Febbraio 13th, 2012 Riccardo Fucile
IN COMMISSIONE INDUSTRIA SONO BEN 2.299 GLI EMENDAMENTI PRESENTATI DA PD E PDL… FUOCO DI SBARRAMENETO CONTRO L’ABOLIZIONE DELLE TARIFFE DEGLI ORDINI E L’OBBLIGO DI PREVENTIVO
Sono 2.299 gli emendamenti al decreto liberalizzazioni presentati in Commissione Industria del Senato, prima tappa della discussione sul disegno di legge voluto dal governo Monti per favorire lo sviluppo economico.
Molti sono diretti a cancellare o comunque disinnescare la riforma delle professioni, ma le richieste di modifica sono a tutto campo.
Il Pd rimette sul tavolo l’asta delle frequenze tv. I testi sono raccolti in sette volumi, ma parecchie proposte di modifica dovrebbero essere accorpate, in particolare i cosiddetti “emendamenti-fotocopia” dal contenuto identico, a volte presentati addirittura dal medesimo senatore.
Nei giorni scorsi il governo ha fatto capire di essere pronto a porre la fiducia se i provvedimenti di liberalizzazione delle professioni e dei servizi fossero stati stravolti dalla discussione in aula. Gli emendamenti presentati in Commissione arrivano in gran parte dalle forze che sostengono il governo.
L’opposizione ne avrebbe depositati meno di 300: circa 150 la Lega e 140 l’Idv. Dal Pdl ne arrivano 700, dal Pd 650, il resto da altri gruppi che sostengono l’esecutivo.
Una pioggia di emendamenti colpisce in particolare l’articolo 9 del disegno di legge, quello che riguarda le professioni regolamentate dagli albi.
Le proposte di modifica sono circa 200. Tra queste se ne segnalano sei tra Pdl, Lega e Coesione nazionale, che chiedono l’abrogazione totale dell’articolo.
Una decina di emendamenti dicono no all’abolizione delle tariffe.
Molte le proposte, soprattutto del Pdl, contrarie all’obbligo di preventivo.
Com’è sempre accaduto in occasione di tentativi di riforma, la lobby dei professionisti si fa sentire in Parlamento.
Oltre alla questione delle tariffe, emerge anche una richiesta di intervenire sulle norme relative ai tirocini con uno più stringente coinvolgimento dei Consigli nazionali degli ordini.
Torna alla ribalta la questione dell’asta frequenze tv: tra gli emendamenti figurano due proposte di correzione del Pd (firmate da Perduca, Poretti e Vita) che chiedono “una procedura di assegnazione su base onerosa” di una parte delle frequenze per le quali è invece previsto il meccanismo del ‘beauty contest’.
Negli emendamenti in questione si chiede anche di assegnare una quota delle frequenze “a condizioni agevolate” a imprese a gestione prevalentemente femminile o gestite da soggetti con meno di 35 anni di età .
Decisamente trasversale la richiesta di un limite alle commissioni bancarie, non superiore all’1,5 per cento, a carico degli esercenti nel caso di utilizzo di pagamenti elettronici, contenuta in emendamenti presentati dai senatori del Pd, del Pdl e del terzo Polo.
Ma le richieste di modifica abbracciano ogni settore: la proposta per favorire la diffusione dei mercatini dell’usato (Pdl), i cartelloni davanti ai supermercati con i prezzi medi dei prodotti ortofrutticoli, della carne e del pesce “da aggiornarsi settimanalmente” (Lega).
Sempre in materia di supermercati, tra le proposte di correzione depositate alla Commissione Industria del Senato, ci sono un paio di emendamenti (Pdl) che si occupano dei punti che vengono dati ai clienti con la spesa.
(da “la Repubblica“)
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Febbraio 13th, 2012 Riccardo Fucile
IMPRESE INSOLVENTI IN CRESCITA DEL 36%, NEGLI ULTIMI TRE MESI I PRESTITI DELLE BANCHE ALLE IMPRESE SONO CALATI DELL’1,5%… PER IL SISTEMA PRODUTTIVO UN COSTO AGGIUNTIVO DI 3,7 MILIARDI
Negli ultimi 3 mesi del 2011 i prestiti erogati dal sistema bancario alle imprese sono diminuiti del -1,5%
e a dicembre del 2,2%.
Lo evidenzia la Cgia di Mestre, affermando che “ci troviamo di fronte ad una vera e propria stretta creditizia”.
Le insolvenze in capo alle aziende nel 2011 hanno superato gli 80 miliardi (+36% rispetto al 2010).
Secondo la Cgia questi dati confermano che “le banche hanno chiuso i rubinetti del credito ed in una fase recessiva, come quella che stiamo vivendo in questo momento, corriamo il rischio che il nostro sistema produttivo, costituito prevalentemente da piccole e piccolissime imprese, collassi”.
Nel 2011 l’ammontare complessivo dei prestiti erogati alle imprese ha superato i 995 miliardi di euro, con una crescita del 4%, che però – nota la Cgia – resta inferiore alla progressione dell’inflazione, aumentata del 3,3%.
“Oltre alla stretta creditizia – rileva il segretario Cgia, Giuseppe Bortolussi – nel 2011 le imprese hanno dovuto subire anche un forte aumento dei tassi di interesse che si è tramutato in un costo aggiuntivo per l’intero sistema produttivo pari a 3,7 miliardi di euro”.
