Maggio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
SOTTO ACCUSA LE NOMINE NEI POSTI DI POTERE, I RAPPORTI CON LA FINANZA E UN APPALTO AFFIDATO A SOCIETA’ VICINE ALLA ‘NDRANGHETA
Dicono i nemici che è un leghista-democristiano. «È vero», ride Flavio Tosi, «Mica è un’offesa Del resto la Dc, a parte le degenerazioni
finali, fece grandi l’Italia e il Veneto».
E cosa ha imparato dai dorotei? A fregarsene delle accuse.
Clientelare? Nepotista? Poltronista? «Amenità ». Non c’è «imputazione» di cui non si liberi facendo spallucce.
Dice Michele Bertucco, lo sfidante ambientalista che ha vinto le primarie del centrosinistra che «se tu lo accusi, Tosi ha sempre la risposta standard: 1) Non è vero; 2) Chi se ne frega; 3) Comunque chi mi accusa non conta. Qualunque cosa gli sia rinfacciata».
Si sente forte, il sindaco uscente. E gira tra le bancarelle del mercato allo stadio con l’aria di chi già pregusta il trionfo.
Una signora non vedente gli afferra le mani manco fosse San Zeno: «Signor sindaco, non ci vedo, lasci almeno che la tocchi!». Lui la benedice.
Una vecchietta si lagna: «Vero, sindaco, el varda che mi no lo voto se nol me sistema el marciapiè». «Quale marciapiede, signora?» «In via Negrelli. No se camina…». «Prendo nota».
Anna Pera gli sventola sotto il naso l’abbonamento del bus: «Sindaco, mi spiega perchè questa tessera devo mostrarla alla macchinetta? Sono sempre piena di borse e devo posarle: perchè? Tanto sapete che ho già pagato!»
E lui paziente: «Eh, cara signora… Purtroppo…»
Ma come, un leghista «quarantino», per dirla con Andrea Camilleri, che si muove per i mercati come si muovevano Remo Gaspari alle sagre abruzzesi o Vito Lattanzio tra i banchi di Bari Vecchia? Lui ride.
E dopo aver esordito come «un urlatore» così irruento da guadagnarsi una condanna per istigazione all’odio razziale, ha via via allargato le prospettive.
Ha sdoganato sì il camerata Andrea Miglioranzi, che per aver definito la parola fascista «un termine a me molto caro» e aver fatto parte del gruppo «Gesta Bellica» è stato ribattezzato sul web col nome di «Andrea Miglior-nazi».
Ma ha anche spiegato al Foglio che avrebbe votato per Obama e che «un buon leghista dovrebbe considerare fonte di ispirazione» anche «molti soggetti appartenenti alla storia della sinistra. Penso per esempio a quello che credo sia stato uno dei più grandi e lungimiranti esempi di leadership carismatica del nostro paese, Enrico Berlinguer». Bum!
Va da sè che il recupero dei vecchi diccì «che hanno fatto grande il Veneto», gente come Toni Bisaglia o Mariano Rumor (contro i quali Bossi diceva «è gente da tirar giù, portare in piazza e fucilare») tutto è meno una sorpresa.
Roberto Bolis, il portavoce già comunista e cronista dell’ Unità additato da tutti come «l’eminenza rossa» del sindaco, sorride sotto il baffo.
Uomo di potere? Se glielo dici, Tosi ride: «Dipende da come lo usi, il potere. Se te ne servi per raggiungere degli obiettivi…»
Dicono i nemici che il primo obiettivo, per lui, è stato in questi anni piazzare ovunque «leghisti, parenti e parenti dei leghisti».
Primo fra tutti, Paolo Paternoster, il segretario provinciale del Carroccio messo alla presidenza dell’Agsm, la municipalizzata della luce e del gas.
Una cosa che, se l’avessero fatta i comunisti o i democristiani, apriti cielo!
«L’ho messo lì perchè è bravo. Se il sindaco di Bologna pensasse che il più bravo per le municipalizzate è il segretario Pd, ok. Con Paternoster l’Agsm ha aumentato del 50% il fatturato e da 2 a 14 milioni di euro l’utile».
«Sì, ma non dice che l’indebitamento delle municipalizzate è quintuplicato», accusa il candidato del Pdl, Luigi Castelletti.
Se le stanno menando di brutto, a destra. I berlusconiani, ai quali Tosi ha sfilato un bel pezzo di classe dirigente puntando a portarsi via gli elettori, son furibondi.
Al punto che non solo la campagna elettorale è concentrata quasi tutta sulla guerra agli ex-alleati leghisti, accusati di ogni nefandezza, ma in caso di ballottaggio…
E mentre il grillino Gianni Benciolini dice di scommettere non solo sulla trasparenza, l’aria, l’acqua e la riduzione dei costi del consiglio comunale, che oggi dispensa i gettoni più sontuosi d’Italia (160 euro, come a Palermo e il quadruplo che a Padova) ma anche sulla ribellione dei leghisti schifati, montano le proteste, a sinistra e a destra, per un sistema di potere padano che «ha occupato tutto».
Ed ecco il casiniano Stefano Valdegamberi chiedere da mesi di «vedere le carte per capire come mai la Fondazione Arena distribuisce appalti alla “Mondial Trans” del leghista presidente dell’Agsm: è un appalto vecchio rinnovato con gare regolari? Bene: vediamo i documenti!»
Ecco l’invio all’ Arena della foto del padre del deputato leghista Matteo Bragantini che svetta sui ponteggi di un cantiere nonostante avesse avuto una deroga per ampliare la casa grazie a una «grave disabilità »: «Ma come, dopo anni di battaglie contro i falsi invalidi terroni!».
Ecco l’elenco di fratelli e sorelle, cognati e i cugini piazzati, come denunciava un dossier del Pd, in tutti gli interstizi del potere pubblico e para-pubblico, tanto da spingere l’Espresso a sparare: «Anche Tosi ha un cerchio magico».
E a denunciare qualcosa di non cristallino nella questione del tunnel (802 milioni più Iva) che dovrebbe passare sotto la città : «L’affare del secolo è in mano a una specie di Anonima Trafori», ha scritto Paolo Biondani lamentando l’eccesso di fiduciarie di oscura proprietà .
«Abbiamo raccolto 9000 firme per un referendum contro il traforo che vede giochi strani sulle aree agricole e edificabili», dice Bertucco, «È come se avessimo raccolto a livello nazionale due milioni di firme. Ma il referendum non si fa».
Ovvio, dice il sindaco: «Chi mi ha votato sapeva cosa voglio: al referendum implicito hanno già risposto».
