Febbraio 15th, 2012 Riccardo Fucile
CIRCOLARE ULTIMATUM AI RITARDATARI…HANNO ADEMPIUTO ALL’OBBLIGO ANCHE I DUE SOTTOSEGRETARI ALLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Puntuale all’appuntamento con la trasparenza annunciata si presentano giusto il ministro alla Pubblica istruzione Francesco Profumo, due suoi sottosegretari e altri due sottosegretari alla Difesa.
Sono gli unici ad aver rispettato la scadenza del 14 febbraio che in un primo tempo era stata fissata dalla Presidenza del Consiglio per la pubblicazione della situazione patrimoniale di ognuno.
Prima cioè che nel Consiglio dei ministri del pomeriggio il premier Monti non fosse costretto – preso atto dei ritardi e delle inadempienze – a concedere altri sette, ultimativi giorni di tempo ai colleghi.
Non senza disappunto, a quanto trapela.
Entro martedì tutte le tabelle con redditi, immobili, beni mobili, partecipazioni azionarie dovranno essere sui siti ministeriali. Non oltre.
Si sono fermati a metà strada il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi e della Coesione territoriale, Fabrizio Barca.
Il successore di Brunetta sul sito di Palazzo Chigi non indica la situazione patrimoniale, nè elenca gli immobili posseduti (tantomeno dunque la discussa casa vicino al Colosseo), piuttosto si limita a specificare in una riga il reddito complessivo lordo annuo: 205.915 euro. E così Barca: 199.778 euro.
Sono quelli da ministri.
Per le situazioni patrimoniali aggiornate del sottosegretario alla Presidenza Antonio Catricalà , del ministro della Difesa Giampaolo Di Paola e della Cooperazione Andrea Riccardi (impegnato all’estero) bisognerà attendere oggi.
Da qui a qualche ora Palazzo Chigi pubblicherà quella di Monti, assieme a un curriculum che integri l’attuale che – forse in nome della proverbiale sobrietà – è di una sola riga. Per tutti gli altri, corsa contro il tempo fino a martedì prossimo.
E dire che lo stesso presidente del Consiglio a più riprese era stato chiaro: “Renderemo pubblici redditi e patrimoni entro la scadenza di legge”, ovvero entro 90 giorni dall’insediamento avvenuto il 17 novembre 2011.
Constatata una probabile ritrosia, il 9 febbraio scorso il sottosegretario Catricalà ha diramato a tutti i ministri e sottosegretari una circolare dai toni perentori: “Il prossimo 14 febbraio scade il termine di 90 giorni che ci siamo prefissati per dare pubblicità alla nostra situazione patrimoniale. Il presidente del Consiglio mi ha incaricato di chiedervi di pubblicare ciascuno sul proprio sito istituzionale tutti i dati che possono dar conto della vostra, anche al di là di quanto si è tenuti per legge a fare”.
Catricalà suggerisce, in alternativa, di integrare le dichiarazioni che per legge i ministri non parlamentari devono depositare al Senato.
Ma a ieri, stando alle informazioni acquisite, quelle presentate agli uffici di Palazzo Madama dai membri del governo erano davvero poche.
E per evitare più o meno involontarie negligenze, il sottosegretario incaricato da Monti ha allegato alla circolare una scheda esplicativa di ben tre pagine, predisposta dalla Funzione pubblica, in cui viene elencata ogni voce che dovrà essere contenuta nella dichiarazione patrimoniale.
Ovvero, altri incarichi ricoperti e beni immobili di qualsiasi tipo; auto, aerei o imbarcazioni e poi quote e azioni; cariche societarie di ogni tipologia e gestione di portafogli e un lungo elenco a seguire.
Dunque l’unico curriculum ministeriale che a tarda sera ieri rimandava alla situazione patrimoniale era quello del ministro Francesco Profumo.
Almeno in parte, dato che l’ex capo del Cnr pubblica il reddito lordo annuo che percepirà al governo (199.778 euro) ma non quello percepito finora.
Il responsabile della Pubblica istruzione, nato a Savona e residente a Torino, dichiara la proprietà di un appartamento a Savona, la comproprietà di quattro garage, quella di un appartamento ad Albissola Mare e di un altro a Torino e il 50 per cento di una casa a Salina. Lancia Lybra unica auto e poi otto tipologie di azioni o quote: 894 azioni Intesa Sanpaolo, 1.210 Montepaschi, 250 De Longhi, 262 Enel, 3.630 Telecom, 137 Finmeccanica, 5.199 Unicredit, 250 Delclima.
Al contrario, il suo sottosegretario napoletano Marco Rossi Doria, oltre alla paga che riceverà (189 mila euro), dichiara anche i 37 mila percepiti fino a novembre da docente di scuola primaria a Trento.
L’altra sottosegretaria all’Istruzione, Elena Ugolini (reddito governativo da 188 mila) risulta comproprietaria col marito di una casa a Bologna e comproprietaria di altri tre immobili ereditati a Rimini.
Infine, arrivano in tempo anche i due sottosegretari alla Difesa. Gianluigi Magri (reddito ministeriale da 188 mila, tre comproprietà a Bologna, Jeep e moto Bmw, 25 mila euro di azioni Montepaschi e 22 mila di obbligazioni argentine). E il suo collega (identico reddito) Filippo Milone, con passione per auto (Classe A, Golf, Fiat d’epoca 1.500) e moto (Yamaha e Honda).
Ma ora si attende tutto il resto.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
argomento: Costume, Monti | Commenta »
Febbraio 15th, 2012 Riccardo Fucile
“CON I GIOCHI SI FA LA FINE DELLA GRECIA”: IL TIMORE PER IL RITORNO DELLA CRICCA E LE POSSIBILI CONSEGUENZE INTERNAZIONALI
Le “cricche” d’affari romane, lo spettro del default greco, la vaghezza del piano, il rischio di una guerra diplomatica al termine dalla quale, alla fine, l’Italia sarebbe finita distrutta come un vaso di coccio.
Sono molte le ragioni che hanno spinto Mario Monti a pronunciare il suo “no” a Roma Olimpica, nonostante la riunione del Consiglio dei ministri abbia visto un inedito e acceso “uno contro tutti”, con la maggioranza dei presenti – in testa Corrado Passera, Corrado Clini, Piero Gnudi e Filippo Patroni Griffi – decisi a pronunciarsi a favore. Niente da fare, per Monti l’Olimpiade di Alemanno restava “un salto nel buio”.
“Io non ho davvero capito perchè devono essere i governi a dare questa garanzia finanziaria illimitata. Me lo spiegate?”, ha chiesto agli affranti Petrucci, Pescante e Letta che erano andati a implorare per l’ultima volta un “sì”.
In realtà erano settimane che, più approfondiva la questione e più Monti si convinceva dei rischi eccessivi legati all’operazione.
