Febbraio 5th, 2012 Riccardo Fucile
OGGI OGNUNO PARLA IN TV SEPARATAMENTE: ALEMANNO ACCUSA GABRIELLI DI SFUGGIRE AL CONFRONTO IN TV, IL CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE NON VUOLE NEANCHE VEDERLO E ANNUNCIA: “I COLLOQUI CON ALEMANNO SONO REGISTRATI”
Con la neve, che non ricopriva la Capitale da anni, sono scoppiate le polemiche tra il sindaco di Roma Gianni Alemanno e la Protezione civile, rea secondo il primo cittadino di aver dato le previsioni sbagliate.
Oggi il battibecco continua, seppur a distanza.
Alemanno: “La Protezione civile è solo un passacarte, torni sotto al Viminale”. E accusa Gabrielli di sfuggire il confronto in tv.
Il prefetto: “Non abbiamo paura dell’inchiesta. Il sindaco a mezzanotte cercava il sale…”
Ieri Alemanno ha chiesto una commissione d’inchiesta “perchè non c’è un servizio previsioni adeguato” e perchè hanno parlato di soli 35 millimetri di neve.
Dal canto suo il capo della Protezione civile Franco Gabrielli ha risposto che il sindaco sapeva dell’allerta neve.
L’equivoco sembra sia nato dal fatto che il bollettino della Protezione civile parlava di “35 millimetri di pioggia/neve”.
I tecnici, però, precisano che in caso di neve quei millimetri si devono convertire in centimetri. Resta il dubbio che Alemanno abbia capito o non sia stato ben informato.
Oggi il battibecco continua, seppur a distanza. Gabrielli, infatti, è ospite di Lucia Annunziata su Rai3, dove doveva confrontarsi proprio con Alemanno.
E stasera la coppia sarebbe stata ospite anche di Luca Telese e Nicola Porro su La7.
Niente da fare: il capo della Protezione civile non ha voluto il sindaco, come rivela lo stesso Alemanno: “Apprendo adesso che il dottor Gabrielli, invitato prima di me dalla dottoressa Lucia Annunziata, si rifiuta di partecipare alla mia presenza, obbligando così la giornalista a ritirare l’invito nei miei confronti. Stessa cosa è avvenuta per la trasmissione In Onda dove l’invito fatto per stasera a me e Gabrielli è stato declinato da quest’ultimo per la mia presenza”.
Alemanno lo definisce un “atteggiamento di fuga da parte di un funzionario”, che “la dice lunga sul tentativo di sottrarsi a un confronto pubblico sul funzionamento della Protezione Civile in Italia. Quanto mai opportuni, dunque, sono stati gli interventi del segretario e del capogruppo al Senato del Pdl, Angelino Alfano e Maurizio Gasparri, che hanno annunciato una interrogazione parlamentare per chiedere conto del funzionamento della Protezione Civile non solo a Roma ma in tutta Italia”.
Dunque, Gabrielli su Rai3 e Alemanno su La7.
E su SkyTg24, dove accusa: “Oggi la Protezione civile non esiste più e dopo Bertolaso è piena di passacarte e le passa anche male. Bertolaso in casi simili si faceva nominare commissario, mentre ora si limitano a dare bollettini”.
Poi aggiunge: “La Protezione Civile giovedì parlava di modesti accumuli di neve e nessuno ci ha detto che c’era un allarme e loro ce lo dovevano dire. C’è stata mancanza di allarme. Io sono stato il primo a dare l’allarme con il blocco delle lezioni ed è stato giudicato eccessivo. Abbiamo un problema serio. C’è un deficit grave dobbiamo e dobbiamo intervenire”. L
a proposta di Alemanno è quella di rafforzare la Protezione Civile, anche riportandola alle dipendenze del Ministero dell’Interno, “che la coordini con le altre strutture”.
Secondo il sindaco “con il decreto del 2011 fatto da Tremonti la Protezione Civile è stata disarticolata e ridotta ad un puro ente di coordinamento che passa informazioni e sempre più confuse».
Tra gli esempi fatti dal sindaco, c’è quello «dell’alluvione in Liguria, in cui per il mancato allarme il sindaco non chiuse le scuole, o la sottovalutazione ed errata comunicazione nel caso del nubifragio dell’ottobre scorso a Roma”.
Dal canto suo Gabrielli ha precisato che “quando ci verrà chiesto che cosa abbiamo fatto, ne renderemo conto. Siamo pronti a rispondere delle cose che attengono alle nostre responsabilità “.
Nel salotto dell’Annunziata ha inoltre detto di non temere l’inchiesta annunciata da Angelino Alfano: “Sono solo molto preoccupato che la polemica colpisca e indebolisca un sistema di cui il Paese ha grande bisogno”.
E rispedisce al mittente le accuse: “Per quanto riguarda le previsioni, quello che doveva essere detto è stato detto. La resa sul territorio ha avuto una serie di criticità , è innegabile, è inutile nasconderlo, a partire dalla disattivazione delle utenze elettriche. Nascondersi dietro un dito non serve a nessuno”.
Ma soprattutto secondo Gabrielli il problema è la messa in discussione di “un sistema, in un momento di emergenza, che è stato fortemente indebolito negli ultimi mesi”.
Senza considerare che “Bertolaso si sarebbe comportato nello stesso modo”.
Poi il capo della Protezione civile si scaglia contro il sindaco e racconta la sua versione dei fatti: “Alemanno mi ha telefonato due volte: alle otto della sera cercava una lama spazzaneve, e a mezzanotte cercava il sale…Lo abbiamo avvisato in ogni modo, io stesso giovedì, per spiegargli chiaramente la situazione, gli ho detto: Tra venerdì e sabato a Roma succederà un bordello. Ora Alemanno parla di dati sbagliati. Ma se non li sa decifrare allora la preoccupazione è: ma nelle mani di chi si affida il sindaco? Chi sono i suoi consulenti? Anche giovedì sera gli ho chiesto io stesso se avesse bisogno che noi implementassimo il servizio, non ha proferito richieste… per fortuna abbiamo la registrazione dell’incontro: audio, video, tutto. Alemanno vuole una commissione d’inchiesta? Ci troverà pronti”.