Il nodo centrale, però, è il rapporto col potere finanziario.
«Questo è nostro», spiegò papale papale Tosi al Foglio mostrando sul giornale la foto di Giovanni Maccagnani, da lui piazzato ai vertici della Fondazione Cariverona, il socio forte (libici a parte) di Unicredit che «eroga sul territorio circa ottanta milioni di euro» l’anno. L’intero collegio sindacale di «Vipp lavori», che fa capo alla famiglia Rettondini e sta facendo il parcheggio San Zeno, il secondo affarone, è in mano a «tosisti».
Presidente dei revisori è Enrico Toffali, assessore uscente della giunta Tosi.
Sindaco Giovanni Maccagnani.
Membro del collegio sindacale suo fratello Cristiano, candidato alle prossime amministrative nonchè presidente dei revisori dell’Ater (case popolari), sindaco nella Unionfidi Verona, che offre garanzie sui finanziamenti bancari agli artigiani e alle piccole imprese e ancora sindaco di «Acque Veronesi», di cui è azionista l’Agsm.
Cioè la municipalizzata «leghistizzata» che sponsorizza con 700 mila euro il Verona Hellas, il cui paròn Giovanni Martinelli guida «Italgestioni», di cui Cristiano Maccagnani è sindaco effettivo.
Un intreccio caotico?
Niente in confronto al giro di imprese cui è stata affidata la costruzione, per un pacco di milioni, di un grande plesso scolastico a Rivoli Veronese.
Direte: che c’entra Tosi? C’entra.
Lo dice la delibera n.32 del 28 aprile 2010 dove la giunta leghista del paese guidato da Mirco Campagnari, scrive di avere chiesto aiuto al Comune di Verona (dove l’uomo forte rivolese Toffali, dicevamo, è assessore) quale «responsabile unico del procedimento» delegato all’«assistenza giuridico amministrativa» e alle «procedure di gara e di aggiudicazione dell’appalto». Titolo dell’ Arena : «Sarà il Comune di Verona a far costruire la scuola».
E a chi finiscono, i lavori?
Lo dice la «Determinazione n. 61 del 19-05-2011»: al «raggruppamento temporaneo con mandatario Elettro.lux e mandante I.I.E. Impresa Installazioni Elettriche».
La quale ha poi ceduto il ramo d’azienda con dentro gli appalti alla ditta C.e.s.i.t. Non bastasse, scrive il documento del comune leghista, un’altra società è subentrata alla Elettro.lux (incredibile ma vero) con un «contratto d’affitto di ramo d’azienda».
E chi c’è dietro la I.I.E. di Sellia Marina (Catanzaro) e la C.e.s.i.t. di Botricello (Catanzaro)?
Vi risparmiamo il tormentone delle scatole cinesi, dei «trasferimenti fittizi» e dei prestanome e lasciamo rispondere alla magistratura antimafia di Crotone.
Che il 18 novembre 2011 sequestra tutte e due le società accusando i titolari, la famiglia Puccio, di esser legata alla ‘ndrangheta.
Peccato non poter scaricare tutto, stavolta, su Francesco Belsito…
Gian Antonio Stella
(da “Il Corriere della Sera“)
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Maggio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
LO SFIDANTE CERCA DI OSTENTARE SICUREZZA E PACATEZZA, SARKO’ CON LA RABBIA DI CHI DEVE RECUPERARE
Due giornalisti, un cronometro che misura il tempo.
E i candidati: il socialista Francois Hollande e il presidente uscente Nicolas Sarkozy. L’unico dibattito televisivo faccia a faccia prima del ballottaggio di domenica 6, è una rincorsa serrata tra le capacità di comunicazione tra i due candidati all’Eliseo. Dall’aumento dei prezzi del carburante, alle pensioni, dalla crisi economica alla scuola pubblica, alla disoccupazione, dal deficit pubblico, dall’immigrazione al nucleare fino alla politica internazionale.
Il confronto si gioca sui temi cruciali dell’elezione ma anche sull’abilità che i due hanno di presentarsi come convincenti, «presidenziabili», sicuri di sè.
BUGIA
La parola della serata è «mensonge», bugia, ripetuta più volte da Sarkozy. In oltre tre ore di serrato dibattito, Hollande è apparso più tranquillo di un Sarko teso che ha confermato il pronostico di chi lo vedeva nei panni dello sfidante vero, di fronte a un candidato ormai quasi sicuro della vittoria.
Il primo scontro è stato sulla parola «rassemblement», riferimento classico della politica francese, che richiama il concetto di unione del paese. «Lei in questi cinque anni ha spaccato la Francia», ha detto Hollande, «ascolti, le insegno qualcosa», «non è lei a dare i voti».
DIVISIONI
Il candidato socialista ha accusato il presidente di «aver diviso» il paese mentre «io – ha detto – farò tornare la concordia tra la gente». Tesa la replica del presidente uscente: «Non c’è mai stata violenza durante i miei 5 anni», perchè, «ho avuto sempre una sola idea: spingere avanti la Francia sulla strada delle riforme».
L’abolizione delle 35 ore uno dei modi per affrontare la crisi,secondo Sarkozy. Incalzato da Hollande: «Ma perchè non le ha abolite? In fondo era presidente della Repubblica».
SFIDA
Hollande ha sfidato Sarko su lavoro e sviluppo: «3 milioni in più di disoccupati» da quando il presidente in uscita è stato eletto.
Nicolas Sarkozy ha risposto criticando le «formule vuote» di Hollande. «Unione – ha detto Sarko – è una bella parola, una bella idea, ma bisogna aggiungere i fatti». Attacchi sferrati dall’uno all’altro, nervi a fior di pelle e una pioggia di cifre in cui i due si sono affrontati senza risparmiare i colpi.
Su una cosa sembra ci sia un accordo pre-duello: niente immagini di profilo per Sarko (troppo naso) e dall’alto per Hollande (troppo calvo).
GIUSTIZIA –
Il primo scontro duro è arrivato quando Hollande ha parlato di «aumento di un milione di disoccupati». Sarkozy lo ha accusato di «mentire».
«Per me dovrebbe essere inaccettabile questa parola – ha ribattuto il socialista – ma nella sua bocca è soltanto un’abitudine.».
Il socialista ha attaccato a testa bassa sul debito, affermando che è «raddoppiato» negli anni di Sarkozy dopo la politica di «favori fiscali ai ricchi» e per «l’incapacità di controllare la spesa pubblica». Voglio essere il presidente della giustizia, ha dichiarato Hollande: «Vorrei che la giustizia fosse al centro delle mie decisioni: giustizia sociale, fiscale e territoriale. A ispirare la mia azione è la giustizia sociale».
