un’orchestra sinfonica.
Così è bastata una verifica per cogliere in castagna il ministro.
Nell’anno del suo esame, il ’92, la traccia di letteratura non citava Fogazzaro ma Corazzini. Poeta meno noto, ma certamente crepuscolare.
A incastrare il ministro è stato il blog Sempre un po’ a disagio, poi ripreso dal popolare Manteblog di Massimo Mantellini.
L’autore del post è un insegnante che segue con attenzione i fatti di scuola: «Intendiamoci, le colpe della ministra Gelmini, in questi ultimi tre anni, sono ben più gravi di questa», esordisce il blogger “Lo Scorfano”.
«Però a me fa molto ridere questa letterina dolce dolce, quasi zuccherina, scritta dal ministro ai maturandi».
Anche perchè ripetutamente la Gelmini sottolinea quanto certe esperienze siano indelebili nella memoria: «Un ricordo ancora molto vivo e puntuale in me»; «Un momento che non è possibile, di certo, dimenticare mai».
Andando alla ricerca del tempo perduto può capitare di smarrire qualcosa per strada.
Antonio Castaldo
(da “Il Corriere della Sera“)
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Giugno 29th, 2011 Riccardo Fucile
SU 47 MILIARDI DA COPRIRE, IL GOVERNO NE SCARICA 40 TRA DUE ANNI, QUANDO SARANNO ALTRI A GUIDARE L’ESECUTIVO: LA FRODE POLITICA E’ EVIDENTE…UN ESEMPIO DI TIPICA SCUOLA DEMOCRISTIANA DA PRIMA REPUBBLICA…SI COLPISCE IL CETO MEDIO-BASSO, CON I SOLITI STRUMENTI: TICKET, BLOCCO DEL TURN OVER, TAGLI ALLA SCUOLA
Una legge truffa per galleggiare fino alla fine di questa legislatura.
Poi l’abisso, a spese di quelli che verranno.
La manovra che il governo Berlusconi approverà domani in Consiglio dei ministri colpisce non per la sua entità (con la quale soddisfa effettivamente i target quantitativi concordati con la Ue) ma per la sua “slealtà ” (con la quale scarica colpevolmente gli impegni qualitativi sui prossimi governi).
Questa manovra illude gli italiani, inganna l’Europa e imbroglia i mercati.
Il centrodestra, che ha inventato a suo tempo la “finanza creativa”, lancia adesso la “finanza tardiva”.
La perfida ipocrisia del decreto è racchiusa non tanto nella sua nella sua dimensione economica, ma nella sua scansione temporale.
Dei 47 miliardi di sacrifici totali che lo compongono, i pannicelli caldi saranno somministrati nel primo biennio (1,8 miliardi nel 2011 e 5,5 nel 2012).
Le lacrime e il sangue, invece, saranno concentrate nel secondo biennio (20 miliardi nel 2013 e altri 20 nel 2014).
La frode politica contenuta nell’operazione è chiarissima.
Nei due anni che restano alla coalizione Pdl-Lega i contribuenti sentiranno le carezze. Dall’anno successivo, cioè in concomitanza con il ciclo elettorale, patiranno le stangate.
Stangate a orologeria, dunque.
La responsabilità del doloroso ma doveroso rientro dal deficit e dal debito pubblico, in altri termini, sarà in carico al futuro governo, perchè quello in carica non ne vuole sapere.
E i costi più dolorosi del risanamento dei conti non lo sosterranno i contribuenti che hanno votato per l’alleanza forzaleghista il 13 aprile 2008.
Li pagheranno invece le future generazioni, come da collaudata tradizione dei politicanti della Prima Repubblica, abbracciata senza riserve dai replicanti della Seconda.
Nel metodo, alla vigilia del vertice di Palazzo Grazioli la domanda cruciale era: chi vincerà il duello, tra il rigorista Tremonti e il lassista Berlusconi?
Alla luce di ciò che vediamo, non ha vinto nessuno dei due contendenti. Ha perso l’Italia.
Lo scontro in atto non era tra due irriducibili forze, ma tra due resistibili debolezze.
Tremonti – isolato nel governo, privato del sostegno di Bossi e sostenuto solo dalla sponda indiretta di Bruxelles e delle agenzie di rating – ha dimostrato di non avere la forza per mettere alle corde i suoi troppi nemici interni.
