Febbraio 19th, 2012 Riccardo Fucile
SCANDALO SLOT MACHINES: CON LA MULTA DA 2,5 MILIARDI, LE CONCESSIONARIE FINO AL 2017 NON INCASSERANNO NULLA
Chi interverrà questa volta per salvare le dieci sorelle delle slot machine dai giudici cattivi? Certo, la condanna di ieri non è la batosta da 98 miliardi di euro sollecitata dalla procura della Corte dei conti, quella cifra monstre pari a tre finanziarie che avrebbe rappresentato la più grande sanzione mai inflitta in Italia.
Però le società concessionarie si leccano le ferite, colpite da una sentenza che speravano di aver neutralizzato con mille manovre preventive, e fanno già i conti.
La maxi-multa manda in fumo tutto quello che hanno incassato dagli apparecchi in questi primi otto anni di attività .
Visto che la febbre da slot è in crescita esponenziale, soprattutto dopo il via libera all’invasione dei mini-casinò di quartiere, il calcolo può esser preso per un altro verso: quella cifra corrisponde agli incassi previsti per i prossimi cinque anni.
Conclusione: se la multa sarà confermata, fino al 2017 le dieci società faranno mulinare miliardi solo per pagare.
Per scampare a quest’eventualità le condannate di oggi hanno messo in campo ogni genere di arma.
Dagli stuoli di avvocati di grido alla pressione delle lobby alle “amicizie” politiche, spesso bipartisan, come ha illustrato la lunga inchiesta giornalistica condotta dal Secolo XIX sin dal giugno 2007.
Nel frattempo le figurine sui rulli hanno continuato a vorticare, le gettoniere a sputare milioni di monete, i proventi delle macchinette (oggi pudicamente non più chiamate videopoker) a tenere in piedi il bilancio dello Stato.
Un super business osservato con sufficienza da chi teneva il timone dell’economia (l’ex ministro Tremonti ne ha sempre parlato con distacco e sufficienza) come qualcosa che non gli appartenesse.
Nel frattempo la gestione del grande affare è proseguita, un po’ gestita dagli uomini di An, sconfinando in territori oscuri, come la vicenda di Atlantis, saldatasi poi con altri scandali che hanno caratterizzato la vita politica italiana degli ultimi anni veleggiando sui mari delle Antille olandesi.
Pubbliche concessioni rilasciate a società con la sede nei paradisi fiscali e dietro alle quali si nascondevano personaggi oscuri e chiacchierati.
Però gli affari sono affari.
Proviamo a fare i conti: nel corso dell’anno passato una rete ormai arrivata alla cifra di 360 mila slot e più di 39 mila Videolotteries (gli apparecchi di nuova generazione che prometto vincite che possono arrivare anche a 500 mila euro) incassi per circa 45 miliardi.
È la fetta più grossa degli ottanta complessivi dell’intero mondo dei giochi.
Le entrate erariali, garantite da un’imposta chiamata Preu, si attestano a quattro miliardi. Anche per lo Stato, insomma, è un affarone.
Mettere alle corde un meccanismo così oliato potrebbe non convenire.
Arriveranno mai questi 2 miliardi e mezzo, pochi, maledetti e subito?
Se si pensa allo stato della giustizia italiana, sul subito chiunque dubiterebbe.
Sul pochi e maledetti, la battaglia è ancora aperta.
Pensare che qualcuno non voglia tentare, ancora una volta, un colpo di spugna, è solo un’illusione.
Marco Menduni
(da “Il Secolo XIX”)
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Febbraio 19th, 2012 Riccardo Fucile
PRIMARIE DEL CENTROSINISTRA AVVELENATE: QUATTRO CANDIDATI TUTTI CONTRO TUTTI…”SI SONO SCATENATI GLI ISTINTI PEGGIORI”
Per capire cosa sta succedendo sotto il Monte Pellegrino bisogna aggrapparsi disperatamente a un libro, “Nuovo repertorio dei pazzi della città di Palermo”, si intitola.
Lo ha scritto Roberto Alajmo e raccoglie decine di storie di palermitani, simpatici ma un po’ matti.
Perchè solo la follia può spiegare la lotta feroce che sta dilaniando Pd e centrosinistra per la scelta del candidato che dovrà tentare di strappare il Comune al centrodestra e ai comitati d’affari.
Breve riepilogo. A maggio si vota e il centrosinistra ha la possibilità di vincere.
Palermo è allo stremo, indebitata fino al collo.
Diego Cammarata, una volta pupillo e “pupo” di Gianfranco Miccichè, ha scelto il metodo Schettino. Si è dimesso prima del tempo, prima di assistere al crollo del suo sogno. “Palermo città cool”, aveva promesso dieci anni fa.
Oggi i cumuli di “munnizza” ingrassano gabbiani e topi nei quartieri della periferia.
Le aziende per la raccolta rifiuti non hanno più un cent, dopo che milioni di euro sono stati dissipati in fantasiose iniziative nell’Africa del nord accompagnate da quelli che qui chiamano “i bagordi di Dubai”.
Cene da 800 euro a cranio e notti in suite da favola allo Sheraton, il pozzo senza fondo.