COLPE
«Mi sono sempre preso le mie responsabilità » ha replicato Sarkozy dopo che Francois Hollande lo aveva accusato di rifiutare le colpe della difficile situazione economica francese. «Non è mai colpa sua», ha ironizzato il candidato socialista. Sarkozy ha elencato gli sgravi fiscali introdotti dal suo governo. E a Hollande, che gli aveva appena ricordato che la Francia con il suo governo ha raggiunto il 10% di disoccupazione, ha ribattuto: «Non è colpa esclusivamente dello Stato, serve un cambiamento perchè la formazione finisca nelle mani dei disoccupati: il dramma vero è non riuscire a trovare un nuovo lavoro perchè non c’è offerta di formazione e non solo perdere il lavoro».
AMICI –
È stato un diluvio di cifre, il battibecco tra i due candidati. Ognuno dice all’altro che le sue sono false. «Dite che farete dei risparmi, quando promettete 60mila posti di funzionari in più, mentre con il premier Francois Fillon ne abbiamo tagliati 160mila», ha detto Sarkozy. «Lei è l’unico in Europa che ne propone 60mila di più», dice Sarkozy, accusando lo sfidante di cercare di «dimostrare l’ indimostrabile». «Lei mente», ha ripetuto Sarkozy.
Il socialista ha quindi sferrato un duro attacco sui conti pubblici: «Il debito è raddoppiato, ecco un risultato della squadra uscente», ha detto il favorito nei sondaggi, prendendo di mira «i regali fiscali» che Sarkozy ha concesso «ai più ricchi»: «Lei ha favorito i suoi amici, come madame Bettencourt», ha detto Hollande che ha poi rilanciato su tasse, formazione e posti di lavoro: «I miei 60 mila insegnanti costeranno due miliardi, quanto i suoi sgravi fiscali ai ricchi». Immediato Sarko: «Signor Hollande, lei vuole meno ricchi, io voglio meno poveri».
BERLUSCONI
I tedeschi, presi a modello per l’economia da entrambi i candidati, hanno fatto – secondo Sarkozy – «il contrario di quello che Hollande propone per i francesi», in particolare sull’Iva in funzione antidelocalizzazione. Hollande ha ribattuto che quella tedesca è un’Iva che vale un punto, non tre come quella che propone Sarkozy.
È Hollande ad aver introdotto nel dibattito l”Italia «governata per anni da Silvio Berlusconi, ci sono state pessime gestioni», ha detto il socialista citando poi Mario Monti come riferimento positivo.
E ricordando che l’attuale premier italiano «anche se non ha la mia stessa sensibilità politica, è consapevole che non si può vivere in recessione» e che si deve «puntare sulla crescita». Francois Hollande, accostando il nome di Sarkozy a quello di Berlusconi, ha detto al presidente uscente «è tuo amico, state nello stesso partito (in Europa) il Ppe». Sarkozy, infastidito, ha replicato: «no, non è un mio amico. Berlusconi è berlusconiano».
IMMIGRAZIONE
Hollande ha accusato il concorrente di «usare la paura degli immigrati». Sarkozy ha ammesso «abbiamo accolto troppe domande che hanno paralizzato il sistema».
E ha spiegato la sua strategia per dimezzare il flusso migratorio. Hollande, che ha confermato l’intenzione di introdurre il voto agli immigrati, ha assicurato che sotto la sua «presidenza non ci sarà alcuna deroga alla laicità », «nessuna carne halal nelle mense scolastiche».
NUCLEARE
Hollande ha annunciato il ritiro delle truppe francesi dall’Afghanistan entro la fine del 2012. Sarkozy ha difeso il nucleare. Hollande ha contrapposto: «Nucleare ed energie rinnovabili insieme».
MOI PRESIDENT
Hollande parla di come sarà il suo stile presidenziale. Non nominerà i direttori della tv pubblica. Quello di Hollande sarà un governo metà uomini e metà donne. E continua con un tormentone in crescendo (che probabilmente passerà alla storia) «Moi prèsident de la Rèpublique»: «non sarò presidente di tutto e responsabile di niente». «Se sarò eletto presidente della Francia garantirò che non ci siano conflitti di interessi tra i ministri».
«Moi prèsident de la Rèpublique – ha detto ancora Hollande – introdurrò il sistema proporzionale per le elezioni legislative», «cercherò di fissare grandi orientamenti per il Paese e di essere lungimirante e avrò la preoccupazione di sentirmi vicino ai francesi. Avrò la preoccupazione di esser un presidente normale, nonostante crisi e conflitti». «Il presidente della Repubblica – ha chiuso Hollande – deve essere all’altezza delle grandi questioni, ma anche vicino alla popolazione».
SMENTITE
«Un bugiardo e un piccolo calunniatore». A scatenare l’ira di Sarkò sono state le accuse del candidato socialista che ha messo in dubbio l’imparzialità della sua presidenza.
Per smentirlo, prima di lasciarsi andare alle parole più pesanti, il presidente uscente ha snocciolato l’elenco dei «socialisti» che ha nominato «a posti di primo piano in incarichi pubblici». In chiusura ancora scambi di veleni. Nicolas Sarkozy ha chiamato in causa l’ex direttore generale dell’Fmi, Dominique Strauss-Kahn, inquisito per stupro a New York . Rivolto al rivale socialista il presidente uscente ha scandito: «Non intendo prendere lezione da un partito (il socialista) che si è ritrovato entusiasta a seguire Dsk», fino all’arresto del 14 maggio 2011, il candidato favorito per la gauche. Imbarazzato ma pronto Hollande ha risposto: «Sei tu che l’hai nominato» all’Fmi .
REGOLE
Alla domanda «che presidente sarà ?», il presidente-candidato ha risposto «In questi 5 anni ho esercitato la mia funzione con tutta l’energia, talvolta ho sbagliato, ma il mondo cambia a una velocità incredibile e non ci si deve basare sulle vecchie regole», ha promesso Sarkò. «Punterò su un modello di crescita basato sulla formazione professionale, sul know-how, sul cambiamento nella scuola».