Berlusconi – azzoppato dagli scandali, fiaccato dall’epistassi della sua piattaforma politica e gravato dal peso del “vincolo esterno” – ha dimostrato di non avere la forza di mandare al tappeto il suo ministro dell’Economia.
Il risultato di questo match non poteva che essere un compromesso al ribasso, in perfetto stile doroteo.
Nel merito, è vetero-democristiana l’abitudine a infarcire di ipocrisia le manovre a cui manca la fantasia.
Due soli esempi: il ripristino dei ticket sulla sanità e il blocco del turn-over nel pubblico impiego.
Non c’è stato governo Andreotti dei fetenti Anni Ottanta che non abbia inserito misure del genere nella sue Finanziarie balneari.
Misure che colpiscono i soliti ceti medio-bassi e preferibilmente del pubblico impiego, per altro già ampiamente bastonati dalla Legge di stabilità da 25 miliardi varata l’anno scorso, e notoriamente schierati nell’area elettorale del centrosinistra.
La famosa “Italia peggiore” di Brunetta, da colpire senza pietà e senza equità .
Per il resto, le norme buone stingono dentro un quadro di incertezza contabile.
L’accelerazione degli interventi sulle pensioni è positiva, ma presupporrebbe un intervento contestuale a vantaggio delle prestazioni minime (ormai da fame) e delle prestazioni integrative (ancora da implementare).
Il taglio dei costi della politica sarebbe eccellente, se l’operatività degli interventi non fosse (anche in questo caso) rimandata nel tempo, come nel caso della riduzione degli stipendi dei parlamentari (ma solo a valere dalle prossime elezioni) o della limitazione delle auto blu (ma solo ad esaurimento del parco macchine attualmente in circolazione).
Come si raggiungeranno i 47 miliardi nel quadriennio?
Il capitolo della previdenza, quello della sanità , e quello dei ministeri, dovrebbero valere grosso modo 6 miliardi ciascuno. Il totale fa 18.
Da dove arriveranno gli altri 29? È un mistero.
Dal mistero alla beffa: che dire dell’ulteriore colpo di scure su una scuola già distrutta, con l’accorpamento delle cattedre e il dimezzamento dei docenti di sostegno?
E dalla beffa alla farsa: che dire dell’ennesima norma sulle liberalizzazioni?
Si prevede un “accesso più facile al settore delle professioni”, ma esclusi “i notai, gli architetti, gli ingegneri, i farmacisti e gli avvocati”.
Non si capisce quali professioni restino, tra quelle da liberalizzare: salvata la rendita delle corporazioni più potenti, il governo aggredirà forse quella dei barbieri, degli idraulici, dei fisioterapisti.
Su queste basi, la legge delega sul fisco non promette niente di buono.
E su queste basi, non è affatto certo che le “locuste della speculazione”, invece di essere confortate, non si sentano autorizzate ad aggredire questa povera Italia, fragile nell’economia e irresponsabile nella politica.
Del resto, a dispetto degli allarmi e dei penultimatum, questa manovra non è che l’ultimo “test”, per verificare se la crisi di governo si apre subito e si va a votare in autunno.
Il compromesso doroteo implicito in questa legge-truffa consente al Cavaliere di resistere, almeno fino al 2012.
Se poi sul Paese si scatena il diluvio, poco male.
Saranno problemi del centrosinistra, se vincerà le elezioni.
Perchè devo fare qualcosa per i posteri? Cosa hanno fatto questi posteri per me?
Un tempo era il motto di Groucho Marx.
Oggi è la regola di Silvio Berlusconi.
Massimo Giannini
(da “La Repubblica”)
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Giugno 29th, 2011 Riccardo Fucile
SU 47 MILIARDI DA COPRIRE, IL GOVERNO NE SCARICA 40 TRA DUE ANNI, QUANDO SARANNO ALTRI A GUIDARE L’ESECUTIVO: LA FRODE POLITICA E’ EVIDENTE…UN ESEMPIO DI TIPICA SCUOLA DEMOCRISTIANA DA PRIMA REPUBBLICA… SI COLPISCE IL CETO MEDIO-BASSO, CON I SOLITI STRUMENTI: TICKET, BLOCCO DEL TURN OVER, TAGLI ALLA SCUOLA
Una legge truffa per galleggiare fino alla fine di questa legislatura.