Insomma, la polemica è lontana dallo spegnersi.
Chiara Sarra
(da “Il Giornale”)
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Febbraio 5th, 2012 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI ROMA DISSE NO ALLA PROTEZIONE CIVILE: NEI COLLOQUI CON GABRIELLI LE SOTTOVALUTAZIONI E I RITARDI DEL CAMPIDOGLIO
Che gli uomini “spalino”. Che donne, vecchi, bambini “non escano di casa per andarsi a fare le foto”.
Ogni disfatta ha un suo bollettino da consegnare alla Storia.
E quando il sindaco Gianni Alemanno invita con tono perentorio a “raggiungere i quattro centri di distribuzione pale” prima che arrivi il gelo, la città capisce che è tutto finito.
Meglio, che nulla è mai iniziato.
Perchè in quel si “salvi chi può”, la resa certifica un abbandono che si fa arrogante.
E per giunta bugiardo.
Come uno Schettino qualunque di fronte al suo naufragio, il sindaco perde la testa, rovescia il tavolo. Se la prende con i romani che “non mettono le catene”. Accusa la Protezione civile di previsioni meteo errate.
Evoca il complotto contro la città eterna, “regolarmente informata in ritardo” delle calamità che Iddio le riserva.
È uno spettacolo raggelante, che Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, chiosa a “Repubblica” così: “Sono un uomo delle istituzioni e provo un’amarezza infinita. Pur di proteggere se stesso e dissimulare le proprie responsabilità , c’è un sindaco pronto a distruggere il lavoro e la credibilità di un intero sistema di Protezione civile. È incredibile”.
Già , ma di incredibile c’è soprattutto come è nata questa Caporetto.
Ci sono le comunicazioni tra Comune e Protezione civile, e almeno un atto interno del Gabinetto del Sindaco,che Repubblica ha raccolto e che documentano come Roma è stata abbandonata a se stessa.
Il vertice di giovedì
Bisogna dunque tornare indietro di qualche giorno.
Alle 19.30 di giovedì 2 febbraio, quando Gianni Alemanno entra negli uffici della Protezione Civile accompagnato da Tommaso Profeta, l’uomo responsabile della sicurezza e dei piani di protezione civile della città .
Gabrielli ha convocato il Comitato nazionale tecnico per discutere e aggiornare i piani per l’emergenza che ha colpito il centro-nord.
È un tavolo dove normalmente non vengono invitati gli enti locali. Ma questa volta, quello che sta per abbattersi su Roma consiglia la presenza del sindaco, dei rappresentanti della provincia (l’assessore alla sicurezza Ezio Paluzzi) e della Regione (il dirigente generale Luca Fegatelli).
Ad Alemanno, insomma, non sfugge il motivo per cui è stato convocato.
Anche perchè, il sindaco sa bene che la città che amministra è l’unica a non avere ancora, ad otto anni dall’entrata in vigore della direttiva che lo impone, un “centro funzionale” per il monitoraggio delle condizioni ambientali.
Per sapere che tempo farà , Alemanno ha due soli strumenti: il televideo e la Protezione civile.
Il bollettino che gli viene consegnato è chiaro.
I meteorologi prevedono per venerdì 3, fino all’alba del 4, “precipitazioni combinate” pari a 35 millimetri d’acqua. Con una postilla ovvia.
Se sarà acqua o neve, dipende da dove si collocherà lo “0” termico.
Alemanno, che per giunta è un alpinista, dovrebbe sapere che quei 35 millimetri d’acqua, se trasformati in neve, significano 35 centimetri.
E, almeno giovedì sera (al contrario di quanto dirà poi), la questione sembra essergli chiara. Si lascia infatti con Gabrielli con un impegno e una scommessa guascona: “Caro prefetto, allora ce la giochiamo con un grado.
Venerdì osserveremo la temperatura. Se raggiungiamo lo “0” in città , faccio partire il “piano neve””.
Il capo della Protezione civile prende atto, ma insiste.
Gli chiede se non ritenga opportuno allertare comunque il “Sitema nazionale di protezione civile”. Quello che consente di far affluire a Roma da altre parti del territorio nazionale, mezzi e risorse aggiuntive per fronteggiare l’emergenza.
Alemanno ringrazia, ma declina: “Il piano c’è, non ho bisogno di nulla”.
Il fax che svela la menzogna
Il sindaco, del resto, in quelle ore ha una sua coerenza.
Sa così bene quello che sta per precipitargli sulla testa ed è così convinto di poter fare da solo che il pomeriggio del 2 ha disposto la chiusura delle scuole per venerdì e sabato.
Ma c’è di più. Conosce a tal punto quale emergenza si avanza che martedì 31 gennaio, il suo Tommaso Profeta (l’uomo che è con lui alla Protezione civile), ha inviato alle 3000 associazioni di volontariato della città una comunicazione ufficiale che invita alla immediata mobilitazione.
Leggiamo: “In riferimento all’informativa di condizioni meteo avverse protocollo RK 206/2012 e il possibile peggioramento della situazione meteo con rischio neve a quote basse, dalla serata del 31 gennaio, si ritiene indispensabile l’attivazione di presidi per far fronte alle eventuali esigenze di Protezione Civile, connesse all’assistenza alla popolazione”.
l sindaco chiede “a partire dalle 23 del 31 gennaio, fino a cessate esigenze”, squadre di 4 volontari che verranno pagati a forfeit (20 euro ciascuno).
Le tre telefonate
È solo nella notte tra venerdì e sabato, quando comprende che il suo “piano neve” forse non è mai neppure partito, che Alemanno è aggredito dal panico.
