Febbraio 4th, 2012 Riccardo Fucile
FLI PRESENTA DUE EMENDAMENTI PER NON FAR CHIUDERE L’ALLEVAMENTO DI GREEN HILL (N. 16.58) E PER NON RENDERE OBBLIGATORIO L’USO DI ANESTESIA (N. 16.59)… I TABULATI DELLE VOTAZIONI E L’INTERVENTO DI RAISI DIMOSTRANO UNA SCELTA DI CAMPO AUTOLESIONISTA, A FAVORE DELLA LOBBIE DELLE CASE FARMACEUTICHE
L’Aula della Camera dei Deputati ha approvato l’articolo 16 del Disegno di Legge Comunitaria 2011 che prevede i criteri vincolanti per l’obbligatorio recepimento della direttiva europea sulla vivisezione.
Pur non nell’ottica dell’abolizione della sperimentazione sugli animali, l’articolo prevede, fra l’altro, la chiusura degli allevamenti di cani, gatti e primati non umani, come “Green Hill”, obbliga all’uso di anestesia e analgesia, incentiva i metodi alternativi.
Diciamo un passo avanti rispetto all’asservimento che la politica ha dimostrato per decenni nei confronti delle grandi lobbie economiche rappresentate dalle case farmaceutiche.
Il dibattito in aula ha fatto emergere alcuni deputati pro vivisezione: dalla Binetti (Udc) a Farina Coscioni (Radicali), da Ileana Argentin (Pd), che ha poi votato in maniera opposta a quanto annunciato, a Polledri (Lega Nord): tutti a sostegno della validità ed inevitabilità della sperimentazione su animali, esprimendo posizioni basate su nozioni superficiali e totale assenza di preparazione scientifica.
Sono stati bocciati i pericolosissimi emendamenti Patarino-Raisi (Fli), presentati per non far chiudere gli allevamenti come Green Hill (emendamento n. 16.58) e per non far rendere obbligatorio l’uso anestesia e analgesia negli esperimenti sugli animali (emendamento n.16.59).
Questi ultimi due hanno raccolto rispettivamente solo 46 e 39 sì, meno di 30 astenuti (diversi dell’Idv), quasi 400 no.
Oggi è importante far conoscere chi fra gli oltre 470 deputati presenti in Aula ha votato a favore degli emendamenti per non far chiudere Green Hill (votazione n.27 della giornata) e per non rendere obbligatoria anestesia e analgesia nei test (votazione n.30 della giornata).
Questi i loro nomi come risulta dagli atti parlamentari che abbiamo verificato:
ABRIGNANI Pdl (“solo” a favore emendamento 30)
BARBARO Fli
BARBIERI Pdl
BERNARDINI Radicali (“solo” a favore emendamento 27)
BINETTI Udc (solo 27)
BONCIANI Udc (“solo” a favore emendamento 30)
BRAGANTINI Lega Nord (solo 30)
BRIGUGLIO Fli
BUONANNO Lega Nord (solo 27)
CARLUCCI Udc (“solo” a favore emendamento 27)
CASTIELLO Pdl (“solo” a favore emendamento 27)
CIMADORO Italia dei Valori (“solo” a favore emendamento 27)
COMAROLI Lega Nord (“solo” a favore emendamento 27)
CONSOLO Fli
CONTE GIORGIO Fli
CROSIO Lega Nord (“solo” a favore emendamento 30)
DAL LAGO Lega Nord
DELLA VEDOVA Fli
DI BIAGIO Fli
FARINA COSCIONI Radicali
FUGATTI Lega Nord
GALLI Pdl
GIRO Pdl (“solo” a favore emendamento 30)
GRANATA Fli
LO PRESTI Fli
MARROCU Pd (“solo” a favore emendamento 27)
MENIA Fli
MORONI Fli
MURO Fli
NAPOLI ANGELA Fli
NEGRO Lega Nord
NOLA Pdl (“solo” a favore emendamento 30)
ORSINI Popolo e Territorio
PAGLIA Fli
PATARINO Fli
PINI Lega Nord (“solo” a favore emendamento 27)
POLLEDRI Lega Nord
PORTAS Pd (“solo” a favore emendamento 30)
PROIETTI COSIMI Fli
RAISI Fli
ROSSI LUCIANO Pdl (“solo” a favore emendamento 27)
RUBEN Fli
RUVOLO Popolo e territorio (“solo” a favore emendamento 27)
SCANDEREBECH Fli
SIMEONI Pdl (“solo” a favore emendamento 30)
TEMPESTINI Pd (“solo” a favore emendamento 30)
TESTA NUNZIO F. Udc (“solo” a favore emendamento 27)
TOTO Fli
TURCO MAURIZIO Radicali
VALENTINI Pdl (“solo” a favore emendamento 27).
Complessivamente l’articolo 16 ha avuto, nella votazione finale, 380 sì, 20 no, 54 astenuti.
Commento del nostro direttore
Se vi sono momenti in cui è importante una scelta di campo per “segnare il cambiamento” e schierarsi dalla parte dei diritti civili, abbandonando la “becerodestra” di pidiellina e padagna memoria, possiamo affermare che Futuro e Libertà ha non solo perso una grande occasione, ma ha fatto un clamoroso autogol in termini elettorali.