Delle grandi opere pubbliche promesse — il passante per punta Raisi, il tram e la metropolitana leggera — neppure l’ombra.
Cammarata fugge e il Pdl è alle corde, schiacciato dal Grande Sud di Gianfranco Miccichè, dal Terzo Polo e dal Mpa di Raffaele Lombardo.
Tanto che Angelino Alfano, ieri è volato a Palermo e ha indossato il saio del penitente. “Se Gianfranco non vuole le primarie, noi non le faremo, il nostro obiettivo è allargare l’alleanza”. Angelino sa che qui si gioca tutto, ma sa anche che i tempi d’oro del 61 a 0 sono ormai un ricordo del passato.
E il centrosinistra che fa?
“Da quando qualcuno — scrive sul suo blog lo scrittore Alajmo — ha immaginato che perfino a Palermo si può vincere, si sono scatenati gli istinti peggiori”.
Analisi lucidissima e drammaticamente vera.
Il 4 marzo si vota per le primarie e il Pd va in mille pezzi, si frantuma Italia dei Valori.
Ma il dato più drammatico è che si spacca il fronte degli uomini e delle donne che in questi anni sono stati i simboli della lotta alla mafia.
Rosario Crocetta e Sonia Alfano appoggiano Fabrizio Ferrandelli, tessera Idv in tasca, insieme all’ex presidente dell’Antimafia Beppe Lumia e all’ala del Pd che sostiene il governo regionale di Raffaele Lombardo.
Leoluca Orlando, invece, si batte per Rita Borsellino.
La ginecologa Antonella Monastra, attivissima sul fronte sociale, corre per conto suo. Sull’altra sponda Davide Faraone, deputato regionale e “rottamatore”.
Per sostenerlo ieri è sceso a Palermo Matteo Renzi. Un teatro e un palco un po’ Big-Bang e un po’ Celentano (una panchina verde, un bidone di benzina al centro e un tavolo scarno), il tutto ideato da Giorgio Gori, in città da giorni.
E altre dosi di veleno portati da Firenze. Renzi gioca a Palermo la sua partita nel Pd.
Per lui la Borsellino è “incoerente. Si fa bandiera della società civile ma poi ha dietro gli apparati di partito. Che tristezza!”.
Faraone, 35 anni, ha parole di fuoco per il suo partito. “Sono l’unico candidato con la tessera del Pd, queste primarie sono un guerra civile, un congresso di partito camuffato. In ballo c’è l’alleanza con Lombardo. Gli altri candidati? Due pupi. Ferrandelli di Cracolici e Lumia, la Borsellino voluta da Bersani. Come finirà ? Male, perchè non è detto che chi vincerà le primarie avrà l’appoggio degli altri candidati”.
E giù colpi bassi, come quello, sferrato da Faraone e Renzi, sui finanziamenti del Pd. “Bersani ha dato 40 mila euro alla Borsellino, ho le prove”.
Se non basta questo a dar il quadro di primarie avvelenate sentite l’altro candidato, il trentunenne Fabrizio Ferrandelli. “Palermo non può avere un sindaco come la Borsellino, qui il lavoro da fare sarà durissimo, troppo per una persona di 67 anni”.
Toni sprezzanti. “Affatto, Rita la rispetto, ma lei e Leoluca Orlando appartengono ad un’altra stagione. Orlando è impazzito quando mi sono candidato, perchè lui non permette a nessuno di crescere. Mi accusano di essere sostenuto dall’area del Pd che sostiene Lombardo, ma non esiste un Pd antilombardiano. Faraone da deputato regionale è con la maggioranza”.
Ferrandelli è appoggiato anche da Sonia Alfano. “Non capisco queste primarie avvelenate — dice l’europarlamentare eletta in Idv -. Rita è una persona perbenissimo, a settembre avevo sostenuto la sua candidatura scontrandomi anche con Orlando, poi ho notato che la cosa non era gradita. Stiamo scegliendo tra il meglio e nessuno dica che Ferrandelli è il pupo di quella parte del Pd filo-lombariana, Cracolici e Lumia sono gli stessi che hanno votato per la Borsellino alle europee”.
Rotture anche nel partito di Di Pietro, perchè Luigi de Magistris, invece, si schiera con Rita Borsellino. “Ha il mio appoggio massimo, la sua storia, il suo spessore civile, l’affetto che mi lega alla sua famiglia me lo impongono. La sua candidatura rappresenta un doppio segnale di cambiamento, perchè è una donna e perchè la legalità e la lotta alla mafia sono il suo grande dna civile”.
Tutti si agitano, Rita Borsellino è tranquilla.
Sorride dai manifesti e lo fa di più dal vivo. “Non mi faccio trascinare nella rissa, le primarie dovrebbero essere un confronto tra gente che ha identici valori e obiettivi. Evidentemente non è così. Io sto facendo una battaglia per Palermo, altri non so. Lo scontro non è sulle alchimie delle alleanze, Lombardo rappresenta una concezione della politica e del governo che non è la mia, e non è quella che può rinnovare Palermo e la Sicilia”.
