Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile
NICOLA CRISTALDI, PRIMO CITTADINO DI MAZARA DEL VALLO, OLTRE AI SOLDI PER IL SUO INCRICO PERCEPISCVE ANCHE QUELLI DI EX PRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIA E DI EX DEPUTATO…”VUOI CHE GOVERNI E LO FACCIA BENE? E ALLORA PAGA”
Un vero professionista se è bravo si deve far pagare. “Faccio politica che avevo trent’anni. Sono efficiente, creativo, disponibile all’ascolto, prudente quando serve ma testardo e controcorrente quando è necessario. Penso al bene comune ventiquattro ore al giorno e non bado alla popolarità . Non rubo, non sono sleale, non mi faccio corrompere. Io produco opere, e le accompagno con le parole, con il sentimento. Non sono un mediocre. E la mia fatica va ripagata. Di professionisti capaci non ne vedo in giro. Le apparirò presuntuoso, invece sono soltanto consapevole della mia forza, delle mie capacità “.
Nicola Cristaldi è sindaco di Mazara del Vallo. Ha appena ritoccato del 30 per cento la sua indennità di sindaco.
“L’ho restituita al suo antico ma modesto splendore. Lo sforamento del patto di stabilità aveva provocato una decurtazione del compenso. Il raggiungimento dei parametri vitali mi ha permesso di rivederlo integro, per quanto piccino”.
Sono 4817 euro al mese, non proprio uno stipendio da fame.
“Ancora troppo pochi, ancora niente per quello che faccio, per il lavoro che produco, per i sacrifici e lo stress di una vita di corsa”.
Missino di fede, Cristaldi ha soggiornato in tutti i palazzi del potere. Consigliere comunale della sua città , poi deputato regionale, presidente dell’Assemblea siciliana.
“Grande stagione, grandissime soddisfazioni e tanto lavoro, tante emozioni”. Le emozioni valgono un altro bonus
Lei prende ulteriori 3500 euro come vitalizio regionale. “Molti di più dovrei averne. Sono stato presidente dell’Assemblea, ho versato i miei contributi. Ah dimenticavo di dirle che sono stato anche sindaco di Calatafimi. Dieci anni”.
Pochi contributi. “Tanti contributi. Con la Regione sarò sempre in credito. Faccio una proposta: restituisco il vitalizio a patto che mi vengano stornati i soldi destinati alla previdenza. Ci guadagnerei parecchio”.
Cristaldi ha varie passioni.
Ai baffi aggiunge quella per Federico II. Alla storia dei normanni coniuga poi l’amore per le moto. Possiede una Guzzi 125 Scrambler, una 850 Le Mans, una 750 Nevada. Poi le auto d’epoca: una Mercedes del 1959, una Triumph del 1969.
“Mi piace vivere. Il mio conto in banca è sistematicamente in rosso. E la cosa mi provoca felicità , energia”.
Guadagna molto, ma spende molto. “Guadagno molto?”. I suoi ex colleghi parlamentari si sono incamminati verso una vita di castità e di privazioni.
“Perchè sono degli ignavi, degli incapaci, dei populisti. Non hanno ambizione, non hanno personalità , non hanno competenze. Sono dei nulla. E i nulla si rifugiano nell’ombra. Io invece non devo temere alcunchè. Sono bravo di mio, come le ho detto”.
A dicembre se l’è filata da Montecitorio per agguantare il secondo vitalizio, quello da deputato: altri 5839 euro mensili.
“Agguantare? Sono andato via perchè una sentenza della Corte costituzionale lo imponeva. Dovevo optare ed ho optato per il municipio di Mazara. Il secondo vitalizio è mio e me lo tengo ben stretto”.
Indennità , più vitalizio regionale, più vitalizio nazionale. “Troppo pochi soldi, ancora troppo pochi. Tu vuoi che governi e lo faccia bene? E allora paga”.
Antonello Caporale
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile
COMPARE UN ALTRO IMMOBILE DA DUE MILIONI DI EURO SEMPRE DELL’IMMOBILIARE PARADISO
Dopo via di Monserrato e la tenuta seicentesca di Genzano, nell’affare Lusi balla ora un terzo immobile.
Una seconda villa ai Castelli del valore di circa 2 milioni di euro di cui risulta proprietaria la “Immobiliare Paradiso”, la società cui l’ex tesoriere della Margherita aveva già intestato la proprietà della principesca residenza di Genzano e che controllava direttamente attraverso la “TTT “, la srl utilizzata per drenare i 13 milioni e 600 mila euro dalle casse del partito.
La “scoperta” della Procura di Roma e del Nucleo di polizia Tributaria è delle ultime ventiquattr’ore.
Frutto dell’approfondimento dell’analisi dei conti bancari della “TTT srl”, la cassaforte che custodisce i segreti dell’ex tesoriere.
Dove per segreti, si devono intendere tanto le proprietà che Lusi aveva deciso di occultare, quanto, verosimilmente, i finanziamenti che riteneva di dover dissimulare.
Per quanto ne riferiscono qualificate fonti investigative, il lavoro di accertamento su questa terza proprietà non è ancora concluso.
La Finanza sta infatti verificando con esattezza se le provviste utilizzate per l’acquisto di questo secondo immobile ai Castelli provengano per intero, o solo in parte, dal “nero” che Lusi aveva convogliato sulla sua “TTT srl.”.
“Diciamo – spiega un investigatore – che il periodo e le modalità finanziarie di acquisto della villa ci fanno ragionevolmente ritenere in questa fase che l’immobile
possa essere messo in carico all’appropriazione indebita su cui stiamo procedendo”.
E’ un fatto che ogni giorno di indagine che passa allontana il fondo di questa storia. A conferma di una “verità parziale” nella repentina confessione di Lusi.
Che, peraltro, verrà ulteriormente messa alla prova di qui in avanti dall’esame incrociato tra le voci dei rendiconti finanziari del partito nel quinquennio 2007-2011 e la movimentazione dei due conti correnti Bnl su cui sono complessivamente transitati in quel periodo oltre 120 milioni di euro.
Documentazione bancaria, quest’ultima, che ieri, come ha confermato in una conferenza stampa Francesco Rutelli, è stata consegnata alla Procura con un’ennesima richiesta pubblica di “privacy sulla vita politica e le scelte del partito”.
Detto altrimenti, con una raccomandazione al “segreto” sull’identità di chi, nel tempo, ha percepito fondi dalla Margherita per finanziare la propria attività politica (“Una pretesa inquietante – hanno chiosato i senatori del Pd Francesco Ferrante e Roberto Della Seta – che sembra qualificare come inconfessabili i criteri e le modalità di utilizzo di soldi che la Margherita, come ogni altro partito vivo o defunto, ha ricevuto dallo Stato e dunque dai contribuenti”).
Del resto, che la vicenda sia destinata a camminare, giudiziariamente, come politicamente, lo dimostra la foga polemica e allusiva con cui lo stesso Rutelli ha chiesto ieri pubblicamente conto dei motivi per cui “non ci si interroghi oltre che sui bilanci della Margherita anche sul perchè non vengano dismesse le disponibilità immobiliari dei Ds”, altro partito “defunto”.