La direttiva europea rappresenta una soluzione di compromesso, ma è un passo avanti rispetto a un passato dove tutto era consentito nei confronti di animali indifesi.
Dato che ci piace parlare documenti alla mano ecco il testo proposto alla Camera:
Art. 16.
(Princìpi e criteri direttivi per l’attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici).
1. Ai fini dell’attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 2 della presente legge, in quanto compatibili, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) garantire l’implementazione di metodi alternativi all’uso di animali a fini scientifici, destinando all’uopo congrui finanziamenti; formare personale esperto nella sostituzione degli animali con metodi in vitro e nel miglioramento delle condizioni sperimentali (principio delle 3R), anche tramite corsi di approfondimento all’interno di centri di ricerca e università , integrandone il piano di studi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; assicurare l’osservanza e l’applicazione del principio delle 3R grazie alla presenza di un esperto in metodi alternativi e di un biostatistico all’interno di ogni organismo preposto al benessere degli animali e nel Comitato nazionale per la protezione degli animali usati a fini scientifici;
b) vietare l’utilizzo di scimmie antropomorfe, cani, gatti ed esemplari di specie in via d’estinzione a meno che non risulti obbligatorio in base a legislazioni o farmacopee nazionali o internazionali o non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell’uomo o delle specie coinvolte, condotte in conformità ai princìpi della direttiva 2010/63/UE, previa autorizzazione del Ministero della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità ;
c) vietare l’allevamento di primati, cani e gatti destinati alla sperimentazione di cui alla lettera b) su tutto il territorio nazionale;
d) assicurare una misura normativa sufficientemente cautelare nei confronti degli animali geneticamente modificati, tenendo conto della valutazione del rapporto tra danno e beneficio, dell’effettiva necessità della manipolazione, dell’impatto che questa potrebbe avere sul benessere degli animali e valutando i potenziali rischi per la salute umana e animale e per l’ambiente;
e) vietare l’utilizzo di animali negli ambiti sperimentali di esercitazioni didattiche, ad eccezione dell’alta formazione dei medici e dei veterinari, e di esperimenti bellici;
f) vietare gli esperimenti che non prevedono anestesia o analgesia, qualora provochino dolore all’animale;
I punti importanti sono quelli c ed f ed è su questi che ha puntato la lobbie delle case farmaceutiche.
Tutto ci aspettavamo, salvo che proprio Fli al gran completo ne rappresentasse gli interessi, presentando due emendamenti tragici a firma Raisi-Patarino e votati pedissequamenti da una ventina di suoi deputati.
Primo emendamento 16. 58. Patarino, Raisi; al comma 1, sopprimere la lettera c) ovvero eliminare quanto segue: “vietare l’allevamento di primati, cani e gatti destinati alla sperimentazione di cui alla lettera b) su tutto il territorio nazionale”.
In pratica se fosse passato, l’emendamento avrebbe permesso che luoghi come Green Hill non solo potessero rimanere aperti, ma che si moltiplicassero. Tutto l’opposto della direttiva europea che sarebbe stata smentita.
Secondo emendamento 16. 59. Patarino, Raisi: al comma 1, lettera f), aggiungere, in fine, le parole:, “a meno che non risultino obbligatori sulla base di legislazioni o di farmacopee nazionali o internazionali”.
Mentre il testo originale era “f) vietare gli esperimenti che non prevedono anestesia o analgesia, qualora provochino dolore all’animale”, una formula secca che non ammetteva deroghe.
Si tratta di una scelta di campo, quella di Fli, che non condividiamo nel merito, ma ancor peggio nella forma che ne è seguita.
Di fronte allo sputtanamento di Fli di fronte all’opinione pubblica orchestrato dalla Brambilla, c’è chi ha voluto negare che gli emendamenti andassero interpretati come logica dice e chi ha negato di aver persino votato a favore.
La Brambilla fa il suo gioco, di che ci lamentiamo?
Avesse fatto lei una cazzata cosmica di questo genere, avremmo fatto altrettanto (e noi lo abbiamo denunciato quando piazzava amici e fidanzati nei vari Enti e Aci).
Troppo facile, caro Raisi, gridare al complotto delle autoreggenti.
Vuoi che ti ricordiamo cosa hai detto nel tuo intervento alla Camera, così si comprende meglio da che parte hai fatto schierare Fli?
Eccoti accontentato:
Signor Presidente, credo che l’onorevole Binetti abbia in parte anticipato anche le mie considerazioni. Credo che, purtroppo, sia molto di moda negli ultimi tempi l’uso e lo sfruttamento della sensibilità che si ha nei confronti degli animali, soprattutto degli animali domestici o affettivi, come li chiama qualcuno.
Si usa questa sensibilità , che la gente comune ha, a cominciare da chi vi sta parlando – io ho quattro cani – per lanciare però una battaglia – passatemi il termine – oscurantista nei confronti della ricerca scientifica anche con la sperimentazione su animali.
Credo che, da questo punto di vista, prevalgano innanzitutto due temi molto importanti.