Poi l’abisso, a spese di quelli che verranno.
La manovra che il governo Berlusconi approverà domani in Consiglio dei ministri colpisce non per la sua entità (con la quale soddisfa effettivamente i target quantitativi concordati con la Ue) ma per la sua “slealtà ” (con la quale scarica colpevolmente gli impegni qualitativi sui prossimi governi).
Questa manovra illude gli italiani, inganna l’Europa e imbroglia i mercati.
Il centrodestra, che ha inventato a suo tempo la “finanza creativa”, lancia adesso la “finanza tardiva”.
La perfida ipocrisia del decreto è racchiusa non tanto nella sua nella sua dimensione economica, ma nella sua scansione temporale.
Dei 47 miliardi di sacrifici totali che lo compongono, i pannicelli caldi saranno somministrati nel primo biennio (1,8 miliardi nel 2011 e 5,5 nel 2012).
Le lacrime e il sangue, invece, saranno concentrate nel secondo biennio (20 miliardi nel 2013 e altri 20 nel 2014).
La frode politica contenuta nell’operazione è chiarissima.
Nei due anni che restano alla coalizione Pdl-Lega i contribuenti sentiranno le carezze. Dall’anno successivo, cioè in concomitanza con il ciclo elettorale, patiranno le stangate.
Stangate a orologeria, dunque.
La responsabilità del doloroso ma doveroso rientro dal deficit e dal debito pubblico, in altri termini, sarà in carico al futuro governo, perchè quello in carica non ne vuole sapere.
E i costi più dolorosi del risanamento dei conti non lo sosterranno i contribuenti che hanno votato per l’alleanza forzaleghista il 13 aprile 2008.
Li pagheranno invece le future generazioni, come da collaudata tradizione dei politicanti della Prima Repubblica, abbracciata senza riserve dai replicanti della Seconda.
Nel metodo, alla vigilia del vertice di Palazzo Grazioli la domanda cruciale era: chi vincerà il duello, tra il rigorista Tremonti e il lassista Berlusconi?
Alla luce di ciò che vediamo, non ha vinto nessuno dei due contendenti. Ha perso l’Italia.
Lo scontro in atto non era tra due irriducibili forze, ma tra due resistibili debolezze.
Tremonti – isolato nel governo, privato del sostegno di Bossi e sostenuto solo dalla sponda indiretta di Bruxelles e delle agenzie di rating – ha dimostrato di non avere la forza per mettere alle corde i suoi troppi nemici interni.
Berlusconi – azzoppato dagli scandali, fiaccato dall’epistassi della sua piattaforma politica e gravato dal peso del “vincolo esterno” – ha dimostrato di non avere la forza di mandare al tappeto il suo ministro dell’Economia.
Il risultato di questo match non poteva che essere un compromesso al ribasso, in perfetto stile doroteo.
Nel merito, è vetero-democristiana l’abitudine a infarcire di ipocrisia le manovre a cui manca la fantasia.
Due soli esempi: il ripristino dei ticket sulla sanità e il blocco del turn-over nel pubblico impiego.
Non c’è stato governo Andreotti dei fetenti Anni Ottanta che non abbia inserito misure del genere nella sue Finanziarie balneari.
Misure che colpiscono i soliti ceti medio-bassi e preferibilmente del pubblico impiego, per altro già ampiamente bastonati dalla Legge di stabilità da 25 miliardi varata l’anno scorso, e notoriamente schierati nell’area elettorale del centrosinistra.
La famosa “Italia peggiore” di Brunetta, da colpire senza pietà e senza equità .
Per il resto, le norme buone stingono dentro un quadro di incertezza contabile.
L’accelerazione degli interventi sulle pensioni è positiva, ma presupporrebbe un intervento contestuale a vantaggio delle prestazioni minime (ormai da fame) e delle prestazioni integrative (ancora da implementare).
Il taglio dei costi della politica sarebbe eccellente, se l’operatività degli interventi non fosse (anche in questo caso) rimandata nel tempo, come nel caso della riduzione degli stipendi dei parlamentari (ma solo a valere dalle prossime elezioni) o della limitazione delle auto blu (ma solo ad esaurimento del parco macchine attualmente in circolazione).
Come si raggiungeranno i 47 miliardi nel quadriennio?