(da “Il Corriere della Sera“)
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Maggio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
A BERGAMO MARONI AVEVA GIA’ DIMOSTRATO DI ESSERE UN LEADER IN MINIATURA, INCAPACE DI VOLARE DA SOLO… “SE BOSSI SI PRESENTA IO LO VOTO”: E SI E’ COSI’ INFILATO NELLA TRAPPOLA DA SOLO… PER USCIRNE DOVREBBE DIMOSTRARE DI AVERE LE PALLE E CONTESTARE BOSSI, MA HA PAURA DI EREDITARE UN PARTITO AL 4%
Nel day after i maroniani invocano la sovranità del congresso di fine giugno nel decidere il leader
Carroccio, mentre i “cerchisti” si risollevano dopo le batoste delle ultime settimane e celebrano il ritorno in campo del loro «condottiero»
In serata, parlando a margine di un comizio a Cassano Magnano, il Senatur ha spiegato la sua scelta: “L’ho già detto, mi devo candidare per forza altrimenti la gente comincia a pensare che fanno qualcosa per tagliarmi fuori”.
Ai giornalisti che gli facevano notare le critiche di Tosi, Bossi ha replicato: “Io faccio comodo perchè tengo tranquillo il movimento, starei tranquillamente da parte, ma farò quello che interessa alla Lega”.
Poco dopo ha ipotizzato il ricorso alle primarie per la scelta dei membri della segreteria: al congresso federale, ha detto Bossi, “vediamo chi ci sarà , sarà la militanza a dire chi deve presentarsi: bisogna fare le primarie. Qualcosa può partire da lì, poi vediamo”.
Quanto ai rapporti con Roberto Maroni, Bossi ha detto di non avergli parlato della sua intenzione di correre nuovamente per la segreteria federale, ma ha aggiunto; “A dire la verità Maroni mi ha detto ‘se ti candidi saro’ il tuo più grande sostenitore'”.
Lui, Maroni, a Cuneo per un altro comizio, non ha voluto parlare nè di una sua candidatura nè dell’autocandidatura di Bossi: “Ne parliamo lunedì”, ha detto ai cronisti.
Su questo tema, interessante l’iniziativa de La Padania, che nell’edizione in edicola domani lancerà un sondaggio ad hoc.
“Le primarie della Lega: quale segretario federale?”, titolerà infatti il quotidiano Verde, proponendo in prima pagina una foto di gruppo con Umberto Bossi, e i triumviri Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago.
Quindi inviterà i lettori a compilare il “tagliando-sondaggio da inviare a La Padania per indicare il nome di chi vorreste alla guida del movimento”.
“Da oggi — ha scritto il direttore Stefania Piazzo nell’editoriale – La Padania, per un paio di settimane, ospita un tagliando che ha il valore di un sondaggio, ma soprattutto è il voler dare voce alla base, ai lettori, ai militanti, a chi ha a cuore l’unità della Lega il suo futuro. Sono delle ‘primarie’ interne: indicateci il nome di chi vorreste come segretario federale al prossimo congresso del 30 giugno e 1 luglio. Raccoglieremo come un tesoro le vostre indicazioni e le consegneremo ai triumviri perchè ne facciano saggio uso”.
Ora poniamo che il sondaggio della Padania dia la maggioranza dei consensi a Bossi: quale valore a quel punto potranno avere le risultanze dei vari congressi dove Maroni pare in vantaggio?
Bossi potrà sempre sostenere che gli elettori vogliono lui, mentre la nomenklatura sta con Maroni. Maroni poi non può permettersi lo scontro con Bossi perchè corre il rischio di ereditare solo una parte del partito, già dimezzato dagli scandali che l’hanno colpito.
E con che carte a quel punto Bobo potrà presentarsi al tavolo della trattativa con il centrodestra per risalire su una ambita poltrona ministeriale?
Ben poche.
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Maggio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
IL TASSO GENERALE E’ AL 9,8% IN RIALZO DI 1,7 PUNTI SU BASE ANNUA…SI TRATTA DI 476.000 PERSONE SENZA LAVORO
Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a marzo è salito al 35,9%, in aumento di due punti percentuali su febbraio.
E’ il tasso più alto dal gennaio 2004 (inizio delle serie storiche mensili).
Lo rileva l’Istat (dati destagionalizzati e provvisori).
Guardando le serie trimestrali è il più alto dal quarto trimestre 1992.
Non va meglio in termini generali: il tasso di disoccupazione a marzo è al 9,8%, in rialzo di 0,2 punti percentuali su febbraio e di 1,7 punti su base annua.
Anche in questo caso si tratta del tasso più alto da gennaio 2004 (inizio serie storiche mensili).
Guardando le serie trimestrali è il più alto dal terzo trimestre 2000.
La crescita della disoccupazione — rileva l’istituto di statistica — interessa sia gli uomini che le donne.
La disoccupazione maschile cresce a marzo del 3,9% rispetto al mese precedente e del 23,4% su base annua.
Contemporaneamente il numero di donne disoccupate aumenta dell’1,3% rispetto a febbraio e del 23,4% in termini tendenziali.
Il tasso di disoccupazione maschile cresce di 0,3 punti percentuali nell’ultimo mese, portandosi al 9,0%; quello femminile segna una variazione positiva di 0,1 punti e si attesta all’11,0%.
Rispetto all’anno precedente il tasso di disoccupazione maschile sale di 1,6 punti percentuali e quello femminile di 1,9 punti.
L’inattività diminuisce dello 0,3% in confronto al mese precedente, coinvolgendo sia la componente maschile (-0,4%) sia quella femminile (-0,2%).
Rispetto a dodici mesi prima gli inattivi diminuiscono del 2,9%: in particolare, la componente maschile si riduce del 3,2% e quella femminile del 2,6%.
In termini assoluti il numero dei disoccupati a marzo è aumentato su base annua di 476mila unità (+23,4%) e su base mensile di 66mila.
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Maggio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
FANNO FINTA DI DIMENTICARE CHE MONTI DEVE RIMEDIARE AI LORO ERRORI
Il clima di campagna elettorale fa volare i palloni delle proposte sul fisco, di riduzione ovviamente, sapendo che per il momento ciò non
è possibile.
Poi il fatto che oggi il governo porta alla luce la spending review del ministro Giarda aggiunge l’illusione che, tagliando le spese, si possa costituire un tesoretto utile ad abbassare le tasse.
Tutti sono consapevoli che non sarà possibile, che al massimo si potrà evitare di aumentare l’Iva e centrare il pareggio di bilancio.
Da questo festival anti-tasse si distingue Casini, stupefatto da tutti questi «smemorati che sembrano Alice nel Paese delle meraviglie.
In 4-5 mesi ci siamo dimenticati perchè Monti ha preso in mano l’Italia, sembra che la pressione fiscale sia colpa sua.
Monti invece deve rimediare perchè qualcuno prima di lui ha abolito l’Ici e ora c’è l’Imu, perchè qualcuno in Europa ha sottoscritto impegni pesantissimi e ora dobbiamo onorarli».