Enrico Fierro
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 19th, 2012 Riccardo Fucile
LA CIAMBELLA CON UN BUCO DA 300 MILIONI: ALLA ASL DI MASSA CARRARA BILANCI COLABRODO, ASSEGNI USATI PER COMPRARE AUTO, OROLOGI DI LUSSO E REGALINI AD AMICHE… NON C’E’ FINE AL SACCHEGGIO DEL DENARO PUBBLICO
È tutto scritto nelle carte della Procura e della Commissione Parlamentare sul “disavanzo della Asl 1 di Massa”.
Un documento approvato due giorni fa: “Quattordici voti a favore, un astenuto (Leoluca Orlando, Idv, ma è prassi che il presidente si astenga) e cinque contrari.
I rappresentanti del Pd”, sorride malizioso Lucio Barani (onorevole Pdl).
La bugna scoppia quando si tratta di approvare il bilancio 2009 dell’Azienda.
Si legge nella relazione di minoranza della commissione della Regione Toscana: “Un’annotazione nella relazione del collegio sindacale… dava conto dell’assenza di documentazione per un credito da 60 milioni”.
Racconta Barani: “Il buco totale risulta intorno ai 300 milioni”.
Nei documenti delle commissioni d’inchiesta della Regione e del Parlamento si parla di una Asl inspiegabilmente sottofinanziata rispetto alle altre aziende regionali, ma con una percentuale record di ospedalizzazione, con “spese farmaceutiche eccessive”.
Per non parlare delle “spese per il personale dipendente e di cooperative”.
È soltanto l’inizio.
Procura (l’indagine è in pieno svolgimento, gli indagati sarebbero una decina ) e Commissione Parlamentare si mettono a spulciare le carte della Asl: “Sono saltati fuori assegni, centinaia, che con una complicata partita di giro sarebbero serviti per comprare auto, Rolex, gioielli per amiche e fidanzate. Qualcuno si è costruito un tesoretto con i soldi della sanità ”, accusa Barani.
Parliamo di milioni. “Le prime confessioni — riferiscono ambienti giudiziari — sono già arrivate, dirigenti che hanno ammesso di “amare una vita lussuosa””.
La Procura ha seguito anche un altro filone: un concorso per l’assunzione di un dipendente amministrativo bandito dalla Asl che si è concluso con l’assunzione di 52 persone.
Fu lo stesso direttore generale a portare le carte ai pm che poi hanno chiesto l’archiviazione. Ma il caso politico resta.
Racconta Barani: “Tra gli assunti c’erano decine di parenti di amministratori, dirigenti del centrosinistra, delle Asl, familiari di sindacalisti e giornalisti. Ci sono, per dire, la figlia del sindaco di Carrara, Angelo Zubbani (socialista), poi la figlia di Loris Rossetti, ex sindaco di Fivizzano e oggi consigliere regionale (Pd)”. Zubbani (nè lui, nè la figlia sono indagati) ha replicato: “Mia figlia si è laureata a 24 anni in scienze della formazione, è stata impiegata part-time e precaria. Ora ha più di trent’anni. Ha fatto il concorso e, anche per i titoli acquisiti, è risultata tra i primi. Tutto regolare”.
Rossetti (nè il consigliere Pd nè i suoi familiari sono indagati) al Tirreno ha risposto: “A mia figlia mancano sei esami per laurearsi in giurisprudenza ed è arrivata trentacinquesima. I nostri sono figli come quelli degli altri. Mi meraviglio che la gente si meravigli”.
Maria Luisa Chincarini e Marco Manneschi, consiglieri regionali Idv, sono perplessi: “La Asl di Massa Carrara è quella con il maggior numero di dipendenti amministrativi della Toscana. Eppure continua ad assumere”.
Intanto emergono altre polemiche: “Abbiamo segnalato l’esistenza di un laboratorio diretto da un consigliere comunale di Massa che appoggia il sindaco. Niente di illegale, a noi pareva una struttura inutile e costosa”, ricordano dall’associazione Ernesto Frediani che si batte per la tutela dei malati.
Poi c’è la costruzione del nuovo ospedale: “Tra Massa e Carrara ci sono già tre ospedali, uno inaugurato appena nel 1974. Adesso eccone arrivare un altro in una zona non proprio al riparo dalle esondazioni. Un progetto da 80 milioni”, ricorda Riccardo Canesi (professore di geografia, ex deputato verde e oggi vicino all’Idv).
Ma la polemica ormai arriva a Firenze: “Resta inspiegabile vista l’enormità dei fatti, come la vicenda possa essere sfuggita alla Regione Toscana”, scrive la relazione di minoranza (centrodestra in Regione).
Ecco l’obiettivo finale: Enrico Rossi. Per dieci anni assessore alla Sanità e oggi Governatore. L’uomo indicato come il padre del “miracolo” della sanità toscana.
Rossi replica: “Siamo la prima regione d’Italia che ha fatto certificare i bilanci delle Asl. Durante questi controlli sono emerse le enormi irregolarità di Massa Carrara. Che io ho subito denunciato alla Procura e alla Corte dei Conti. Intanto abbiamo provveduto a colmare il buco di bilancio. Non ho nulla da nascondere, anzi”, assicura il Governatore.