Alle 20 chiama una prima volta Gabrielli. “Per caso avete delle lame (gli spazzaneve ndr.)?”. Una domanda non solo tardiva, ma inutile, visto che il Dipartimento non ha mezzi propri.
Alle 23, una seconda chiamata. “Ho bisogno di 50 tonnellate di sale”.
E se possibile, questa nuova richiesta è ancora più surreale della prima, perchè su Roma nevica ormai da oltre 12 ore e il sale, lo sa chiunque, va sparso prima che la neve attecchisca sull’asfalto.
Intorno alla mezzanotte, l’ultimo grido di chi sta naufragando: “Mi dia l’esercito”, chiede Alemanno a Gabrielli confondendolo con il Prefetto, l’unico per legge autorizzato a far uscire mezzi e uomini dalle caserme.
Il “bollettino” che non c’ è
Il resto è noto.
Fino all’ultima mossa.
Una nuova ordinanza di chiusura delle scuole per lunedì, basata sul “bollettino meteorologico” dell’Aeronautica militare.
Dovrebbe essere lo schiaffo ai meteorologi della Protezione civile.
È invece l’ultimo grottesco fotogramma della disfatta.
Perchè – come confermano alla Protezione civile – non esiste nessun bollettino dell’Aeronautica per lunedì.
Ma solo una telefonata del sindaco a un ufficiale di guardia.
(da “la Repubblica”)
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Febbraio 5th, 2012 Riccardo Fucile
CHRISTIAN ABBONDANZA: “ALCUNE FAMIGLIE DELLA ‘NDRANGHETA CONDIZIONAVANO DA TEMPO LA POLITICA: APPALTI, PROCEDURE, SOCIETA’ RICONDUCIBILI ALLE COSCHE”… LA MAFIA CONTROLLA IL 10% DEL PIL LIGURE
«La criminalità organizzata nella nostra regione controlla il 10% del prodotto interno lordo. Ovverosia, una cifra di circa 5 miliardi di euro».
Cifre pesanti quelle che Enrico Revello, segretario della Camera del Lavoro di Imperia, snocciola a Radio19, contenute nel primo “Rapporto sulla mafia in Liguria», a cura della Fondazione Caponnetto, che sarà presentato lunedì a Bordighera.
Solo un caso che la presentazione (fissata da tempo) cada a poche ore dalla decisione del Governo di sciogliere il Comune di Ventimiglia per infiltrazioni mafiose.
«Chi dice che non si era accorto di nulla, e parlo di amministratori e imprenditori, dice una bugia», accusa Revello, che lamenta come la pervasività del fenomeno criminale abbia portato ad un allargamento geometrico, di anno in anno, delle “zone grigie” (o nere) dell’economia locale, soprattutto nel ramo edile, da sempre “cavallo di Troia” di mafia e ‘ndrangheta.
«La presenza oppressiva di aziende di movimento terra “importate” in Liguria dalle mafie del Sud è il segno evidente di un tentativo di controllo totale dell’economia da parte delle associazioni criminali», aggiunge Christian Abbondanza, presidente della Casa della Legalità di Genova.
Abbondanza già nel 2010 aveva richiesto alla magistratura di avviare controlli sulle infiltrazioni mafiose nel ponente, ricevendo, per tutta risposta, una denuncia per diffamazione da parte di quella stessa giunta comunale ventimigliese che ora è stata sciolta d’imperio per mafia.
L’esposto del presidente Christian Abbondanza è stato determinante per le indagini e per arrivare allo scioglimento della giunta per condizionamenti della criminalità organizzata.
Abbondanza, non ha mai esitato a dire e scrivere che a Ventimiglia «alcune famiglie della ‘ndrangheta hanno la loro camera di controllo, oltre ad avere pesanti capacità di condizionamento anche nella politica».
La decisione di oggi del Consiglio dei Ministri le ha dato ragione, ve lo aspettavate?
Noi come Casa della Legalità ce lo aspettavamo da quel 13 agosto del 2010, data in cui facemmo l’esposto e chiedemmo di mandare la commissione di accesso e di procedere allo scioglimento e al commissariamento del Comune.
Com’è possibile questo “condizionamento”?
È possibile perchè a Ventimiglia uno dei funzionari dell’ufficio commercio e licenze, Giuseppe Barillaro è figlio di Fortunato Barillaro, già arrestato per mafia nell’ambito dell’operazione “Maglio”.
È possibile perchè questa amministrazione è stata eletta con i voti di Vincenzo Moio, vicesindaco di Ventimiglia con Scullino per due anni e che sarebbe stato accusato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Genova di essere affiliato alla ‘ndrangheta.
Senza contare poi una serie di procedure e pratiche che avrebbero agevolato gli interessi degli esponenti delle cosche. Ci riferiamo quindi agli appalti frazionati dalla municipalizzata Civitas ad alcune società che sarebbero riconducibili alle stesse cosche, oppure le pressioni di alcuni affiliati alla locale di Ventimiglia (cellula strutturata di ‘ndrangheta) per far sì che il comune approvasse il progetto del porto per poi assegnare i lavori di movimento terra, scavo e costruzione alle ditte indicate dagli stessi uomini della criminalità organizzata. Insomma, gli elementi per arrivare a questa conclusione c’erano tutti.
Il sindaco Scullino però si è sempre detto estraneo a queste dinamiche
Partiamo subito da un aspetto che credo sia fondamentale: se un amministratore non si accorge di quello che sta accadendo nel suo comune con le cosche sempre più presenti, già dovrebbe andare a casa perchè diventa un pericolo pubblico.
Se poi invece l’amministratore è compiacente spetterà ai giudici stabilirlo e perseguirlo.
Detto questo, Scullino tentò strenuamente di evitare l’arrivo della commissione di accesso, si dimise quando ne venne annunciato l’arrivo, così da tenere lontana quella stessa commissione, salvo poi ritirare le dimissioni dopo la scoperta che la normativa permetteva al ministro di ottenere gli atti già in possesso delle autorità che avevano confermato quello che noi avevamo denunciato nel 2010.