Tuttavia, prosegue la Cgia, va ricordato che le ragioni di questa contrazione dei finanziamenti sono in parte riconducibili anche all’aumento delle sofferenze bancarie registrato dalle aziende. “Nel 2011 – conclude Bortolussi – le insolvenze in capo alle imprese italiane hanno toccato gli 80,6 miliardi di euro, con un incremento rispetto l’anno precedente del +36%. Questa situazione ha sicuramente indotto molti istituti di credito a ridurre i prestiti soprattutto a quelle realtà produttive che non erano più in grado di dimostrare una certa affidabilità “.
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Febbraio 13th, 2012 Riccardo Fucile
LAVORO, PARITA’ E STOP ALLA VIOLENZA, LE NUOVE SFIDE… IN DODICI MESI DIVERSI OBIETTIVI SON STATI RAGGIUNTI MA IL PERCORSO E’ APPENA INIZIATO
Per l’Italia fu un fatto inedito e inaudito: mai si erano viste un milione e mezzo di donne (ma anche parecchi uomini) in piazza in 230 città del paese, unite per chiedere dignità e rispetto in un momento in cui, ogni giorno, venivano calpestati dalla cronaca politica.
Inedito anche che una tale mobilitazione fosse stata organizzata in tre settimane senza partiti, senza sindacati, senza formazioni politiche, ma grazie al tam tam telefonico e sul web di alcune donne che avevano intercettato il sentimento del paese e che in breve erano state capaci di coinvolgere migliaia di lavoratrici e precarie, donne laiche e cattoliche, giovani e anziane, di destra e di sinistra, e anche uomini.
Era il 13 febbraio 2011. Quel giorno ha segnato, nella storia recente dell’Italia, l’inizio della fine dell’era berlusconiana ma anche il definitivo riconoscimento pubblico del grande patrimonio di esperienza, sapere, pratica del femminismo italiano.
E lo slogan di quella manifestazione, “Se non ora quando” (Snoq), è diventato il simbolo e la sigla di una nuova realtà , la prima rete di donne, dove oggi operano associazioni che lavorano già da anni, come Filomena, Di Nuovo, Usciamo dal silenzio e molte altre, ma anche donne di diversa estrazione e provenienza: artiste come Cristina e Francesca Comencini, docenti universitarie come Serena Sapegno e studentesse, donne di destra come Flavia Perina, cattoliche come Silvia Costa.
Al compimento del primo compleanno Snoq vanta già sedi e comitati in tutta Italia (perchè il rispetto delle esperienze sul territorio è una delle forze da non disperdere); ha organizzato i primi Stati Generali delle donne italiane 6 (lo scorso luglio a Siena) e una seconda manifestazione a Roma 7 (l’11 dicembre) per ribadire al nuovo governo Monti, fresco di insediamento, che “le donne sono una risorsa del paese, necessaria per uscire dalla crisi, che senza le donne non si va da nessuna parte”.
Soprattutto Snoq è diventato un progetto politico femminile che intende dialogare con le forze politiche e imporre nell’agenda del governo i temi delle donne: a cominciare dalla conciliazione dei tempi casa-lavoro, ai servizi, a una riforma del welfare che non faccia pagare solo alle donne il peso della crisi.
“Vogliamo contare nelle decisioni politiche”, dicono a Snoq che per questo ha avviato una serie di colloqui ufficiali con la politica a partire dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, al ministro Fornero e Susanna Camusso, segretario generale della Cgil.
Ma non basta, per il futuro Snoq vuole “segnare una nuova stagione politica con la nostra forza, contare sulla scena pubblica”.
E dunque, oltre a proseguire l’attività dei comitati territoriali (a Bologna lo scorso 10 e 12 febbraio è stato organizzato un convegno sul lavoro, presto ce ne sarà un altro a Milano sulla rappresentanza), Snoq ha lanciato per i prossimi mesi quattro fronti di impegno: “La battaglia per una effettiva democrazia paritaria nei luoghi dove si decide”; la richiesta del “50-50” (metà uomini metà donne) dalla politica ai consigli di amministrazione.
Altro punto di impegno quello sul lavoro (in Italia l’attività femminile si stima intorno al 47 per cento) e sulla “rappresentazione” della donna, in particolare nei mass media, che spesso restituiscono una immagine femminile che non corrisponde alla realtà .
Infine, strettamente collegato a questo, il dramma della violenza maschile sulle donne.
“Vogliamo avviare – dicono a Snoq – una campagna di conoscenza nelle scuole e nelle università , nei luoghi di cultura perchè la violenza si combatte cambiando la mentalità , la cultura che fa della donna un possesso maschile”.
In collaborazione col ministero dell’Istruzione, delle Pari Opportunità e degli Interni verranno organizzati incontri e spettacoli in particolare per i giovani “perchè è ora di aprire in Italia la ‘questione maschile’: è arrivato il momento che fidanzati, padri, amici, colleghi inizino una riflessione sui propri comportamenti, come le donne hanno fatto ormai da anni: se non ora quando?”.
Vale anche per gli uomini.