Il primo è l’interesse che abbiamo alla ricerca e al progresso a favore della sanità degli umani; il secondo aspetto riguarda l’industria farmacologica e, consentitemi, anche l’occupazione di questo settore. Qui tutti dimentichiamo che questo settore ha anche un’importante valenza occupazionale, che spesso in certe battaglie viene dimenticata.
Credo che su questo argomento ci si dovrebbe muovere con un po’ più di attenzione, cercando di fare meno crociate.
Le crociate su questi argomenti non servono.
Si deve discutere e si deve affrontare l’argomento senza pregiudizi, sempre tenendo presente chiaramente che prima di tutto viene l’uomo, la ricerca per il progresso dell’uomo e per il suo benessere.
Questo credo che sia il punto fondamentale che ci deve guidare nel momento in cui andiamo a legiferare su questa materia.
Fli è così riuscito sia a farsi bocciare i due tragici emendamenti che a far incazzare decine di migliaia di animalisti nel Paese, compresi i propri elettori.
A questo punto non sarebbe più futurista una bel comunicato stampa sintetico: “abbiamo fatto una cazzata, ce ne scusiamo”, piuttosto che raccontare palle o arrampicarsi sugli specchi ?
Semmai potevate votare contro perchè la norma consente l’utilizzo in base a “farmacopee nazionali”, tipico tarocco da segrete stanze per permettere ogni nefandezza ai presunti ricercatori, altro che auspicarne il rispetto.
Il compito dei futuristi è anticipare il futuro, non genuflettersi ai potentati di oggi.
Tabulati voto deputati Camera
le votazioni n. 27 e 30 sono quelle “incriminate”: F vuol dire a favore C contro gli emendamenti Raisi-Patarino
http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenografici/sed580/v003.pdf
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Febbraio 4th, 2012 Riccardo Fucile
E’ ACCADUTO ALLA PRESENTAZIONE DEL VOLUME DEL DEPUTATO ANTONIO RAZZI… IL SOSIA INTERVISTATO: “SICCOME A SCILIPOTI HANNO TOLTO LA SCORTA, A VOLTE USCIAMO NOI PER QUALCHE MANSIONE”
Alla presentazione del libro «Le mie mani sono pulite» del deputato Antonio Razzi, oltre a Berlusconi, che ha speso elogi per l’ex dipietrista («In lui riconoscerete un cavallo di razza»), c’era anche un sosia di Domenico Scilipoti, il deputato di Barcellona Pozzo di Gotto che insieme a Razzi allungò circa un anno fa la vita al governo Berlusconi, definiti entrambi dall’ex premier «due esempi che confortano». L’uomo, intervistato dal Tg3 sui motivi della sua presenza nella sala del Mappamondo a Montecitorio ha risposto che «siccome a Scilipoti gli hanno tolto la scorta, a volte noi usciamo per fare qualche mansione», lasciando intendere che i sosia di Scilipoti siano più di uno.
Quello vero tuttavia si trova a Copacabana in Brasile da oltre una settimana, per cui difficilmente poteva presenziare alla presentazione del libro.
Nel paese sudamericano pare che Scilipoti sia stato invitato «nella sua qualità di Presidente dell’Associazione Parlamentare di Amicizia Italia—Brasile», per tenere, recita una nota, in alcuni stati una serie di conferenze sulle medicine integrative e sulle tematiche ambientali.
Il deputato vorrebbe inoltre lanciare anche in Brasile il suo «movimento di responsabilità nazionale».
All’ex dipietrista nel corso della sua visita al museo nazionale dell’esercito è stato pure consegnato un diploma («Braccio Forte e Mano Amica»), direttamente dalle mani del colonnello Pedrosa.
(da “Il Corriere del Mezzogiorno”)
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Febbraio 4th, 2012 Riccardo Fucile
LE LONTANE RADICI E IL PRIMO SCANDALO: 508 IMMOBILI DELLA DC FINITI IN SOCIETA’ FANTASMA…INCASSANO ANCHE PARTITI DEFUNTI, MA LA CERTIFICAZIONE AD OPERA DI SOCIETA’ ESTERNE E’ PREVISTA SOLO DALLO STATUTO DI FLI E DEL PD
E si offriva pure, Luigi Lusi, di fare l’elemosina ai cittadini: una rinuncia a 200 euro sull’indennità parlamentare, crepi l’avarizia, mentre stava per fare sparire 13 milioni. Ridurre il caso del tesoriere della Margherita alla mascalzonata di un singolo, però, sarebbe sbagliato: se è successo è perchè nel mondo opaco dei finanziamenti ai partiti poteva succedere.
E questo è il problema
L’allarme sulla gestione dei soldi statali da parte delle forze politiche ha radici lontane. Nel 1982 Marcello Crivellini la bollava come «paragonabile ad un misto di cosche mafiose e servizi segreti».
E annunciava: «Quest’anno i revisori dei conti del Partito Radicale non sono scelti in base a criteri di partito, ma sono esterni di provata e indiscutibile capacità professionale».
Tutti dovevano poter conoscere il bilancio dei Radicali, continuava Crivellini: «Tutti debbono poter essere nostri revisori dei conti.
Anche Craxi, Andreotti o Gelli se lo vogliono, così come un qualsiasi cittadino che sia iscritto o no al Partito»
Sono passati tre decenni, da allora.
