Febbraio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
ALTRO CHE ROMA LADRONA, SONO I LEGHISTI A GUIDARE LA RIVOLTA CONTRO I TAGLI AI PRIVILEGI: 15 DEPUTATI DEL CARROCCIO, 7 DEL PDL, 3 DELL’ULIVO, 1 DI RIFONDAZIONE
Sono in tutto 26 i ricorsi presentati alla Camera contro i tagli ai vitalizi dei parlamentari.
Di questi, tre sono stati presentati da deputati in carica, un quarto si è dimesso a gennaio.
Spiccano per numero i leghisti: 15 ricorrenti vengono dal partito di Bossi, 7 dal Pdl (inclusi ex Fi e ex An), tre dall’Ulivo, uno dal Prc.
L’annuncio arriva da Giuseppe Consolo presidente del consiglio di giurisdizione della Camera, ossia l’organismo interno che risolve i contenziosi.
La prima seduta del consiglio per entrare nel vivo dei ricorsi è convocata per mercoledì 18 aprile alle 12.30.
Oggi c’è stata solo una riunione preliminare tra i tre componenti dell’organismo.
Per presentare ricorso contro i tagli ai vitalizi, i deputati (o ex) hanno comunque ancora tempo fino a sabato 4.
Gli onorevoli che si ‘ribellano’ contro il passaggio al contributivo e l’innalzamento dell’età potrebbero quindi ancora aumentare.
‘Colpi di coda autolesionisti’. Si intitola così un corsivo del quotidiano dei vescovi ‘Avvenire’ dedicato ai costi della politica.
“Massima comprensione umana per il disagio personale che può aver spinto una pattuglia di deputati, in carica o ex, a tentare l’estrema resistenza contro la decisione di portare l’età minima dei vitalizi degli onorevoli”.
Al di là della pietà cristiana che andrebbe magari indirizzata a chi vive con la pensione sociale di 400 euro, resta il fatto che le truppe padagne, quelle che si abbeverano di ideali alle falde di Monviso e si dissetano alle sacre acque inquinate del Po, quando si tratta di arraffare poltrone, dobloni e privilegi sono sempre in prima fila.
argomento: Costume, denuncia, la casta, LegaNord, radici e valori | Commenta »
Febbraio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
LE CARTE GIUDIZIARIE SEMBRANO SGRETOLARE LA TESI DI UN’OPERAZIONE PORTATA AVANTI DA UNA SOLA PERSONA
Appropriazione indebita. Sul tavolo 13 milioni di euro prima scomparsi e poi intascati da Luigi Lusi, tesoriere della ex Margherita.
Che fine hanno fatto? In parte, ammette lo stesso senatore Pd, ieri espulso dal gruppo di palazzo Madama, sono serviti per pagare le tasse e acquistare appartamenti extra-lusso.
Il tutto a insaputa dei vertici, in particolare dell’allora segretario Francesco Rutelli?
La prima tesi appare questa.
I maggiorenti del partito sciolto nel 2007 e confluito nel Pd, ribadiscono il tema scaricando la colpa su Lusi.
Una posizione che appare fragile, soprattutto alla luce dei nuovi sviluppi investigativi. Sì, perchè, si scopre ora, che parte di quel denaro nel 2009 è rientrato in Italia grazie allo scudo fiscale.
Questo sta scritta in alcuni accertamenti della Guardia di finanza.
E dunque, di nuovo la domanda: è possibile che Lusi abbia fatto tutto da solo?
Proseguiamo.
Il denaro sottratto dal tesoriere, nonostante sia stato frazionato in novanta bonifici, confluisce tutto alla Ttt srl, società della quale Lusi risulta unico proprietario.
La società per anni ha avuto l’incarico di effettuare consulenza per conto della Margherita.
Ancora: l’intera srl è partecipata al 100 dalla Luigia Ltd con sede a Toronto in Canada. Il gioco è quello classico delle scatole cinesi.
Obiettivo: occultare il denaro e dare il via a investimenti immobiliari.
Uno di questi, l’affare romano del palazzo di via Monserrato, inceppa il meccanismo. Da qui parte tutta l’inchiesta.