Raccontano che persino sull’aereo che da New York lo riportava in Italia il premier abbia studiato il dossier della commissione Fortis su Roma 2020.
Ma più leggeva, appunto, e più i dubbi crescevano.
Lievitazione dei costi, procedure senza garanzie. Con il rischio di finire di nuovo nell’incubo dei mondiali di nuoto 2009, in mano a una filiera tipo quella Anemone-Balducci, con qualche furbo a procacciare affari e lo Stato a pagare conti salatissimi.
Incontrando a Londra il primo ministro David Cameron, Monti a gennaio era stato messo in guardia in maniera sorprendente: “Faccia attenzione – gli aveva detto il collega inglese – e non dia troppo retta agli studi. Con le Olimpiadi di Londra noi avevamo persino creato un’autorità ad hoc per controllare gli appalti, ma alla fine le spese sono raddoppiate”.
La previsione di palazzo Chigi, rispetto a un budget iniziale tra i 9 e gli 11 miliardi, era di un bilancio gonfiato nel 2020 fino a trenta miliardi.
Una cifra mostruosa, da bancarotta. “Proprio come è successo ad Atene – ha spiegato Monti in Consiglio dei ministri – e lì è stato l’inizio della fine”.
Ma il ministro Giulio Terzi, che come un’ombra ha seguito Monti negli Usa, gli ha prospettato anche i risvolti geo-politici di una candidatura italiana gettata aggressivamente sul tavolo.
La Germania infatti sostiene le ambizioni turche su Istanbul 2020.
Scombinare i piani di Merkel, mettere un dito nell’occhio alla Turchia, proprio mentre l’Unione europea e gli Usa stanno cercando di tenere ancorata Istanbul all’Occidente, avrebbe creato frizioni importanti.
Anche la candidatura di Doha è molto forte e il Qatar, finanziariamente potente, è deciso a imporsi a ogni costo.
Così il Giappone, già battuto per l’edizione 2016.
“C’è il pericolo – ha confidato il premier – che possa montare una campagna per screditarci, per mettere in dubbio la solidità del risanamento finanziario. Ci sono importanti interessi in gioco, temo colpi bassi. E i mercati non ci perdonerebbero un passo falso”.
Sarebbe una scelta azzardata in un momento, oltretutto, in cui l’Italia ha bisogno di coltivarsi alleati in Europa più che farsi altri nemici.
Un ragionamento simile andrebbe applicato anche alla debolissima Spagna.
Tanto che Monti, di fronte alla candidatura di Madrid, in privato si è detto “meravigliato” per la scelta di Mariano Rajoy.
La cosa che, invece, ha preoccupato di meno il premier è stata la reazione del mondo politico. Napolitano era stato avvertito il giorno prima per telefono che l’orientamento era negativo.
Il “no” era scontato. Fabrizio Cicchitto ieri pomeriggio ha sussurrato a un amico in Transatlantico: “Lo sapevamo anche noi”.
Non sembra che il Pdl – a parte un drappello di amici del sindaco Alemanno – sia intenzionato a farne un dramma, al di là delle dichiarazioni di circostanza.
Nemmeno Pd e Terzo Polo si sono messi di traverso.
Del resto in Parlamento si sapeva da tempo che Monti fosse contrario.
“La prima volta che Monti si decide a incontrare il comitato organizzatore di Roma 2020 – racconta un ex ministro del Pdl – è stata dopo le feste di Natale: se ne andò a metà riunione e lasciò Catricalà a discutere con Petrucci, Letta e Pescante. Tirava già una brutta aria”.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
argomento: Monti | Commenta »
Febbraio 15th, 2012 Riccardo Fucile
ABBIAMO EVITATO UNA SPESA PUBBLICA GIGANTESCA TRA CANDIDATURA, STRADE E ALBERGHI… LE CRICCHE ERANO GIA’ IN AGGUATO
Al premier Mario Monti avevano chiesto di sottoscrivere la dichiarazione di sostegno del governo alla candidatura della Capitale.
Secondo il preventivo, comunque mai rispettato fin dallo scandalo degli stadi d’oro di “Italia ’90”, sono 8 miliardi e 200 milioni che lo Stato deve garantire.
Sommati al miliardo e 600 milioni da stanziare per l’ampliamento dell’aeroporto di Fiumicino, fanno quasi 10 miliardi.
Già soltanto a parlarne si paga.
Il comitato Roma2020 istituito per l’occasione ha calcolato un acconto iniziale di 42 milioni. Soldi pubblici e privati.
Un terzo è destinato alla promozione della “domanda per candidarsi”, la fase uno.
I due terzi per sostenere la candidatura vera e propria, la fase due.
Inutile dire che la maggior parte di questi costi sarebbe stata a carico pubblico: “Il budget”, è scritto nella proposta di candidatura, “sarà finanziato… da parte del Comune di Roma, della Regione, della Provincia e di altri soggetti pubblici”.
Insomma, soltanto per predisporre il virgolettato riportato qui sopra, appaltare i sondaggi, girare gli spot pubblicitari, aprire il sito Internet e così via, se ne sarebbe andato qualche decina di milioni.
Quanti insegnanti, quanti medici, quanti ingegneri, quanti ricercatori si possono formare o assumere con 42 milioni?
Pensare di bruciare una cifra così forte soltanto per la promozione e senza la certezza del risultato è un gioco d’azzardo.
Ovviamente l’azzardo è a carico dei cittadini, visto che i giocatori di questa partita non rischiano nulla.
“L’Espresso” è tornato sui luoghi simbolo
Dalle Olimpiadi invernali di Torino 2006. Agli impianti di Roma 2009.
Il risultato è una rassegna di monumenti all’italico modo di fare. Milioni di metri cubi di cemento armato. Tonnellate di ferro. Campagne e boschi deturpati per sempre. Capitali trasformati in opere abbandonate. Come i trampolini per il salto con gli sci a Pra Gelato, in Piemonte. Avrebbero potuto costruire una struttura provvisoria.
Hanno scelto quella fissa: disboscamento di mezza montagna, oltre 34 milioni di costo, un milione all’anno di spese di manutenzione e trampolino inutilizzato dal 2009.
Stessa sorte per lo stadio del freestyle a Sauze d’Oulx: 8 milioni bruciati, 15 giorni di apertura, 700 mila euro da spendere ora per la demolizione.
Oppure la pista di bob a Cesana, chiusa con le sue 40 tonnellate di ammoniaca nell’impianto refrigerante, l’anello del biathlon a San Sicario e il villaggio olimpico a Torino.
Quelli che Alemanno, Rutelli e Gianni Letta volevano far svolgere a Roma sono i Giochi estivi. Dal 24 luglio al 9 agosto 2020.
Una follia anche per uno che le Olimpiadi le ha vissute dal di dentro.