Che contrattacca: “Capisco le strumentalizzazioni , ma allora chiedo che tutte le regioni, anche quelle di centro-destra, facciano gli stessi controlli sulle loro aziende. Ho notizia di aziende in altre regioni che alle perdite tolgono magari uno zero. Non vorrei che, se si andasse a vedere davvero come stanno i conti della sanità in giro per l’Italia, venisse fuori un buco magari di dieci miliardi”.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 19th, 2012 Riccardo Fucile
LA STORIA DI GIORGO P.: “PARCHEGGIATO NELL’ESERCITO PER ANNI E A RISCHIO LICENZIAMENTO”….”VOLONTARIO E VINCITORE DI CONCORSO”
Si definisce un “prigioniero”. Un paradosso per chi dovrebbe difendere la sicurezza dei cittadini.
La sua esperienza – raccontata a patto dell’anonimato (altrimenti mi «buttano fuori») in una lettera inviata al Corriere della Sera – è un concentrato di emozioni, di sentimenti.
Si sente protagonista di una vita “sospesa”.
In un limbo, in una condizione priva di progettualità .
Con il rischio incombente che quei tanto temuti accertamenti psico-fisici (da sostenere tra quattro anni, un’era geologica) si tramutino in una sentenza senza appello.
«Ho 28 anni – dice – e quando sosterrò quelle visite ne avrò 32. Anzi 33, perchè prima devo attendere un anno in cui sarò disoccupato e lasciato senza stipendio».
La sua, in realtà , è una condizione comune a molti giovani con il sogno della divisa. L’acronimo che maschera una situazione ai confini dell’irrealtà – e sulla quale anche i sindacati interni alla polizia (per le altre forze armate la rappresentanza sindacale è vietata dalla Costituzione) si sono interrogati da tempo – è Vpf4: “Volontari in ferma prefissata quadriennale”.
Eppure Giorgio è tra i giovani baciati dalla fortuna, perchè vincitore nel 2010 di un concorso per 952 agenti allievi finanzieri, ma lui appartiene alla categoria degli ultimi 231, quelli “parcheggiati” – come dice lui – nelle altre forze armate.
Lo stipendio è ai confini della soglia di povertà : 900 euro al mese, senza tredicesima nè benefit legati alla produttività .
«Con un mutuo da 450 euro al mese sulle spalle per aver comprato una casa, i restanti ti servono per far quadrare tutti i conti – aggiunge – e spesso non ti bastano se sei lontano da casa».
Ma non è solo questo ad averlo spinto a denunciare quello che riconosce essere un paradosso originato da quello Stato che dovrebbe garantire il posto fisso tanto monotono, eppure sicuro: «Ogni anno vengono regolarmente banditi concorsi per coprire le esigenze di organico delle forze di sicurezza. Quello che non ti dicono è che sono specchietti per le allodole. Perchè se finisci tra gli “esuberi” resterai “precario” per anni», spiega Giorgio.
La distonia tra i sogni individuali e le esigenze dell’amministrazione pubblica è che da quando la leva non è più obbligatoria (2004) vengono effettuati concorsi su concorsi che costano moltissimo alle casse dello Stato e alimentano un’illusione diffusa.
Tanto che uno sindacati più attenti a questo mondo, l’Ugl Polizia (ma i finanzieri come Giorgio sono di fatto esclusi, perchè possono rivolgersi soltanto al Cocer, l’organismo di rappresentanza delle forze armate) e un deputato ligure dell’Idv, Giovanni Paladini, stanno persino pensando a una class action contro lo Stato per vedere rispettati i diritti dei “precari storici”.
Quelli come lui attendono invece che venga modificato l’articolo 2199 del decreto legislativo 66/2010 (che si origina da un articolo della legge 226/2004 che disciplinò la leva a carattere volontario) che lo posiziona in questa via senza uscita.
«Ci dicono che senza un ripensamento di quell’articolo nessuno può fare nulla – spiega Giorgio – e allora cosa aspettano a cambiarlo? Ci stanno rubando il futuro con l’illusione di un posto fisso».
Fabio Savelli
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Febbraio 19th, 2012 Riccardo Fucile
PER GLI ISPETTORI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE L’AZIENDA FARMACEUTICA AVREBBE SPOSTATO I PROFITTI NELLE CASSE DI UNA CONSOCIATA NEL PARADISO FISCALE DI MADEIRA….E INTANTO 570 LAVORATORI SONO A RISCHIO LICENZIAMENTO
Ricordate i dipendenti della Sigma Tau che hanno fermato il pullman della Roma calcio facendo scendere Francesco Totti?
La ricerca di visibilità alla vertenza, dopo che l’azienda ha aperto la procedura di cassa integrazione per 569 dipendenti, era il frutto della rabbia e della disperazione di chi ha sempre contestato che i conti fossero in rosso e che l’azienda non potesse rilanciarsi seriamente.
A confortare quella radiografia provvede ora il “Processo verbale di constatazione” che l’Agenzia delle Entrate ha redatto nella sede della società farmaceutica, la seconda per importanza in Italia, il 30 luglio 2010, oggetto della trasmissione Presadiretta di Riccardo Iacona.