Anna Bandettini
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 13th, 2012 Riccardo Fucile
PARLA ROMANA BLASOTTI PAVESI, PRESIDENTE DEL COMITATO FAMILIARI DELLE VITTIME
“Chissà se il signor Stephan Schmidheiny che si picca di essere un filantropo ci hai mai pensato davvero
a tutti i morti che ha fatto la sua azienda. Me lo chiedo ogni giorno, in particolare ogni volta che al nostro comitato arriva la notizia che hanno scoperto un nuovo malato o che qualcun’altro se n’è andato, ucciso dall’amianto…” dice Romana Blasotti Pavesi, 83 anni, presidente del Comitato Familiari Vittime dell’Amianto di Casale e Cavagnolo.-
Pensi che nell’83 non solo io ma neanche il mio medico di famiglia sapeva che cosa fosse il mesotelioma pleurico. E ora invece a Casale sono arrivati persino dal Giappone per capire come fare le bonifica per eliminare questa peste del polverino…”.
Che cosa le ricorda il 1983?
“E’ l’anno in cui ho perso Mario, mio marito. Aveva lavorato nello stabilimento dell’Eternit per 18 anni. Quando si ammalò era in pensione da due mesi. Il mesotelioma l’ha ucciso prima che potesse compiere sessantuno anni. La sua morte è stata solo l’inizio. Nel 2000 è mancata mia sorella, nel 2003 suo figlio che aveva solo 50 anni e una mia cugina e nel 2004 mia figlia che non ha superato la cinquantina. E nessuno di loro aveva mai lavorato nello stabilimento”.
Si dice che le vittime dell’amianto siano così tante da non poterne fare un elenco preciso. E’vero?
“Si. In più nonostante la ricerca che ormai va avanti da anni è ancora impossibile capire la reale fisionomia di questo maledetto mesotelioma. Non c’è un caso che assomigli all’altro, ogni malato ha una storia particolare. Di certo si continua a morire d’amianto qui a Casale. Nel 2011 tra malati e vittime abbiamo contato 58 casi. Negli anni scorsi eravamo sempre rimasti sotto la soglia dei cinquanta. Ora abbiamo registrato questa impennata…”.
Nonostante la bonifica?
“La fabbrica è stata aperta nel 1907 ed è rimasta in funzione sino al 1986. Si immagini quanto tempo ha avuto per avvelenare l’ambiente. La bonifica è iniziata nel 2000 e si è conclusa nel 2006 ma, a mio parere, ha ripulito soltanto il cinquanta per cento della città . Un anno fa in una scuola superiore dove già erano stati eseguiti dei lavori di bonifica sul tetto si è scoperto per caso che l’amianto era ancora sotto i pavimenti. Per anni la gente, ignorando il pericolo, ha fatto le vacanze su una spiaggia sulla parte destra del Po che era in realtà il deposito delle scorie di lavorazione scaricate nel fiume”.
L’ultima sua battaglia è stata contro la decisione della giunta di accettare il risarcimento proposto dal signor Schmidheiny. Perchè l’amministrazione comunale in un primo momento aveva deciso di accettare quei soldi?
“Non sono mai riuscita a capirlo. So solo che il nuovo sindaco quando ha deciso di farlo mi ha avvisato e quel giorno mi ha detto che fortunatamente l’amianto aveva risparmiato la sua famiglia. La giunta però aveva preso una decisione che andava contro quello che voleva la città . In tutti questi anni non ho mai pensato una sola volta al risarcimento: come tutti coloro che a loro spese hanno capito la pericolosità dell’amianto ho avuto un unico obiettivo, quello di far capire al mondo il rischio di certe produzioni industriali”.
Dopo una vita passata a lottare che cos’ha imparato?
“Che la vita è il bene più prezioso che ci sia. E che non c’è nulla che possa giustificare uno stillicidio di morti come è accaduto a Casale. Non ci sono profitti, non ci sono soldi che possano rendere comprensibile la strage che ha fatto quella fabbrica dove avevano appeso cartelli che vietavano il fumo perchè “cancerogeno”. Ecco cosa ho imparato…”.
Meo Ponte
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 13th, 2012 Riccardo Fucile
ATTACCHI ALLA INTELLIGHENZIA CITTADINA, A DON GALLO, AL PARTITO MASCHILISTA…POI SI PARAGONA A IPAZIA, MA DIMENTICA LA NOMENKLATURA CHE L’HA APPOGGIATA
«Nessuno ha digerito il Pd, bravi tutti». Il sindaco di Genova Marta Vincenzi, dopo aver attaccato il Pd per non averle confermato la fiducia, appoggiando la sua ricandidatura dopo 4 anni di governo della città , se l’è presa con gli intellettuali borghesi che, secondo il primo cittadino, avrebbero sostenuto Marco Doria (il candidato di Sel, vincente) alle primarie del centrosinistra.
«La cultura, mi raccomando! I nostri intellettuali, i loro giovani studenti, le firme dei giornalisti, la buona borghesia!», ha scritto ironicamente sulla sua pagina Twitter.
E ancora: «Se una donna ti fa pagare il parcheggio dell’auto in doppia fila a cui non rinunci è davvero una megera!»; «Sono come delle lavandaie che litigano. Volgari. Se un uomo va in bicicletta e non dice niente è così carino!»; «Le donne che scendono in piazza fanno piazzate». «Se un uomo si incatenerà per Fincantieri sarà un gesto maschio ed eroico. È sgradevole vedere una donna che scende in piazza». «Vuoi mettere come è rassicurante e linguisticamente corretto avere un sindaco!»; «Almeno è finito il tormentone linguistico! Si torni all’antico: sindaca, sindachessa, la sindaco… Che orrore!».