Tre decenni e un referendum che abolì il finanziamento pubblico e fu svuotato dal rattoppo dei «rimborsi elettorali».
Rimborsi schizzati come è noto, tra il 1998 e il 2008 (anni in cui il Pil rimaneva sostanzialmente al palo), del 1.110%.
Eppure proprio il caso dei soldi spariti dalle casse della Margherita dimostra come l’obiettivo di una vera trasparenza, invocata ieri da Bersani e Casini (che dicono di volere nuove regole «in una settimana») sia ancora lontano
Eppure era già successo.
Basti ricordare, tra gli altri, lo scandalo dell’immenso patrimonio della Dc.
Era un impero immobiliare, con dentro gioielli come palazzo Sturzo all’Eur o la villa della Camilluccia per un totale di 508 immobili.
E dopo una serie di oscuri passaggi societari e una catena di svendite a prezzi stracciati senza manco una perizia, finirono in gran parte in società fantasma che avevano sede in una catapecchia diroccata nelle campagne di Babici, in Istria, ed erano intestate a un italo-croato che campava scaricando cassette al mercato di Trieste
Era già successo e, con le regole attuali, non poteva non succedere di nuovo.
Lo scriveva ieri mattina, su «Europa», il giornale che fu della Margherita, il direttore Stefano Menichini: al di là delle responsabilità di Lusi «ci vuole l’umiltà di riconoscere l’errore collettivo di una platea più vasta – ci siamo dentro anche noi – di tutto il mondo che vive di politica e non aveva voluto vedere quanto fosse insostenibile il metodo di finanziamento dei partiti coi cosiddetti rimborsi elettorali, per di più a partiti estinti». Partiti defunti che incassano la metà dei rimborsi.
Il responsabile delle casse del Pd Mauro Agostini, in un libro autobiografico intitolato appunto «Il tesoriere», l’aveva scritto due anni fa con parole dure: «Il tesoriere ha in mano i cordoni della borsa di un partito. Figura tradizionalmente oscura, un po’ sinistra, al punto da passare per colui che manovra non solo i denari ma anche i segreti più turpi della politica».
Cupa o no che fosse la sua fotografia, spicca un dato: solo il Pd risulta aver fatto certificare il bilancio dal 2008, nella scia di quell’antica scelta radicale, dalla Price Waterhouse Coopers.
E se agli ex Ds eredi dei debiti ma anche del patrimonio immobiliare del Pci va riconosciuto di avere messo online il loro bilancio (con l’impegno a metterci anche quelli di tutte le fondazioni-casseforti nelle quali sono state «messe al sicuro» case, negozi, palazzi) gli altri si regolano in maniera diversa.
Sono online quelli dell’Idv o di Sel, non quelli della Lega (o se c’è è praticamente introvabile) e del maggiore partito italiano, il Pdl.
La cui tesoreria è sì disponibile a fornire via fax quattro fogli di rendiconto, ma da qui a metter tutto a disposizione dei cibernauti ce ne corre…
La deflagrazione del «caso Lusi e del bilancio dei Dl», il cui acronimo ha fornito ieri a «Libero» lo spunto per il titolo «Diversamente Ladri», spingerà finalmente a una sterzata? Vedremo.
Agostini sta preparando una proposta di legge per rendere obbligatoria la certificazione dei bilanci dei partiti da parte di società di revisione indipendenti, già adottata nello statuto di Fli.
Con l’introduzione di forme di controllo radicalmente diverse: oggi il tesoriere è affiancato da un comitato di uomini per lo più fedeli alla segreteria.
La proposta è che le verifiche siano affidate a soggetti indipendenti, esterni, senza legami col partito.
La vera svolta, però, sarebbe l’obbligo di sottoporre il bilancio al controllo della Corte dei conti. Mettendo così finalmente in crisi il pilastro su cui si basa il meccanismo opaco attuale.
Com’è possibile che i partiti, finanziati con pubblici denari, siano considerati oggi alla stregua di associazioni private nelle quali il «pubblico» non può mettere bocca?
I rivoli dei finanziamenti sono tali che non si sa nemmeno quanti soldi arrivano nelle casse.
I rimborsi elettorali: 200 milioni l’anno sia pure in fase di riduzione entro qualche anno a 145.
Poi i finanziamenti ai «gruppi» del Parlamento e a quelli dei Consigli regionali: almeno altri 150, stando alle stime.
Poi gli stanziamenti per i giornali di partito o assimilabili: circa 40 milioni nel 2009.
Poi i contributi che i parlamentari versano al partito, utilizzando spesso il fondo del portaborse: col risultato di far gravare sulle pubbliche casse anche il 19% di sgravio fiscale che spetta a chi finanzia la politica. Poi i soldi donati dai singoli elettori e dalle aziende…
Prendiamo quest’ultima voce.
Fino a 50 mila euro, dice la legge, un partito ha diritto di incassare i «regali» di un cittadino o una società senza dover registrare il generoso donatore.
Al di là della opacità sull’eventuale «merce di scambio» (una leggina, un comma, una deroga…) come fai a sapere se quei soldi finiscono a bilancio?
Una cosa è fuori discussione.
Con regole diverse, il «caso Lusi» non sarebbe potuto succedere.