Il capitolo della previdenza, quello della sanità , e quello dei ministeri, dovrebbero valere grosso modo 6 miliardi ciascuno. Il totale fa 18.
Da dove arriveranno gli altri 29? È un mistero.
Dal mistero alla beffa: che dire dell’ulteriore colpo di scure su una scuola già distrutta, con l’accorpamento delle cattedre e il dimezzamento dei docenti di sostegno?
E dalla beffa alla farsa: che dire dell’ennesima norma sulle liberalizzazioni?
Si prevede un “accesso più facile al settore delle professioni”, ma esclusi “i notai, gli architetti, gli ingegneri, i farmacisti e gli avvocati”.
Non si capisce quali professioni restino, tra quelle da liberalizzare: salvata la rendita delle corporazioni più potenti, il governo aggredirà forse quella dei barbieri, degli idraulici, dei fisioterapisti.
Su queste basi, la legge delega sul fisco non promette niente di buono.
E su queste basi, non è affatto certo che le “locuste della speculazione”, invece di essere confortate, non si sentano autorizzate ad aggredire questa povera Italia, fragile nell’economia e irresponsabile nella politica.
Del resto, a dispetto degli allarmi e dei penultimatum, questa manovra non è che l’ultimo “test”, per verificare se la crisi di governo si apre subito e si va a votare in autunno.
Il compromesso doroteo implicito in questa legge-truffa consente al Cavaliere di resistere, almeno fino al 2012.
Se poi sul Paese si scatena il diluvio, poco male.
Saranno problemi del centrosinistra, se vincerà le elezioni.
Perchè devo fare qualcosa per i posteri? Cosa hanno fatto questi posteri per me?
Un tempo era il motto di Groucho Marx.
Oggi è la regola di Silvio Berlusconi.
Massimo Giannini
(da “La Repubblica“)
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Giugno 29th, 2011 Riccardo Fucile
SULLA PROPAGANDA ELETTORALE HA AVUTO LA MEGLIO LA FORZA DEI NUMERI: NESSUNO TAGLIO ALLE TASSE SAREBBE POSSIBILE IN QUESTO MOMENTO SENZA RISCHIARE LA BANCAROTTA… E BOSSI SI RITROVA CON UN PUGNO DI MOSCHE
La lunga e tremebonda giornata di vigilia del varo della manovra economica s’è conclusa ieri più per sfinimento che per vero accordo.
E’ rimasto deluso chi pensava, ed erano in tanti, che Berlusconi, come già fece nel luglio del 2004, alla fine sacrificasse Tremonti, e con lui il rigore dei conti pubblici, sull’altare della maggioranza, della stabilità politica e della necessità di recuperare consensi dopo due sconfitte elettorali.
Ma non ha potuto cantare vittoria neppure chi si aspettava che Bossi, mortificato nelle sue principali aspettative, dall’allentamento dei vincoli per la finanza locale al rifiuto dell’allungamento dell’età pensionabile per le donne, cogliesse l’occasione per far saltare il banco.
Al di là delle versioni di comodo, che parlano di una ritrovata «collegialità », la verità è che sui singoli obiettivi e sulle strategie personali, in conclusione, ha avuto la meglio la forza dei numeri e l’espediente di limitare al massimo gli interventi quest’anno e il prossimo, riservando le stangate più pesanti al 2013 e 2014 e a chi si troverà a governare nella prossima legislatura.
Ma anche se fino all’ultimo le cose potranno cambiare, per consolidare il fragile compromesso siglato ieri, sulla necessità di una manovra da quaranta miliardi, che potrebbero diventare quarantasette, per evitare di finire nel giro dei Paesi a rischio dell’Europa, nessuno ha potuto tirarsi indietro.
Ha un bel dire Berlusconi, di voler mantenere a qualsiasi costo la promessa fatta agli elettori ormai quasi vent’anni fa di tagliare le tasse.
Al momento, più di una legge delega che dia al governo i mezzi per l’eventuale riforma, senza alcuna certezza che davvero sarà fatta, non si può andare.
E ha un bel dire Bossi – soddisfatto neppure un po’ – che il Nord, i sindaci della Lega e i Comuni rigorosi hanno il diritto di spendere i soldi che hanno risparmiato: attualmente una qualche concessione ai cosiddetti virtuosi rischierebbe di aprire uno spiraglio, e poi una fessura, e poi un tunnel, a quelli che tali non sono stati, ma vogliono egualmente fare di testa loro.