Nel suo lungo sfogo, il sindaco del capoluogo ligure si è poi paragonato a Ipazia, la matematica e filosofa di Alessandria d’Egitto uccisa nel V secolo da una folla di cristiani in tumulto: «A Ipazia – ha affermato Vincenzi – è andata peggio. Oggi le donne – ha sottolineato – riescono a non farsi uccidere quando perdono» ma «ci mettono secoli a far riconoscere il valore della propria intelligenza».
«Da maggio – ha aggiunto il primo cittadino – non ci sarà più un sindaco donna in nessuna grande città italiana nè di destra nè di sinistra ma con qualche assessorato si risolverà tutto.
Del resto – chiede con sarcasmo Vincenzi – una donna cosa ne capisce? Penserà mica di essere meglio degli amministrativisti che l’hanno preceduta?».
Il sindaco del capoluogo ligure ha infine fatto riferimento ad alcune scelte compiute in questi anni, criticando Don Andrea Gallo, che aveva appoggiato la candidatura di Doria: «Basta -ha dichiarato – con ‘sta fissa delle infrastrutture, di Smart cities. Vuoi mettere come è meglio parlare di beni comuni? Specie se benedice Don Gallo. A proposito – conclude Vincenzi – chissà dove sarebbe stato Don Gallo al tempo di Ipazia?».
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Febbraio 13th, 2012 Riccardo Fucile
LA DECISIONE DEL TRIBUNALE ATTESA DAI FAMILIARI DI 3.000 VITTIME, IN AULA GRIDA, LACRIME E APPLAUSI… RISARCIMENTO DI 30.000 EURO PER OGNI FAMILIARE
Il Tribunale di Torino ha condannato a 16 anni di carcere ciascuno il miliardario svizzero Stephan
Schmidheiny, 65 anni, e il barone belga Louis De Cartier, 91 anni. La procura chiedeva 20 anni per ognuno dei due imputati che furono a capo della multinazionale Eternit.
I due rispondevano di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche.
Il tribunale ha anche stabilito un risarcimento di 30mila euro per ogni familiare di vittima dell’amianto al processo Eternit.
La sentenza è stata pronunciata dal giudice Giuseppe Casalbore. In aula alla lettura della sentenza grida, lacrime e applausi dei familiari delle vittime. La maxi aula era piena fino all’inverosimile.
Il dispositivo fa però una distinzione tra gli stabilimenti italiani, dichiarandoli colpevoli per quanto riguarda Casale Monferrato e Cavagnolo (Torino), mentre il reato sarebbe estinto per prescrizione per gli stabilimenti di Rubiera, in Emilia Romagna, e Bagnoli, in Campania.
Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier erano entrambi ex manager ai vertici della multinazionale dell’amianto. Il Presidente del Tribunale Giuseppe Casalbore è passato poi ad elencare gli indennizzi a favore delle parti civili, che sono alcune migliaia
L’aula era pienissima di giornalisti, di fotografi, videoperatori.
Al palazzo di giustizia di Torino sono arrivati 26 pullman, non solo da Casale Monferrato, dove si è registrato il maggior numero di vittime, colpite dal mesotelioma pleurico o dall’asbestosi, ma dal resto del paese e dalla Francia, dove si sono verificate tragedie analoghe.
Tre maxi aule sono state aperte per ospitare le oltre mille persone arrivate per ascoltare il verdetto del più grande processo mai celebrato in Italia, e non solo – 160 le delegazioni da tutto il mondo – per l’amianto.
Le parti civili erano 6392, quasi tremila i morti e i malati per la fibra killer, almeno 2300 le vittime negli stabilimenti italiani, a partire dal 1952, di Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Millecinquecento sono i morti a Casale, lo stabilimento più grande in Italia, chiuso nell’86.
Il pool dell’accusa, composto da Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli, in 62 udienze, dal 2009, ha dimostrato, secondo i giudici di primo grado, come i capi della Eternit, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, avessero continuato – pur sapendo che l’amianto uccide – a mantenere operative le fabbriche per fare profitto.
E che avrebbero omesso di far usare tutte quelle precauzioni – come l’uso delle mascherine o dei guanti – per evitare che migliaia di persone si ammalassero di tumore al polmone o di absestosi.
Durante l’arringa finale Guariniello ha chiesto 20 anni per ognuno dei due imputati, che non si sono mai presentati al processo.
La loro difesa, rappresentata dagli avvocati Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva per Stephan Schmidheiny, e da Cesare Zaccone per Louis De Cartier, sosteneva che entrambi sono innocenti, che all’epoca dei fatti non si sapeva quanto fosse nocivo l’eternit e che, infine, troppi anni sono passati da allora affinchè oggi si possa preparare una difesa equa: mancherebbero i documenti e le testimonianze.
Secondo l’accusa il gruppo svizzero della famiglia Schmidheiny fu ai vertici della Eternit dal 1972 al giugno dell’86, dal ’52 al ’72 invece l’azienda faceva capo – secondo i pm – alla famiglia Emsens e al barone Louis de Cartier, formalmente presente nel consiglio di amministrazione dal ’66 al ’72.
«Comunque vada è un processo storico» aveva detto il pm Raffaele Guariniello, appena arrivato nella maxi aula uno.