Così come, agli elettori del Pd, resterà l’amarezza di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato.
L’ha scritto la stessa «Europa»: il peccato originale del Partito Democratico è stato «il permanere di due strutture parallele al neonato partito», che «ha da subito ingenerato retropensieri di ogni genere e insinuato il sospetto di una cattiva coscienza in chi, imbarcandosi nel nuovo soggetto, teneva in acqua due grosse scialuppe di salvataggio in caso di naufragio.
Un errore psicologico che ha pesato e pesa ancora nella vita quotidiana del partito».
Era tutto scritto in un bisticcio avvenuto alla Festa della Margherita a Vietri sul Mare, il 7 settembre 2007, tra i due tesorieri dei Ds e della Margherita.
Lusi, che aveva molti soldi liquidi, voleva mettere tutto il patrimonio insieme dentro al Pd. Sposetti, che coi debiti aveva ereditato dal Pci e dal Pds anche 2.399 immobili blindati in 55 fondazioni, spiegò che non ci pensava proprio: «Luigino e Ughetta, che sono io, vanno all’altare poveri in canna, ma se Ughetta ha un po’ di patrimonio e Luigino ha un po’ di soldi, quel che devono dire al sindaco è: facciamo la separazione dei beni»
Il risultato lo racconta Angelo Rovati, il braccio destro di Romano Prodi, nella campagna elettorale del 2006: «Se è vero quello che leggo, cioè che la Margherita ha speso quattro milioni in propaganda quando il partito era già chiuso, è singolare che per la campagna elettorale del 2006 abbiano fatto un sacco di storie per dare qualche spicciolo per la campagna di Prodi: un paio di milioni in tutto, fra Margherita e Ds».
Tenere ciascuno la sua scialuppa, evidentemente, era più importante che vincere la regata…
Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella
(da “Il Corriere della Sera”)
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Febbraio 4th, 2012 Riccardo Fucile
I SOSPETTI DELLA PROCURA, SI PUNTA SUI CONTI ESTERI… NO DEI MAGISTRATI ALLE GARANZIE FIDEJUSSORIE DELL’EX TESORIERE DELLA MARGHERITA
La slavina si fa valanga o, almeno, si annuncia tale. E un’inchiesta che sembrava doversi rapidamente accomodare in un patteggiamento e una restituzione parziale del maltolto (5 milioni dei 13 sottratti) promette di farsi “invasiva”.
Il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il sostituto Stefano Pesci hanno disposto nuove deleghe di indagine al Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza.
Fissato un calendario di interrogatori dei maggiorenti dell’ex partito, dell’uomo che di Lusi è stata la “testa di legno” nella “TTT srl” (Paolo Piva), stabilito l’acquisizione del materiale contabile su cui sono stati costruiti i rendiconti della Margherita.
Perchè ora i due pm cercano risposta a nuove domande.
La prima: il senatore Luigi Lusi ha altre disponibilità finanziare, siano conti o società fiduciarie, all’estero?
O, per dirla altrimenti: la società canadese “Luigia ltd.”, quella utilizzata per drenare oltreoceano i 13 milioni di euro dalla Margherita, ha veicolato nel tempo altro denaro riconducibile in qualche modo al tesoro del partito?
La seconda domanda, che della prima è un corollario: è stata solo una la “stangata” alle casse della Margherita, o ce ne sono state delle altre, nascoste nelle pieghe di quei rendiconti finanziari del partito redatti a mano libera?
E se fosse così, perchè nella Margherita nessuno ebbe voglia di vedere?
Forse perchè da Lusi dipendeva e dipende il destino politico di molti ex?
La fretta di Lusi di chiudere questa storia, patteggiando e restituendo rapidamente il maltolto, non sembra sin qui averlo aiutato.
Due giorni fa, il “no” a una pena patteggiata di un anno. Ieri, sempre dalla Procura un “no” alle garanzie fidejussorie presentate dall’ex tesoriere.
Lusi aveva indicato nella società romana “Confidi Mediterraneo” il garante dei 5 milioni di euro che si è detto pronto a restituire.
Ma per i magistrati, quel soggetto finanziario non è adeguato.
Hanno chiesto – come conferma Luca Petrucci, legale di Lusi – l’indicazione di un garante che risulti iscritto nel registro previsto dal testo unico della legge bancaria.
“Indicazione che abbiamo raccolto e a cui provvederemo”, aggiunge Petrucci. Ma che richiederà del tempo.
Già perchè Lusi, che di milioni ne ha sottratti 8, dal momento che 5 li ha versati in tasse, in questo momento, a quanto pare, liquidi non ne ha.
Deve trovare un fidejussore che accetti in garanzia l’ipoteca sul suo patrimonio immobiliare personale che, per quanto risulta da una visura catastale, conta sette abitazioni a l’Aquila, dei terreni seminativi in quel di Capistrello (provincia dell’Aquila), una casa di famiglia a Roma, in via Ugo Ojetti.
E questo perchè, al momento, nè l’immobile di via Monserrato a Roma, nè il villone di Genzano sono spendibili in questa “transazione”, perchè gravati da mutui.