Pietro Mennea, 60 anni, campione di atletica, medaglia d’oro nei 200 metri a Mosca 1980 e molto altro, il 26 gennaio consegna queste parole schiette alla cronaca romana del “Corriere della sera”: “Oggi non è pensabile chiedere l’organizzazione dei Giochi del 2020. Siamo un Paese senza sangue, devastato da una crisi economica spaventosa: come si può proporre, oggi, una cosa del genere?”.
E ancora: “Come si fa a parlare di Giochi a costo zero? Come si fa a sostenere una balla così colossale? Non esistono Giochi a costo zero e non lo dico io, ma lo dice la storia delle Olimpiadi moderne, lo dicono i dati, i numeri, le cifre… Il gigantismo è la malattia che affligge da decenni i Giochi olimpici e ha messo in ginocchio paesi come la Grecia, dopo Atene 2004”.
E non solo la Grecia.
Il comitato promotore di Roma2020 non se l’aspettava. Mennea ha studiato la questione. Ha da poco pubblicato il libro “I costi delle Olimpiadi” (Delta 3 edizioni).
Basterebbe infatti riflettere con buon senso. Per sospettare di una formula già vista nei lavori pubblici. Guadagno privato con investimento pubblico. Il solito motto. Per i soliti nomi.
Sentite qua. A pagina 25 la proposta di candidatura di Roma2020 prevedeva la costruzione del bacino per le gare di canottaggio, canoa e slalom vicino al Tevere a Settebagni, periferia nord di Roma. Un grande impianto per 20 mila spettatori. Lavori da eseguire tra il 2014 e il 2016. Prezzo: 130 milioni di preventivo.
Praticamente ogni posto in tribuna ci costerebbe la bellezza di 6.500 euro.
A Settebagni un famoso centro sportivo offre già corsi di canottaggio e tante altre cose.
E’ il Salaria sport village. Ve lo ricordate? Sì, proprio quello dei massaggi alla schiena dell’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso.
Il club esclusivo di proprietà di Diego Anemone, 41 anni, aperto con il figlio di Angelo Balducci, l’ex maggiordomo del papa, alto dirigente del ministero delle Infrastrutture e dei Beni culturali la cui squadra è costata alle casse dello Stato centinaia di milioni in opere pubbliche dal dubbio utilizzo.
Dal G8 mancato sull’isola della Maddalena ai Mondiali di nuoto a Roma, appunto.
Nel maggio 2010, pochi giorni dopo la scarcerazione, Anemone si intesta il cento per cento delle quote della società proprietaria del centro sportivo: otto milioni 750 mila euro di capitale sociale, prima affidato a due fiduciarie.
Se un impianto così famoso avesse accanto un bacino di gara da 20 mila posti, godrebbe di una ricca opportunità da vendere ai propri clienti. Ma c’è un’altra necessità , più nascosta. Più importante.
Poco più a valle del Salaria sport village, il Tevere è sbarrato dalle chiuse di Castel Giubileo. Durante le piene, è la barriera che protegge il centro di Roma. E l’acqua trattenuta va ad allagare le campagne a Settebagni. Una valvola naturale.
Ma proprio su uno di quei terreni agricoli di sfogo, Diego Anemone ha costruito la nuova grande piscina coperta, con foresteria-hotel, centro massaggi e parcheggio.
E’ uno dei capitoli dell’inchiesta del 2010 sulle scorciatoie dei Mondiali di nuoto e sulla cricca dei lavori pubblici. Quando il Tevere si riempie e Castel Giubileo alza le paratie per salvare Roma, il gioiellino di Anemone rischia di finire sotto la melma.
Certo, perchè lì non dovrebbe esserci nessuna costruzione. Quello che esiste è totalmente abusivo.
Per questo la Procura ha messo sotto sequestro il cantiere.
E voi pensate che l’imprenditore amico di Bertolaso e Balducci abbia rispettato l’ordine di stop ai lavori? Eccome no.
Proprio a Settebagni il comitato Roma2020 contava di far spendere allo Stato 130 milioni. Chissà che tra un bacino di gara e il rifacimento degli argini, più alti perchè il pubblico veda meglio, non ci scappi qualche barriera che, casualmente, protegga dalle piene le opere abusive. “Se così fosse”, spiega Corbucci, “verrebbe meno una delle motivazioni del sequestro: cioè il fatto che il nuovo impianto del Salaria sia stato costruito su un’area pericolosa”.
Lo stesso vale per i terreni alluvionali che, dopo le Olimpiadi, potrebbero finalmente diventare edificabili. Naturalmente sono semplici coincidenze.
Da queste parti tutto avviene all’insaputa di protagonisti e beneficiari. Come per la casa con vista sul Colosseo pagata da Anemone all’ex ministro Claudio Scajola.
Si prende il grande raccordo anulare. E nel traffico lento del pomeriggio si arriva a Tor Vergata. Nella tabella dei “42 impianti di gara di cui 33 esistenti” pubblicata dal comitato Roma2020, quelli destinati alla pallacanestro e alla pallavolo sono segnalati in blu sotto la colonna “esistente”. E’ la Città dello sport progettata dal famoso architetto Santiago Calatrava.
La vela di acciaio disegnata dall’archistar di Valencia appare da lontano nel cielo nuvoloso. Delle due previste, soltanto una è stata costruita.
Sotto la vela, lo scheletro di cemento armato è la sola struttura finita. Basta entrare nel cantiere per rendersi conto in che condizioni sia l’impianto “esistente”. Piove acqua dalle crepe di assestamento e dai soffitti.
Chilometri di tondini speciali per le armature si arrugginiscono nelle pozzanghere. Lo spazio non è ancora l’ideale per giocare a basket o a volley.
A destra, una grande spianata di fango su cui si affacceranno le tribune.
A sinistra, sotto l’unica vela già innalzata, le due buche dentro cui si sarebbero dovuti lanciare i tuffatori.
Doveva diventare lo stadio del nuoto in tempo per i Mondiali. Il fatto che nel 2009 le gare le abbiano fatte lo stesso al Foro Italico dimostra come queste opere fossero completamente inutili.
Dobbiamo ringraziare il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che le ha deliberate il 29 dicembre 2005 con procedura d’urgenza e affidate al sempre presente Angelo Balducci.
Il cartello di cantiere, ormai scolorito, indica l’importo dei lavori: 136 milioni 320 mila euro. E’ solo il costo iniziale.
Perchè queste tre buche di milioni ne hanno già ingoiati 256.
A beneficio, stando sempre al cartello, di un consorzio di imprese diretto dalla Vianini spa del gruppo Caltagirone. Una barzelletta anche la fine dei lavori. Data di consegna: 27 marzo 2007. Data di ultimazione: 30 giugno 2011.
Infatti, di solito le opere prima si consegnano. Poi si completano.
Ovviamente fino a oggi non sono state nè consegnate nè completate.