Sono gli impegni sottoscritti da Berlusconi per il pareggio di bilancio nel 2013.
Ecco invece la babele di proposte.
La più sexy è quella del segretario del Pdl Alfano: non far pagare le tasse, fino alla somma vantata nei confronti della P.A., agli imprenditori che non ricevono i rimborsi. Fanno la ola gli uomini e le donne del Popolo della libertà che bacchettano Stefano Fassina, responsabile economia del Pd, che si permesso di ironizzare sull’idea di Alfano, bollandola come irresponsabile e propagandistica.
Intanto, perchè in tre anni e mezzo di governo, Berlusconi non ha attuato la proposta avanzata dall’ex ministro della Giustizia.
Poi perchè in questo modo si determinerebbe un buco di bilancio di 30-40 miliardi di euro in un solo colpo. Osvaldo Napoli invece difende la proposta di Alfano: è «semplice, razionale ed efficace quanto inutilmente polemica, contorta e irrazionale la replica di Fassina: per quale ragione dovrebbe aprirsi un buco nei conti pubblici se lo Stato attiva una compensazione fra crediti e tasse verso le imprese?».
La tassa più sofferta rimane l’Imu che gli italiani si apprestano a pagare tra mal di pancia e rabbia, ingrossando le fila dell’antipolitica e dell’astensione.
Maroni ne approfitta per lanciare la disobbedienza civile, ben sapendo quanto di queste entrate sulla casa i sindaci, che non possono derogare al patto di stabilità , hanno bisogno.
Facile per Bersani schiacciare la palla, ricordano al neocapo della Lega che in Italia c’è già troppa gente che fa lo sciopero fiscale, evadendo le tasse.
Semmai, dice Bersani, bisogna rendere l’Imu più leggera.
E per fare ciò aveva proposto un’imposta personale sui grandi patrimoni immobiliari. «Maroni era lì quando abbiamo fatto questa proposta. Erano tutti lì quelli che ora si lamentano. Poi su una cosa Pisapia ha ragione: bisogna fare un meccanismo per cui l’Imu rimane ai Comuni e loro non facciano solo gli esattori per conto dello Stato».
Erano tutti lì, sia prima che dopo il governo Berlusconi.
Ma ora Bossi dice che «Roma ha rotto le balle» e il tandem Gasparri-Romani chiede di sottoscrivere un accordo con la Svizzera per la tassazione dei patrimoni nascosti.
«Il Governo Monti – sostengono il capogruppo del Pdl e l’ex ministro – è chiamato a recuperare queste ingenti somme evase al fisco per allentare la morsa fiscale su cittadini e imprese».
Anche Di Pietro è della stessa idea e quantifica il capitale esportati illegalmente all’estero in 40 miliardi di euro.
«L’Italia dei Valori chiede da mesi che si faccia così, ma i signori del governo da quell’orecchio proprio non ci sentono e un sistema dell’informazione ancora più allineato e coperto che ai tempi del fascismo gli tiene bordone».
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)
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Maggio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
TRE CANDIDATI ALLE AMMINISTRATIVE IN CARCERE O AI DOMICILIARI PER RAPINA, TRUFFA, FALSO, CORRUZIONE, TRAFFICO DI DROGA… DUE SONO DI CENTROSINISTRA, UNO DEL TERZO POLO
Alle amministrative di alcuni dei principali comuni del Napoletano partecipano candidati consiglieri che hanno una oggettiva difficoltà a fare campagna elettorale. Perchè sono agli arresti.
In carcere o ai domiciliari, a seconda della gravità dei reati e del quadro probatorio. Potrebbe essere un buon viatico, chissà .
L’anno scorso alle amministrative di Quarto (Napoli) il candidato consigliere del Pdl Armando Chiaro, incarcerato per le pesanti accuse della Dda di Napoli di collusioni con la camorra, venne eletto in pompa magna.
Le manette non spaventano l’elettorato napoletano.
Stavolta i guai giudiziari dei candidati-arrestati derivano da reati di criminalità comune.
Rapina, droga, truffa, falso. Precisazione importante: al momento della candidatura, erano tutti a piede libero.
I provvedimenti giudiziari sono arrivati dopo. A liste presentate.
Ad Acerra il ventenne Christian Sagliocco, candidato della lista ‘Acerra nel cuore’ che fa parte della coalizione del Terzo Polo, ai primi di aprile è stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di aver partecipato a una rapina.
Acerra è un Comune bollente, e non solo per la presenza dell’inceneritore.
Tra i 565 candidati la prefettura ha scoperto quattro pregiudicati per estorsione e ne ha escluso uno, Amodio De Luca, a causa di una condanna per rapina e furto aggravato. E la campagna elettorale è avvelenata da numerose intimidazioni camorristiche ai danni di esponenti di tutti gli schieramenti.
A Torre Annunziata la lista civica ‘Arca’, alleata con il Pd e il centrosinistra, ha tra i suoi candidati Salvatore Izzo, imprenditore della società nautica ‘Izzo Mare’.
Il 5 aprile Izzo è stato arrestato per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti: avrebbe fornito uno dei motoscafi utilizzati per il trasporto di hashish tra la Spagna e l’Italia.
Sette arresti a gennaio, un’ordinanza di custodia cautelare per altre otto persone nell’aprile successivo.
Ma di questi otto, solo due persone sono stati catturati, gli altri sei sono sfuggiti alla cattura, e la Dda ha deciso di non diffondere la notizia dell’arresto di Izzo per non compromettere le indagini in corso.
Che sarebbe quindi rimasta ‘segreta’, o comunque circoscritta a un ristretto nucleo di amici, conoscenti e familiari, se non l’avesse resa pubblica il candidato sindaco dello schieramento avversario.
Il commissario del Pd napoletano Andrea Orlando, intervistato da Gerardo Ausiello de Il Mattino sull’arresto di Izzo, ha detto: “Basta con le liste civiche fai da te, dove spesso si insinuano indagati e rinviati a giudizio. Anche alle amministrative occorre una maggiore presenza dei partiti, che hanno il dovere di preservare la loro immagine e quindi fanno più controlli”.
Magari fosse sempre vero.
A Casavatore, infatti, è proprio il Pd che è scivolato sulla buccia di banana del candidato in manette.
In lista nel partito di Bersani c’è l’insegnante e sindacalista 47enne Paolo Proto, già consigliere comunale a Casalnuovo.
Il 4 aprile, a liste appena presentate, è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per reati che spaziano dalla corruzione alla truffa, dal falso alla frode informatica.