Nonchè delle ragioni per cui “si dimentichi”, in casa Pd, che “Lusi è un autorevole senatore che ha stipulato il favorevole contratto di affitto del Pd per la sua sede nazionale al Nazareno”.
“Noi – ha aggiunto l’ex segretario politico della Margherita – andremo comunque fino in fondo. Ci batteremo in sede giudiziaria per avere indietro i soldi fino all’ultimo euro (al momento, la trattativa con Lusi per la restituzione parziale di 5 milioni non sembra destinata a definirsi in tempi brevi ndr.). E la magistratura accerterà se Lusi ha avuto dei complici. Ma ci batteremo anche perchè un caso Lusi non accada mai più. Ho infatti personalmente discusso con il Presidente del Consiglio Monti, con il ministro Giarda, e con i Presidenti di Camera e Senato di un emendamento che presenterò al decreto legge sulle liberalizzazioni che modifica la disciplina del controllo sui bilanci dei partiti e su cui spero di avere un parere positivo dell’esecutivo e trovare l’appoggio di tutti”.
Si tratta di una nuova norma che prevede la verifica dei rendiconti finanziari da parte di società di certificazione indipendenti iscritte all’albo speciale dei revisori, nonchè di un collegio ufficiale e non rinnovabile di 5 revisori dei conti (due dei quali individuati tra i presidenti di sezione della Corte dei Conti e uno tra i dirigenti di prima fascia del Ministero dell’Economia) scelti in ogni legislatura dai Presidenti delle Camere.
Carlo Bonini
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile
NELL’UNIVERSITA’, DOPO MOGLIE E FIGLIA, ANCHE IL FIGLIO DEL RETTORE
«Parentopoli? Ma perchè non parlate di “Ignorantopoli”? Questo è il vero problema dell’università italiana. Voi giornalisti fate solo folklore!», sibilò il rettore della Sapienza Luigi Frati al nostro Nino Luca.
Ma la Procura non è d’accordo: papà , mamma, figlia e figlio docenti nella stessa facoltà sono troppi, come coincidenze.
E sull’arrivo dell’ultimo Frati a Medicina ha aperto un fascicolo. Tanto più che «Parentopoli» e «Ignorantopoli», dicono le classifiche internazionali, possono coincidere.
Il rettore di quello che sul Web si vanta di essere il più grande ateneo italiano (nel senso di più affollato: 143 mila studenti, pari all’intera popolazione di Salerno o quelle di due capoluoghi come L’Aquila e Potenza insieme) era da tempo nel mirino di chi denuncia certi vizi del nostro sistema universitario.
Senese, un passato da sindacalista, uomo dalla capacità funambolica di fluttuare tra destra e sinistra, preside per un’eternità di Medicina dal lontano 1990 in cui Gava era ministro degli Interni e Chiesa si occupava amorevolmente dei vecchi ospiti del Pio Albergo Trivulzio e «altro», quello che i suoi studenti più perfidi hanno soprannominato «BaronFrati», è da sempre un uomo tutto casa e facoltà .
Al punto che non solo nella «sua» Medicina si sono via via accasate la moglie Luciana Rita Angeletti in Frati (laureata in Lettere: storia della Medicina) e la figlia Paola (laureata in Giurisprudenza: Medicina Legale) ma perfino il brindisi per le nozze della ragazza fu fatto lì.
Indimenticabile il biglietto: «Il prof. Luigi Frati e il prof. Mario Piccoli, in occasione del matrimonio dei loro figli Paola Frati con Andrea Marziale e Federico Piccoli con Barbara Mafera, saranno lieti di festeggiarli con voi il giorno 25 maggio alle ore 13.00 presso l’aula Grande di Patologia Generale».
Arrivò una perfida e deliziosa «sposina» delle Iene , quella volta, a guastare un po’ la giornata. Ma fu comunque un trionfo.
Quasi pari, diciamo, alla passerella offerta dal nostro, anni dopo, a Muammar Gheddafi, salutato come uno statista e invitato nell’aula magna, sul palcoscenico più prestigioso, perchè tenesse agli studenti una «lectio magistralis» su un tema davvero adatto al tiranno: la democrazia.
Tema svolto tra risate sbigottite («demos è una parola araba che vuol dire popolo come “crazi” che vuol dire sedia: democrazia è il popolo che si siede sulle sedie!») mentre lui, il rettore, si lasciava andare in lodi per le prosperose amazzoni di scorta: «Le abbiamo apprezzate molto! Purtroppo c’è qui mia moglie…».
Adorato da chi ama il suo senso del potere e il linguaggio ruspante (resta immortale un video dove spiega agli studenti: «Nun date retta ai professori perchè i professori si fanno i cazzi loro. I professori fanno i cazzi loro, lasciateli perdere!»), il giorno in cui si insediò come rettore liquidò le polemiche sul nepotismo così: «È stato fuori luogo tirare in ballo mia moglie, la professoressa Angeletti, perchè lei è quella che è, io sono quello che sono. Non è lei che è “la moglie di”, sono io che sono “il marito di”».
Il guaio è che oltre a essere «il marito di» Luciana Rita e «il padre di» Paola, è anche «il padre di» Giacomo.
Che per fatalità è lui pure entrato nella facoltà di Medicina di papà : ricercatore a 28 anni, professore associato a 31.
Come vinse il concorso lo rivelò una strepitosa puntata di Report : discusse «una prova orale sui trapianti cardiaci» davanti a una commissione composta da due professori di igiene e tre odontoiatri. E nessun cardiochirurgo.
«Ma lei si farebbe operare da uno che è stato giudicato da una commissione di Odontostomatologi?», chiese Sabrina Giannini, l’inviata della trasmissione di Milena Gabanelli a uno dei commissari, Vito Antonio Malagnino.
Farfugliò: «Io… Non parliamo di cuore o di fegato, però…». «Secondo lei tre dentisti e due specialisti d’igiene potevano adeguatamente…». «Forse no però questo non è un problema mio…».
Vinta la selezione, il giovane professore viene più avanti chiamato come associato a Latina, dependance del Policlinico universitario di cui è rettore papà .
Giusto un attimo prima, coincidenza, dell’entrata in vigore della riforma Gelmini contro il nepotismo. Quella che vieta di assumere come docenti nella stessa università i parenti dei rettori, dei direttori generali e dei membri del consiglio di amministrazione.
Ma queste, compreso un ricorso al Tar, erano solo le prime puntate della «Dinasty» fratiana. Il meglio, come hanno ricostruito Federica Angeli e Fabio Tonacci sulla cronaca romana di Repubblica , sarebbe arrivato nelle puntate successive.
Occhio alle date: il 28 gennaio 2011 il rettore Luigi Frati sceglie come commissario straordinario del Policlinico Antonio Capparelli.
Qualche settimana dopo, il 22 marzo, lo nomina direttore generale.