Lo stesso sindaco disse «noi siamo un libro aperto» per la commissione
Si, salvo poi precisare che durante la notte del giorno prima l’insediamento della commissione dei ladri erano entrati nell’archivio del comune e mancavano alcune pagine utili.
Poi la commissione ebbe ritardi, ma alla fine inoltrò la richiesta di scioglimento al prefetto che oggi il ministro Cancellieri ha confermato.
In meno di un anno sono stati sciolti due comuni in provincia di Imperia
E il problema non è solo Imperia ma tutta la Liguria. I comuni sciolti per mafia oggi sono Bordighera, Ventimiglia e Imperia, ma ci sono altre realtà rilevanti come Diano Marina, dove il sindaco leghista Chiappori ha nominato alla guida della municipalizzata Gm Domenico Surace, soggetto già “attenzionato”.
Se ci spostiamo nel Savonese ci sono anche altre situazioni da esaminare come Andora, Alassio, Loano, la stessa Savona dove l’ex capogruppo del Pd è stato arrestato per corruzione insieme a Pietro Fotia della cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti.
Poi a Genova abbiamo realtà come Arenzano, Cogoleto o mi viene in mente Lavagna. Insomma, un panorama abbastanza inquietante, di condizionamenti e infiltrazioni sia con il centrodestra, sia con il centrosinistra.
Si parla però ancora di “tentativi di infiltrazioni”
Purtroppo è vero. Io parlerei a questo punto però di colonizzazione avvenuta da parte delle mafie, in particolare della ‘ndrangheta.
Per trovare i primi rapporti tra mafia e politica in Liguria andiamo alla fine degli anni ’80, inizi ’90, mentre ancora prima vengono i rapporti mafia-impresa. La cosa veramente drammatica è che la politica continua a non rispondere, così come il mondo dell’impresa.
E se politica e impresa non chiudono le porte alle mafie queste non si fanno problemi a fare “il loro mestiere”.
I rapporti mafia e impresa purtroppo sono sempre molto stretti in alcuni settori per la capacità dell’organizzazione criminale di fornire servizi a basso costo. In più penso un’altra cosa: che senza Cancellieri oggi non saremmo qui a parlare di questo scioglimento.
Pensa che un ministro ‘politico’ non avrebbe proceduto allo scioglimento?
Non credo. Credo che un ministro politico avrebbe atteso lo scioglimento naturale previsto per questa primavera, mantenendo i ritmi lenti con cui ha lavorato la commissione.
Questo da parte di Cancellieri è stato un segnale importante a cui la politica dovrebbe reagire, ma non credo lo farà e tutti andranno avanti a fare cene e campagne elettorali con uomini contigui alle cosche solo perchè portano voti e consenso.
Perchè per esempio Maroni, giusto per fare un nome di un ministro dell’Interno politico, non avrebbe dato il via allo scioglimento?
Si pensi solo ai casi del comune di Fondi o di Desio, dove i comuni non sono stati sciolti, ma sono arrivate prima le dimissioni delle giunte rispettive proprio per evitare lo scioglimento per mafia e potersi ripresentare alle successive elezioni.
Oppure mi viene in mente l’istituzione di una sede della DIA in quel di Bologna.
Ci è voluto un tecnico per capire che una sede operativa DIA a Bologna fosse indispensabile vista la penetrazione delle mafie in quel territorio?
Per fortuna Cancellieri non avendo condizionamenti politici o sponsor ha proceduto anche a questa apertura. Una iniezione di fiducia nelle istituzioni.
E adesso Lei cosa chiede al sindaco, ormai ex, Scullino?
Dico che intanto, a seguito dello scioglimento del comune, non può ricandidarsi.
( Parte tratta da “linkiesta.it”)
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Febbraio 5th, 2012 Riccardo Fucile
DOPO BORDIGHERA, SALTA UN’ALTRA GIUNTA PER LE COLLUSIONI CON LA ‘NDRANGHETA… IL SINDACO E’ UN FEDELISSIMO DI CLAUDIO SCAJOLA
Tutti a casa. Il consiglio dei ministri ha sciolto l’amministrazione comunale di Ventimiglia (Imperia) per sospette infiltrazioni di tipo mafioso.
Un provvedimento che arriva 11 mesi esatti dopo lo scioglimento di Bordighera dove, lì come a Ventimiglia, «sono state riscontrare – sostiene il Consiglio dei Ministri – forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata».
Ventimiglia, qualcosa in più di 26 mila abitanti, storicamente terra di conquista – dai Romani ai Longobardi, dagli Austriaci ai Francesi -, possiede l’ultima piazza italiana che coincide con il confine di Stato.
Da lì in poi, si parla in francese. Ventimiglia, secondo la leggenda, ha dato i natali anche al Corsaro Nero ed è la porta più occidentale d’Italia.
Il governo della città , per molti anni affidato alla Democrazia Cristiana, ebbe una pausa progressista che durò un quadriennio.
Dal 1998 la cittadina è guidata dal centrodestra.
E fino ad oggi, la giunta comunale di Ventimiglia era targata Pdl: con il sindaco Gaetano Scullino, imprenditore di 65 anni, ci sono quattro assessori del Pdl e uno della Lega Nord.
Il Consiglio comunale è composto da 21 consiglieri: 12 del Pdl, uno della Lega Nord, due dell’Udc, due del Pd, uno di Fli e tre appartenenti ad altrettante liste locali.
Tutti pronti a difendere la loro onorabilità e quella dell’amministrazione comunale, in testa il primo cittadino: «Ho speso cinque anni della mia vita, lavorando dieci ore al giorno, solo per fare gli interessi della città di Ventimiglia, e vengo ripagato con questa moneta. Un verdetto che ritengo ingiusto, maledettamente ingiusto», mentre i consiglieri, di maggioranza e opposizione, negano qualunque condizionamento.