Ma continuiamo a pagare i custodi. E perfino i progettisti e i tecnici dell'”Ufficio del commissario delegato per lo svolgimento dei Mondiali di nuoto”.
Chiusi nelle baracche di cantiere ai piedi dalla vela di Calatrava, tutti i giorni dal 2008 progettisti e tecnici si confrontano sulla “costruzione della viabilità perimetrale e delle reti di fognatura a servizio della Città dello sport di Tor Vergata”, come spiega un altro cartello davanti alle loro auto parcheggiate.
Nonostante la procedura d’urgenza e i 12 milioni 800 mila euro già spesi per la viabilità , i risultati sono piuttosto lenti a manifestarsi. Anche lo svincolo autostradale è rimasto a metà . Le imprese se ne sono andate senza nemmeno chiudere a chiave l’ufficio di cantiere. Documenti e mappe per terra. Tra scarpe abbandonate, una scrivania e un letto sfatto.
Ecco, con la scusa delle Olimpiadi vogliono far dimenticare lo scempio della Città dello sport. La lobby dei grandi eventi prevede di spendere qui 500 milioni per costruire la seconda vela e completare lo stadio. Così è scritto nel documento di previsione del comitato Roma2020. Portando il costo dell’impianto di Tor Vergata da 136 a 700 milioni. Forse qualcuno ha sottostimato i prezzi prima.
Forse li stanno sbagliando ora.
Ma come può un’opera sopravvalutarsi del 400 per cento in cinque anni?
L’ultimo colpo alla decenza, in un Paese dove migliaia di scuole non hanno capacità antisismica e i vecchi soffitti crollano sugli studenti, è in via della Vasca Navale.
Siamo sempre a Roma, zona dimessa fra il centro e l’Eur.
Alla fine della strada, tra il deposito dei mezzi della nettezza urbana e il canile municipale, l’Ufficio del commissario delegato per i mondiali di nuoto ha appaltato la costruzione del polo natatorio di Valco San Paolo. Due piscine coperte e una scoperta. Una tribuna. Una palestra. Spogliatoi per un esercito. Basta chiedere in giro. Gli abitanti del quartiere non sanno nemmeno dove siano.
Gli autobus di qui non passano. Giorno e notte è un assordante abbaiare di cani chiusi in gabbia. Anemone e Malagò non avrebbero mai aperto una piscina in un posto del genere. E infatti i loro centri sportivi privati, il Salaria e l’Aquaniene, sono lontani chilometri. E pieni di iscritti.
Ma Valco San Paolo è un centro pubblico. L’abbiamo pagato 16 milioni.
Fra tutte le architetture possibili, ne hanno scelta una tra le più coraggiose e meno economiche. Pilastri inclinati di 30 gradi. Copertura pesantissima in cemento armato. E giardino sulla copertura. Il polo l’hanno finito. E chiuso.
Cade già a pezzi. Vengono giù i controsoffitti. E perfino le pareti e la volta di cemento sono segnate dalle crepe.
Il perchè lo si sa dall’inchiesta sulla cricca di Balducci: hanno rimosso i supporti quando il calcestruzzo non era ancora maturo.
Ma all’unità tecnica di missione della presidenza del Consiglio non si sono arresi.
Visto che il tetto ha qualche crepa, hanno affidato un nuovo appalto. Dice così il cartello di cantiere, abbandonato in una stanza: “Interventi urgenti per la messa in sicurezza delle strutture e la collaudabilità del blocco piscina coperta”. Non il collaudo. La collaudabilità .
Il collaudo è pagato a parte. Progettista e coordinatore dei lavori del nuovo appalto è sempre lo stesso ingegnere che nella costruzione del polo di Valco San Paolo era responsabile unico del procedimento.
Cioè la figura chiave che nell’interesse della pubblica amministrazione avrebbe dovuto verificare “l’esistenza di errori nel progetto esecutivo” ed “esercitare le funzioni di vigilanza in tutte le fasi di lavorazione”.
Gli unici frequentatori delle piscine da qualche giorno sono quattro gattini appena nati e la loro mamma randagia. Una nursery da 16 milioni. Tutta per loro.
Di questo, ovviamente, nel dossier che candida Roma (e l’Italia) al salasso delle Olimpiadi, non si parlava.
Fabrizio Gatti
(da “l’Espresso”)
argomento: governo, sprechi | Commenta »
Febbraio 15th, 2012 Riccardo Fucile
NEI PROSSIMI DIECI ANNI IL PERSONALE VERRA’ RIDOTTO DEL 20%… IL GOVERNO TAGLIA 41 CACCIA DEI 131 DI CUI ERA PREVISTO L’ACQUISTO
Tagli al settore della difesa, per ottenere una “migliore efficacia operativa”. Il ministro Giampaolo Di Paola ha illustrato il regime di “dimagrimento” alle commissioni Difesa congiunte di Senato e Camera.
Che riguarda, prima di tutto, l’organico: oggi ci sono 183mila militari e 30mila civili nella Difesa: “Occorre scendere progressivamente verso 150mila militari e 20mila civili, con una riduzione di 43mila unità “.
La Difesa, inoltre, ridurrà da 131 a 90 il numero dei caccia Joint Strike Fighter, i cosiddetti F35, che acquisirà , con un taglio di 41 unità .
Riguardo le strutture, l’obiettivo, ha annunciato ancora il ministro, è quello di ridurle del 30 per cento in 5-6 anni.
Una misura “che consentirà di contribuire alla ristrutturazione della Difesa e più in generale al risanamento finanziario del Paese”.
Secondo il ministro, nel settore Difesa occorre affrontare una riforma decisiva, in linea con la situazione attuale: “Dobbiamo impostare una incisiva revisione del nostro strumento militare, sostenibile nel tempo e compatibile con le risorse che il Paese e il Parlamento metterà a disposizione”, ha spiegato.
Riforma, che deve essere ampiamente condivisa, impossibile da realizzare senza dibattito, e con provvedimenti “graduati nel tempo per far fronte alla ineludibile realtà di difficoltà finanziaria nella quale ci troviamo, nonchè alle esigenze di sviluppo del settore”.
Il ridimensionamento si potrà realizzare attraverso una riduzione degli ingressi calibrata del 20-30 per cento, la mobilità verso altre amministrazioni, trasferimenti al settore civile e applicazione di forme di part-time.
I più colpiti saranno i quadri-dirigenti: per ammiragli e generali “ci sarà una riduzione superiore del 30 per cento”. Un percorso “doloroso ma inevitabile”, secondo il ministro.
Riguardo al taglio ai cacciabombardieri, Di Paola ha assicurato che la componente aerotattica “è irrinunciabile: ora è assicurata da Tornado, Amx e Av-8B, che nell’arco di 15 anni usciranno per vetustà dalla linea operativa.
Saranno sostituiti da Jsf, che è il miglior velivolo in linea di produzione, nei programmi di ben 10 Paesi”.