Forse non si era mai vista una situazione del genere, in cui il governo, per non dire il principale ministro del governo, impone dall’alto, a qualsiasi livello, una linea obbligata: ma neppure si può far qualcosa per cambiarla, senza rischiare le sanzioni europee.
Si dirà che in un quadro del genere, dettaglio più dettaglio meno, Tremonti l’ha avuta vinta nuovamente, e i due principali soci del governo, gli alleati di ferro Berlusconi e Bossi, che avevano minacciato fuoco e fiamme in mancanza di una svolta nella politica economica, hanno dovuto metter mano agli estintori.
In realtà , sottotraccia s’intravede una tela che nel giro di pochi giorni ha cambiato contenuti e contorni.
Entrato nell’ultimo giro di trattativa, prima delle decisioni, a braccetto con il Senatur, Berlusconi s’è subito spostato al fianco del suo vituperato ministro dell’Economia quando ha capito che una forzatura sui conti e sul taglio delle tasse in questo momento poteva risultargli esiziale.
Il suo obiettivo principe era e resta arrivare al 2013 e concludere la sua seconda intera legislatura a Palazzo Chigi: al di là delle modeste realizzazioni del governo, rappresenterebbe per lui, fissato con i record sportivi, una sorta di scudetto, visto che nessun presidente del Consiglio della Prima o della Seconda Repubblica c’è mai riuscito.
Per questo s’è adattato a galleggiare, vivacchiare, durare purchessia, proseguendo nel percorso precario in cui è entrato da dicembre dell’anno scorso.
Bossi ha mezzo partito che vuol rompere, tutto o quasi il suo popolo che gli chiede di farla finita con il Cavaliere, ma si è convinto che non era il momento di buttare giù il governo e tagliare l’alleanza con il Pdl: non sarebbe stato un buon affare, nè per lui nè per il suo partito.
Romperà , questo è certo, un minuto prima delle elezioni, quando verranno.
E la Lega tornerà a correre da sola.
Resta da dire di Tremonti: stavolta più di altre ha visto la morte con gli occhi, e s’è salvato alla sua maniera: senza muovere un dito, senza spostarsi di un centimetro.
Marcello Sorgi
(da “La Stampa“)
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Giugno 29th, 2011 Riccardo Fucile
MISURE ANCHE SU LIBERALIZZAZIONI, ALTA VELOCITA’, CROCE ROSSA PRIVATA…ECCO LE PRINCIPALI NOVITA’ PREVISTE DAL PIANO DI TREMONTI: SACRIFICI RICHIESTI AI SOLITI NOTI, IL CETO MEDIO E LE CATEGORIE PIU’ DEBOLI
Blocco degli stipendi per gli statali per un anno in più, donne in pensione a 61 già dal 2012 per progressivamente arrivare a 65, ticket da 10 euro sulle prestazioni specialistiche e da 25 euro sul pronto soccorso a partire dal prossimo anno.
Sono alcune delle misure contenute nella “bozza” della manovra, un provvedimento al momento lungo 82 pagine che poi si intersecherà con la riforma del fisco che riguarda Irpef, Iva, Irap e tasse sulle rendite finanziarie.
Tra le novità anche la privatizzazione della Croce Rossa Italiana e il rifinanziamento delle missioni internazionali per tutto il 2011.
Ecco la bozza della manovra in “pillole”.
TICKET 10 EURO – Scatterà dal primo gennaio 2012 per le prestazioni specialistiche ambulatoriali. Pagheranno invece 25 euro i ‘codici bianchì del pronto soccorso.
Al momento infatti è stato stanziato un finanziamento da 486,5 milioni di euro solo per il 2011.
PENSIONI, PARTE IN 2014 AGGANCIO ETà€ A SPERANZA VITA. Era previsto al 2015.
PENSIONI D’ORO. Stop alla rivalutazione se sono cinque volte superiori al minimo. Per quelle pari atre volte il minimo la rivalutazione sarà al 45%.
PENSIONI, DONNE A 65 ANNI. La bozza è stringente: dal 2012 servirebbero 61 anni per andare in pensione, e poi si aumenta di un anno fino a raggiungere i 65 anni.