«È il più grande processo – ha aggiunto – nel mondo e nella storia in materia di sicurezza sul lavoro. C’è stato un grande interesse da parte di tutti i paesi in cui si è lavorato l’amianto. Questa è la dimostrazione che si può fare un processo. Bisogna lavorare per fare giustizia, noi abbiamo avuto aiuto da tutte le istituzioni».
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Febbraio 13th, 2012 Riccardo Fucile
FAMIGLIE GRECHE RIDOTTE ALLO STREMO, IN BILICO LE MISURE SULLE PENSIONI… DISMISSIONI DEL PATRIMONIO STATALE PER 4,5 MILIARDI
Privatizzare, tagliare pensioni e salari, licenziare i dipendenti pubblici, rifinanziare le banche, chiudere i rubinetti della sanità , della difesa, degli enti locali e della politica per salvare la Grecia dal fallimento.
Quello che il governo ha approvato è un piano di tagli alla spesa pubblica e di future dismissioni del patrimonio statale da 4,5 miliardi, che comporta gravi sacrifici per tutta la popolazione. Tuttavia, questa drastica manovra consentirà al Paese di andare avanti e di ricevere la liquidità con cui rimborsare a marzo quei 14,5 miliardi di obbligazioni governative che sono in scadenza. Senza il pacchetto di aiuti da 130 miliardi, patteggiato in cambio del piano di austerity, la Grecia sarebbe infatti andata in default e di conseguenza sarebbe uscita dall’euro.
Se, quindi, ancora per il 2012, i conti della Grecia saranno in rosso, dopo questa drastica cura fatta di tagli e privatizzazioni, il governo di Atene dovrebbe registrare un surplus di 3,6 miliardi già a partire dal prossimo anno.
Salario minimo.
Una radicale riforma del mercato del lavoro, con una profonda deregulation e una diminuzione di oltre il 20% del salario minimo garantito.
Questo in sintesi l’impegno che è stato preso per riuscire a spuntare un piano di aiuti dall’Europa che permetta alla Grecia di evitare il default e di non uscire dall’euro.
Si tratta della misura che più ha irritato i greci, anche perchè con la nuova legge sarà molto più facile portare avanti maxi piani di licenziamento. Tra tagli ai salari e ai posti di lavoro, Atene conta di risparmiare circa 3,3 miliardi di euro solo quest’anno. Poi il governo dovrà anche intervenire sulle pensioni, con delle misure ad hoc.
Tagli e riforme.
Tra le molte voci di spesa che sono state ridotte, è previsto un risparmio da 1,1 miliardi del ticket relativo ai prodotti farmaceutici, minori spese per la sanità , l’abolizione delle regole restrittive sulle guide turistiche, l’apertura del mercato energetico agli investimenti stranieri.
Non solo: tagli alla difesa per 300 milioni di euro, diminuzione delle spese elettorali di 270 milioni, riduzione degli investimenti pubblici per 400 milioni.
Alla fine di tutto questo, il governo si è inoltre impegnato a racimolare 300 milioni supplementari di tagli, che devono ancora essere identificati e concordati insieme con la Ue, la Bce e l’Fmi.
Privatizzazioni.
Verranno messi in vendita i gioielli appartenenti allo Stato, come le quote pubbliche delle società petrolifere e del gas, quelle dell’acqua e delle lotterie.
Entro la fine dell’anno Atene dovrebbe raccogliere 4,5 miliardi da operazioni di cessione, vale a dire 3 miliardi in più rispetto agli 1,5 miliardi che è riuscita a racimolare fino ora.
Entro la fine del 2015, l’obiettivo è ancora più ambizioso e punta di incassare grazie alle privatizzazioni ben 15 miliardi di euro. Secondo la bozza del documento iniziale, l’obiettivo di medio-lungo termine era invece raccogliere dalle privatizzazioni 50 miliardi di euro.
Statali.
Dopo aver chiesto ai privati cittadini pesanti sacrifici, anche i dipendenti pubblici dovranno pagare il loro dazio.
Sono previsti infatti 15mila licenziamenti nel settore pubblico, ovvero il 10% dei tagli al personale della pubblica amministrazione da realizzare entro il 2015, e che rientrano nei piani di risparmi nella sanità , negli enti locali, nella difesa e nei costi della politica in generale.
Per il 2012 il governo stima di risparmiare 3,3 miliardi di euro solo grazie ai nuovi licenziamenti e al taglio dei salari.
L’effetto combinato di questi fattori, insieme alla riforma del mercato del lavoro e al piano di austerity, riporterà i conti dello stato in surplus già nel 2013 .
Banche.
Grazie agli aiuti pubblici, le banche greche e i risparmi dei loro clienti sono salve.
Gli istituti ellenici che devono far fronte a 17 miliardi di euro di perdite, legate alla svalutazione del debito sovrano, dovranno raggiungere un indice del patrimonio di base (core Tier 1) del 9% entro settembre.
Ma l’obiettivo degli istituiti ellenici di medio termine è quello di arrivare a un Core Tier 1 del 10% entro la fine di giugno del prossimo anno. Inoltre le banche che si trovassero ad avere ancora bisogno di capitale potranno chiedere un aiuto allo Stato per ottenere nuovi finanziamenti, in cambio dovranno emettere titoli pubblici greci o bond convertibili.
Prestiti.