Ventimiglia terra di confine, dove vige un solido accordo tra autorità italiane e francesi di pubblica sicurezza sia in materia di clandestini che di criminali di grande spessore, in genere latitanti, che hanno interessi nella zona.
Droga, armi e denaro sporco – secondo recenti indagini degli inquirenti – gli interessi che transitano dall’ultimo comune italiano e che riguarda oltre alla Costa Azzurra anche Marsiglia e la Corsica, che sono a un tiro di schioppo.
Nel tempo, non a caso da Ventimiglia e’ passata la crema della `ndrangheta calabrese: gli Albanese, gli Ursini, i Bellocco con i Pesce, i Bruzzaniti, i Condello, i Cordi’, i De Stefano ma anche i Gullace con i Santaiti, e gli Iamonte, i Piromalli.
I fatti che hanno portato allo scioglimento sono già stati raccontati nell’inchiesta Maglio del 2011 e nella relazione del Prefetto.
Tra i punti gli interessi per la costruzione del nuovo porto
Ponente ligure provincia di ‘ndrangheta. Tradotto: presenza criminale e infiltrazioni nelle attività politiche.
La decisione, arrivata nel primo pomeriggio, appare, però, più una conferma che una sorpresa.
Per capire, infatti, basta spulciare le carte dell’inchiesta Maglio che un anno fa ha raccontato la presenza delle cosche in tutta la Liguria.
Una presenza che ha eroso non solo il tessuto imprenditoriale, ma anche quello politico.
E così nella geografia mafiosa a Ventimiglia i padrini della Calabria affidano un ruolo decisivo, quello di camera di compensazione rispetto alle dinamiche regionali.
In città esiste un locale di ‘ndrangheta. Il gip lo certifica e fa i nomi: Giuseppe Marcianò, Michele Ciricosta, Benito Pepè, Forunato e Francesco Barillaro.
Tutti uniti a doppio con filo con il capo della Liguria Domenico Gangemi.
Annotano i magistrati: “L’esistenza nella zona di Ventimiglia di un gruppo malavitoso appartenente alla ‘ndrangheta si desume dai rapporti dallo stesso intrattenuti con il locale di Genova”.
Per questo “Gangemi manteneva contatti con il locale di Ventimiglia”
E che la presenza mafiosa sia in grado di impastare i propri interessi con quelli della pubblica amministrazione lo rileva già la relazione prefettizia del 2011 dove “si segnala il tentativo di condizionamento degli enti locali soprattutto nel settore degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, nonchè nel settore commerciale ed urbanistico”.
E a dimostrazione di quanto sia forte il radicamento, la stessa relazione segnala come “i carabinieri hanno notato pregiudicati calabresi, intenti ad osservare il lavoro della Commissione d’Accesso di Ventimiglia, con atteggiamenti e finalità tipici degli ambienti malavitosi della regione di origine.”
E ancora “le famiglie che fanno capo al “locale” di Ventimiglia mantengono un legame inscindibile con la potente cosca Piromalli dalla quale ricevono ordini e direttive”.
La relazione del Prefetto segnala infiltrazioni di uomini della ‘ndrangheta nella costruzione del nuovo porto.
“Fra le presenze attuali di famiglie calabresi di rilievo sotto il profilo criminale spicca la figura di Giuseppe Marcianò”.
Lo stesso che “con la società Marvon, intestata alla moglie Angela Elia, si è inserito nell’ambito dei lavori del costruendo porto di Ventimiglia”.
E tanto per spiegare quanto sia forte la presenza viene ricordato un episodio intimidatorio ai danni di un importante imprenditore della zona impegnato proprio nella costruzione della nuova marina. Il 23 novembre 2010, infatti, finiscono in carcere Ettore Castellana e Annunziato Roldi “per aver esploso colpi di fucile a scopo intimidatorio contro l’autovettura di Piergiorgio Parodi, facoltoso e noto imprenditore locale, perchè a loro avviso non aveva rispettato accordi precedentemente assunti. Il Roldi è persona vicina al noto Antonio Palamara”, uno dei primi personaggi legati alle cosche saliti in Liguria.
Impresa, dunque. Ma non solo.
Anche politica e voti, sostegni elettorali e raccomandazioni. Il tutto giocato all’ombra del cittadina al confine francese.
Lampante la vicenda del consigliere regionale Pdl Alessio Saso, eletto nel 2010, pescando preferenze nel ponente ligure.
Ed è proprio su questo punto che si concentra una parte dell’indagine Maglio del 2011.
Si legge: “In occasione delle elezioni amministrative liguri del marzo 2010, il Gangemi si impegnava a fornire il proprio appoggio ad Alessio Saso”.
E per farlo “provvedeva ad attivare il locale di Ventimiglia nelle persone di Michele Ciricosta e Giuseppe Marcianò”.
Non a caso il 3 febbraio 2010, e cioè a poche settimane dalla tornata elettorale, “il Gangemi riferiva a Saso di avere incontrato il Ciricosta e che questi gli aveva assicurato il proprio interessamento in considerazione del fatto che riteneva il Saso un bravo ragazzo”.
Non è finita, perchè la stessa inchiesta mette agli atti la vicenda dell’ex vice sindaco di Ventimiglia Vincenzo Moio che, annotano i Ros, chiedeva ai boss un aiuto per la candidatura della figlia Fortunata.
Per farlo mandava “un’ambasciata tramite Raffaele D’Agostino a Domenico Belcastro, organico al gruppo di Genova il quale mostrava interessamento alla richiesta”.
Insomma la decisione presa oggi dal ministro dell’Interno appare quasi scontata.