Un documento poderoso, 117 pagine, e nel quale gli ispettori del fisco contestano alla Sigma Tau una procedura di evasione fiscale non solo particolarmente sofisticata, per quanto comunemente diffusa, ma tale da pregiudicare i bilanci del gruppo e giustificare, così, la cassa integrazione.
La procedura sospetta si chiama “Transfer pricing” e consiste in un trasferimento illecito di valore da una società del gruppo a una consorella estera che pagherà le tasse al posto della prima.
Ma se la consorella estera è collocata in un paradiso fiscale il guadagno è notevole.
Sigma Tau è il secondo operatore farmaceutico in Italia e ha consociate in Francia, Svizzera, Olanda, Portogallo, Spagna, Germania, Regno Unito, India, Stati Uniti e Sudan.
Insomma è un colosso che oltre a produrre direttamente i farmaci li commercializza in Italia e all’estero.
Ma è proprio sugli affari realizzati con le consociate che si sono concentrati i riflettori degli ispettori fiscali.
La consociata portoghese, Defiante, ha infatti sede nell’isola di Madeira, territorio portoghese anche se situato 900 chilometri più a sud nell’Oceano Atlantico, noto paradiso fiscale.
Si tratta di una società che si occupa prevalentemente di acquistare licenze e brevetti per poi rivenderli.
Per la Defiante, la Sigma Tau ha svolto anche l’attività di produzione e rivendita di prodotti (il Bentelan o il Betnesol per esempio) assumendosi costi e rischi che sarebbero dovuti essere adeguatamente compensati.
Gli ispettori si sono chiesti se “le determinazioni dei prezzi di trasferimento siano conformi alla normativa in materia di transfer pricing” stabilite dalla legge.
La risposta è stata negativa perchè secondo i verbalizzanti “la Sigma Tau avrebbe erroneamente quantificato (…) i componenti di reddito derivante dalle transazioni intercorse con diverse società appartenenti al medesimo Gruppo”.
Facendo un confronto con società comparabili si scopre, ad esempio, che mentre il livello medio di profittabilità dell’attività in questione è del 6,6 per cento, la Sigma Tau nel 2007 subisce una perdita del 16, 1 per cento.
“I prezzi di vendita applicati alla Defiante non permetterebbero di far fronte ai rilevanti costi di produzione” in contro tendenza rispetto ai risultati ottenuti con le altre consociate.
Facendo i raffronti con società analoghe e comparabili gli ispettori hanno quantificato in 11,55 milioni di euro i minori ricavi che la Sigma Tau ha contabilizzato in Italia evadendoli al fisco.
I minori ricavi del 2007 sono già la metà delle denunciate da Sigma Tau nel 2010 pari a 20 milioni di euro.
Defiante, inoltre, come mostrano gli approfondimenti fatti da Presadiretta moltiplica tra il 2000 e il 2010 il suo patrimonio netto portandolo da 31 a 310 milioni di euro.
Nello stesso periodo il patrimonio dell’azienda italiana, passa da 123 a 34 milioni di euro.
Solo che a Madeira, sede della Defiante, praticamente non si pagano le tasse e solo recentemente sono state introdotte aliquote dell’ 1, 2 e 3 per cento.
L’Iva, invece, è al 13 per cento, la più bassa d’Europa.
In Italia, invece, Sigma Tau ha avviato una ristrutturazione pesante con la cassa integrazione e il ridimensionamento del centro di ricerca.
“Che ne dice il governo e il ministro Passera?”, chiede Riccardo Iacona.
Il caso vuole che Passera sia tirato in ballo in più aspetti.
Non solo perchè come ministro è incaricato di gestire le crisi aziendali, ma anche per il suo passato da banchiere.
È stata la “sua” Banca Intesa, infatti a finanziare, con 300 milioni di euro, l’acquisto delle attività statunitensi legate alle malattie rare della Enzon, acquisto che ai lavoratori è sembrato l’avvio di uno spostamento all’estero (negato decisamente dall’azienda).
Banca Intesa possiede poi il 5 per cento di Sigma Tau Finanziaria Spa.
Infine, il teatro di questa probabile “furbata” è il paradiso fiscale di Madeira lo stesso da cui (ne hanno scritto Mario Gerevini sul Corriere della Sera e Vittorio Malagutti sul Fatto Quotidiano) la famiglia Passera ha fatto rientrare una consistente liquidità , superiore a 10 milioni, parcheggiata in attesa di impieghi più redditizi.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 19th, 2012 Riccardo Fucile
IL “CORRIERE MERCATILE – LA STAMPA” RIPRENDE LA TESI DI “LIGURIA FUTURISTA” CIRCA GLI SCOPI DELL’UDC LOCALE NELL’ALLEANZA CON LA LISTA CIVICA DI MUSSO
….
Sempre sul “Corriere Mercatile” l’analista politico Paolo De Totero nell’articolo “Doria vs Musso: vincono le lobby che guardano oltre la politica” ha commentato:
Abbastanza controversa, per ritornare alla benedizione di Casini a Musso, la lettura sulla questione che l’Udc abbia lasciato da parte il proprio simbolo, accontentandosi di investire su propri rappresentanti all’interno di “Oltremare”, la lista civica di Enrico Musso.