Ma l’ipotesi sarebbe già superata da una che prevede un adeguamento diluito: si parte dal 2015 con un mese l’anno, per accelerare dal 2020 di sei mesi l’anno, fino a raggiungere l’età pensionabile di 65 anni. Ma tutto sarebbe ancora aperto.
P.A., STIPENDI CONGELATI. Stop agli aumenti di retribuzione, anche accessori, per il personale delle pubbliche amministrazioni, fino alla fine del 2014.
P.A., BLOCCO TURN-OVER. Proroga del turn-over nel pubblico impiego ancora per un anno. Esclusi dalla stretta i Corpi di Polizia, i Vigili del Fuoco e le agenzie fiscali.
MISSIONI INTERNAZIONALI. La dotazione del fondo è incrementata di 700 milioni di euro per il 2011.
LIBERALIZZAZIONE PROFESSIONI. Più facile l’accesso; fuori dalle nuove norme notai, architetti, farmacisti e avvocati.
SPENDING REVIEW. Addio tagli lineari: parte dal 2012 il processo di ‘spending review’ «mirata alla definizione dei fabbisogni standard propri dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato».
CROCE ROSSA. Sarà privatizzata. Il personale non militare rischia di essere posto in mobilità .
BADANTI E PENSIONI. Dal primo gennaio del prossimo anno, la pensione di reversibilità «è ridotta, nei casi in cui il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad età del medesimo superiori a 70 anni e la differenza di età tra i coniugi sia superiore a 20 anni, del 10% per ogni anno di matrimonio mancante rispetto al numero di 10».
CATTEDRE BLOCCATE. A decorrere dall’anno scolastico 2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed Ata della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell’anno scolastico 2011/2012.
INSEGNANTI DI SOSTEGNO. L’organico degli insegnati di sostegno, attribuito alle singole scuole o a ‘reti di scuolè, dovrà prevedere in media un docente ogni due alunni disabili.
ALTA VELOCITà€. Arriva sovrapprezzo canone, servirà ad assicurare la copertura degli oneri del servizio universale.
PROTEZIONE CIVILE. Arrivano 64 milioni di euro nel 2011 per la gestione dei mezzi della flotta aerea del Dipartimento della protezione civile. Al relativo onere si provvede con una riduzione della quota destinata allo Stato dell’8 per 1000.
FONDI RESIDUI. Sono abrogate, a decorrere dal 2012, tutte le norme che dispongono la conservazione nel conto dei residui, cioè le somme stanziate ma non spese dalla Pubblica Amministrazione, per essere utilizzate nell’esercizio successivo, di somme iscritte negli stati di previsione dei Ministeri. La Corte dei Conti ha quantificato in 108 miliardi l’ammontare dei residui passivi dell’intera amministrazione pubblica.
IMMOBILI PUBBLICI. Arrivano «fondi d’investimento immobiliari chiusi promossi da Regioni, Provincie, Comuni anche in forma consorziata ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile».
CONTI DORMIENTI. Una piccola parte della manovra (100 milioni) sarà coperta dal fondo in favore delle vittime dei crack finanziari. – ANAS. Sarà divisa in Holding e Spa e arriva anche un commissario.
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Giugno 29th, 2011 Riccardo Fucile
I PRIMI CONTI PARLANO DI QUARANTA MILIARDI, SOLO UN DECIMO DEDICATO AI POSTI DI LAVORO
Quanto costerà la nuova ferrovia Torino Lione?
Secondo la Ltf, società italo-francese costituita per la realizzazione, il costo previsto della Torino-Lione è di 21,4 miliardi di euro.
Molti esperti ritengono che il costo effettivo sia destinato a triplicarsi.
Sei anni fa quattro economisti (Boitani, Manghi, Mercalli, Ranci) in un articolo su lavoce.info (“Sulla Torino-Lione una pausa di riflessione produttiva”) prevedevano in almeno 17 miliardi il costo per la metà a carico dell’Italia.
Il conto totale potrebbe arrivare a 40 miliardi di euro. La stessa taglia della maxi-manovra di Tremonti.
E c’è da chiedersi se sia questa la priorità infrastrutturale su cui buttare tanto denaro.
A che serve?