Una situazione patrimoniale che la Procura intende verificare, anche alla luce delle indicazioni ricevute dalla Banca d’Italia e dalla Finanza. Intorno a Lusi, negli ultimi due anni si registrano infatti almeno due movimenti segnalati come “sospetti”.
Entrambi con lo scudo fiscale di Tremonti.
Un rientro di capitali dall’estero intestati alla moglie, Pina Petricone, e uno in capo alla “TTT srl.”, la società controllata dalla scatola canadese dell’ex tesoriere e utilizzata per mettere in piedi il sistema di fatture per operazioni inesistenti necessario a far sparire i 13 milioni.
“Due vicende – chiosa ancora l’avvocato Petrucci – che non hanno niente a che vedere con Lusi e con questa storia, nè con i soldi della Margherita.
E comunque, si possono fare tutti gli accertamenti del caso: io personalmente ho chiesto a Lusi se ha altre disponibilità all’estero e la risposta è stata “no””.
E’ un fatto che la Procura sia convinta che guardare nei resoconti 2008-2011 della Margherita potrebbe riservare delle sorprese.
E magari anche aiutare a capire per quale motivo nè il presidente del Comitato di tesoreria Giuseppe Bocci, nè il collegio dei revisori dei conti (Giovanni Castellani, Mauro Cicchelli e Gaetano Troina), ebbero mai ragione di mettersi in allarme.
Giovanni Castellani, spiega che, “nel comprendere la legittimità della domanda, non vede misteri”.
“Il nostro compito di revisori – dice – è stato innanzitutto quello di verificare la rispondenza nella compilazione dei bilanci a quanto previsto dalla legge. E da questo punto di vista, non è mai stata riscontrata alcuna irregolarità . I bilanci erano bene appostati”.
Altro discorso, la questione del controllo sostanziale, vale a dire della rispondenza effettiva tra quanto dichiarato da Lusi nelle singole voci di bilancio e la documentazione contabile a sostegno.
Anche qui, i revisori, danno l’ok, ma – concede Castellani – “è evidente e normale che il nostro fu un controllo a campione. Nessun revisore dei conti si mette a controllare ogni singolo pezzo di carta a sostegno del bilancio. E questo non vale solo per un partito politico, ma per qualunque società . Altrimenti non sarebbe una revisione contabile, ma una nuova redazione di bilancio”.
E’ un fatto che in queste ore, l’intero collegio dei revisori, insieme a “Kpmg”, la società incaricata dalla Margherita, quei pezzi di carta se li sia ripresi tutti.
Con un esito, conclude Castellani: “Sono legato al riserbo professionale, ma posso dire che abbiamo trovato riscontri puntuali e interessanti”.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 4th, 2012 Riccardo Fucile
COSI’ IL REFERENDUM DEL 1993 E’ STATO TRADITO… MANCA UN ORGANISMO TERZO, PREPOSTO AL CONTROLLO DEI BILANCI E DEI FLUSSI FINANZIARI
“In Italia anche i partiti morti godono di finanziamenti pubblici e la legge prevede che i rimborsi elettorali siano elargiti due volte in caso di fine legislatura anticipata. Lo scandalo della Margherita è emblematico per capire che è ora di cambiare”.
Gaetano Azzariti, ordinario di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma “La Sapienza”, è convinto che il caso Lusi apra uno squarcio su tutti i difetti e gli errori della legge sul rimborso ai partiti.
Che, di fatto, è una “finzione del linguaggio” visto che ha reintrodotto il finanziamento pubblico ed è una “presa in giro” nei confronti degli elettori.
“Nel 1993 la consultazione ha avuto un esito plebiscitario” spiega Azzariti.
Infatti oltre il 90 per cento dei votanti si era espresso per l’abolizione della legge vigente ma, essendo abrogativo, “è stata cancellata la normativa e lasciato il vuoto sulle possibili fonti di sostegno dei partiti politici”.
La conseguenza fu il ritorno dello stesso principio del finanziamento pubblico sotto mentite spoglie: infatti dopo solo otto mesi, il Parlamento decise di aggiornare la legge 515 del 10 dicembre 1993, allora definita “contributo per le spese elettorali”, che riportò nelle casse dei partiti miliardi di vecchie lire alle elezioni del 1994 e del 1996.
Alla tornata del 2001 entrano inoltre in vigore le “Nuove norme in materia di rimborso delle spese elettorali e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici” che prevedono la reintroduzione del finanziamento pubblico per Camera, Senato, Parlamento Europeo, Regionali e referendum sostituito dai “rimborsi elettorali”, senza corrispondenza con le spese realmente effettuate.
L’anno successivo, poi, il quorum per ottenere i fondi viene abbassato dal 4 all’1 per cento e a partire dal 2006 i partiti hanno diritto a ricevere l’intero importo del rimborso anche in caso di fine legislatura anticipata.
“Nel corso di tutti questi emendamenti — prosegue Azzariti — il legislatore fu molto ‘disinvolto’ e ripropose, seppur con altre parole, la legge sul finanziamento pubblico. La stessa che era stata bocciata dalla volontà popolare”.
Un altro aspetto controverso riguarda le verifiche sui rimborsi che, di fatto, sono inefficaci in quanto “i controllori sono i controllati”.