Gli irriducibili di Liguria Futurista, costola scissionista del Fli, sospettano che nell’operazione che ha azzerato i simboli di Udc e Fli ci sia la capacità strategica e di calcolo di Rosario Monteleone.
Il segretario regionale Udc ne approfitterebbe per piazzare in consiglio comunale un numero ben maggiore di suoi fidati rappresentanti.
E c’è ancora chi intende insinuare che sia Musso che Doria siano in definitiva soltanto la punta evidente e per bene di un iceberg che ama la profondità e in cui si cementano ben altri interessi, da sempre trasversali ai partiti.
Gli stessi interessi che politici di lunga data ed esperienza faticano meno a mettere a fuoco rispetto a chi, al momento, intende brandire l’unica arma di ribadirsi estraneo ai vecchi giochi di potere.
Un portatore sano, appunto, a cui non sarebbe tuttavia concesso di fare la figura dello sciocco.
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Febbraio 19th, 2012 Riccardo Fucile
LEGA NEL CAOS: TOSI “DIMESSO” DAL “CERCHIO MAGICO” PER PRESUNTO ASSENTEISMO… IL SENATUR CAMBIA NUMERO DI TELEFONINO E FA IL DEMOCRATICO: “CHIAMATEMI DIRETTAMENTE”, MA POI RISPONDONO LE SEGRETARIE
Flavio Tosi non è più vicepresidente del parlamento della Padania.
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Adnkronos, il sindaco di Verona sarebbe stato sostituito, nella carica che ricopriva assieme a Federico Bricolo e Roberto Castelli, da Gianpaolo Dozzo, da poco nominato capogruppo del Carroccio alla Camera.
La scelta di sostituire Tosi, presa all’unanimità , sarebbe legata all’assenteismo del primo cittadino, mai presente finora alle quattro convocazioni ( ma lui ribatte di esserci stato in due) dell’ufficio di presidenza del parlamento della Padania riaperto dopo il cambio di governo e l’approdo a Palazzo Chigi di Mario Monti.
L’avvicendamento rischia di creare un nuovo caso per il partito, attraversato da forti polemiche e liti interne. Il Carroccio è ormai di fatto spaccato in due.
Da una parte il cosiddetto Cerchio Magico e dall’altra i Barbari Sognanti, i militanti che sostengono Roberto Maroni come successore e leader della nuova Lega.
Lo scontro negli ultimi mesi ha raggiunto lo stesso Capo, contestato anche alla manifestazione di Milano a fine gennaio perchè non ha voluto lasciare la parola dal palco all’ex titolare del Viminale.
In questa spaccatura, dunque, si inserisce anche il braccio di ferro in corso tra Flavio Tosi e i vertici del partito, quel Giancarlo Gobbo, segretario federale Veneto, che ha bocciato senza mezzi termini la volontà espressa dal sindaco scaligero di presentarsi con una propria lista alle prossime amministrative.
Gobbo è un leghista di stretta osservanza bossiana, Tosi, invece, è considerato un maroniano e soprattutto è uno dei sindaci, insieme ad Attilio Fontana, che hanno fortemente criticato il sostegno del governo Berlusconi da parte dei vertici del partito e, in particolare, i tagli agli enti locali.
Secondo quanto riporta l’Adnkronos le assenze di Tosi dalle riunioni del parlamento della Padania non sarebbero state casuali, alla luce delle ultime dichiarazioni in cui il primo cittadino veronese ha sottolineato di essere molto nazionalista, di non credere nella secessione e di reputare il programma della Padania solo un concetto filosofico e senza concretezza. Inoltre, il sindaco uscente, ha recentemente espresso la volontà di presentarsi alle prossime amministrative con una lista civica e i vertici glielo hanno vietato. Ma la questione è ancora aperta, tanto che lui ha minacciato di poter rinunciare a candidarsi di nuovo.
Ma contemporaneamente ieri è scoppiato un secondo caso, derivante dal fatto che Umberto Bossi ha un nuovo telefonino.
Nel proteiforme mondo leghista la cosa ha suscitato parecchio subbuglio. Oltre che una robusta – meglio: robustissima – dose di dietrologia.
È accaduto che dalla tarda mattinata di ieri un gran numero di senatori e deputati padani, ma anche esponenti di spicco del Carroccio di territorio abbiano ricevuto un sms totalmente inaspettato.
Anzi. Gli sms sono (almeno) due, il che non ha contribuito a placare gli interrogativi.
La versione numero uno è, in sostanza, la seguente: «Da questo momento, contattatemi direttamente al mio nuovo numero di cellulare».
A seguire, un recapito telefonico e, soprattutto, quella firma: Umberto Bossi.
La seconda versione è un po’ più freddina e impersonale. Qualcosa come «Il nuovo numero del segretario federale Umberto Bossi è…».
In molti padani, la prima reazione è stata di incredulità : «Dà i, prova a chiamare, tanto è uno scherzo…». «Se è uno scherzo, perchè non provi tu?». «Se poi fosse vero, non saprei che cosa dire…».