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Febbraio 5th, 2012 Riccardo Fucile
DA BEFERA A GABRIELLA ALEMANNO NESSUNO SI MUOVE… EPPURE MONTI AVEVA SOSTENUTO: “CI SONO MOTIVI DI GRANDE ALLARME” IN MERITO ALLE SPESE PAZZE DELL’AGENZIA DEL TERRITORIO, DIRETTO DALLA SORELLA DEL SINDACO DI ROMA
Decine di migliaia di euro per cene, regali, gioielli, voci incredibili come oltre 3 mila euro per uova di struzzo decorate da regalare a Natale, tutto pagato dal ministero del Tesoro di cui l’Agenzia del Territorio è parte importante.
Ma l’allarme non era poi così grande, visto che il Consiglio dei ministri ha confermato al suo posto Gabriella Alemanno.
Assieme a lei anche tutto il resto della dirigenza di massimo livello del ministero dell’Economia, dal ragioniere generale dello Stato Mario Canzio a Fabrizia Lapecorella, direttore generale delle Finanze, a Raffaele Ferrara a capo dei Monopoli di Stato e l’ormai celeberrimo Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate (il suo attivismo nelle ultime settimane ha di certo favorito la riconferma).
Eppure era l’occasione giusta, la meno traumatica, per un po’ di ricambio: la legge sullo spoil system prevede che i massimi dirigenti amministrativi, quelli che rispondono direttamente ai ministri, decadano assieme al governo che li ha indicati.
Poteva essere il momento per Monti, che è anche ministro dell’Economia ad interim, di rinnovare la squadra. E invece niente.Gabriella Alemanno resta al suo posto.
“Ha presentato un ottimo lavoro sulle case fantasma”, dicono dal governo per motivare la riconferma.
Non risulta ci sia stata alcuna sanzione, neppure un richiamo, per gli eccessi della Alemanno: le spese di rappresentanza, come ha rivelato Marco Lillo sul Fatto il 27 dicembre, sono passate dagli 80 mila euro del 2009 a un milione nel 2010 fino, stando alle stime, un milione e mezzo nel 2011.
Ma la Alemanno non si tocca.
Non per la parentela (è la sorella di Gianni, sindaco di Roma e leader di una delle fazioni del Pdl), quanto perchè a lei è stato delegato uno dei progetti più ambiziosi del governo Monti, la riforma del Catasto.
Sarà annunciata ufficialmente in uno dei prossimi Consigli dei ministri.
Intanto la Alemanno sta lavorando sulle case abusive per attribuire loro d’ufficio una rendita catastale, primo passaggio di una revisione più ampia che Monti giura sarà a saldo zero (qualcuno pagherà di più, altri avranno sconti).
Le nomine al Tesoro sono cruciali per due ragioni.
Prima: Monti è ministro, ma in via XX Settembre non ha molto tempo di andare.
Alla testa del ministero c’è di fatto Vittorio Grilli, viceministro (da poco effigiato con pari dignità del premier sul sito del ministero).
Grilli è l’ex direttore generale di Giulio Tremonti, promosso viceministro, ma che finora ha fatto il possibile per garantirsi la possibilità di tornare alla poltrona di direttore (assai meglio pagata) in caso di crisi di governo.
Finora Monti non ha nominato alcun direttore generale, nonostante da più parti arrivino pressioni in questo senso.
Ultimo Francesco Giavazzi, economista della Bocconi che in un editoriale del Corriere della Sera due giorni fa ha ribadito che non si può lasciare acefala la struttura amministrativa di un colosso come il ministero del Tesoro.
In via XX Settembre oggi regna Vincenzo Fortunato, il potentissimo capo di gabinetto uscito di fatto vincitore dalla competizione con Marco Milanese, deputato Pdl e fino a pochi mesi fa principale collaboratore di Tremonti, poi travolto da un’inchiesta giudiziaria e rimasto fuori dal carcere solo grazie allo scudo della Camera che l’ha salvato.
I tecnici del Tesoro sono rimasti basiti quando Monti non ha dato alcun cenno di voler sostituire Fortunato, garantendo invece la continuità totale con il governo precedente. Cambiare i ministri conta, ovvio.
Ma se tutta la potente struttura sotto di loro, che incide sulle nomine, le spese, i testi legislativi e così via, resta la stessa, una certa continuità è garantita.
E a Monti, il compromesso, tutto sommato va anche bene purchè gli lascino fare le riforme che ha in mente.
Ste. Fel.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 5th, 2012 Riccardo Fucile
IL TRIBUNALE PUNISCE IL LOCALE PARTITO PER LE OFFESE ALLA SINDACALISTA CHE DIFESE UNA FAMIGLIA MAROCCHINA… DOVRA’ RISARCIRE 7.500 EURO
La Lega Nord è stata condannata per molestie.
È accaduto al tribunale di Brescia dove è stata emessa una sentenza di condanna nei confronti della sezione del Carroccio di Adro per un manifesto offensivo affisso nella sede del partito contro un’attivista dello Spi, il sindacato dei pensionati, Vittoria Romana Gandossi.
Il procedimento era nato in origine contro i vertici della Lega, dal segretario federale Umberto Bossi al capo del partito in Lombardia Giancarlo Giorgetti.
Il giudice del Tribunale, Maria Grazia Cassia, ha però riconosciuto la soggettività giuridica della Lega Nord di Adro, al contrario di quanto sostenuto dalla Cgil che sperava di costringere i vertici nazionali ad assumersi le responsabilità di quello che accade sul territorio.
Il manifesto incriminato era comparso sulla vetrata della sede della Lega di Adro dopo che Vittoria Romana Gandossi era intervenuta per aiutare una famiglia marocchina sfrattata.
La Lega ora dovrà risarcire non solo l’attivista ma anche le associazioni ricorrenti.
Sono “evidenti la portata diffamatoria del messaggio oggetto di censura, così come la violenza razzista”, si legge nell’ordinanza che sarebbe destinata a fare giurisprudenza.
à‰ infatti “la prima volta — ha spiegato l’avvocato dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione), Alberto Guariso — che viene riconosciuto vittima di molestie un soggetto che non fa parte del gruppo discriminato, in questo caso cittadini stranieri”.