L’Italia, ha aggiunto, “ha già investito 2,5 miliardi di euro. Ci eravamo impegnati ad acquistarne 131, ora il riesame del programma ci porta a ritenere perseguibile l’obiettivo di 90 velivoli, un terzo in meno”.
argomento: governo | Commenta »
Febbraio 15th, 2012 Riccardo Fucile
LA DEFEZIONE DEGLI IPOCRITI: LEGA E IDV HANNO GOVERNATO NEGLI ULTIMI DIECI ANNI, LASCIANDO MARCIRE IL SISTEMA CARCERARIO, E ORA FANNO GLI INDIGNATI … AVESSERO COSTRUITO CARCERI CIVILI NESSUNO SAREBBE USCITO
L’Aula della Camera con 385 voti a favore, 105 contrari e 26 astenuti, ha approvato in via definitiva il dl cosiddetto “svuotacarceri”.
A favore del provvedimento hanno votato Pdl, Pd, Terzo polo e la gran parte dei deputati dei gruppi minori, mentre voto contario da parte di Lega e Idv.
Il ministro della Giustizia, Paola Severino, difende il contenuto del decreto contro le polemiche: “Vorrei in primo luogo precisare – scrive il ministro in un intervento pubblicato sul sito del Ministero – che il decreto non è nè un indulto mascherato, nè una resa dello Stato alla delinquenza”.
Valanga di defezioni nel Pdl, in 43 non votano. Anche nel Pd lo schieramento non è proprio compatto: su 206 deputati votano in 179, mentre in 25 ‘disertano’. Astenuti 5 radicali. Così come si astengono 12 deputati di Popolo e Territorio.
“Il sovraffollamento delle carceri doveva essere affrontato con urgenza, le condizioni di vita dei detenuti negli istituti di pena sono una priorità e come tale doveva essere trattata. Diritto, civiltà e sicurezza sono i tre principi che ci hanno guidato nel votare a favore del decreto severino”, ha detto nel suo intervento in Aula Emanuele Fiano (Pd), polemizzando con il gruppo della Lega Nord.
“Questo decreto svuota carceri è un provvedimento criminogeno: noi non lo votiamo e ci dispiace che voi, in nome di una solidarietà con i carcerati, diventate correi dei delinquenti”, ha detto il leader dell’Idv,
Il provvedimento per ovviare al problema delle cosiddette “porte girevoli”, cioè dei casi dei detenuti condotti nelle case circondariali per periodi brevissimi (nel 2010, 21.093 persone trattenute per un massimo di 3 giorni), prevede che per l’arrestato in flagranza di reato sia disposta in via prioritaria la custodia dell’arrestato presso l’abitazione; in subordine che sia disposta la custodia presso le camere di sicurezza, e solo in via ulteriormente subordinata, che sia disposto il carcere.
Il decreto dimezza da 96 a 48 ore il termine entro il quale deve avvenire l’udienza di convalida dell’arresto ed estende da 12 a 18 mesi la soglia di pena detentiva, anche residua, per l’accesso alla detenzione domiciliare prevista dalla legge del 2010.
Il decreto prevede anche un’integrazione delle risorse finanziarie, pari a circa 57,27 milioni di euro per l’adeguamento, potenziamento e messa a norma di infrastrutture carcerarie; il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, di cui si prevede la chiusura entro il primo febbraio 2013; l’estensione della disciplina sull’ingiusta detenzione ai procedimenti definiti prima dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (24 ottobre 1989), con sentenza passata in giudicato dal primo luglio 1988.
Sono 66.973 i detenuti nelle carceri italiane; la ‘capienza regolamentare’ è di 45.688. Sono i dati del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (Dap) aggiornati al 31 gennaio 2012. Inoltre, sono 1.264 le persone internate negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani (opg): 1.178 sono uomini, 86 donne.
“È sufficiente leggere il decreto – spiega il ministro Severino – per rendersi conto che nessuno dei provvedimenti in esso indicati deriva da automatismi o presunzioni. In ogni caso vi sarà un magistrato a valutare se la persona sia o meno meritevole di una modifica migliorativa del suo stato di limitazione della libertà “.
“La prima parte del decreto incide sul fenomeno delle porte girevoli – ha aggiunto il ministro – che comporta l’entrata-uscita di detenuti in carcere nell’arco di 3-5 giorni” e riguarda “una casistica, dunque, molto accuratamente selezionata”.
Con il nuovo regime “il tempo per la comparizione si riduce da 96 a 48 ore e, subito dopo l’arresto in flagranza, il magistrato potrà decidere se risparmiare il transito in carcere, ricorrendo ai domiciliari o alle camere di sicurezza”.
La seconda parte, ha poi ricordato “si occupa invece della carcerazione post sentenza, prevedendo la possibilità di concedere gli arresti domiciliari quando vi sia un residuo pena fino a 18 mesi. Anche qui sottolineo il termine possibilità , perchè non vi è alcun automatismo nell’applicazione”.
Per quanto riguarda la chiusura degli ospedali psichiatrici, il ministro ha aggiunto che “non comporterà affatto il rilascio degli internati socialmente pericolosi.
Nessuno vuole correre il rischio che potenziali serial killer percorrano liberamente il nostro Paese”.
Poi ha tenuto a sottolineare Severino: “Mi sono sempre assunta le mie responsabilità . L’ho fatto quando ero avvocato, lo faccio ora, a maggior ragione, da ministro. Se mi sento responsabile per questo decreto? Certo, mi sento responsabile davanti agli italiani, che spero si leggano il provvedimento invece di credere agli allarmismi di qualcuno, ma mi sento molto più responsabile quando vengo a sapere dei suicidi in carcere…”.
(da “la Repubblica“)
argomento: emergenza, Giustizia, radici e valori | Commenta »
Febbraio 15th, 2012 Riccardo Fucile
ACCUSATO DI MILLANTATO CREDITO, RISCHIA UNA PENA DA 2 A 6 ANNI… SI SAREBBE INTERESSATO AL BUON ESITO DELL’ESAME RIVOLGENDOSI PRIMA A CLEMENTE MASTELLA PRIMA E POI AD ALFONSO PAPA
L’onorevole Gianluca Pini della Lega Nord, autore dell’emendamento sulla responsabilità civile dei magistrati, è stato indagato dalla Procura di Forlì per il reato art 346 c. p perchè “millantando credito presso gli onorevoli Gino Capotosti e Alfonso Papa, riceveva da una persona identificata (Gfm) candidato partecipante al concorso nazionale di abilitazione alla professione di Notaio la somma di euro 15mila con il pretesto di dover remunerare o comunque comperare il favore di taluno dei membri della commissione di abilitazione notarile indetti dal 2006 a tutt’oggi. Somma versata in Forlì tra il 24 dicembre 2007 e il gennaio 2008. Fatto denunciato il 24 gennaio 2012″.