Grazie ai suoi ganci nel provveditorato agli studi di Napoli, Proto — secondo i magistrati — sarebbe riuscito a far falsificare le graduatorie degli insegnanti e del personale amministrativo, ottenendo mazzette fino a 6mila euro dalle persone beneficiate dall’incremento truffaldino del punteggio.
In ogni caso, l’insegnante sotto accusa si è ritirato dalla campagna elettorale, comunicandolo con un telegramma al segretario della sezione cittadina del Pd.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DI ALAN FIORDELMONDO, IL REPORTER CHE INCONTRO’ LAVITOLA QUANDO ERA LATITANTE A PANAMA… “IL DIPLOMATICO TOTALMENTE SOTTOMESSO AL FACCENDIERE AMICO DI BERLUSCONI”
Immaginate di incontrare un noto latitante all’estero. Di sentirvi in pericolo — anche se siete stati voi a cercare lui — e di chiedere aiuto
all’ambasciata italiana.
Se immaginate che, varcando la porta, vi accolgano per tranquillizzarvi e chiedervi di aiutarli a trovare il latitante in questione, per poi consegnarlo alle autorità italiane, vuol dire che non siete a Panama e che non avete incontrato Valter Lavitola.
Ecco nei fatti la versione di Alan Fiordelmondo, fotoreporter incaricato dall’agenzia di Fabrizio Corona di fotografare Lavitola a Panama.
Era il 6 novembre 2011 quando, spaventato, Fioredelmondo chiede aiuto all’ambasciata italiana.
Il fotoreporter aveva incontrato Lavitola, gli aveva detto d’aver scattato decine di foto che lo ritraevano, nei giorni precedenti, scatenando la sua ira.
“Questo cretino — dice Lavitola ai pm napoletani che l’hanno interrogato pochi giorni fa — era andato all’ambasciata italiana, da Curcio, gli aveva detto che aveva lasciato precipitosamente l’albergo, aveva buttato i cellulari, e si era rifugiato in ambasciata, perchè io lo potevo uccidere”.
Al di là dello spavento, il fotografo non poteva conoscere i rapporti tra l’ambasciatore e Lavitola.
Ecco cosa racconta, invece, qualcuno che Lavitola lo conosce bene: “L’ambasciatore Giancarlo Curcio — dichiara il testimone Mauro Velocci ai pm di Napoli — era totalmente sottomesso a Lavitola e in più di un’occasione, prima di intraprendere le proprie iniziative, chiede a Lavitola il suo consenso”.
“Rintraccio Lavitola grazie alla video intervista mandata in onda da Servizio Pubblico — dice il reporter — a 25 km da Panama, nel porto di Vacamonte. Mi dicono che Lavitola è in compagnia della famiglia, che ripartirà a breve, quindi mi piazzo all’aeroporto di Panama, dove lo aggancio, riuscendo a scattare le prime foto”.
Arriva l’incontro.
“Lo contatto al telefono, chiedendogli un’intervista e un servizio posato, lo convinco a incontrarmi senza offrirgli soldi, come invece sostiene lui: come potevo girare per Panama con 10mila dollari in contanti?”.
Si vedono alle ore 17, cafè Segafredo, piazza Simon Bolivar: “Arrivo circa 15 minuti prima, restando seduto sul sedile posteriore dell’auto, e vedo un suv con quattro persone a bordo, che continua a percorrere lentamente la piazza, cercando qualcosa o qualcuno. Poi scendo e mi dirigo verso il bar, dopo poco Lavitola arriva a piedi, solo, siede anche lui e iniziamo la nostra conversazione, che dura circa 30 minuti. Nel frattempo un panamense, che dopo guiderà l’auto di Lavitola, ci raggiunge.
Lavitola mi dice che non è disposto a non fare servizi nè interviste, poi mi propone una possibilità : devo riprenderlo mentre va sugli isolotti, a comprare le aragoste dai pescatori, da rivendere ai mercati locali, e mi chiede quanto posso pagarlo.
Motiva la richiesta di denaro: è la necessità di far fronte alle esigenze che impone la latitanza. Poi mi propone di girare un video in cui racconta fatti per dimostrare la sua innocenza sul caso Tarantini.
Gli dico che il servizio vale poco, che non posso pagarlo, e c’incamminiamo verso l’auto, con la promessa di risentirci la mattina seguente.
Sale sul suv ma poi lo vedo venire verso di noi: apre la portiera e mi fa: “Non avrò il pelo sullo stomaco lungo fino a Miami, come dicono, ma un pezzo ce l’ho: tu qui se fai stronzate finisci male. Non sei in Italia, questa è come casa mia. Stai attento”.
E ho avuto la netta sensazione che ero nei guai. Lavitola dice che vuole venire in hotel con me, per vedere le foto, gli rispondo di no, ribatte che vuol vedere la mia macchina fotografica, scatto in auto chiedendo all’autista di andare veloce verso l’hotel.
Quando arrivo faccio in fretta il bagaglio, cancello i file foto dal computer e dalle macchine fotografiche e in un attimo faccio check out”.
Lavitola teme di essere stato fotografato in situazioni compromettenti e vuole evitare danni. “Chiamo il numero di emergenza dell’ambasciata, risponde un funzionario e dice che l’ambasciata è chiusa.
A quel punto dico di essere un fotoreporter imbattutosi in Lavitola”. Cioè un latitante. Cosa risponde l’ambasciata? “Appena riagganciato conferirò immediatamente con l’ambasciatore: la ringraziamo, perchè grazie alla sua testimonianza, oggi abbiamo la certezza che Lavitola si trova a Panama. Ne avevamo il sospetto, ma non eravamo certi”. Ma come: l’ambasciatore Curcio, così amico di Lavitola, stando alle parole di Velocci, non sapeva che ‘Valterino’ era a Panama?
Il fotoreporter capisce che la faccenda sta peggiorando: “Al sentire queste frasi — continua — ho salutato velocemente, ho staccato il telefono, buttato il chip della scheda panamense”. Il giorno dopo l’Ansa batte un lancio: scomparso fotografo italiano a Panama.
“Solo in quel momento decido di recarmi in ambasciata e incontro Curcio: la conversazione non è distesa, ho paura. Curcio vuol sapere se ho fotografie di Lavitola, rispondo di no.