Ma c’è di più: l’amministratore unico della Ttt è Paolo Piva che fu consulente per la viabilità durante il periodo in cui Rutelli fu sindaco di Roma.
E dunque, di nuovo la domanda: possibile non sapesse?
Dopodichè c’è la disputa civile che oggi emerge con chiarezza e ribadisce il concetto: i vertici non potevano non sapere.
Ricapitoliamo: nel luglio scorso ex appartenenti alla Margherita si rivolgono al tribunale di Roma. impugnando la validità dei rendiconti dal 2009 al 2010.
Il contenuto del ricorso è chiaro: “Nessun rendiconto poteva essere approvato se non dall’Assemblea federale”.
Che fa Lusi? Si oppone al ricorso e anzi rilancia.
Vuole resistere “all’impugnazione” chiedendo di valutare improcedibili le domande. E’ tutta farina del suo sacco?
No, perchè la citazione chiama in causa il partito e il partito come tale risponde. Possibile, ancora una volta, che nessuno sapesse?
La tesi, ormai, fa acqua da tutte le parte.
Lusi “mariuolo” a insaputa dell’ex leader Rutelli?
Di nuovo per capire basta compulsare i rendiconti dal 2008 al 2011.
Lo fa oggi Repubblica. E inizia dal 2008, quando, a pochi mesi dall’essere confluita nel Pd, l’ex Margherita mette a bilancio “spese elettorali e di propaganda” per oltre dieci milioni di euro.
Costi molto alti per un partito ormai dismesso.
Tre anni dopo nessuno più si ricorda della Margherita. Eppure a bilancio si trovano 25 milioni, mentre Lusi iscrive oltre tre milioni di spese “di propaganda e comunicazione”.
Spese o voci gonfiate? I pm non hanni dubbi.
Dentro a quelle cifre ci sono i novanta bonifici per 13 milioni di euro.
Di questi oggi Lusi è disposto a restituirne cinque.
Proposta che proprio oggi verrà vagliata dagli ex leader della Margherita.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Costume, denuncia, Giustizia, la casta, Politica | Commenta »
Febbraio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
ACQUISTATO PER DUE MILIONI DI EURO L’IMMOBILE DI UN MEMBRO DEL CDA DELL’ORGANO DI PARTITO “EUROPA”
Espulso ieri dal gruppo Pd (e verosimilmente presto anche dal partito), Luigi Lusi si dimette dalla carica di vicepresidente della commissione bilancio del Senato, ma non da quella di componente della giunta per le immunità .
Incassa un primo rifiuto dalla Procura a una proposta di patteggiamento di pena di 1 anno, perchè ritenuta troppo bassa.
Attende di sapere di qui a qualche giorno se la sua offerta di restituzione alla ex Margherita di 5 dei 13 milioni di cui si è indebitamente appropriato sarà , come pure sembra probabile, ritenuta congrua e chiuderà almeno la parte “contabile” della sua vicenda.
E tuttavia, se nelle sue intenzioni e in quelle dell’ex partito di cui è stato tesoriere, la stangata alla Margherita doveva restare confinata ad “affare doloroso e incomprensibile” di un solo uomo che si rivela “un debole”, assumendosene per intero la responsabilità , di quella speranza, oggi, non resta nulla.
L’affare Lusi interpella ormai l’intero ex gruppo dirigente del partito.
Perchè questo suggeriscono le prossime mosse del procuratore aggiunto Alberto Caperna e del sostituto Stefano Pesci (che si preparano ad ascoltare nuovi testimoni).
Ma, soprattutto, questo documentano i rendiconti ufficiali della Margherita nel triennio 2008-2011, che Repubblica ha consultato.
“Nessuno sapeva”, “nessuno poteva immaginare”, “Lusi godeva di fiducia incondizionata”, hanno ripetuto in questi giorni i maggiorenti della fu Margherita.
Ebbene, il dettaglio dei rendiconti del partito per gli esercizi contabili 2008, 2009, 2010 (gli anni in cui Lusi attinge a piene mani nel patrimonio liquido del partito), così come approvati all’unanimità dall’Assemblea del Partito e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, mettono a nudo la fragilità di questa litania.
Qualche dato.