Alla fine, tuttavia, qualcuno ci ha provato davvero a chiamare il «Capo».
E, secondo quanto riferiscono gli audaci, a rispondere all’altro capo della cornetta ieri erano le due fedelissime segretarie di Bossi in via Bellerio, il quartier generale della Lega. Doriana e Daniela hanno confermato ai cauti interlocutori che sì: il messaggio è autentico.
E sì: per parlare con il «Capo» d’ora in avanti il numero è quello.
Occorre precisare che con il passare delle ore e della crescita della curiosità è circolata anche una spiegazione ufficiosa.
Il telefonino a cui fino al giorno prima ci si rivolgeva per tentare di parlare con Bossi era ancora quello di proprietà del ministero alle Riforme (o meglio, della presidenza del Consiglio), che poi l’ha rivoluto indietro.
E dunque, occorreva cambiare.
Anche se la portabilità del numero è consentita ai ministri così come ai comuni cittadini.
Fatto sta che, al di là delle spiegazioni fatte filtrare, erano in molti i leghisti che almanaccavano sull’inedito sms.
Significativa, tuttavia, la spiegazione corrente prima della versione para ufficiale: «Bossi – spiega un deputato – si è reso conto di aver perso quello che è sempre stato uno dei suoi punti di forza, l’accessibilità da parte del movimento. E ha dunque deciso di limitare i filtri che negli ultimi anni – almeno dal 2009 – si sono frapposti tra lui e il suo popolo».
Una spiegazione evidentemente condizionata dall’opinione degli avversari del cosiddetto «cerchio magico», che si basa su una vulgata che nei suoi termini generali suona più o meno così: «Bossi non ha più il polso del movimento in quanto circondato da individui che filtrano le persone e le informazioni a cui il “Capo” ha accesso».
Ecco allora la farsa del nuovo numero che si può democraticamente comporre a dimostrazione che è ancora in libera uscita.
Anche se si fa la pennichella pomeridiana in via Bellerio rispondono pur sempre le segretarie.
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Febbraio 19th, 2012 Riccardo Fucile
LA CORTE DEI CORTI CONDANNA I DIECI CONCESSIONARI: 845 MILIONI LA CIFRA A CARICO DELLA EX ATLANTIS WORLD GESTITA DA CORALLO E RAPPRESENTATA DALL’EX AN E ATTUALE DEPUTATO BERLUSCONIANO LABOCCETTA… LE PRESSIONI SUGLI ORGANI DI CONTROLLO
Alla fine la legge vale per tutti anche per i re delle Slot machines e i loro distratti controllori. Dopo una battaglia legale durata quasi 5 anni, ieri a sorpresa la Corte dei Conti ha condannato i dieci concessionari del gioco a pagare penali per 2,5 miliardi per i loro disservizi del periodo 2004-2006.
Sono stati condannati anche i manager pubblici che avrebbero dovuto
controllare: il direttore dell’Aams l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato dell’epoca, Giorgio Tino, ora vicepresidente di Equitalia Gerit, e il direttore del settore giochi Antonio Tagliaferri, che è rimasto al suo posto a fianco del direttore dell’AAMS attuale Raffaele Ferrara, appena confermato da Mario Monti.
La penale più alta, pari a 845 milioni, è quella che dovrà pagare Bplus, la ex Atlantis World Group of Companies, società originaria delle Antille olandesi gestita dal catanese Francesco Corallo, vicino all’ex area An.
Titolare di tre casino a Saint Maarten, sin dal momento del suo sbarco in Italia nel 2004 la Atlantis – Bplus sovrasta gli altri operatori con una quota del mercato che sfiora il 30 per cento e primeggia anche nella “multa” richiesta.
Anche i concorrenti non possono certo festeggiare: la Corte ha chiesto 120 milioni agli spagnoli di Cirsa Italia, 245 milioni per la società Sisal Slot, 100 milioni per Lottomatica, 150 milioni per Gmatica, 115 milioni per il gruppo Codere, 200 milioni per HBG, 235 milioni per Gamenet, 255 milioni per Cogetech, 210 milioni per Snai.
Tra i dirigenti Aams sanzionati spicca con i suoi 4,8 milioni di euro l’ex direttore Giorgio Tino ma la multa più delicata è quella di 2,6 milioni per Antonio Tagliaferri, il Direttore dei Giochi di Aams che si occupa della gara in corso che dovrebbe assegnare per altri 9 anni le concessioni agli stessi operatori sanzionati, con lui.
La sentenza sarà certamente impugnata e i 2,5 miliardi di euro saranno versati solo all’esito dell’eventuale rigetto dell’apppello ma si tratta di una grande soddisfazione per il procuratore Marco Smiroldo e per il Gat della Guardia di Finanza che in totale isolamento hanno portato avanti l’indagine.
Tutto inizia nel 2004 quando il Governo Berlusconi decide di legalizzare il settore dei vecchi videopoker.
Le slot machines da bar dovrebbero essere messe in rete con il cervellone della società informatica pubblica Sogei in modo da controllare minuto per minuto quello che accade.