“Non possiamo montare un caso mediatico la dove non c’è — mi dice Curcio — perchè si rischia che sia strumentalizzato. Sostengono che il mio racconto ha parecchie lacune. Mi suggeriscono di denunciare le minacce alla polizia panamense. Gli rispondo che m’interessa soltanto tornare a casa. L’ambasciata mi fornisce un’auto di “fiducia”: un taxi. Ricordo ancora il saluto ironico del funzionario dell’ambasciata: “Speriamo non le accada nulla da qui all’aeroporto”.
Arrivato all’aeroporto di Panama, mentre scarico i bagagli, si avvicina un poliziotto, chiede il passaporto, il biglietto e se avevo fotografie. Rispondo di no.
Al controllo documenti, il mio passaporto, inspiegabilmente non va più bene, mi dicono che è irregolare, poi mi chiedono se ho foto con me, e quali foto.
La mia risposta è sempre la stessa. Arrivo ad Amsterdam e due poliziotti in borghese controllano la mia attrezzatura e mi chiedono conto delle foto.
Continuo a rispondere che non ne ho”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
MARONI: “PECCATO PER LE SUE PAROLE”… IN RETE SCOPPIA L’IRA DEI BARBARI TRASOGNANTI
La piccola Pontida di Zanica che doveva sancire la ritrovata unità leghista sembra trasformarsi nella Caporetto politica interna di Umberto Bossi.
L’annuncio del Senatùr della sua ricandidatura alla segreteria della Lega ha spiazzato la base.
La novità è che questa volta il dissenso contro il “Capo” è palese, urlato.
Sulla bacheca Facebook di Maroni i messaggi sono impietosi: «Bossi all ospizio», «Umberto ha rotto le balle», «ditegli che ha stufato», «ne abbiamo tutti le scatole piene di essere ridicolizzati dall’ex condottiero e dalla sua famiglia allargata».
Tra i lumbard volano stracci, ma ora nessuno si prende più la briga di difendere il Senatùr.
Nella notte interviene lo stesso Maroni e lo fa senza nascondere la sua disapprovazione: «Grazie a tutti coloro che sono venuti a Zanica oggi. Peccato solo che la dichiarazione (a sorpresa) di Bossi di volersi candidare alla segreteria federale abbia consentito ai giornalisti di mettere in secondo piano la protesta fiscale contro l’IMU sulla prima casa. Ma la battaglia continua, in tutti i sensi».
Sul palco del “Lega Unita Day” convocato nel paese della Bergamasca, il Senatùr aveva preso la parola per ultimo.
Tuonando contro il governo Monti e dicendo di non voler fare la fine del rivoluzionario irlandese Michael Collins, «ucciso dai suoi ex compagni».
Ma era stato solo più tardi, davanti ai cronisti e al riparo da possibili contestazioni, che un Bossi affaticato aveva lasciato scivolare l’annuncio più importante della giornata.
Si candiderà o no al congresso federale convocato per la fine di giugno?
«Sì, penso di sì. Per forza, per la gente», era stata la risposta del Senatùr. «Altrimenti — aveva aggiunto Bossi – la gente pensa che non siamo uniti. Lo farò se serve a tenere unita la Lega».
Apriti cielo, la maschera è caduta.
Decine di iscritti prendono d’assalto la pagina Facebook di Maroni.
E’ lì che va in scena il parricidio virtuale padano. «Se Bossi si ricandida, la Lega è finita», scrive Paolo. «Bossi ha fondato la Lega e come Sansone vuole farla sparire ammazzando tutti i filistei», accusa Maurizio.
Un militante lancia il suo personalissimo ultimatum ai dirigenti del partito: «O si cambia e si recupera in credibilità o io la faccia non ce la metto più».
«Per quel che mi riguarda — avverte Simona – o Bobo o niente».
Le risponde Fabrizio: «Il niente si è purtroppo ricreduto… Mi sa che si rimangerà le scuse di Bergamo e tutto il resto. Belsito hai vinto tu».
Su Radio Padania va in onda la frustrazione di un popolo diviso.
Arriva una telefonata da Vicenza: «Piuttosto del ritorno di Bossi è meglio chiuderla qui, non ne possiamo più».
In studio Igor Iezzi prova a riportare la discussione sull’iniziativa anti-Imu, con scarsi risultati. Passa qualche chiamata, tocca a Enzo da Monza: «La ricandidatura del Senatùr è negativa, è una forma di trasformismo che non accetto dalla Lega».
Avanti un altro: «Siamo stufi, Bossi non può autoproclamarsi capo a vita. Così non c’è giustizia».
Angela da Bergamo adombra complotti: «La ricandidatura di Bossi è l’ultimo tentativo di Berlusconi di riagganciare la Lega, io ormai non ci credo più».
Sul Web qualcuno esce dal coro e prova a dare la colpa ai «soliti giornalai servi di Roma ladrona».
Ma a vincere è la delusione: «Però potevate dircelo che era tutto uno scherzo».
La parola d’ordine è Maroni segretario. «Se non diamo una svolta seria e credibile per la Lega è finita — scrive Gian Piero -. Lo chiedono la maggior parte dei militanti e i simpatizzanti delusi che aspettano una svolta per tornare a votarci».
Fulvio concede l’onore delle armi, ma nulla di più: «Bossi è stato un grande leader, ma è ora che si faccia da parte. Se sarà candidato unico al congresso io non andrò neanche a votare».
Paolo è dello stesso avviso: «Mi pare arrivato il momento di dire basta. A Bossi voglio bene, ma se non capisce da solo che è arrivato il momento di farsi da parte, bisogna che qualcuno glielo faccia capire».
Gabriele Martini
(da “la Stampa”)
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Maggio 2nd, 2012 Riccardo Fucile
ELEZIONI PRESIDENZIALI IN FRANCIA: L’ATTESO DUELLO TELEVISIVO QUESTA SERA SU FRANCE 2 E TF1 NON DOVREBBE MODIFICARE IL RAPPORTO DI FORZE TRA I DUE CANDIDATI… SARKOZY TENTA IL RECUPERO
Lo dice la storia dei faccia a faccia tv in Francia: dal 1974, anno del primo dibattito tra Valèry Giscard d’Estaing e Franà§ois Mitterrand
a quello del 2007 tra Nicolas Sarkozy e Sègolène Royal, il candidato in testa nelle intenzioni di voto è sempre arrivato all’Eliseo, malgrado la performance televisiva.
Gli ultimi sondaggi, in vista del ballottaggio il 6 maggio prossimo, vedono il leader socialista in netto vantaggio (53%), sul presidente uscente (46,5%).
Secondo analisti e politologi, citati dal quotidiano Le Figaro, il confronto televisivo tra i due turni elettorali, può far spostare tra i 200.000 e i 300.000 voti, pochi per modificare il risultato di un’elezione presidenziale.