Passa meno di un mese e il 19 aprile Capparelli, togliendo un po’ di posti letto a un altro reparto a costo di scatenare le ire di quanti si sentono «impoveriti», firma una delibera creando «l’Unità Programmatica Tecnologie cellulari-molecolari applicate alle malattie cardiovascolari» nell’ambito del dipartimento Cuore e grossi vasi e chiama da Latina, per ricoprire un ruolo paragonabile a quello di primario, Giacomo Frati.
Cioè il rampollo dell’uomo che lo aveva appena promosso.
Ora, a pensar male si fa peccato e, in attesa del responso dell’inchiesta giudiziaria, noi vogliamo immaginare che la famiglia Frati sia composta di quattro geni: un genio lui, un genio la moglie, un genio la figlia, un genio il figlio.
Ma la moglie di Cesare, si sa (vale anche per la figlia di Elsa Fornero, si capisce) deve essere al di sopra anche di ogni sospetto.
Che giudizi possono farsi, gli stranieri, davanti a coincidenze come queste?
Sarà un caso se la reputazione dei nostri atenei nelle classifiche mondiali è così bassa? Dice l’ultimo Academic Ranking of World Universities elaborato dall’Institute of Higher Education della Jiao Tong University di Shanghai che, sulla base di sei parametri, la Sapienza si colloca nel gruppone tra il 100° il 150° posto.
La Scuola Normale di Pisa, però, rielaborando i sei parametri utilizzati (numero di studenti vincitori di Premi Nobel e Medaglie Fields; numero di Premi Nobel in Fisica, Chimica, Medicina ed Economia e di medaglie Fields presenti nello staff; numero delle ricerche altamente citate di docenti, ricercatori, studenti; numero di articoli pubblicati su Nature e Science nel quinquennio precedente la classifica; numero di articoli indicizzati nel Science Citation Index e nel Social Science Citation Index; rapporto tra allievi/docenti/ricercatori e il punteggio complessivo relativo ai precedenti parametri) è arrivata a conclusioni diverse.
Se il calcolo viene fatto tenendo conto della dimensione di ogni università , sul pro capite, tutto cambia.
E se la piccola ed elitaria Scuola Normale si inerpica al 10° posto dopo rivali inarrivabili come Harvard, Stanford, Mit di Boston o Berkeley, ecco che le altre italiane seguono a distanza: 113 ª Milano Bicocca, 247 ª la Statale milanese, 248 ª Padova, 266 ª Pisa e giù giù fino a ritrovare la Sapienza.
Che stracarica di studenti ma anche al centro di perplessità come quelle segnalate, è addirittura al 430° posto.
E torniamo alla domanda di Frati: qual è il problema, «Parentopoli», «Ignorantopoli» o forse forse tutte e due?
Gian Antonio Stella
(da “Il Corriere della Sera”)
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Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile
AVEVANO INIZIATO I “PIRATI” A RINUNCIARE AI BENEFIT DI RAPPRESENTANZA, ORA ANCHE I PARTITI TRADIZIONALI SONO COSTRETTI AD ADEGUARSI, ANCHE SE SI TRATTA DI UNA DECISIONE SPONTANEA
Niente più posto gratis per seguire dalla tribuna d’onore le partite della Bundesliga o per godersi da vicino i virtuosismi dei Berliner Philharmoniker: i deputati regionali della città -Stato di Berlino hanno deciso di non accettare più i biglietti per entrare gratuitamente allo Stato Olimpico o alla Philharmonie, almeno fin quando non saranno trovate regole più trasparenti in materia.
Nessuno li ha obbligati a farlo, ma, coi tempi che corrono in Germania, meglio non correre rischi e non dare l’impressione di appartenere a una casta: in fondo la maggioranza dei tedeschi spedirebbe a casa oggi stesso il presidente federale Christian Wulff per via della lunga serie di privilegi che ha ottenuto in passato.
E così basta un semplice parere del centro studi del parlamento regionale della città -Stato di Berlino per sospendere una prassi ultradecennale.
Da trent’anni la Philharmonie mette a disposizione dei deputati otto biglietti gratis del valore compreso tra 30 e 90 euro per assistere a ogni concerto.
Fanno circa 800 tagliandi gratuiti all’anno, per un valore di 40.000 euro, un’offerta che i parlamentari non si lasciano scappare: in media il 60% dei biglietti loro riservati vengono ritirati alla cassa.
Per le partite in casa, invece, l’Hertha BSC (la principale squadra di calcio della capitale tedesca), riserva ai deputati 22 biglietti per accomodarsi nell’esclusiva “Olympia Lounge”, l’area deluxe della tribuna principale dello stadio Olimpico.
Un regalo da quasi 70.000 euro l’anno: un simile posto costa circa 180 euro a partita. Il trattamento di favore si spiega ufficialmente, in entrambi i casi, con gli “obblighi di rappresentanza” dei parlamentari.
La consuetudine non è illegale, ma appare dubbia, hanno stabilito gli esperti del centro studi del parlamento regionale, provocando un insolito consenso tra i partiti.
Dopo aver consultato online la propria base, i “Pirati” hanno deciso di fare a meno dei biglietti gratis, trascinandosi dietro anche i gruppi parlamentari di Spd, Cdu, Verdi e Linke.
«Se tra i nostri obblighi di rappresentanza dovesse rientrare anche la partecipazione alle partite dell’Hertha o ai concerti della Philharmonie, allora vorrà dire che pagheremo i biglietti di tasca nostra», ha comunicato il “Pirata” Martin Delius.
È impossibile spiegare ai berlinesi «perchè vengano regalati ai deputati biglietti gratis e posti Vip».
Il perchè, in realtà , è presto detto: i biglietti dovrebbero agevolare il lavoro di networking dei delegati allo sport e alla cultura dei singoli gruppi.
Il calcolo: il parlamentare che va allo stadio o alla Philharmonie in rappresentanza del suo Land può allacciare o riallacciare rapporti utili.
Perchè non possa farlo pagando di tasca propria resta un mistero.
O forse no: l’Hertha gioca in uno stadio che è di proprietà del Land di Berlino ed è concesso alla squadra in affitto, mentre la Philharmonie riceve ogni anno dalla città -Stato un contributo pubblico di 14,1 milioni di euro.
In realtà i confini “dell’obbligo di rappresentanza” appaiono labili: ogni gruppo decide autonomamente come meglio distribuire i biglietti tra i suoi deputati.
A dar retta ad alcune voci che girano nell’Abgeordnetenhaus, il parlamento della città -Stato, a volte qualche tagliando gratis finisce ad amici o parenti. In fondo non sono nominali.
A far vacillare il sistema è stata una richiesta dell’Union Berlin, la squadra che si contende con l’Hertha i favori della tifoseria calcistica della capitale.
Proprio come l’Hertha, anche l’Union voleva regalare biglietti gratis ai deputati, ma è stata bloccata dal parere negativo del centro studi del parlamento locale: non può, in quanto è un’associazione senza scopi di lucro e beneficia di agevolazioni fiscali, per cui i biglietti gratis si configurerebbero come un’illecita donazione.
Ora i deputati aspettano un nuovo pronunciamento del centro studi per decidere come comportarsi in futuro.