Il controllo della rete viene assegnato ai dieci concessionari privati selezionati dai Monopoli, gli stessi sanzionati ieri dalla Corte.
La convenzione stabiliva che per ogni ora di mancato collegamento di ogni slot il concessionario dovesse pagare una penale di 50 euro.
Per mesi, talvolta per anni, però i concessionari non hanno collegato le slot.
L’Aams scrive lettere nelle quali minaccia per esempio Atlantis di sanzioni dure, fino alla revoca della concessione, ma poi non attua le sue minacce.
Le intercettazioni telefoniche disposte in un’altra indagine dal pm Henry John Woodcock nel 2005 svelano le pressioni esercitate sull’Aams da Francesco Cosimi Proietti, deputato di An, su richiesta di Amedeo Laboccetta, allora in An e ora deputato del Pdl ma in quel momento procuratore di Atlantis in Italia.
Atlantis finanzia con 50mila euro la sua campagna elettorale del 2008 e paga negli anni alcune centinaia di migliaia di euro alla società di comunicazione della famiglia del deputato An, Francesco Cosimi Proietti.
Alla fine Aams non revoca nulla nè ad Atlantis nè alle altre società inadempienti.
I concessionari dal 2004 a 2006 non versano le tasse dovute sull’incasso reale delle slot ma su base forfetaria, come prevede la legge quando le slot sono scollegate per causa di forza maggiore.
Il sostituto procuratore della Corte dei Conti Marco Smiroldo, affida nel 2007 al Gat della Guardia di Finanza coordinato dal colonnello Umberto Rapetto il compito di verificare per quanto tempo erano state scollegate le macchinette.
I risultati sono sconvolgenti.
Sommando le ore di mancato collegamento e moltiplicandole per la multa oraria, i finanzieri arrivano a contestare più di 90 miliardi di euro.
Per anni la politica fa finta di nulla.
Il direttore Tagliaferri resta al suo posto. Le concessioni sono prorogate nonostante gli inadempimenti e Aams assegna agli stessi operatori (più altri tre) il compito di impiantare le nuove slot più redditizie, le Vlt.
Ieri la Corte non ha accolto la richiesta principale del Pm Marco Smiroldo (oltre 90 miliardi di euro), ma la subordinata, con una condanna a 2,5 miliardi per i dieci concessionari, pari all’80 per cento dell’aggio percepito dai concessionari nel periodo da settembre 2004 a gennaio 2007.
Sembra un pareggio, nella realtà è una sconfitta pesantissima.
Per le società ma soprattutto per l’Aams e anche per Mario Monti che ha appena confermato i suoi vertici.
Marco Lillo e Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 19th, 2012 Riccardo Fucile
L’EX GOVERNATORE DEL VENETO ENTRA A GAMBA TESA NELLA VICENDA DELLE TESSERE FALSE CHE HA PORTATO AL COMMISSARIAMENTO DEL PARTITO A MODENA
“Basta con la commedia, le tessere sono tutte finte”.
Lo dice Giancarlo Galan (Pdl), ex governatore del Veneto ed ex ministro della Cultura in una intervista a La Stampa.
Galan, che del Pdl è un esponente di primo piano, dice senza giri di parole quello che in realtà emerge dai numeri: le tessere sono state usate dagli aspiranti coordinatori regionali per arrivare con numeri al congresso.
Solo così si spiegano gli aumenti di iscritti in percentuali che arrivano al 150 per cento senza nemmeno una capillare campagna di tesseramento che avrebbe potuto, almeno in parte, giustificare i numeri.
Così Galan insiste: “Sono tutte tessere fasulle. Io non ho mai conosciuto un elettore che fosse anche iscritto, chissà perchè. Allora diciamoci la verità : gestire le tessere serve per gestire il potere a tutti i livelli. Arriva uno con cento tessere, tratta e porta a casa un posto nella municipalizzata. E’ un sistema perverso”.
Secondo Galan, “bisognerebbe fare i comitati elettorali, come negli Stati Uniti. Noi siamo tutti impegnati a parlare agli iscritti quando dovremmo parlare a 60 milioni di italiani”.
E su Alfano, l’ex governatore e ministro dice: “Che poteva fare? Non è facilissimo per lui. Penso ancora che sia il meglio che abbiamo per età , per la pulizia della sua storia. Non è lui, è il sistema che non va. Ci ha portato a selezionare una classe dirigente che si inventa i tesserati e magari per questo viene premiata”.
Parole di incoraggiamento ad Alfano, certo, ma anche un monito che non può passare inosservato.
Anche perchè Galan è uno dei fedelissimi di Berlusconi, quelli della prima ora, anche se ha creato non pochi problemi in quel di Arcore quando si è messo in aperta polemica con il suo successore, Luca Zaia, targato Lega Nord, una volta volato a Roma per fare il ministro dell’Agricoltura prima e quello dei Beni culturali successivamente.
“Il Pdl è il partito del popolo, non dei mafiosi e sul tesseramento non c’è stato alcun caos”, vanno ripetendo in via dell’Umiltà .
Il clima, però, nel partito resta elettrico.
Si rischia un grave danno d’immagine in vista delle amministrative e questo preoccupa Silvio Berlusconi.
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