Secondo la ricostruzione del Fatto Quotidiano l’inchiesta prende avvio da una persona che — prove alla mano — racconta al Procuratore Capo, Sergio Sottani (arrivato sei mesi fa dalla Procura di Perugia dove si è occupato dell’inchiesta sui Grandi Eventi della Protezione Civile e gli appalti della cricca legata ad Anemone) di aver appreso dall’avvocato forlinese Gfm, di aver consegnato all’onorevole Pini 15, 000 euro per superare il concorso notarile.
A cavallo tra Natale 2006 e Capodanno 2007, l’onorevole Gianluca Pini, eletto nel 2006, sempre secondo quanto svelato da Gfm al test dell’accusa, assicura al giovane avvocato il suo interessamento in cambio di soldi precisando che servono ad ungere la macchina.
Pini si reca nello studio dell’avvocato Gfm e, come prova del suo interessamento, gli consegna una lettera ricevuta dall’allora deputato umbro dell’Udeur, Gino Capotosti, in cui gli assicura tutto il suo impegno.
E per essere più credibile chiama Capotosti e glielo passa al telefono.
Lettera che, qualora fosse stata trovata durante la perquisizione dello studio professionale, costituirebbe un sicuro riscontro oggettivo.
Il deputato leghista si incontra con Gfm a cena al ristorante “Don Abbondio” di Forlì e scrive sulla tovaglietta di carta la cifra che deve pagare: 30.000 euro di cui 15.000 subito e 15.000 a concorso superato.
L’avvocato Gfm si reca all’Unicredit e alla Cassa di Risparmio di Forlì, preleva 15.000 euro dai suoi due conti personali e li consegna all’onorevole Pini.
Ma il concorso non lo supera.
Pini si giustifica: “Non so cosa sia accaduto, vado da Mastella (Ministro della Giustizia) e ti dico”.
Dopo qualche giorno Gfm lo richiama e Pini gli dà appuntamento al “Don Abbondio”, appuntamento che poco dopo annulla con un sms.
Sono amici, si conoscono fin da ragazzi, GFM non si rassegna e tenta altre volte di parlargli. Ma Pini sfugge.
Fino a che, siamo nell’estate 2008, lo incontra al Festival di Castrocaro e stanco dei suoi rimandi gli richiede i soldi.
Pini lo rassicura: “Aspetta, farò il possibile, la prossima volta lo supererai”. GFM gli dice: “Ma come fai, il Governo Prodi è caduto nè Capotosti nè Mastella contano più niente”. “Che importa c’è Alfonso Papa” e Gfm sorpreso replica: “Ma come Papa? Non era Mastella?” E Pini: “Allora non hai capito niente, Capotosti è il trait d’union con Alfonso Papa e se non basta mi rivolgerò direttamente ad Angelino Alfano” Ministro della Giustizia che bandisce il concorso notarile.
Ma la volta successiva Gfm esce senza neppure consegnare la prova e torna disperatamente alla carica per riavere i suoi soldi ma Pini continua a sfuggirgli fino a che, sempre secondo il racconto di Gfm: “L’ho acchiappato e gli ho detto: se quei soldi sono serviti a te, non ti preoccupare quando li avrai me li restituirai ma smettila di ingannarmi”.
Parole che fanno inalberare l’onorevole leghista: “Ma cosa dici? I tuoi soldi sono al sicuro, gli assegni rilasciatemi da Papa a garanzia sono nella mia cassaforte”.
Estate scorsa. Gfm torna all’attacco e Pini questa volta cerca di tenerlo buono così: “Guarda, gli assegni ce l’ho ma come faccio ad incassarli ora che Papa è in galera?”. Quando Papa torna libero, l’avvocato GFM commenta: “Adesso sta al buon cuore di Gianluca restituirmeli”.
Ecco su cosa si fonderebbe l’inchiesta che vede l’onorevole della Lega Nord, Gianluca Pini indagato per millantato credito, reato che prevede una pena da 2 a 6 anni, in quanto avrebbe indotto l’avvocato Gfm a pagare 15.000 euro prospettando la possibilità di intercedere in senso a lui favorevole su più persone che oltre ad essere parlamentari potevano in astratto influire sulla commissione del concorso.
Le indagini, che sono ancora all’inizio, lasciano credere che vi saranno altri indagati. Pini, l’onorevole dei “barbari sognanti”, nome coniato da Roberto Maroni, in attesa di essere interrogato settimana prossima, al telefono ci spiega: “Debbo fare mente locale ma sono sereno, l’addebito contraddice l’essenza stessa della mia azione politica improntata alla tutela della legalità e della trasparenza”.
Mentre all’Ansa, con riferimento agli articoli del Fatto, dichiara: “Di certo, dopo tante illazioni giornalistiche, mi aspettavo qualcosa di simile”.
Sandra Amurri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Giustizia, LegaNord, radici e valori | Commenta »
Febbraio 15th, 2012 Riccardo Fucile
SFUMA IL SOGNO OLIMPICO: “RINUNCIA DOLOROSA MA TROPPE INCOGNITE E COSTI NON CHIARI”…IL SINDACO DI ROMA HA SMENTITO LA VOCE CHE SI SAREBBE DIMESSO PER PROTESTA
L’Olimpiade del 2020 non si farà a Roma.
Dopo un’attenta valutazione dei costi e dei benefici legati all’operazione nel suo complesso, il premier Mario Monti ha deciso che non esistono le condizioni perchè il governo offra le garanzie dello Stato alla candidatura per i Giochi.
Non arriva, dunque, la firma sulla lettera con le garanzie richieste dal Cio da presentare entro oggi.
Il presidente del Consiglio ha incontrato il presidente del Comitato organizzatore, Mario Pescante, il presidente del Coni, Petrucci e il sindaco di Roma, Alemanno, ufficializzando una decisione che era già nell’aria da tempo.
La lettera con le garanzie richieste dal Cio doveva essere presentata entro mercoledì 15 febbraio.
Sconsolato il sindaco Alemanno all’uscita dall’incontro a Palazzo Chigi.
Sconsolato e anche deciso a dare un segno politico alla bocciatura delle chances olimpiche della capitale. Voci di dimissioni si fanno insistenti mentre il verdetto» diventa ufficiale e le agenzie lo diffondono.
Ha prevalso la considerazione che l’Italia non può permettersi un’avventura con troppe incognite e con costi non chiari.
Pur sottolineando la sua ammirazione per un progetto che merita elogi (elogi rivolti in particolare ai vertici del comitato promotore: «A Gianni Letta, Mario Pescante, Gianni Alemanno e Gianni Petrucci») il presidente del Consiglio ha spiegato: «Il Comitato olimpico internazionale richiede al governo del Paese ospitante i Giochi una lettera di garanzia finanziaria… tra le altre cose il governo del paese ospite deve farsi carsi di ogni eventuale deficit della manifestazione».