Nel 1997 tuttavia la legge ha introdotto l’obbligo del bilancio per i partiti che, però, è sottoposto alla verifica della Presidenza della Camera, mentre la Corte dei Conti può soltanto accertare il rendiconto delle spese elettorali.
Un sistema che favorisce la corruzione e non garantisce trasparenza, nè interna al partito, nè verso gli elettori.
“Un meccanismo di questo tipo — puntualizza Azzariti — facilita le violazioni. Poniamo anche il caso che i tesorieri siano onesti: i cittadini, a prescindere dalla correttezza dei dirigenti, sono comunque all’oscuro dei patrimoni dei loro partiti”.
E l’assenza di un soggetto terzo preposto al controllo, “ancor più necessario perchè il contributo è pubblico”, favorisce i bilanci ‘truccati’.
L’assenza di un serio controllo da parte di revisori o di società di revisione, come invece accade in Europa, “evidenzia la convinzione che lo Stato non debba nutrire ingerenze nei confronti dell’attività interna dei partiti, dal rispetto della democrazia alla rendicontazione contabile — nota il professore — Questo può avere senso negli stati autoritari, in cui le formazioni di opposizione devono difendersi da un potere ostile. Tutte condizioni assenti in un ordinamento democratico”.
La mancanza di una legge sulla responsabilità giuridica dei partiti che li obblighi a rispondere della loro gestione finanziaria e del rispetto della democrazia interna, evidenzia la contrapposizione tra politica e giustizia, nonostante “siano ormai maturi i tempi per individuare forme di responsabilizzazione di chi siede in Parlamento”.
Anche dalla politica, però, arriva la volontà di cambiare la legge sui rimborsi elettorali: sia a Montecitorio che a Palazzo Madama, infatti, sono stati depositati a riguardo sette disegni di legge. Che al momento giacciono fermi.
Il deputato radicale Maurizio Turco, ad esempio, ha proposto la creazione di una sezione di controllo ad hoc della Corte dei conti per la verifica di rendiconti e spese che, nel caso riscontri irregolarità , potrà decidere la sospensione dei finanziamenti e la restituzione di quanto riscosso dal partito nel corso dell’anno, oltre a una sanzione amministrativa pecuniaria da 10mila a 100mila euro.
Tra i ddl firmati, il senatore Felice Belisario dell’Italia dei Valori ha chiesto l’abolizione del doppio rimborso in caso di fine legislatura e Pino Pisicchio alla Camera vuole regole più chiare per la rendicontazione dei patrimoni immobiliari.
Per quanto riguarda il finanziamento, secondo Azzariti sarebbe opportuno passare dalla forma diretta di oggi ai contributi indiretti, da realizzare attraverso “facilitazioni, ad esempio in materia di stampa, contributi alle sedi e sgravi fiscali, che sono anche più facilmente controllabili, per garantire equilibrio nella competizione politica”.
A questo si aggiungerebbero i “rimborsi elettorali, ma di entità assai più ridotta e sottoposti al controllo di terzi”.
E i partiti dovrebbero vivere “anche di finanziamenti privati, come accade in molte altre democrazie, con le donazioni superiori ai mille euro da iscrivere a bilancio”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 4th, 2012 Riccardo Fucile
DI FRONTE A UN GRUPPO DI PARLAMENTARI CHE AVEVA CONTESTATO LA REGOLARITA’ DELLE PROCEDURE DI APPROVAZIONE DEL RENDICONTO, NELLO SCORSO DICEMBRE LA MARGHERITA AUTOCERTIFICO’ LA REGOLARITA’ DELLO STESSO
Il 23 dicembre scorso la Margherita «certificò» la regolarità dei bilanci relativi agli anni 2009 e 2010.
Lo fece con una memoria depositata al tribunale civile e controfirmata dal rappresentante legale Luigi Lusi, che quindi agiva per conto del partito.
Era la risposta ai parlamentari e ai consiglieri che avevano contestato la regolarità delle procedure di approvazione dei rendiconti, chiedendo al giudice di dichiararne la nullità .
E adesso quelle affermazioni diventano materia dell’inchiesta avviata sulla sottrazione dei 13 milioni di euro che lo stesso Lusi è stato costretto ad ammettere, perchè potrebbero rappresentare la prova di un falso.
Si allargano le verifiche delegate dai pubblici ministeri alla Guardia di Finanza con controlli su tutti i depositi bancari gestiti dall’ex tesoriere e sulla gestione dei fondi.
E si allontana la possibilità di chiudere la vicenda con un patteggiamento: la proposta di fideiussione per 5 milioni è stata infatti respinta dai magistrati che hanno ritenuto non affidabile la società finanziaria che doveva garantire il versamento del denaro.
Dopo il ricorso presentato il 15 luglio 2011 da un gruppo di ex appartenenti alla formazione «Democrazia è libertà » guidati da Enzo Carra e Renzo Lusetti (gli altri sono Calogero Piscitello, Battista Bonfanti e Gaspare Nuccio), il partito deposita le proprie controdeduzioni.