Si scopre che, nell’arco dell’intero 2008, la Margherita, da pochi mesi confluita nel Pd (ottobre 2007), ha “spese elettorali e di propaganda” pari a 10 milioni 570 mila 899 euro.
Che ha emesso fatture per “collaboratori e consulenze” per 792 mila 137 euro.
Che il sito internet è costato 293 mila 249 euro.
Mentre se ne è andato 1 milione e 128 mila euro per “viaggi, ristoranti, spese di rappresentanza”.
Sono costi importanti per un partito che, di fatto, ha appena cessato di esistere.
Ma in qualche modo giustificati dal regime di “separazione dei beni” con cui ha appena visto la luce il Pd.
Bene, cosa accade tre anni dopo?
Nel 2010 – documentano ancora i rendiconti pubblicati in Gazzetta – la Margherita ha ancora una “disponibilità liquida” di 25 milioni 921 mila 198 euro, alimentata dal denaro pubblico dei “rimborsi elettorali”.
Ci si attenderebbe, tuttavia, che, a tre anni ormai dallo scioglimento, i costi di esercizio, siano ridotti al lumicino.
Certo, è vero che lo statuto del partito prevede ancora la possibilità di finanziare le iniziative dei singoli parlamentari ex margherita confluiti nel Pd.
Ma è un fatto che Luigi Lusi mette a bilancio la bellezza di 3 milioni e 825 mila euro per “spese di propaganda e comunicazione”.
Di più, segnala tra le voci in uscita, 1 milione 634 mila 277 euro per “collaborazioni e consulenze”, più del doppio di quanto speso nel 2008.
Per non parlare del sito internet di un partito che non c’è più e costa la bellezza di 533 mila euro. Una bella somma, considerati anche i “rimborsi per viaggi e spese di rappresentanza” (di chi?) che toccano i 944 mila 278 euro.
Sappiamo oggi che in quelle voci gonfiate di “consulenza” si nascondevano i 90 bonifici per 13 milioni di euro che Lusi, in un triennio, gira a se stesso attraverso la TTT srl.
Ma davvero si può credere che nessuno si fosse accorto o potesse accorgersi che alcune voci di quel rendiconto erano scritte a mano libera?
Il 6 giugno 2011, i revisori dei conti Giovanni Castellani, Mauro Cicchelli e Gaetano Troina scrivono nella loro relazione di accompagno al bilancio, che “il rendiconto rappresenta le risultanze della contabilità regolarmente tenuta”.
Ma qualcuno, quella contabilità l’ha davvero verificata materialmente?
Lusi, che non è stato in grado di produrre ai pm i giustificativi delle fatture in uscita verso la sua TTT., le ha forse mai prodotte o messe a disposizione dei revisori?
I revisori le hanno chieste? Al momento non è dato saperlo.
Come non è dato sapere se e come si sia mai attivato il presidente del Comitato di tesoreria del partito Giuseppe Bocci.
Dicono ancora alla Margherita che nulla immaginavano non solo di Lusi, ma anche delle sue società estere.
A cominciare dalla “Luigia ltd” di Toronto, la società con cui l’ex tesoriere controllava la TTT srl., strumento con cui pompava denaro dal tesoretto della Margherita.
E tuttavia è un fatto che l’immobile di via Monserrato a Roma, acquistato dalla TTT (e dunque da Lusi) nell’ottobre 2008 per 2 milioni e 200 mila euro fosse di proprietà di Giuseppe L’Abbate.
Un signore che Rutelli dice di “non conoscere” epperò componente del cda della società editrice di Europa, il giornale del partito.
Sconosciuto a Rutelli anche Paolo Piva, l’uomo scelto da Lusi quale amministratore unico della sua TTT.
“Credo si tratti – dice l’ex segretario – di un ex collaboratore di Walter Tocci, mio assessore quando ero sindaco di Roma nel ’98”.
(da “La Repubblica”)
argomento: Costume, denuncia, la casta, Politica | Commenta »
Febbraio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
L’ULTIMA MEGA-FESTA PER I SUOI 50 ANNI…LE CENE A CASA DI LUIGI LUSI, IL TESORIERE DELLA MARGHERITA CHE HA FATTO SPARIRE 13 MILIONI, ERANO UN’ISTITUZIONE
Ieri in Parlamento non si parlava d’altro: catering firmati dal pluristellato chef Gianfranco Vissani, bottiglie prestigiose, servizi d’argento.