“Più il vantaggio del favorito è sostanziale – come quello tra Hollande e Sarkozy – più il duello tv ha un’influenza marginale”, ha spiegato Christophe Piar professore a Sciences Po, a Parigi.
Nicolas Sarkozy, tuttavia, esprime ottimismo: “Sono lucido, vedo l’estrema difficoltà della situazione. Ma finirò per vincere. Questa vittoria, la strapperò con i denti, ma vincerò”.
“Ciò che vedo – ha aggiunto il presidente uscente della Francia rivolgendosi alla sua squadra elettorale, secondo quanto si legge oggi sul settimanale satirico Le Canard Enchainè, sempre molto ben informato sui retroscena dell’Eliseo – contraddice i sondaggi: ai comizi sono in tantissimi, c’è un vero fervore”.
Per lui, “non c’è nessuna dinamica a sinistra ed è rassicurante.
Dopo quattro anni di crisi e una campagna contro di me come non si era mai vista, Hollande ha solo un punto e mezzo più di me”.
In un’altra occasione, confidandosi con alcuni fedelissimi, Sarkozy si era però mostrato meno ottimista: “Lascerò l’Eliseo a un’età in cui gli altri presidenti non ci erano ancora entrati. Avrò una vita dopo, non solo la prospettiva del cimitero”.
SARKOZY E HOLLANDE: STORIE PARALLELE ALLA SFIDA FINALE… DUE DESTINI INCROCIATI: COETANEI, ENTRAMBI DI FAMIGLIA BORGHESE, ENTRATI NELLO STESSO IN PARLAMENTO… SI DANNO DEL TU IN PRIVATO MA NON SI AMANO
Il dibattito televisivo fra Nicolas Sarkozy e Franà§ois Hollande, stasera alle 21 in tv è l’appuntamento clou di questa fase della campagna pre-ballottaggio delle presidenziali francesi.
E costituisce l’ultima vera possibilità offerta a Nicolas Sarkozy di invertire il trend negativo e risalire la china rispetto all’ormai superfavorito candidato socialista (in un momento in cui i sondaggi indicano che il divario si sta riducendo).
In ogni caso, di fronte ai francesi si ritroveranno stasera due uomini più simili di quanto si creda.
Nicolas e Franà§ois, due destini incrociati.
Due esistenze diverse ma parallele . Tra i due corrono appena sei mesi. Sarkozy e Hollande hanno entrambi 57anni: è più grande leggermente il secondo.
L’ironia della sorte vuole che avrebbero potuto frequentarsi da ragazzini, anche se niente di tutto questo accadde.
Hollande si trasferi’ nel 1968 a Neuilly-sur-Seine da Rouen, figlio di un medico facoltoso (di estrema destra) e di un’assistente sociale (cattolica e di sinistra). Sarkozy, invece, arrivò nello stesso sobborgo dei ricchi parigino nel 1973, dalla vicina capitale.
Pure lui famiglia borghese, abbiente (ma complicata, con un padre aristocratico ungherese, che presto piantò la moglie con i figli).
Franà§ois frequentò, da studente brillante, il liceo Pasteur (pubblico) di Neuilly. Nicolas, invece, preferì un liceo privato di Parigi, dove fu un allievo per niente modello.
Più tardi il primo inanello’ grandes ècoles una dietro l’altra. Il secondo entro’ solo a Sciences Po, senza riuscire a diplomarsi.
Da sempre all’opposto in politica .
Fin da giovani entrambi sono attratti da quel mondo.
Ma da sponde opposte: Hollande va con i socialisti, Sarkozy con l’Rpr, il partito neogollista (poi diventato l’attuale Ump).
Nello stesso anno, il 1988, vengono eletti deputati. E iniziano a incrociarsi al Palais Bourbon, la sede dell’Assemblèe Nationale. Tanto più che sia l’uno che l’altro scalpitano, sono ambiziosi (sebbene Hollande non lo faccia vedere).
Si ritrovano spesso nella sala delle Quatre Colonnes, dove i parlamentari rifilano qualche notizia off ai giornalisti.
Negli anni Novanta sono astri nascenti dei loro partiti (Sarkozy ministro per la prima volta nel 1993, Hollande mai ministro ma segretario generale del Partito socialista dal 1997 al 2008).
Si vedono, si parlano, si scontrano in alcuni dibattiti televisivi
Si danno del tu in privato. Ma non si amano. Non si sono mai amati.
Nicolas versus Franà§ois, Franà§ois versus Nicolas
Uno dei rari legami indiretti fra i due personaggi è rappresentato da Jacques Attali: un uomo per tutte le stagioni, economista di sinistra, giovane collaboratore di Mitterrand dopo il 1981, proprio con Hollande.
Ma Attali ha lavorato anche per Sarkozy, una volta diventato Presidente: per lui ha diretto la commissione sulla crescita economica. Ora è ritornato all’ovile e sta collaborando già con il candidato socialista.
E’ l’unico a essere davvero amico di entrambi. E nei giorni scorsi ha detto: «C’è molto più rispetto da parte di Franà§ois per Nicolas che viceversa».
Sì, Sarkozy ha un disprezzo più o meno ostentato nei confronti dell’avversario.
Di recente lo ha definito «una nullità ». Ci ha messo del tempo a rendersi conto che proprio lui, Hollande, quel tecnocrate di partito, potesse diventare il suo rivale alle presidenziali. E un avversario temibile.
Dapprima si è concentrato su Dominique Strauss-Kahn, di cui aveva davvero paura. Poi su Martine Aubry, l’anima di sinistra del Ps. Ancora oggi, nonostante tutto, dà l’impressione di ritenersi di un’altra categoria rispetto all’altro.
Il duello di stasera e i suoi precedenti
I francesi stanno aspettando con trepidazione il loro primo (e unico) duello in tv: diretto, uno contro l’altro, solo loro.
Nel 2007 l’equivalente, fra Sarkozy e Sègolène Royal, allora sfidanti al ballotaggio, incollo’ 20 milioni di francesi davanti allo schermo.
E fu la batosta finale, a pochi giorni dal voto, che mise fuori gioco la Royal, ex compagna di una vita proprio di Hollande.
Che con Sarkozy ha già affrontato dei face-à -face televisivi quattro volte tra il 1998 e il 2005. Difficile dire chi ne uscì vincitore.
Hollande ha una buona dialettica ed è preparatissimo, soprattutto sui temi economici. Sarkozy compensa certe lacune con l’aggressività e sa mettere l’interlocutore a disagio.
Che vinca il migliore.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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