E ha sottolineato: «Non possiamo correre rischi».
Tutti i ministri, ha poi spiegato Monti, hanno partecipato alla discussione sul tema e «siamo arrivati alla conclusione unanime che il governo non si sente – nelle attuali condizioni dell’Italia – di assumere questi impegni di garanzia.
Monti ha parlato poi delle Olimpiadi a Roma come di una «operazione che potrebbe mettere a rischio i denari dei contribuenti, proprio mentre siamo sottoposti nei prossimi vent’anni ad un’operazione di rientro dal debito, operazione condivisa e accettata in sede europea dal precedente governo».
La crisi economica, il caso di Atene 2004 e i costi raddoppiati per l’Olimpiade che si svolgerà a Londra (27 luglio-12 agosto 2012) sono stati decisivi nel convincere il premier ad un no comunque doloroso, perchè Monti è il primo a sapere che l’organizzazione di un’Olimpiade può rappresentare una grande occasione di sviluppo.
Ma non in questo momento e non a queste condizioni.
La mancata firma della lettera di impegno economico da consegnare al Cio fa decadere la candidatura. )
Restano in corsa Madrid, Tokyo, Istanbul, Doha e Baku.
La scelta verrà fatta a Buenos Aires il 7 settembre 2013.
Questo 14 febbraio Gianni Alemanno non se lo scorderà .
Mentre il sindaco di Roma è a colloquio con il premier Mario Monti e il Comitato promotore per Roma 2020, rappresentato dal presidente Mario Pescante, colloquio dove il governo ha formalizzato il suo no ai giochi («Non possiamo correrere rischi» ha spiegato Monti) fuori è in corso un’altra olimpiade.
Quella dei tanti pronti a scommettere che sindaco sarebbe pronto a comunicare le sue dimissioni da primo cittadino della capitale.
Lo sport è molto praticato nella piazza di Twitter, dove la dèbà¢cle organizzativa della capitale in occasione della nevicata dei primi del 3 febbraio è stata registrata minuto per minuto. In Campidoglio, in effetti, si registra una grande confusione.
«L’esito è stato negativo», è stato il commento stringato del sindaco di Roma, lasciando Palazzo Chigi.
E prima di recarsi in Campidoglio replica ai rumors. Dimissioni? «Assolutamente no. Mi dispiace deludere gli oppositori».
Non ne dubitavamo.
(vignetta diksa53a)
argomento: Alemanno, economia, Roma | Commenta »
Febbraio 15th, 2012 Riccardo Fucile
DIETRO I 1.570 EMENDAMENTI PRESENTATI AL SENATO CI SONO GLI INTERESSI TUTELATI DAI VARI PARTITI
Si fa presto a dire governo tecnico: quando i provvedimenti bisogna votarli, sempre per il Parlamento bisogna passare ed, ovviamente, per il bene della democrazia è giusto che sia così.
Tuttavia nella partita che si gioca sul decreto liberalizzazioni, pressioni di lobby, mania di protagonismo e sinceri afflati ideologici stanno facendo emergere un panorama sconcertante: sono stati presentati ben 2299 emendamenti!
Mentre in molti casi abrogazioni ed integrazioni sarebbero pertinenti al tema liberalizzazioni, in altri si è scambiato il decreto liberalizzazioni per una legge omnibus e ci si vuol infilare dentro un po’ di tutto, come nelle buone vecchie finanziarie.
Per mettere un po’ d’ordine tratteremo solo degli emendamenti legati al tema delle liberalizzazioni, dividendoli a seconda della provenienza politica.
IL PDL
Il Popolo della Libertà fa fatica a declinare Libertà in liberalizzazione. Ad esempio, viene richiesto di modificare o addirittura abrogare del tutto l’articolo 9 che prevede l’abolizione delle tariffe professionali.
Tale accanimento è stupefacente anche in considerazione del fatto che il decreto ferragostiano del governo Berlusconi, già prevedeva la derogabilità delle tariffe e la piena informativa al cliente.
Molti spazi di libertà previsti nel decreto sono sotto attacco: per le società di professionisti si prevede un limite del 25% del capitale sociale con diritto di voto ai soci di mero capitale. Naturalmente pensare che questo tetto salvaguardi “l’indipendenza” del professionista è illusorio: un volta dentro, il socio di capitale vorrà far sentire (giustamente) la propria voce sulla conduzione economica della società e se i suoi soci professionisti vorranno ottenere altro capitale non potranno fare di testa loro.
E se i professionisti non avessero avuto bisogno di denaro fresco, beh, non avrebbero cercato l’ingresso di un azionista esterno.
Sulle farmacie ci si propone di innalzare da 3.000 a 3.500 il numero minimo di abitanti per farmacia: un codicillo tanto per farne aprire qualcuna in meno senza che venga messo in discussione l’impianto dirigistico del decreto che allarga sì gli spazi di concorrenza, ma non basandosi sul gioco della domanda e dell’offerta, bensì su una stima governativa di quante farmacie abbiano bisogno un tot numero di italiani.
Anche il ripristino richiesto dal PdL (e pure dal PD) del massimo dell’1,5% di commissioni bancarie sul pagamento con carta elettronica è illusorio.
Se si fissano dei tetti ai prezzi di qualsiasi servizio, chi lo fornisce si rifarà in qualche altro modo, ad esempio aumentando il canone annuale della carta di credito, provocando così un’allocazione inefficiente delle risorse: invece che pagare il consumo del servizio, si pagherà il possesso della carta.
La richiesta che l’Authority dei Trasporti debba decidere il numero delle licenze dei taxi “d’intesa” , invece che semplicemente “sentiti” i sindaci, potrebbe sembrare una ragionevole estensione del principio di sussidiarietà : chi è vicino al territorio sa i suoi bisogni.
In realtà , i sindaci sono più vulnerabili di un’authority nazionale al potere di interdizione dei tassisti e quindi, così com’è successo finora, concederebbero nuove licenze col contagocce.
Va bene invece la possibile riduzione del limite di partecipazione azionaria di Eni in Snam Rete Gas al 5%. Una volta che si decide la separazione essa deve essere reale e non fittizia.
IL TERZO POLO
Gli emendamenti più significativi Terzopolisti vanno viceversa in direzione più liberale.
Per le farmacie si vuole abolire la prelazione dei comuni per l’apertura di nuove farmacie in certi siti, allargare il numero dei farmaci vendibili in esercizi commerciali, concedere pari opportunità ai parafarmacisti nell’apertura di farmacie e abbassare la soglia di numero di abitanti dei comuni ove valgono le norme liberalizzatrici da 12.500 a 5.000.
Sull’affidamento dei servizi pubblici in-house da parte dei comuni si prevede un parere non solo “obbligatorio” ma anche vincolante da parte dell’Antitrust, che presumibilmente sarà più severa degli enti locali nel giudicare le eccezioni alla regola dell’affidamento dei servizi in gara.