In cambio di questa nuova ondata di privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, la Grecia potrà prendere in prestito fino ad un massimo di 35 miliardi dal fondo temporaneo salva Stati (Efsf). Con questa liquidità il governo di Atene potrebbe finanziare il riacquisto dei bond sovrani offerti nell’Eurozona, con obbligazioni emesse dall’Efsf. I prestiti greci sono infatti spazzatura, e senza gli aiuti Ue non avrebbero più valore.
Solo a marzo andranno a scadenza 14,5 miliardi bond greci, che dovranno essere rimborsati.
A fronte delle manovre concordate con l’Ue, la Bce e l’Fmi, la Grecia riceverà un piano di aiuti complessivo da ben 130 miliardi di euro.
Sara Bennewitz
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 13th, 2012 Riccardo Fucile
MARCO DORIA 46%, MARTA VINCENZI 27,5%, ROBERTA PINOTTI 23,6%… CALANO DI 10.000 UNITA’ I VOTANTI, SCONFITTE CLAMOROSAMEMTE LE DUE PRIMEDONNE DEL PD GENOVESE, IN LITE PERENNE
E’ Marco Doria, l’outsider sostenuto da Sel, il candidato sindaco del centrosinistra a
Genova.
Doria ha sconfitto il primo cittadino uscente Marta Vincenzi e la senatrice Roberta Pinotti, entrambe del Pd.
Con tutti i voti scrutinati per le primarie del centrosinistra, Doria è arrivato al 46%, con un vero e proprio plebiscito nella città vecchia: nel seggio del Ghetto ha toccato addirittura la soglia del 70%.
Nel complesso, la Vincenzi è arrivata al 27,5%, la senatrice Pinotti al 23,6%, Angela Burlando all’1,1%, Sassano all’1%.
In totale hanno votato 25.090 persone, circa 10.000 in meno che nelle precedenti primarie.
Marta Vincenzi, sindaco di Genova, ha detto di essere «amareggiata», ma che «a volte si vince e a volte si perde» e che il voto di oggi è un ulteriore «segno della voglia di cambiamento».
Poi ha fatto capire di volere vedere «il programma di Doria», prima di confermargli il suo sostegno.
Roberta Pinotti, altra candidata del Pd alle primarie e grande sconfitta quando tutti la davano in vantaggio sugli altri due candidati, ha ammesso: «Non me l’aspettavo».
Poi ha confermato la sua «fiducia nelle primarie e nelle scelte degli elettori». Però ha anche detto: «Non mi sembra di avere sbagliato, evidentemente Genova aveva bisogno di un cambiamento».
“Mi aspettavo che ci fosse una rispondenza a una candidatura seria – le prime parole di Doria – La differenza a mio vantaggio è stato un modo diverso di porgersi. Ora mi aspetto l’appoggio delle sconfitte, rispettando il patto stabilito tra di noi. Per Genova non è un cambiamento di volto, ma dobbiamo ai cittadini quello che ci hanno chiesto: serietà e concretezza della politica”.
Nato a Genova il 13 ottobre 1957, nel 1995 ottiene un posto da ricercatore universitario in storia economica alla Facoltà di Economia dell’Università di Genova.
Diventa poi professore associato, sempre in storia economica, e nel 2010 vince un concorso da professore ordinario, continuando a lavorare nell’Ateneo genovese.
I volti dei dirigenti del Pd sono terrei: il segretario provinciale del Pd Victor Rasetto è ad un passo dalle dimissioni e, almeno formalmente, farà altrettanto il segretario regionale Lorenzo Basso.
Il Pd si è liquefatto da solo con le due candidature e il suicidio è iniziato nel momento in cui, caso unico in Italia, è stata messa in discussione. la conferma del sindaco uscente.
Sventolano invece sciarpe e bandiere arancioni in salita Santa Caterina, sede del point di Marco Doria, dove dicono che “anche su Genova sta soffiando il vento che ha già rovesciato Milano e Cagliari. Ci abbiamo creduto dal primo istante e abbiamo fatto bene”.
Il commento del nostro direttore
Sbaglierebbe chi liquidasse la “sorpresa” dell’affermazione di Marco Doria alle primarie del Centrosinistra genovese con la constatazione che la somma dei voti delle sue due “avversarie” è superiore a quelli da lui raccolti.
Perchè Vincenzi e Pinotti sono così diametralmente opposte, come bacino elettorale interno al Pd, che non è detto che una sola di loro avrebbe aggregato tutti i consensi dell’altra.
E un eventuale “terzo”candidato di peso che avrebbe potuto essere imposto da Bersani per placare la lite perenne tra le due primedonne del Pd genovese non avrebbe mobilitato in ugual misura le due fazioni.
Senza contare che Bersani non ha avuto neanche la forza di proporlo.
Marco Doria ha stravinto perchè ha saputo interpretare la domanda di cambiamento che peraltro pervade trasversalmente la società civile genovese, sia essa orientata a destra che a sinistra.
Una città preoccupata, colpita dalla crisi economica, con settori chiave come porto, terziario e cantieristica in grave difficoltà .
Mentre la Vincenzi rappresenta la “vecchia nomenklatura” del Pd genovese e la Pinotti gli interessi dei “poteri forti”, Doria ha saputo, con parole semplici e dirette, tratteggiare un modello di città e fare riferimento a valori.