Insomma, lo sfarzo di cui si circondava l’ex tesoriere della Margherita era noto a molti.
Qualcuno ricorda di aver presenziato alle serate nell’attico di via Monserrato , a due passi da Campo dei Fiori nel cuore della Capitale.
Ma c’è anche chi è stato a Genzano, per il suo compleanno, in una villa che di certo non passa inosservata: “Credevo che fosse di un giocatore della Lazio” dice un passante nel vicino viale Mazzini.
Perchè la proprietà è degna di un divo di Beverly Hills: 17 vani distribuiti su 4 piani, per un valore d’acquisto di 2 milioni di euro e una ristrutturazione recente e non ancora completata costata più di un milione.
Dall’esterno del poderoso muro di cinta si scorgono solo gli ultimi due piani della villa con un bovindo di vetro ricavato sul terrazzo principale.
Per osservare meglio l’edificio in stile primi ‘900, bisogna arrampicarsi sulla strada che porta al lago di Nemi, in una delle zone più prestigiose dei Castelli Romani.
Da lì si scorge un giardino con una rotonda in stile americano intorno al quale sfilano le auto, ma si vedono anche le telecamere di sorveglianza e i sensori antifurto.
Sul campanello ci sono i cognomi del senatore (Lusi) e della moglie (Petricone). Subito sotto compare il nome della Paradiso immobiliare, la società intestataria della proprietà , ceduta da Cristiano Berloco a Lusi insieme all’edificio.
Il portone è chiuso, con il passo carrabile bloccato dai dissuasori mobili. Inutile suonare al citofono.
Dopo un minuto di attesa una voce femminile spiega che il senatore non c’è: “Forse è al Senato, ma non qui, non lo trova a Genzano”.
Poco dopo però esce un Suv dal cancello. Ma Lusi è solito girare su berline di ben altra forgia.
Alle porte di Roma torna solo nel weekend e per le feste, come quella dei 50 anni, alla quale hanno partecipato molti amici intimi e qualche collega di partito.
Certo è che chi è stato lì, dopo aver visto la casa di Roma, difficilmente poteva ignorare il tenore di vita dell’ex tesoriere.
“Avranno pensato che era ricco di famiglia” ironizza qualche deputato in Transatlantico.
Ma c’è anche chi non ha voglia di scherzare e comincia a ipotizzare le ragioni del silenzio che per troppo tempo ha circondato il boy scout della Margherita: “Mi verrebbe a questo punto da chiedere se le persone che lavorano per l’Api siano pagate dall’Api o dalla Margherita. Insomma se Rutelli stia facendo politica in un altro partito con i soldi del Pd” chiede il vicepresidente del Partito democratico, Ivan Scalfarotto.
Ma su questo tema anche i più acerrimi “nemici” dell’ex sindaco di Roma nel partito sembrano non volersi pronunciare.
Arturo Parisi, interrogato dai giornalisti alla Camera sulle omissioni intorno alla vicenda, le archivia a “valutazioni” che preferisce non fare.
E a chi chiede allora una valutazione specifica su Rutelli, chiosa: “È un ragazzo simpatico”.
Non chiarisce che tipo di movimenti economici ci fossero tra i partiti nemmeno il Direttore generale della Margherita, Giuseppe De Meo, definendosi “non autorizzato a dichiarare dell’argomento”.
L’unico che sa e può parlare della fine che hanno fatto i soldi pubblici pare sia solo lo stesso Lusi.
“Io so che quando servivano per le campagne elettorali non c’erano — dice il senatore del Pd, Marco Stradiotto — nel 2006 la campagna di Prodi l’abbiamo fatta coi fichi secchi, proprio perchè Lusi aveva chiuso i cordoni della borsa ‘tanto si vinceva lo stesso’. I soldi all’interno di un partito devono essere usati per fare politica. Ma se poi avvengono questi fatti la situazione fa riflettere”.
Sulle ville, ma anche sulla gestione di partiti formalmente scomparsi.