È nel loro stesso interesse far chiarezza — riassume una portavoce della Linke — affinchè non si dica che vanno allo stadio o alla Philharmonie solo per divertirsi.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile
APERTA UNA PROCEDURA FORMALE CONTRO L’ITALIA: NEL MIRINO L’ENNESIMO RINVIO DI SEI MESI DEL PAGAMENTO DELLE SANZIONI, INSERITO NEL DECRETO MILLEPROROGHE SU PRESSIONE DELLA LEGA
La Commissione europea ha aperto nei confronti dell’Italia una procedura di indagine formale sugli aiuti di stato, invitandola a fornire informazioni in relazione alla proroga di 6 mesi al 30 giugno 2011, del pagamento della rata delle multe sul latte in scadenza al 31 dicembre 2010.
La proroga viene considerata dalla Commissione come un aiuto di Stato incompatibile con i trattati europei.
L’Italia ha un mese per rispondere a Bruxelles, presentando “le proprie osservazioni” e fornire chiarimenti.
La proroga al 30 giugno 2011 del pagamento delle multe per gli allevatori che avevano superato i limiti di produzione imposti a livello comunitario era stata inserita nel decreto Milleproroghe approvato il 25 febbraio 2011 durante una seduta infuocata e preceduto da un voto di fiducia.
Poco dopo l’approvazione, a fine febbraio la Commissione europea aveva inviato al governo italiano una lettera in cui si chiedevano chiarimenti sul rinvio.
Lo slittamento del pagamento delle rate sulle quote latte era stato molto criticato da Confagricoltura.
“Uno schiaffo ai produttori onesti” lo definì l’associazione, che denunciò la “blindatura della fiducia” per far passare con il Milleproroghe un provvedimento “iniquo”.
Nell’ottobre del 2010, l’organismo Ue aveva scritto all’Italia per avere chiarimenti anche sulla prima proroga, che aveva fatto slittare i pagamenti al 31 dicembre 2010. La risposta di Roma arrivò in ritardo, il 3 febbraio 2011, con dieci documenti di spiegazione “molto lunghi”.
“E’ chiaro che se questi provvedimenti risultassero essere contrari alla legislazione europea – avvertì all’epoca un portavoce del commissario Ue all’agricoltura – , prenderemo le misure necessarie”.
Ovvero, l’apertura della procedura d’indagine, puntualmente scattata un anno dopo.
Dato che era tutto previsto e prevedibile e la illecita misura fu presa su diktat della Lega, notoriamente difensore dei ladroni delle quote latte, attendiamo che la multa milionaria che arriverà da Bruxelles sia recapitata in via Bellerio, con relativo eventuale pignoramento dei fondi tanzaniani.
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Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE USA CHIEDE A PALAZZO CHIGI DI AIUTARLO A DECIFRARE LE MOSSE DELLA MERKEL….”IL LAVORO CHE STATE FACENDO AIUTERA’ ANCHE LA RIPRESA AMERICANA”
“Mario, il lavoro che stai facendo in Italia è eccezionale. Mi è piaciuta la tua partenza a razzo. Hai tutto il mio sostegno”, dice il presidente degli Stati Uniti a Barack Obama.
“Dalla partita che si gioca a Roma dipende il destino di tutta l’eurozona, e quindi anche la ripresa americana. Per due volte la crescita è ripartita qui negli Stati Uniti, all’inizio del 2010 e all’inizio del 2011, per poi frenare sotto gli shock della crisi europea. Stavolta ho più fiducia”.
Barack Obama incontra per la prima volta Mario Monti, lo riceve nella cornice più solenne della Casa Bianca in una giornata difficile, con il caso greco che torna a fare paura.
Il presidente americano mette subito il premier italiano a suo agio, lo elogia per “l’alto livello di fiducia del tuo governo”, sia nell’opinione pubblica che nelle cancellerie internazionali e sui mercati. Obama vuole “scoprire” a fondo un partner che gli è indispensabile, lo interroga sul “contratto per la crescita” che Monti propone per l’Europa.
“Com’è possibile – gli chiede il presidente americano – generare crescita sotto la pressione di politiche di bilancio così restrittive?”.
È contento, e lo dice, che si sia ricostituito dopo una pausa lunghissima un triangolo tra Berlino Parigi e Roma.
Sollecita Monti a “dare un contributo forte al prossimo G8, che ospiterò a maggio nella mia Chicago”. Gli confida che ha bisogno del suo aiuto per convincere la Germania a fare di più, a sostegno della ripresa.
C’è solo un accenno alle “circostanze eccezionali” in cui Monti è arrivato a Palazzo Chigi; è nello stile di Obama, un’allusione delicata all’uscita di scena di Silvio Berlusconi con cui l’Amministrazione democratica ebbe un rapporto a dir poco diffidente.
Con Monti il cambiamento di tono è immediato. Finalmente il dialogo è tra simili.
Molto simili davvero: dopo pochi minuti Obama sente di aver di fronte un uomo che ha il suo stesso approccio, la cortesia e la sobrietà dei modi insieme con la passione per l’analisi, l’approfondimento.
Due professori: proprio così.
Quante volte in America – soprattutto dalla destra populista – questo presidente cresciuto a Harvard è stato accusato di essere “èlitario, professorale, troppo intellettuale, didattico”.
Ora si trova di fronte un professore di mestiere, specializzatosi nell’altra super-università americana, Yale.
Uno è giurista per formazione, l’altro economista. Ma Obama subisce una vera attrazione anche per l’analisi economica, affinata dopo anni di discussioni con personaggi della statura di Warren Buffett, Paul Volcker, Larry Summers.
Perciò si sente a suo agio davanti a colui che la stampa americana battezzò “SuperMario” (ai tempi in cui era commissario europeo) e che ora entra alla Casa Bianca col biglietto da visita della copertina di Time: “L’uomo che può salvare l’Europa?”.
Obama ha capito anche un’altra cosa, preparando questo summit con il segretario al Tesoro Tim Geithner e il banchiere centrale Ben Bernanke: questo SuperMario che ha davanti a Washington legittima l’azione di un altro SuperMario, il presidente della Bce Draghi, la cui azione di “pompaggio di liquidità ” ha tamponato la sfiducia dei mercati.
Monti diventa decisivo nella strategia europea di Obama.
Il leader americano si strappa da altri impegni più importanti sulla scena domestica, in una giornata densissima: ha appena annunciato una storico “patteggiamento” delle banche colpevoli per i mutui subprime, 26 miliardi di indennizzi che andranno alle famiglie indebitate.
Una notizia tale da sconvolgere l’agenda della giornata, ma Obama non rinuncia a un solo minuto del suo colloquio con Monti. Comincia a chiamarlo Mario: in inglese dove non esiste differenza fra il tu e il lei, è il segnale di passaggio a un tono diretto, confidenziale.
Obama sottopone Monti a un interrogatorio serrato, vuole conoscere nel dettaglio “le misure che stai varando per ricostruire la fiducia dei mercati e rilanciare la crescita attraverso riforme strutturali”.
Gli preme tanto più di fronte alla nuova emergenza in Grecia, che Monti continui a sostenere “il rafforzamento del fondo salva-Stati, la muraglia di fuoco a difesa dell’euro”.