Aiutato da consiglieri di livello (a differenza dei bolsi burocrati che appoggiavano le due pretendenti al trono) e da teste pensanti come Silvio Ferrari.
Diciamolo chiaramente: se fossimo di sinistra, non avremmo che potuto votare per Marco Doria.
Ma i primi commenti del centrodestra genovese non lasciano molta speranza a dimostrazione dell’arretratezza culturale, prima che politica, di una classe dirigente “vecchia dentro”.
Già immaginiamo la solita campagna elettorale da “becerodestra” contro il “pericolo comunista” rappresentato da Marco Doria (più vicino a Sel che al Pd), con variazioni sulla sua amicizia con don Gallo, il pericolo dei centri sociali che metterebbero a ferro e fuoco la città , moschee che sorgerebbero in ogni quartiere e compagnia cantando: la solita “summa teologica” di stronzate con cui, non a caso, da decenni il centrodestra locale perde costantemente ogni elezione.
Temi con i quali, se ti va bene e se metti insieme tutti i beceropartiti, arrivi a malapena al 40% di consensi.
In questo caso poi pare che Il Pdl andrà da solo, la Lega per conto suo, il terzo Polo, diviso pure al suo interno, con un candidato, Enrico Musso, docente universitario come Marco Doria, che rischia di apparire già obsoleto.
Sia perchè è al suo secondo tentativo di scalata a sindaco, sia perchè è imbalsamato da un entourage di sepolcri imbiancati.
La sinistra a Genova va incalzata, ma a destra il più sveglio sonnecchia, il meno vispo è rincoglionito.
Ricordiamo quando organizzammo una civile contestazione a Roberta Pinotti, in occasione della sua lussuosa festa di compleanno alla modica spesa di 30.000 euro, in una esclusiva villa a noleggio in Riviera.
Il popolo della sinistra venuto a conoscenza, grazie a noi, dell’eccessivo sfarzo e degli invitati del gotha finanziario locale, storse il naso.
La vicenda finì sui giornali locali e nazionali, con grande imbarazzo del Pd. Colpita e affondata? Forse.
Ma non possiamo dimenticare chi prese le sue difese con dichiarazioni demenziali alla stampa che, al di là della libertà di opinione, dimostrarono i limiti politici di certa pseudo-destra locale: tra gli altri, gli attuali responsabili regionali e provinciali di Fli, e non solo.
Ieri qualcuno a sinistra ha detto che la Pinotti ha perso per la sua simbiosi con i poteri finanziari locali, ma guarda un po’.
Le stesse cose che avevamo reso evidenti noi, con la nostra azione, ostacolati però proprio dal centrodestra.
Morale finale: Marco Doria, come Pisapia a Milano, non lo batti con un tiro da fuori scontato, devi sapergli mordere le caviglie, giocando nella sua metà campo, togliendogli argomenti, sapendo interpretare meglio di lui il vento che cambia, anticiparlo, spiazzarlo su temi che la sinistra pensa di sua esclusiva proprietà .
Lavoro, ambiente, precariato, verde pubblico, città a misura d’uomo, cultura, valori di riferimento, efficienza della macchina comunale, tagli ai costi della politica, allontanamento della ‘ndrangheta dal Palazzo e dagli appalti, tanto per citarne alcuni.
Una destra a-sociale che sa solo rappresentare gli interessi di pochi è già arrivata al capolinea ancor prima di iniziare la corsa.
Tanto vale che scenda e si sieda su una panchina dei giardinetti.
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Febbraio 13th, 2012 Riccardo Fucile
SONO APPENA 224 SU 945 I DEPUTATI E I SENATORI CHE HANNO CONCESSO LA LIBERATORIA PER SUPERARE L’OSTACOLO DELLA PRIVACY… RECORD DI ADESIONI DAL PD: 139… IL PDL SI FERMA A 42, I LEGHISTI SONO APPENA 4
Solo 224 parlamentari su 945, cioè uno su quattro, sono disposti ad alzare il velo sui loro patrimoni e redditi, accettando che siano pubblicati online sul sito di Camera e Senato.
In questo modo sono in grado di consultarli tutti i 50.276.247 elettori e non solo (com’è ora) quelli – pochissimi – che si recano negli uffici del Parlamento per prenderne visione su documenti cartacei.
L’operazione trasparenza via web, promossa dalla deputata radicale Rita Bernardini, ha trovato, però, la resistenza dei Questori, che s’erano opposti appellandosi ad argomentazioni giuridiche.
Il presidente Fini ha poi deciso di consentirne la pubblicazione previa la sottoscrizione
di una liberatoria.
Ma appena una piccola parte di senatori e deputati ha accettato di firmarla: 139 del Pd, 42 del Pdl, 4 della Lega Nord, 12 dell’Idv, 8 dell’Udc, 5 di Fli e i restanti del Gruppo Misto.
Ecco alcuni dei parlamentari che hanno acconsentito alla pubblicazione dei propri patrimoni
Brunetta
Da Ravello alle Cinque Terre proprietà con panorama-mare
Inizia la legislatura – ancora single – vantando una casa con terreno a Ravello (Salerno), una a Monte Castello di Vibio (Perugia), una a Roma e un’altra a Venezia.
Viaggia, a scelta, su una Fiat 500 del ’68, su una Lada Niva o una Jeep Wrangler.
Esibisce un 740 da 228 mila euro.