Caterina Perniconi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Costume, denuncia, la casta, Politica, radici e valori | Commenta »
Febbraio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
LA NORMA INTRODOTTA DALLA LEGA IN COMMISSIONE E’ STATA CASSATA DALL’AULA CON SEI EMENDAMENTI SOPPRESSIVI CHE HANNO CANCELLATO L’ART 18 DEL TESTO…ESULTANO PD, FLI E RADICALI
Salta dalla legge comunitaria la norma, battezzata ‘bavaglio al web’, secondo la quale un qualunque soggetto interessato avrebbe potuto chiedere al provider la rimozione su internet di informazioni da lui considerate illecite o la disabilitazione dell’accesso alla medesima.
La norma, che era stata introdotta in commissione alla Camera su iniziativa del leghista Gianni Fava, è stata cassata dall’Aula con l’approvazione di sei identici emendamenti soppressivi presentati da Pdl, Idv, Fli, Api, Pd e Udc.
Gli emendamenti hanno cancellato l’intero articolo 18 del testo e sono passati con 365 voti a favore, 57 contrari e 14 astensioni.
“Oggi è una grande vittoria per tutti noi. Siamo riusciti a bloccare l’ennesimo tentativo di mettere il bavaglio alla Rete, uno degli ultimi spazi di libera informazione. E’ stata una battaglia per la democrazia che abbiamo portato avanti e continueremo a sostenere fermamente. Alla Lega e a Fava, che aveva presentato un emendamento alla legge comunitaria, volto a censurarci e a tutti coloro che, anche in passato, hanno provato a fare lo stesso ripetiamo: giù le mani dal web, la libera informazione non si tocca”.
Così scrive il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, sulla sua pagina Facebook.”
“La grande mobilitazione sul web e la nostra battaglia in Aula hanno sconfitto il maldestro tentativo di stampo leghista di mettere un ‘bavaglio alla rete”, afferma Alberto Losacco, deputato del Pd. “Siamo perciò molto soddisfatti per il voto di oggi: la tutela del diritto d’autore e la lotta alla contraffazione meritano una norma specifica compatibile con la libertà d’informazione e lontana da ogni possibilità di censurare la rete”.
“L’abrogazione della norma Fava ripristina una situazione di normalità sul diritto d’autore in rete e riallinea l’Italia a ciò che avviene in Europa e in occidente”.
Lo affermano in una nota congiunta Flavia Perina e Benedetto Della Vedova, deputati di Futuro e Libertà , cofirmatari di un emendamento per la soppressione di quello che è stato definito il ‘Sopa’ italiano.
“Ciò non toglie comunque”, sottolineano, “che alcune delle preoccupazioni sottese a quella norma, soprattutto in tema di contraffazione e di rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, vadano ulteriormente approfondite in una successiva sede di esame e contemperati con i diritti di libertà di Internet. Bisogna però usare raziocinio e prudenza, perchè una scelta che nasce da buone intenzioni può avere pessimi esiti. Come è avvenuto in questo caso”, concludono Perina e Della Vedova.
“Il voto contrario a larga maggioranza sull’emendamento presentato dall’on. Fava è l’ennesima sconfitta della strategia della repressione rispetto ai nuovi modelli di fruizione e creazione dei contenuti abilitati dalla rete. La terza sconfitta in pochi mesi”. Lo dichiara in una nota Luca Nicotra, segretario dell’associazione radicale Agorà digitale.
Prosegue la nota: “Essa arriva dopo lo stop al regolamento censura sul diritto d’autore di agcom e l’abrogazione del comma ammazza-blog e ammazza-wikipedia contenuto nella legge sulle intercettazioni. Il voto di oggi conferma innazitutto le nuove importanti ed efficaci possibilità di mobilitazione che la rete affida ai cittadini. Ma è anche il segno che esiste una piccola pattuglia trasversale di parlamentari determinati a difendere i valori di una rete libera e aperta. I dati sullo sviluppo del mercato legale rilasciati oggi dimostrano chela strategia repressiva che ha fermato lo sviluppo della rete in Italia non ha più senso”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia, LegaNord, radici e valori | Commenta »