Il presidente Usa vuole essere rassicurato che l’Italia si salverà da sola e quindi non sarà necessario un intervento del Fondo monetario internazionale in aiuto a Roma: questione scabrosa, perchè la destra repubblicana denuncerebbe qualsiasi salvataggio che costi un solo dollaro al contribuente americano (gli Usa sono il primo azionista del Fmi).
Soprattutto sta a cuore a Obama “sviluppare tra noi delle sinergie per promuovere la crescita”. È questa la parte più impegnativa del colloquio: “Le tue riforme strutturali – chiede Obama – possono generare una ripresa? Andrà in questa direzione l’intera eurozona?”.
Al premier italiano, lui ricorda che “anche il Fmi, ormai perfino le agenzie di rating, dicono che senza crescita diventa impossibile ridurre durevolmente il deficit e il debito degli Stati”.
Obama si aspetta che Monti lo aiuti a “decifrare” quell’enigma che per lui resta Angela Merkel. Ascolta con attenzione – e inquietudine – quando il premier italiano fuga ogni illusione sulla possibilità di “convertire la Germania a politiche keynesiane di rilancio basate su iniezioni di spesa pubblica”.
Il presidente americano forse si lascia convincere solo a metà , dall’argomentazione di Monti secondo cui “bisogna convincere la Merkel a essere più coerente con il modello tedesco, cioè a sviluppare fino in fondo l’economia sociale di mercato, aprendo di più alle liberalizzazioni”.
Era ben diversa, in partenza, la “dottrina Obama” lanciata al G20 di Pittsburgh nel settembre 2009: i paesi con forti surplus commerciali e risparmio abbondante come Germania e Cina dovevano rilanciare la spesa di consumo e diventare locomotive.
Ma Obama capisce che il “germanico Monti” può aiutarlo a individuare qualche apertura nella corazza tedesca, proprio quello che non è mai riuscito a fare Nicolas Sarkozy.
Da questo momento il ghiaccio è rotto davvero. Ci si può parlare al telefono tra Washington e Roma.
Succederà spesso d’ora in avanti. Monti è stato cooptato in un nuovo incarico informale, sarà un partner sempre più ascoltato, una sorta di “consigliere esterno del presidente” per impostare il G8 di Chicago a maggio, il vertice più importante per l’economia globale prima dell’elezione presidenziale di novembre.
Federico Rampini
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile
UN APPUNTO CONSEGNATO UN MESE FA DAL CARDINALE CASTRILLON, A CONOSCENZA DI BENEDETTO XVI, RIFERISCE QUANTO DETTO DAL CARDINAL ROMEO, ARCIVESCOVO DI PALERMO…C’E’ ANCHE IL NOME DI SCOLA COME SUCCESSORE
Le affermazioni attribuite al cardinal Romeo durante il suo viaggio in Cina, aprono uno scenario di imminente fine del pontificato di Benedetto XVI, sullo sfondo di contrasti e schieramenti in seno al Vaticano
Mordkomplotts. “Complotto di morte”. Fa impressione leggere nero su bianco su un documento strettamente confidenziale e riservato, pubblicato in esclusiva dal Fatto che un Cardinale autorevole, l’arcivescovo di Palermo Paolo Romeo, prevede con preoccupante certezza la morte del Papa entro novembre del 2012.
Una morte che, per la sicurezza con la quale è stata pronosticata, lascia intendere agli interlocutori del cardinale l’esistenza di un complotto per uccidere Benedetto XVI. L’appunto è anonimo e reca la data del 30 dicembre del 2011.
È stato consegnato dal Cardinale colombiano Darào Castrillà³n Hoyos alla segreteria di Stato e al segretario del Papa nei primi giorni di gennaio con il suggerimento di effettuare indagini per comprendere esattamente cosa abbia fatto e con chi abbia parlato l’arcivescovo Romeo in Cina.
Il Pontefice è stato informato del contenuto dell’appunto a metà gennaio scorso direttamente dal cardinale Castrillon durante un’udienza riservata e il Papa deve avere fatto un salto sulla sedia.
Il documento si apre con una premessa in lettere maiuscole: “Strettamente confidenziale”. Probabilmente gli uomini che curano la sicurezza del Pontefice – a partire dalla Gendarmeria Vaticana guidata dall’ex agente dei servizi segreti italiani, Domenico Giani – stanno cercando di verificare le circostanze in cui sono state pronunciate quelle terribili previsioni e la loro credibilità .
Da sempre si favoleggia sulle congiure vaticane e sono stati scritti molti libri sulla morte sospetta di Giovanni Paolo primo.
Qui però siamo di fronte a un inedito assoluto. Mai nessuno aveva messo nero su bianco l’ipotesi di un complotto per far fuori il Papa. Un complotto che potrebbe realizzarsi da qui al novembre prossimo e che è inserito nel documento all’interno di un’analisi inquietante delle divisioni interne alla Chiesa che vedono contrapposti il Papa e il Segretario di Stato Tarcisio Bertone alla vigilia di una presunta successione, che ci auguriamo sia invece lontana nel tempo.
Secondo la ricostruzione attribuita dal documento all’arcivescovo Romeo sarebbe Angelo Scola, arcivescovo di Milano, il successore designato da Papa Ratzinger.
Il documento in possesso del Fatto è scritto in lingua tedesca, probabilmente perchè sia compreso appieno solo dal Papa e dai suoi stretti collaboratori e connazionali, come monsignor George Ganswin.
Inizia con un lungo ‘oggetto’ in neretto: “Viaggio del Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, a Pechino a novembre 2011.
Durante i suoi colloqui in Cina, il Cardinale Romeo ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi. Le dichiarazioni del Cardinale sono state esposte, da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia in programma un attentato contro il Santo Padre”.
Dopo questa premessa esplosiva, il testo si articola in tre paragrafi, ciascuno con un titolo in neretto.
Il primo è “Viaggio a Pechino”; il secondo “Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone” e il terzo è “Successione di Papa Benedetto XVI”.
Nel primo paragrafo si ricostruisce lo strano viaggio in Cina effettuato dall’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, un personaggio influente nella Chiesa: 73 anni, nominato Cardinale nel Concistoro del 20 novembre 2010 dal Papa, parteciperà al prossimo Conclave.
Nato ad Acireale da una famiglia ricca e numerosa Romeo è un estroverso, amante della buona cucina e delle tecnologie tanto che sul sito della sua Arcidiocesi si legge “Seguici su twitter” che secondo lui “Il signore avrebbe potuto usare per i dieci comandamenti”.
Dopo una lunga carriera che lo ha portato in Filippine, Venezuela, Ruanda, Colombia e Canada fu nominato Nunzio in Italia e nel 2006 quando doveva essere nominato il presidente della Conferenza episcopale italiana, promosse una consultazione tra tutti i vescovi italiani, mai autorizzata e sconfessata da Benedetto XVI.