Nel 2009, mentre è ministro della Funzione pubblica, acquista per 40mila euro una casa di 40 metri quadri, con giardino di 400 (da ristrutturare), a Riomaggiore, alle Cinque Terre (La Spezia).
Il reddito negli anni successivi passa a 182 mila, 310 mila e 279 mila.
Veltroni
Un reddito super fino al 2007 poi nel 2011 scende a 136 mila
Walter Veltroni viene eletto nel 2008 presentando un reddito 2007 invidiabile, 477 mila euro. Paga 198mila euro di tasse.
Con ogni probabilità , agli emolumenti politici si sommano le royalty delle vendite dei suoi libri. Una volta eletto, l’imponibile dell’ex segretario democratico ha un brusco calo, quasi si dimezza passando nel 2009 (relativo all’anno prima) a 238mila mila e a 214mila l’anno successivo.
Ma nel 2011 (rispetto al 2010), il reddito si riduce a 136 mila.
Maroni
Una casa a Varese, un terreno anche una barca per l’ex ministro
Tra i “beni mobili iscritti in pubblici registri” di proprietà di Maroni Roberto-Ernesto risultano, nel 2008, una barca di sedici metri (una quota del 33%) immatricolata nel 1980, due Fiat Panda e un’Audi A4.
Dichiara fabbricato più terreno a Lozza, vicino a Varese, e dichiara un imponibile di 220 mila euro (di cui 90 da lavoro autonomo).
Negli anni successivi acquista un immobile a Varese con la consorte. E vende un’auto. Mentre è ministro non esercita la professione di avvocato, e dunque il reddito scende a 170 mila euro.
Bersani
Il leader pd a quota 137 mila euro e allega lo stipendio della moglie
Pier Luigi Bersani dichiara nel 2008 50 mila euro di spese elettorali per approdare alla sedicesima legislatura.
Il segretario Pd pare non amare le auto made in Italy visto che dichiara due auto d’Oltralpe (Renault Megane e Twingo).
Il suo reddito oscilla da 163mila euro nel 2007, a 150, 137 e 136 mila negli anni successivi.
Il politico democratico allega al suo anche il 740 della moglie, che ha un reddito complessivo di 15mila euro.
Al netto delle tasse, la signora Bersani guadagna all’incirca mille euro al mese.
Di Pietro
Un appartamento a Bruxelles e investimenti a Montenero
Antonio Di Pietro, nel 2008, denuncia di possedere sei fabbricati, uno persino a Bruxelles (ma solo al 50%), uno a Curno (Bg), e poi a Montenero di Bisaccia (Cb).
L’appartamento a Milano è di una Srl, Antocri, di cui è proprietario.
Viaggia su una Hyundai Santa Fè, dichiara 219mila euro, ed ha 26mila azioni Enel.
Negli anni successivi cessa l’usufrutto dei fabbricati a Bergamo e Milano, vende Curno, compra e vende terreni e fabbricati nella sua zona natia.
E si libera della Santa Fè.
Il suo reddito si assesta alla fine intorno ai 190mila euro.
Bonino
Immobili e 217 mila euro di reddito ma il 70 per cento va ai Radicali
Emma Bonino, stando al suo stato patrimoniale, nel 2010 ha incassato un reddito complessivo di 217 mila euro (compresa la pensione da parlamentare europea di 17 mila euro).
Di questi, però, ne ha versati al partito Radicale, stando alla documentazione presentata, 158 mila.
Per essere eletta, ha speso 447 euro in volantini.
Il suo patrimonio immobiliare è composto da un negozio a Roma, in piazza della Malva, un fabbricato a Roma, un box a Bra (Cn), e una casa ad Alassio, in Liguria.
Casini
Azioni del Monte dei Paschi e quote in sei fabbricati
Pier Ferdinando Casini, appena eletto, dichiara 150mila euro e di essere proprietario di sei fabbricati (ma in quote che vanno da un sesto al 50%), a Bologna.
Nel 2008 ha 489 azioni San Paolo, 115 Unicredito Italiano e 400 della Banca Alto Reno Lizzano in Belvedere.
Ma negli anni successivi il leader Udc incrementa il suo portafoglio azionario acquistando 13 mila azioni del Monte dei Paschi di Siena.
E svariati titoli stranieri: dai tedeschi Solarword, Basf e Siemens ai francesi Peugeot e Citroen, dagli spagnoli della Telefonica Sa ai lussemburghesi D’Amico Shipping Luxemburg.
Della Vedova
Un rustico da 200 metri, azioni e un reddito da 126 mila euro
Benedetto Della Vedova (uno dei quattro di Fli ad aver accettato la pubblicazione online dei dati fiscali), nel 2008 dichiara di aver un rustico a Tirano, vicino a Sondrio, un alloggio a Milano di sessanta metri quadri e una Fiat Croma. Dichiara 126 mila euro.
Gli anni successivi acquista una Sedici, il rustico cresce da 75 a 200 metri quadri, e il portafoglio azionario s’arricchisce di azioni del Credito Valtellinese, del Fondo Carmignac.
Nel 2011, l’anno in cui i finiani furono cacciati dal Pdl, stipula una polizza vita rivolgendosi al Capital Progress di Allianz.
Alberto Custodero
(da “La Repubblica”)
argomento: Cossiga, denuncia, la casta, Parlamento, Politica | Commenta »