Inoltre, si vorrebbe togliere il limite degli sconti sui libri introdotti dalla legge Levi alle vendite online. Essendo la legge Levi un’assurdità , qualsiasi cosa ne diminuisca la portata è benemerita. Infine si ripristina l’immediata separazione societaria di Rete Ferroviaria Italia da Trenitalia.
Sono ottimi emendamenti, peccato che il Terzo Polo abbia già detto che è disposto a rinunciarci pur di far passare intonso il resto del decreto.
PARTITO DEMOCRATICO
Dal mio punto di vista è il caso più intrigante, perchè gli emendamenti del PD ne confermano la natura di Dr. Jekyll e Mr. Hyde in materia economica.
Ora, nessuno pretende che i Democratici diventino dei liberisti (o degli ultraliberisti, come viene definito con sgomento chi è a favore dell’economia di mercato), non è nella loro natura di partito (quasi) socialdemocratico.
Però se vogliono, come dicono, dare una mano alla spinta liberalizzatrice, dovrebbero distinguere tra cosa è tale e cos’è dirigismo a favore dei consumatori, favore che poi nemmeno si realizza.
Ad esempio, la portabilità gratuita del conto corrente da loro proposta, sembra una bella cosa, non fosse che se la banca ha dei costi per le operazioni di chiusura, li caricherà – in modo opaco- in altro modo ai correntisti.
Se si costringono le assicurazioni a concedere uno sconto al cliente che non ha incidenti (e non ad offrirlo liberamente come strumento di marketing), beh esse aumenteranno il prezzo della polizza in generale.
Inoltre cosa vuol dire che le banche non possono condizionare l’erogazione di un mutuo all’apertura di un conto corrente presso i propri sportelli?
Che hanno l’obbligo di contrarre? Tale obbligo vale per i monopolisti, non per le imprese in concorrenza.
L’equo compenso per i tirocinanti nelle professioni, poi, sarà sicuro elemento di contenzioso per intasare i nostri già stracolmi tribunali e porterà … all’assunzione di meno tirocinanti da parte di quei professionisti non benestanti che però offrivano al praticante almeno l’opportunità di imparare il mestiere portandosi a casa pochi soldi. Stessi rilievi critici possono esser fatti sui limiti alla partecipazione di soci di mero capitale alle società di professionisti.
Buoni sono altri emendamenti, invece.
Ad esempio sulla possibilità di aprire self-service di carburante anche in città , sull’accelerazione dei tempi della separazione tra rete e compagnia di trasporto delle FS o dell’istituzione dell’Autorità dei trasporti o della separazione tra Eni e Snam. Commendevole anche l’abolizione dei vincoli alla vendita dei farmaci di classe C e la semplificazione delle procedure per i concorsi per le nuove sedi di farmacie.
IDV E LEGA
In genere i due partiti ripropongono gli emendamenti restrittivi, magari con qualche chiusura in più.
Da notare la proposta della Lega di immediata privatizzazione della Rai, che sarebbe un buon viatico per la liberalizzazione del settore televisivo e la separazione tra Poste e Banco Posta avanzata dall’IdV che ne permetterebbe una più spedita privatizzazione.
Ecco, questa e la “pancia” dei partiti politici in Italia.
E non è una gran consolazione constatare che, se non verrà posta la fiducia, la stragrande maggioranza del Parlamento potrebbe ritrovarsi su alcuni emendamenti che restringono la libertà economica, ma quasi mai su quelli che lasciano più spazio alle forze di mercato.
Così la pensano i politici: la speranza è che la maggioranza dell’elettorato abbia idee diverse.
Chissà .
Alessandro De Nicola
(da “la Repubblica”)
argomento: economia | Commenta »
Febbraio 15th, 2012 Riccardo Fucile
UN QUARTO DELLE 2.300 RICHIESTE DI MODIFICA SONO STATE RESPINTE IN COMMISSIONE PERCHE’ TUTTE UGUALI… DAL PDL RAFFICA DI PROPOSTE SULLA NORMA CHE ABOLISCE LE TARIFFE DEI PROFESSIONISTI
Alla commissione Industria del Senato spetta il compito di leggere, analizzare e valutare gli emendamenti presentati dalle forze politiche al Dl sulle liberalizzazioni, le misure varate dal governo per favorire la concorrenza, volano di primaria importanza per rilanciare l’economia favorendo la qualità dei servizi, il merito, l’offerta.
Sul pacchetto, però, si è abbattuta una valanga di richieste di correzione: circa 2.300, ben 530 delle quali si sono rivelate praticamente identiche ad altre e sono state “scremate” dalla commissione che le ha ridotte prima a 1.770 e, dopo un ulteriore esame, a 1.570.
Un numero comunque esorbitante (specialmente rispetto agli auspici del premier Mario Monti che sperava in poche modifiche), tanto da indurre il presidente del Senato, Renato Schifani, a scrivere al presidente della commissione, Cesare Cursi, invitandolo “a esercitare una scrupolosa e rigorosissima valutazione dell’ammissibilità degli emendamenti sotto il profilo dell’attinenza al testo e alle finalità del provvedimento”.
Schifani spiega che intende limitare il dibattito alle “disposizioni oggetto del decreto, già in origine molto estese, ed evitare qualsiasi sconfinamento verso temi aggiuntivi ed estranei”.
Cursi, esponente del Pdl, si è impegnato affinchè nella discussione sul provvedimento non entrassero “di soppiatto” argomenti alieni ai temi delle liberalizzazioni.
In seguito all’ulteriore esame, così, altri 200 emendamenti sono stati eslcusi perchè, come ha spiegato Cursi, “estranei per materia”.
Quindi si scende ulteriormente a 1.570. Il presidente della commissione ha aggiunto che “il lavoro di ‘pulitura’ proseguirà sino a domani e che spunteranno certamente altre proposte inammissibili”.
Altri possibili tagli potrebbero arrivare dalla commissione Bilancio dall’esame sulla copertura finanziaria dele proposte.
Il grosso degli emendamenti è concentrato sulle misure che riguardano le categorie professionali a testimonianza della frenetica attività delle lobby in Parlamento.
Ben 180 proposte di modifica, ad esempio, riguardano l’articolo 9 del decreto che prevede tra l’altro l’abrogazione delle tariffe dei professionisti, il preventivo obbligatorio ed altre informazioni preliminari all’incarico, tutte misure contestatissime soprattutto dagli avvocati.
Molti degli emendamenti depositati sono abrogativi di alcuni commi dell’articolo, altri dell’articolo intero.
A presentarli sono stati soprattutto parlamentari del Pdl, ma non mancano richieste di modifica presentate da altri gruppi parlamentari: Lega Nord, Terzo Polo, Pd e gruppo misto.
(da “La Repubblica“)
argomento: economia | Commenta »