Anche il cardinale Castrillon de Hoyos fu sconfessato dal Papa per una sua lettera del 2001 nella quale si complimentava con un vescovo francese condannato per non avere voluto denunciare alle autorità civili un suo sacerdote, colpevole per abusi sessuali su minori.
Castrillon, più vecchio di Romeo appartiene alla corrente più tradizionalista della Chiesa e nel 2009 da presidente della Commissione “Ecclesia Dei”, quando si occupava dei Lefevbriani, non segnalò al Papa il pericolo rappresentato dalle posizioni antisemite del vescovo Williamson.
A 80 anni nel 2010 è un pensionato e non parteciperà al prossimo conclave.
Castrillon forse avverte come un’invasione di campo la visita di Romeo in Cina. Un paese nel quale è in corso una durissima repressione sulla comunità cristiana che si rifiuta di assoggettarsi al regime.
Secondo quanto è scritto nel documento però Romeo non si sarebbe occupato di questo :“A novembre 2011 il Cardinale Romeo si è recato con un visto turistico a Pechino, dove, di fatto, non ha incontrato nessun esponente della Chiesa Cattolica in Cina, bensì uomini d’affari italiani, che vivono o meglio lavorano a Pechino, e alcuni interlocutori cinesi.
A Pechino il Cardinale Romeo ha dichiarato di essere stato inviato personalmente da Papa Benedetto XVI per proseguire, o meglio verificare i colloqui avviati dal Cardinale Dario Castrillà³n Hoyos a marzo 2010 in Cina. Inoltre ha affermato di essere l’interlocutore designato del Papa per occuparsi in futuro delle questioni fra la Cina e il Vaticano ”.
Nel primo paragrafo l’anonimo estensore del documento consegnato agli uomini del Segretario di Stato Bertone e del Papa da Castrillon sostanzialmente tratteggia un Romeo un po’ sbruffone.
L’arcivescovo di Palermo si accredita come un antico amico del cardinale Castrillon, esperto di rapporti con le chiese clandestine dai tempi della sua esperienza nelle Filippine, e persino come il componente di una sorta di direttorio segreto che governerebbe la Chiesa di Ratzinger.
“Il Cardinale Romeo ha sorpreso i suoi interlocutori a Pechino informandoli che lui — Romeo — formerebbe assieme al Santo Padre — Papa Benedetto XVI — e al Cardinale Scola una troica. Per le questioni più importanti, dunque, il Santo padre si consulterebbe con lui — Romeo — e con Scola”.
Poi arriva il paragrafo sulle critiche che Romeo avrebbe rivolto al capo del Governo della Chiesa, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone.
“Il Cardinal Romeo ha aspramente criticato Papa Benedetto XVI, perchè si occuperebbe prevalentemente della liturgia, trascurando gli “affari quotidiani”, affidati da Papa Benedetto XVI al Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Chiesa Cattolica Romana”.
Non solo: Bertone e Ratzinger sono descritti come una coppia di litiganti costretti a convivere nelle mura leonine:
“Il rapporto fra Papa Benedetto XVI e il suo Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone sarebbe molto conflittuale. In un’atmosfera di confidenzialità il Cardinale Romeo ha riferito che Papa Benedetto XVI odierebbe letteralmente Tarcisio Bertone e lo sostituirebbe molto volentieri con un altro Cardinale.
Romeo ha aggiunto però, che non esisterebbe un altro candidato adatto a ricoprire questa posizione e che per questo il Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone continuerebbe a svolgere il suo incarico”.
A questo punto, dopo aver premesso che “Anche il rapporto fra il Segretario di Stato e il Cardinale Scola sarebbe altrettanto avverso e tormentato”, arriva il paragrafo nel quale ci si occupa della successione del Papa, che vedrebbe in posizione privilegiata proprio il cardinale Scola, da sempre vicino a Comunione e Liberazione
“In segreto il Santo Padre si starebbe occupando della sua successione e avrebbe già scelto il Cardinale Scola come idoneo candidato, perchè più vicino alla sua personalità . Lentamente ma inesorabilmente lo starebbe così preparando e formando a ricoprire l’incarico di Papa. Per iniziativa del Santo Padre — così Romeo — il Cardinale Scola è stato trasferito da Venezia a Milano, per potersi preparare da lì con calma al suo Papato.
Il Cardinale Romeo ha continuato a sorprendere i suoi interlocutori in Cina – prosegue il documento consegnato dal cardinale colombiano al Papa – in Cina continuando a trasmettere indiscrezioni”.
Ed ecco che, dopo avere esaminato il quadro dei rapporti conflittuali all’interno del Vaticano in vista della successione a Ratzinger, Romeo, secondo l’appunto, avrebbe gettato di fronte ai suoi interlocutori la bomba:
“Sicuro di sè, come se lo sapesse con precisione, il Cardinale Romeo ha annunciato, che il Santo Padre avrebbe solo altri 12 mesi da vivere. Durante i suoi colloqui in Cina ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi. Le dichiarazioni del Cardinale sono state esposte, da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia in programma un attentato contro il Santo Padre”.
Per accreditare la veridicità dei fatti riportati il documento maliziosamente chiosa:“Il Cardinale Romeo si sentiva al sicuro e non poteva immaginare, che le dichiarazioni fatte in questo giro di colloqui segreti potessero essere trasmesse da terzi al Vaticano”.
La chiusura è dedicata al tema centrale che angoscia evidentemente l’estensore: la successione a Ratzinger: “Altrettanto sicuro di sè Romeo ha profetizzato che, già adesso sarebbe certo benchè ancora segreto, che il successore di Benedetto XVI sarà in ogni caso un candidato di origine italiana.
Come descritto prima, il Cardinale Romeo ha sottolineato, che dopo il decesso di Papa Benedetto XVI il Cardinale Scola verrà eletto Papa. Anche Scola avrebbe importanti nemici in Vaticano”.
Il Fatto nella serata di ieri ha contattato telefonicamente il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, per chiedere la posizione ufficiale del Vaticano su questo documento ma la sua risposta è stata: “Pubblicate quello che credete ma vi prendete una responsabilità . Mi sembra una cosa talmente fuori dalla realtà e poco seria che non voglio nemmeno prenderla in considerazione. Mi sembra incredibile e non voglio nemmeno commentare”.
Un atteggiamento di totale negazione dei fatti che appare discutibile perchè il documento pone quesiti importanti non solo sulla salute e la sicurezza del Papa ma anche sulla situazione a dir poco sconcertante in cui versa la Chiesa.
Benedetto XVI è il capo della religione più diffusa sulla terra.
Per 2 miliardi di cattolici è il custode della dottrina e – al di là della veridicità delle affermazioni contenute nell’appunto che va tutta verificata – questo testo deve essere portato all’attenzione dell’opinione pubblica.
Una lettera simile non è una questione che può restare confinata nel circuito epistolare tra gendarmi, Segreteria di Stato e cardinali ma deve essere spiegata ai cristiani sempre più attoniti per quello che leggono sui giornali.
Il Fatto ha già pubblicato il 4 febbraio scorso la lettera del Nunzio negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, già segretario del Governatorato della Citta del Vaticano, nella quale l’arcivescovo formulava accuse gravissime sulla corruzione, i furti e le false fatturazioni dentro le mura leonine e accusava di presunti reati monsignor Paolo Nicolini, direttore dei Musei Vaticani.