A poco. Come dimostra l’esperienza dell’alta velocità Torino-Milano-Napoli, sulle nuove linee possono viaggiare solo i treni passeggeri, perchè le locomotive merci hanno un voltaggio diverso e andrebbero così piano da ostacolare i Frecciarossa o simili.
Se si decide di farci passare le merci i passeggeri restano sulla vecchia linea.
La Ltf continua a far finta di niente, in realtà si aprono i cantieri senza aver ancora deciso se sarà una linea merci o passeggeri.
La Ltf fa strane promesse. Dice che si potrà andare da Torino a Lione in 2 ore anzichè le attuali 4, e da Milano a Parigi in 4 ore anzichè 7.
Siccome l’alta velocità da Milano a Parigi c’è già , salvo la tratta nuova, si deduce che partendo da Milano, forse per la rincorsa, il treno farà Torino-Lione in un’ora anzichè 2. Misteri.
Quanto alle merci, la Ltf promette di togliere dalle strade della Val di Susa un milione di Tir all’anno. Attualmente sotto il traforo autostradale del Frejus ne passano circa 800 mila all’anno. Andrebbe vietato per legge il trasporto su gomma nella zona e non basterebbe. Il traffico merci sul Frejus è in calo da anni.
Quali sono le ricadute ambientali?
Secondo i sostenitori dell’opera i vantaggi sono in termini di emissioni: il treno non fuma come i camion.
Due le obiezioni a questo lineare ottimismo. Le nuove tecnologie motoristiche sono destinate a far crollare le emissioni dei Tir prima e a costo molto più contenuto della nuova ferrovia.
E c’è poi chi calcola che in termini di emissioni i dieci anni di cantiere peseranno più del guadagno successivo.
Anche perchè non è detto che la nuova ferrovia faccia diminuire i Tir: la Torino-Milano-Napoli non ne ha tolto uno dalla strada.
Quali sono le ricadute economiche?
Su questo le previsioni sono le più fantasiose. La cosa più certa è un beneficio sull’economia del Piemonte. L’idea che la pianura Padana possa prosperare perchè attraversata dal mitico Corridoio 5 (Lisbona-Kiev) è quantomeno futuribile.
Per ora infatti il Corridoio si ferma a Milano. E come insegnano gli economisti seri, un treno merci che passa non fa crescere il Pil delle contrade attraversate.
È vero che porterà molti posti di lavoro?
Secondo il viceministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli, ai tempi della scapigliatura leghista implacabile critico dell’alta velocità di Lorenzo Necci, i cantieri porteranno centinaia di migliaia di posti di lavoro.
“Ogni miliardo speso genera 20 mila posti di lavoro”. Contando una spesa italiana di 17 miliardi, arriverebbero in Val di Susa 340 mila lavoratori, facendola probabilmente affondare.
Secondo la Ltf, più realisticamente, i suoi cantieri impegneranno sul versante italiano 2 mila persone, più 4 mila dell’indotto. Seimila posti di lavoro in tutto, presumibilmente per dieci anni.
Si tratterebbe di un monte salari di circa 1,5 miliardi di euro: meno di un decimo del costo dell’opera si tradurrebbe in lavoro.
Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 29th, 2011 Riccardo Fucile
UNA LINEA LEGGERA CHE AVREBBE L’APPROVAZIONE DEL GOVERNO FRANCESE E DELLE STESSE FERROVIE…UN IMPEGNO DI SPESA CHE SCENDEREBBE DA 8,5 A 4,5 MILIARDI INIZIALI…CON L’ALTA VELOCITA’ SI STA GIOCANDO UNA PARTITA ECONOMICO-POLITICA PER TENERE APERTI CERTI RUBINETTI AL COMPARTO EDILIZIO, NON MOTIVATA DA VERA NECESSITA’
La corsa contro il tempo per non perdere i finanziamenti Tav, quella parte più o meno immediatamente disponibile di fondi europei che sembra una manna dal cielo in tempi di crisi delle commesse pubbliche, non aveva e non ha come ostacolo soltanto la popolazione manifestante che impediva l’avvio della recinzione del cantiere per il tunnel di Chiomonte.
A parte il fatto che l’effettiva praticabilità dei lavori del cantiere in questa atmosfera in mezzo ai manifestanti è tutta da valutare, un ostacolo più insidioso era e in parte è ancora la necessità che il governo italiano entro il 30 giugno firmi un nuovo accordo preventivo con la Francia sugli stanziamenti per la realizzazione del nuovo collegamento Torino Lione.