Il giudice ha riconosciuto che il manifesto razzista ha offeso anche tutti gli stranieri e che la vicenda va inquadrata nell’ambito della molestia, intesa come comportamento che “lede la dignità della persona e crea un clima degradante, umiliante o offensivo” come prevede il decreto legislativo 215 del 2003.
Il volantino incriminato esordiva dicendo: “Cara la me Romana, sono tutti bravi a fare i culattoni con il culo degli altri” riferendosi a Vittoria Romana Gandossi, la pensionata conosciuta con l’epiteto di “nonna Anti-Carroccio”. La sentenza, quindi, dispone che Vittoria Romana Gandossi sia risarcita per i danni morali subiti con 2.500 euro così come l’ASGI e la fondazione Guido Piccini che avevano depositato il ricorso insieme alla donna. I
l totale delle spese ammonta a 7.500 euro per il volantino diffamatorio scritto dal segretario della Lega che lo stesso giudice definisce “un povero ignorante che scrive sgrammaticato”.
Si torna a parlare dunque di Adro dopo gli attacchi del sindaco leghista Oscar Lancini al presidente della Repubblica per aver omaggiato del cavalierato l’imprenditore Silvano Lancini (nessuna parentela) che nel 2010 pagò 10mila euro di rette arretrate alla mensa scolastica.
Ora arriva la condanna alla sezione leghista dalla quale, in sede di udienza, si era dissociato lo stesso avvocato di Umberto Bossi, Matteo Brigandì.
E. R.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 5th, 2012 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI RICCARDO VILLARI, EX PD PASSATO AL PDL E AMICO DI LUSI: “QUELLO CHE SEMBRA NON E’, NON FERMATEVI ALLE APPARENZE, SOTTO C’E’ ALTRO”
Per Riccardo Villari è un trucco: “Ha letto Assassinio sull’Orient Express? Non si fermi alle apparenze su Lusi: quello che sembra non è. Perchè nessuno vuole parlargli o sentirlo? Perchè è scomparso? Perchè c’è fretta di cacciarlo?”.
Se volete un parere stupefacente sui fondi della Margherita, è il suo.
Di uno che a Palazzo Madama era molto legato al suo compagno di gruppo, prima di venire espulso dal Pd perchè non voleva lasciare la Commissione di Vigilanza in Rai.
Da allora si è avvicinato a Silvio Berlusconi, tanto da diventare Sottosegretario nel suo ultimo governo.
“È vero, sono amico di Lusi: in questo momento orgoglioso di non fingere come altri. Ma il problema non è l’amicizia: è che la versione ufficiale proprio non tiene!”
Allora torniamo al giallo di Agatha Christie, dove tutti i passeggeri hanno contribuito all’omicidio con una pugnalata.
Senatore, cosa vuole dire?
Conosco Luigi bene. Non è nè sprovveduto nè matto.
E allora?
Se uno come lui — avvocato, tesoriere , parlamentare esperto — fa 90 bonifici da 100 mila euro può significare solo due cose: o si è bevuto il cervello, o vuole farsi scoprire.
E perchè mai?
Perchè nessuno si faccia la vera domanda: dove sono finiti i soldi?
In che senso?
Provi a mettere in fila i fatti. Primo: lui ha fretta di patteggiare e accollarsi tutto.
Perchè?
Per chiudere la storia e far cessare le indagini. Bene hanno fatto i pm a non credergli.
Secondo?
I conti non tornano: mancano 13 milioni di euro. Lui ne voleva restituire 5 per patteggiare. Ma nemmeno questi 5 ci sono davvero, sono solo garantiti. Per di più ha comprato con mutui e non in contanti.
Lei che pensa?
Che li abbia spesi in altro modo e questa sia una mascheratura. I 13 milioni mancano tutti.
Terzo?
Dico a Enzo Bianco: ti avevano denunciato il problema. Perchè non hai convocato l’assemblea? Perchè ora taci?
Solo a lui fa domande?
Eccone una a Franceschini: eri il coordinatore dell’esecutivo, lui ti tira in ballo e ti accolla 4 milioni di euro. Dici che non è vero. Ti credo. Ma quando lo vieni a sapere perchè poi taci?
Cosa sta dicendo?
Domanda per Gentiloni: eri nell’assemblea e responsabile informazione. I 7 milioni di euro del bilancio sono nel tuo capitolato, perchè non dici nulla?
Solo sospetti. Lei è rancoroso perchè l’hanno cacciata?
Ma quando mai: non ho rancori, gli interessati lo sanno. Stimo Parisi, l’unico che non ha mai fatto sconti a nessuno. Lo avessero ascoltato!
Voi che avete denunciato?
Ecco un fatto: quando noi ex Margherita presentiamo l’esposto, nessuno, da Franceschini a Castagnetti dice nulla. Perchè? Il fatto incredibile è che Lusi arriva con un esercito di avvocati.
Che c’era di strano?
Non era una difesa per scagionarsi: era un atteggiamento dilatorio!
Per dilazionare cosa?
Temporeggiare fino alla fine del 2011. Aspettando che finisse il finanziamento.
Cosa non è stato detto?
Le svelo un retroscena. Quando venne eletto Lusi, non c’era l’unanimità . Così fu costituito un comitato di controllo. Mai riunito, nemmeno questo.
Sta dicendo che sono tutti sospetti?
L’unico che ha messo la faccia è Rutelli: dicendo cose insensate, magari, ma lo ha fatto. Però Luigi non è impazzito, non è mister Hyde. È uno che aveva i soldi. Mi parlava del suo Suv, della passione per le macchine di lusso…
E uno con i soldi non ne può rubarne altri?
Allora li ruba davvero, mica accende mutui!
Cosa sta insinuando?
Europa aveva due vicedirettori, costava 3 milioni di euro, moltissimo. Pagava Lusi. Nella fusione con il Pd — Sposetti è un maestro — gran parte del nostro personale è stato prepensionato. Allora servivano soldi per la politica.