Poi abbiamo pubblicato un documento esclusivo sui rapporti Aif-Uif che documentava la scelta del Vaticano di non fornire informazioni bancarie precedenti all’aprile del 2011 alle autorità antiriciclaggio.
Ora si scopre un documento nel quale si parla senza remore di morte certa del Papa e si favoleggia persino di un possibile complotto per uccidere il Pontefice.
Per questo l’appunto sulla morte del Papa deve essere pubblicato: perchè se ne verifichi coram populo l’origine e la veridicità e soprattutto perchè finalmente Santa Romana Chiesa esca dal silenzio e spieghi ai suoi fedeli (e non solo a loro) come è possibile che tra i cardinali e il Papa circolino previsioni certe di morte e ipotesi omicidiarie che solo a leggerle fanno venire i brividi.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile
SOTTO LA DICITURA “STRETTAMENTE CONFIDENZIALE” LA PROFEZIA DELLA MORTE DEL PONTEFICE ENTRO L’ANNO IN CORSO
Sotto riportiamo il documento integrale tradotto dal tedesco, con in testa la scritta “strettamente confidenziale” e la data 30.12.2011
Oggetto: Viaggio del Cardinale Paolo Romeo (*20 febbraio 1938 ad Acireale, Provincia di Catania, Italia), Arcivescovo di Palermo, a Pechino a novembre 2011.
Durante i suoi colloqui in Cina, il Cardinale Romeo ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi. Le dichiarazioni del Cardinale sono state esposte, da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia in programma un attentato contro il Santo Padre.
Viaggio a Pechino:
Nel novembre 2011 il Cardinale Romeo si è recato con un visto turistico a Pechino, dove, di fatto, non ha incontrato nessun esponente della Chiesa Cattolica in Cina, bensì uomini d’affari italiani, che vivono o meglio lavorano a Pechino, e alcuni interlocutori cinesi.
A Pechino il Cardinale Romeo ha dichiarato di essere stato inviato personalmente da Papa Benedetto XVI per proseguire, o meglio verificare i colloqui avviati dal Cardinale Dario Castrillà³n Hoyos a marzo 2010 in Cina.
Inoltre ha affermato di essere l’interlocutore designato del Papa per occuparsi in futuro delle questioni fra la Cina e il Vaticano.
In un colloquio confidenziale, il Cardinale Romeo ha informato i suoi interlocutori in Cina di aver curato durante la sua attività svolta per conto del Servizio diplomatico della Santa Sede presso le rappresentanze papali nelle Filippine, i contatti con la Chiesa Clandestina RKK1 e di essere, in virtù di questa sua esperienza, l’interlocutore adatto per curare le questioni fra la Cina e il Vaticano.
Inoltre dice di essere stato fra il 1990 e il 1999 Nunzio Apostolico in Colombia e di aver collaborato, proprio in quel periodo, con il Cardinale Castrillà³n.
Il Cardinale Romeo ha sorpreso i suoi interlocutori a Pechino informandoli che lui — Romeo — formerebbe assieme al Santo Padre — Papa Benedetto XVI — e al Cardinale Scola una troika. Per le questioni più importanti , dunque, il Santo padre si consulterebbe con lui — Romeo — e con Scola.
Al Cardinale Romeo è stato comunicato da parte cinese quanto segue: Molti Cardinali si sono recati in Cina, ma la visita più importante per il rapporto fra la Cina e il Vaticano è stata quella del Cardinale Dario Castrillà³n Hoyos a marzo 2010.
STRETTAMENTE CONFIDENZIALE 30.12.2011
Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone: Il Cardinal Romeo ha aspramente criticato Papa Benedetto XVI, perchè si occuperebbe prevalentemente della liturgia, trascurando gli “affari quotidiani”, affidati da Papa Benedetto XVI al Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Chiesa Cattolica Romana.
Il rapporto fra Papa Benedetto XVI e il suo Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone sarebbe molto conflittuale.
In un’atmosfera di confidenzialità il Cardinale Romeo ha riferito che Papa Benedetto XVI odierebbe letteralmente Tarcisio Bertone e lo sostituirebbe molto volentieri con un altro Cardinale. Romeo ha aggiunto però che non esisterebbe un altro candidato adatto a ricoprire questa posizione e che per questo il Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone continuerebbe a svolgere il suo incarico.
Anche il rapporto fra il Segretario di Stato e il Cardinale Scola sarebbe altrettanto avverso e tormentato.
Successione di Papa Benedetto XVI: In segreto il Santo Padre si starebbe occupando della sua successione e avrebbe già scelto il Cardinale Scola come idoneo candidato, perchè più vicino alla sua personalità .
Lentamente ma inesorabilmente lo starebbe così preparando e formando a ricoprire l’incarico di Papa. Per iniziativa del Santo Padre — così Romeo — il Cardinale Scola è stato trasferito da Venezia a Milano, per potersi preparare da lì con calma al suo Papato. Il Cardinale Romeo ha continuato a sorprendere i suoi interlocutori in Cina continuando a trasmettere indiscrezioni. Sicuro di sè, come se lo sapesse con precisione, il Cardinale Romeo ha annunciato che il Santo Padre avrebbe solo altri 12 mesi da vivere.
Durante i suoi colloqui in Cina ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi.
Le dichiarazioni del Cardinale sono state esposte, da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia in programma un attentato contro il Santo Padre. Il Cardinale Romeo si sentiva al sicuro e non poteva immaginare che le dichiarazioni fatte in questo giro di colloqui segreti potessero essere trasmesse da terzi al Vaticano.
Altrettanto sicuro di sè Romeo ha profetizzato che già adesso sarebbe certo, benchè ancora segreto, che il successore di Benedetto XVI sarà in ogni caso un candidato di origine italiana. Come descritto prima, il Cardinale Romeo ha sottolineato, che dopo il decesso di Papa Benedetto XVI, il Cardinale Scola verrà eletto Papa.
Anche Scola avrebbe importanti nemici in Vaticano.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile
IL SENATORE LEGHISTA IL 18 GENNAIO 2011 HA USUFRUITO, “CON ARTIFICI E RAGGIRI”, DI UN VELIVOLO DI STATO PER MOTIVI PERSONALI: ANDARE A TROVARE IN OSPEDALE IL FIGLIO DELLA COMPAGNA…IL TRIBUNALE DEI MINISTRI CONFERMA L’ACCUSA, LO SALVA A MAGGIORANZA LA GIUNTA DEL SENATO
“Artifici e raggiri” per andare e tornare in giornata da Roma a Cuneo su un aereo di Stato.
I pm della Procura di Roma e il Tribunale dei ministri non hanno dubbi: il 19 gennaio 2011, l’allora ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, ha usufruito di un velivolo della Repubblica italiana per motivi del tutto personali: doveva andare in ospedale a trovare il figlio della compagna, ricoverato dopo un incidente stradale.
Non solo.