Ed ecco la sorpresa: viene allo scoperto quello che gli esperti sapevano già da tempo, cioè lo scetticismo del ministro dell’Economia Giulio Tremonti a impegnare soldi in un’opera che non considera nè può considerare prioritaria neanche nell’ambito delle Grandi Opere, premuto come è dalle altre lobby regionali (come quella ligure, veneta e friulana) per tutti i vari progetti “europei” in panne.
Come un coniglio dal cappello, è il caso di dirlo, escono e prendono piede, soprattutto sui giornali del fine settimana, ipotesi di ridimensionamento drastico del progetto Tav.
Una linea leggera e low cost che, secondo La Stampa, ha l’approvazione del governo francese e delle Ferrovie dello Stato.
Si usano addirittura argomenti dei No Tav, come quello che la linea storica esistente non ha problemi di saturazione e che non li avrà per almeno 20 anni, poi si vedrà .
Il ridimensionamento — resterebbe da realizzare soprattutto il megatunnel transfrontaliero, ridotto però a una canna sola — servirebbe a far sì che la Francia e Bruxelles si possano accontentare che l’Italia prometta di spendere 4 miliardi e mezzo anzichè 8 e mezzo.
Si ricordi che non solo i tecnici No Tav, ma tutti gli addetti ai lavori, moltiplicano sempre questa cifra quasi per 3, nel caso si proceda.
Pochi giorni fa l’Unione Industriali aveva motivato il proprio determinato impegno a sostegno dell’opera con la previsione economica di avere tutti quei miliardi di spesa pubblica per i lavori come moltiplicatore del Pil per il torinese.
A quella posizione ha risposto un comunicato che i giornali torinesi hanno snobbato, da parte di un fronte civico nazionale, che tra gli altri comprende Giorgio Airaudo e Luigi De Magistris, contrario a questi tunnel in Val di Susa e che fa notare come chi è favorevole all’opera “ragiona solo sui benefici che deriverebbero dai lavori di costruzione al comparto edilizio, non sulla necessità della linea”.
Ora, a fronte di quello che viene annunciato come un ridimensionamento drastico di tutto il progetto futuro, stranamente Unione Industriali di Torino e gli altri più strenui difensori della necessità della Tav non battono ciglio.
Per i tecnici che collaborano coi sindaci e i comitati No Tav questa è l’ennesima dimostrazione che si sta giocando solo una partita politico-economica per tenere aperti dei rubinetti, e che il progetto può gonfiarsi o sgonfiarsi altre volte.
Ma non sempre è lecito scherzare con le carte.
Ad esempio, l’improvvisa scomparsa dal progetto della seconda canna non può essere trattata con tanta leggerezza.
Dice Luca Giunti, uno dei collaboratori dei Sindaci No tav: “Il tunnel è stato progettato a due canne e tutta la sicurezza — una cospicua parte dell’intero progetto — è fasata proprio sulla contemporanea presenza delle due canne. In pratica una serve da evacuazione e soccorso per l’altra (le probabilità di un incidente che coinvolga entrambe le canne è considerata molto bassa). I vigili del fuoco avevano comunque sollevato molte riserve sull’effettiva possibilità di soccorso sotto il massiccio d’Ambin. Addirittura era prevista la possibilità che transitassero nella galleria solo treni merci auto condotti, senza macchinisti. Se ora si propone una soluzione mono canna è evidente che l’intero progetto va fermato, riprogettato correttamente, sottoposto alle valutazioni di legge e solo a questo punto può riprendere l’iter progettuale. Altrimenti si continua a valutare, come sicurezza, come impatto ambientale e come costi, un progetto — l’unico depositato ufficialmente — che non ha più alcun riscontro con la realtà .”
L’unico progetto definito e sicuro è quello del tunnel di Chiomonte che si vuole fare adesso, e che verrebbe realizzato dalla CMC di Ravenna, una grande cooperativa “rossa”. Un tunnel di 7 chilometri che con molte probabilità resterebbe deserto e solitario come da anni lo sono le “discenderie” realizzate in Francia in attesa del Tav.
Intanto bisogna vedere cosa verrà firmato il 30 giugno con Parigi e il 6 luglio con gli altri governi europei.
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