La firma, a nome dell’intera formazione politica, proprio Lusi che – dopo aver contestato la legittimazione dei ricorrenti a contestare l’approvazione dei documenti contabili – afferma: «Rispetto alle temerarie illazioni avversarie, destituite di qualsivoglia fondamento in merito alle appostazioni di bilancio contenute nel rendiconto 2010, basti riportare il giudizio espresso dal Collegio dei revisori dei conti della Margherita, che ne ha riscontrato la regolarità »
Sin qui le affermazioni di principio, poi vengono citati i sette punti fondamentali della relazione stilata da chi aveva il compito di controllare la correttezza di ogni operazione. È scritto nella memoria: «È stato rispettato il principio economico di competenza sia per quanto attiene i proventi che gli oneri. Per quanto attiene le valutazioni delle attività e passività , esse rispettano il principio della prudenza. Il rendiconto rappresenta le risultante della contabilità regolarmente tenuta. Risulta regolarmente appostato nel rendiconto il contributo dello Stato per rimborso delle spese elettorali ammontante a 11.869.286,22 euro. Nel conto economico risulta regolarmente appostata una somma pari almeno al 5 per cento dei rimborsi ricevuti, finalizzata a iniziative volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla politica. Le informazioni fornite dalla Relazione sulla gestione del rendiconto sono aderenti a quanto specificamente richiesto dalla legge, esposte con chiarezza e quindi utili a rappresentare in modo attendibile le varie poste di bilancio»
Per dimostrare che tutto è a posto Lusi utilizza dunque l’attestazione dei revisori ed è su questo che si concentreranno adesso gli accertamenti disposti dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dal sostituto Stefano Pesce.
Bisogna infatti capire in base a quali criteri sia stata data l’approvazione del documento finanziario, visto che in quel momento i 13 milioni erano già stati sottratti dal conto intestato proprio a «Democrazia e libertà ».
E che Lusi aveva già acquistato l’appartamento da 1 milione e 900 mila euro al centro della Capitale e la villa di Genzano, ai Castelli romani, oltre ad aver dirottato fondi su alcune società italiane ed estere a lui riconducibili.
E lo aveva fatto con i soldi che arrivavano dai rimborsi elettorali e dal trasferimento di fondi dal Partito democratico.
Possibile che nessuno se ne fosse accorto?
Eppure le movimentazioni di denaro erano arrivate oltreconfine.
Le verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza dimostrano che Lusi aveva portato capitali all’estero, in particolare in Canada, e li aveva fatti rientrare grazie allo scudo fiscale del 2009 proprio per comprare l’appartamento di Roma.
L’avvocato Luca Petrucci, che difende Lusi ma è anche uno dei legali del Pd, sostiene che «il senatore non ha mai usufruito dello scudo fiscale per far rientrare in Italia i soldi della Margherita» omettendo di riferire che lo scudo lo ha fatto la «TTT», società dove Lusi aveva occultato il denaro sottratto alle casse del partito.
Proprio per verificare ogni passaggio, i magistrati stanno valutando la possibilità di inoltrare una richiesta di rogatoria alle autorità di Toronto.
L’inchiesta, che sembrava destinata a essere chiusa con un patteggiamento, è infatti ripartita sull’onda delle polemiche quando si è scoperto che numerosi esponenti del vecchio partito avevano avanzato dubbi e sospetti sulla regolarità della gestione economica.
E dunque per capire come sia possibile che i vertici non sapessero nulla, che non si fossero accorti delle ruberie da milioni di euro.
La prossima settimana oltre a Carra e Lusetti dovranno essere interrogati i revisori e il capo della Tesoreria, dunque le persone che – nella gestione della Margherita – avrebbero dovuto controllare ogni operazione contabile.
«Siamo a disposizione – dichiara l’avvocato di Lusetti, Alessandra Cacchiarelli – perchè questo è il momento di fare davvero chiarezza su quanto da tempo era stato contestato da molti parlamentari ed esponenti del partito».
La Guardia di Finanza dovrà invece verificare la movimentazione di tutti gli altri conti correnti che Lusi ha gestito nel corso degli anni.
Il rischio per lui è la contestazione di nuovi reati, anche tenendo conto che il patteggiamento per il reato di appropriazione indebita non appare più così scontato.
Qualche giorno fa l’ex tesoriere aveva depositato una proposta di fideiussione da cinque milioni di euro.
L’avvocato Titta Madia – che tutela gli interessi dell’ex presidente Francesco Rutelli, dell’ex presidente dell’assemblea Enzo Bianco e dell’ex presidente della Tesoreria Gianpiero Bocci – aveva mostrato disponibilità ad accettarli, nonostante la cifra fosse di gran lunga inferiore a quella contestata dall’accusa.
La pratica è stata affidata da Lusi alla «Confidi Mediterraneo» che, secondo quanto si legge sul sito Internet «è un consorzio italiano di garanzia collettiva dei fidi che svolge attività di prestazione di garanzie per agevolare le imprese nell’accesso ai finanziamenti, a breve, medio e lungo termine, destinati allo sviluppo delle attività economiche e produttive».
I magistrati hanno però ritenuto che la finanziaria non fornisse sufficienti garanzie per la «copertura» della somma concordata e dunque anche questo aspetto torna in discussione, in attesa che Lusi presenti una nuova proposta.
Fiorenza Sarzanini
(da “Il Corriere della Sera“)
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