Al fine di ottenere l’autorizzazione dalla Presidenza del Consiglio (i ministri non possono usufruire di voli di Stato se non tramite “richiesta altamente motivata”) ha ingannato i funzionari e, di conseguenza, il sottosegretario Gianni Letta.
Come?
Con “artifici e raggiri”, visto che per motivare la richiesta ha parlato di imprecisati impegni istituzionali.
Per questo motivo, l’esponente leghista è indagato con l’accusa di truffa aggravata dai pm capitolini, i quali a fine dicembre hanno inviato una richiesta di autorizzazione a procedere al Tribunale dei ministri.
Che si è mosso in proprio, ha ricevuto una memoria difensiva dall’accusato, ha fatto indagini e alla fine ha dato ragione alla tesi dei pm.
Iter d’obbligo: il faldone sull’autorizzazione a procedere è passato alla competente Giunta del Senato.
Quest’ultima si è riunita il due febbraio scorso per esaminare la ‘pratica-Calderoli’ e, a maggioranza, ha deciso di respingere la richiesta dei pm e di condividere le motivazioni fornite dall’ex componente del governo Berlusconi. Insomma, gli hanno creduto.
Per i componenti della Giunta, infatti, il volo Roma-Cuneo (e ritorno) era motivato da “comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’esercizio di funzioni istituzionali”, ovvero quanto dichiarato dallo stesso Calderoli pur di ricevere l’autorizzazione.
La richiesta della Procura ora passerà all’aula di Palazzo Madama, che dovrà esprimersi sulla proposta di negare l’autorizzazione a procedere ratificata dalla Giunta.
Intanto la questione resta aperta e fa discutere.
Non solo per le implicazioni di carattere penale (secondo gli inquirenti il danno per le casse dello Stato ammonta a poco più di diecimila euro), ma anche e soprattutto per il comportamento tenuto da Roberto Calderoli durante tutta la vicenda.
Un comportamento ricostruito con dovizia di particolari dagli inquirenti e contenuto nella richiesta di autorizzazione a procedere che ilfattoquotidiano.it ha potuto consultare.
Tutto ha origine da un esposto presentato il 4 aprile 2011 alla Procura della Repubblica di Cuneo da Fabio Biolè, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, che aveva avuto notizia dell’uso improprio del volo di Stato da parte di Calderoli.
La denuncia è stata trasmessa per competenza alla Procura di Saluzzo, che a sua volta l’ha girata a quella di Roma per poi finire al Tribunale dei ministri. Che a questo punto ha deciso di indagare, avvalendosi della collaborazione di due agenti di polizia.
Secondo la ricostruzione dei fatti, il 19 gennaio 2011 Calderoli “disceso dall’aereo di Stato atterrato all’aeroporto di Levaldigi, dapprima si è recato a Cuneo, in via […] dove si è incontrato con la signora Gianna Gancia (compagna di Calderoli e presidente della Provincia di Cuneo, ndr). Quindi il Calderoli e la signora Gancia sono entrati in un’abitazione privata, all’interno di un immobile sul cui citofono non sono presenti denominazioni di uffici pubblici. I medesimi, usciti insieme dopo circa un’ora dalla predetta abitazione, si sono recati in ospedale”.
“Dopo circa un’ora” Calderoli è uscito per recarsi “nuovamente in aeroporto, dove è salito sullo stesso aereo con il quale era precedentemente atterrato”.
Da questa cronologia della visita ‘istituzionale’, i magistrati traggono una tesi ben precisa: “I predetti elementi di fatto, complessivamente valutati, non integrano esigenze connesse alle funzioni istituzionali del ministro Calderoli, ma evidenziano invece finalità strettamente legate alla vita privata del medesimo”, anche perchè “non può attribuirsi rilievo al fatto che il Ministro Calderoli, come affermato nella propria memoria, avesse impegni istituzionali il giorno precedente e nel pomeriggio dello stesso 19 gennaio 2011 (impegni comunque esclusi dalla relazione dell’ispettore capo)”.
E sì, perchè l’ex ministro della Semplificazione nella sua tesi difensiva aveva cercato di rispedire al mittente le accuse: in un primo momento Calderoli aveva giustificato la necessità del volo di Stato con l’urgenza di far visita in ospedale al figlio della compagna (ricoverato in prognosi riservata per un incidente stradale).
Successivamente, però, l’esponente leghista ha modificato versione: era volato a Cuneo su un velivolo della Repubblica perchè si è dovuto occupare della situazione finanziaria della Provincia guidata dalla sua compagna e che la sua visita in ospedale era solo una ‘deviazione’ sul programma di lavoro, che prevedeva impegni istituzionali prima e dopo la capatina in ospedale.
A questo punto, a chi gli faceva notare che durante la ‘missione’ non si era recato in nessun ufficio pubblico, Calderoli ha spiegato che le sue funzione politiche le aveva esercitate in un’abitazione privata, giustificando l’utilizzo dell’aereo di Stato perchè doveva far rientro immediatamente a Roma per partecipare ai lavori della Commissione sul federalismo.
Per gli inquirenti, però, non c’era nessun impegno istituzionale nè alcuna riunione di organismi parlamentari.
E a chi gli chiedeva perchè non avesse raggiunto Torino per prendere un volo di linea e fare rientro a Roma senza gravare sulle casse dello Stato, Calderoli si è giustificato dicendo che da Cuneo al capoluogo piemontese non c’è autostrada e che quindi sarebbe stato problematico salire su un volo per comuni mortali.
Tutte spiegazioni che il Tribunale dei ministri non ha accolto, a differenza di quanto fatto dai membri della Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato.
Per i pm, infatti, l’ex ministro ha gabbato i funzionari della Presidenza del Consiglio, giustificando la sua richiesta con “comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’esercizio di funzioni istituzionali”.
E’ proprio questa frase a mettere nei guai Calderoli.
“Tale affermazione — hanno scritto i pm — volta ad indurre in errore i funzionari competenti in ordine alla sussistenza dei presupposti per il rilascio dell’autorizzazione all’uso dell’aereo di Stato, era altresì idonea ad orientare la conseguente determinazione”.
E infatti i dipendenti della Presidenza del Consiglio hanno creduto alla motivazione della richiesta e “nella certezza della veridicità dell’affermazione, in quanto proveniente da fonte qualificata riconducibile al Ministro (il suo capo di gabinetto, ndr), non hanno richiesto chiarimenti ed hanno concesso l’autorizzazione”.
Da qui il capo d’imputazione: truffa aggravata nei confronti dei funzionari statali “perchè sussistono gli estremi degli artifici e raggiri idonei ad indurre in errore”.
Non sussistono, invece, le accuse di peculato e abuso d’ufficio perchè Calderoli, in quanto componente del governo, non aveva diritto al volo di Stato, destinato solo agli spostamenti del presidente della Repubblica, del Consiglio, di Camera e Senato.
Anche dei ministri, in realtà , ma solo in presenza di “richiesta altamente motivata”.
E non è il caso di Calderoli.
Tutto chiaro, tutto documentato.
Per molti, tranne che per la maggioranza della Giunta per le autorizzazioni a procedere.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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