Cioè?
Chiedo a Marini, agli ex rutelliani, a Gentiloni: da quando la Margherita si è sciolta qualcuno ha fatto attività politica prendendo da quella cassa soldi per le campagne elettorali?
Non essendo un reato potrebbero dirlo.
Ma ora hanno paura di essere linciati! Il fatto politico è che Lusi ha amministrato con il consenso di tutti. E ora il partito lo tratta come un testimone dar far sparire.
Per nascondere che?
Che alla ex Margherita, anzi, a tutte le sue correnti, siano andati soldi che Lusi non può giustificare perchè non ha più. E che per questo Luigi cerchi di fare il capro espiatorio.
Lei non ha prove.
La prova è che tacciono, negano la responsabilità , e scappano dal treno come ladri.
Luca Telese
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 5th, 2012 Riccardo Fucile
DUE ALLARMI A VUOTO, LA LITE CON CASTAGNETTI CHE CHIEDEVA SPIEGAZIONI… SPESI NEL 2010 1,6 MILIONI DI EURO… ANCHE A PARISI NON FURONO FORNITI I DETTAGLI DELLE SPESE A BILANCIO
Come un mantra, Francesco Rutelli continua a ripetere che “non poteva sapere” cosa combinava il suo tesoriere con i bilanci della Margherita.
Perchè lui “non è un ragioniere” e quell’uomo, Luigi Lusi, “godeva di una stima generale e incondizionata” e “mai erano emersi anche solo indizi di una qualche irregolarità “.
Sarà .
E’ un fatto che, ora, almeno due testimoni, Arturo Parisi e Pierluigi Castagnetti, raccontano un’altra storia.
Utile a rileggere ancora una volta le voci più significative dei bilanci di esercizio del partito per gli anni 2008, 2009, 2010.
A provare che in almeno due circostanze, nel giugno del 2010 e nel giugno del 2011, Lusi fu a un passo dall’essere smascherato e trovò protezione politica nei maggiorenti di un partito che non esisteva più.
Ha racconto ieri ai pm Arturo Parisi: “Durante l’assemblea federale del 20 giugno 2011 al Nazareno per l’approvazione del bilancio di esercizio 2010, chiesi conto al tesoriere di come giustificava i 3 milioni e 800 mila euro di spese per propaganda politica, visto che il partito aveva cessato di esistere tre anni prima. Lusi mi rispose che con quei soldi era stata finanziata la campagna per le primarie nel Pd di Franceschini, candidato che proveniva dalla Margherita. Io obiettai che il tetto di spesa fissato dallo statuto era di 250 mila euro e chiesi ulteriori spiegazioni, che non ricevetti. Tanto che decisi di allontanarmi dall’assemblea e non partecipai al voto”.
Ma c’è di più: “Venni poi a sapere da Franceschini che quella spiegazione fornita da Lusi era un falso. Che lui, quei soldi, non li aveva ricevuti”.
Nell’estate del 2011, dunque, Lusi mente.
E – ricorda ancora Parisi – giustifica quella incongrua voce di spesa promettendo di fornire documenti che la giustifichino.
Documenti che non solo non produrrà mai, ma che nessuno di quanti ne avevano titolo, Francesco Rutelli (ex segretario politico), Enzo Bianco (presidente dell’assemblea federale), Giuseppe Bocci (presidente del comitato di tesoreria), gli solleciterà mai.
Cambia ora la scena.
Il luogo è sempre lo stesso (l’assemblea federale riunita al Nazareno per l’approvazione del bilancio), la data è precedente di un anno esatto, giugno 2010.
Questa volta c’è da votare il rendiconto per l’esercizio 2009 e a mangiare la foglia è Pierluigi Castagnetti.
Che così ricorda quella riunione: “Saremmo stati non più di una ventina. Tanto che posi prima un problema di numero legale e quindi di sostanza. La voce di spesa per la propaganda ammontava a poco meno di 7 milioni di euro. Un’enormità per un partito che non c’era più. Chiesi a Lusi di dettagliare quella voce e lui si inalberò. Mi disse che era nell’impossibilità di fornire quei dati. Io risposi che la sua risposta era inconcepibile. Ed avemmo un alterco importante. Annunciai allora il mio voto contrario sul bilancio. Cosa che feci, anche se ricordo che Bianco provò insistentemente e fino all’ultimo a convincermi di non farlo”.
In un’Assemblea federale che dorme da piedi, dunque, chi dimostra di tenere gli occhi aperti viene o allontanato (Parisi) o blandito (senza successo) per essere ricondotto a più miti consigli (Castagnetti).
Eppure, non ci vuole un “ragioniere” per accorgersi che nel triennio 2008-2010 almeno quattro significative voci di spesa del partito che non c’è più si muovono come sulle montagne russe e in modo assolutamente incongruo.
Il costo del “sito internet”, tanto per dire, passa dagli 86 mila euro del 2009, ai 533 mila del 2010.
Ma quel che è incredibile è che – sempre nel 2010 – la dissolta Margherita spende in “consulenze” 1 milione e 600 mila euro.
Duecentomila euro in più di quanto spende, in quello stesso anno il Pd, come risulta dal suo rendiconto finanziario ufficiale.
Dunque?
C’è una coincidenza temporale che può forse aiutare a comprendere il potere assoluto e libero da controlli sostanziali che Lusi esercitava sulla cassa di un partito dissolto, e la forza di ricatto politico che gliene derivava.
Nel 2009, Rutelli fonda l’Api.
Un partito senza cassa (non è ammesso ai rimborsi elettorali), ma assai generoso nell’organizzazione delle sue manifestazioni pubbliche.
A cominciare dagli happening in quel di Labro.
Lusi aprì forse i cordoni della borsa? E se si, in che misura?
E se lo fece, è questo che lo convinse che quel denaro che amministrava era diventata anche “roba” sua?
Carlo Bonini
(da “La Repubblica”)
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