Destra di Popolo.net

PAOLO BERLUSCONI, ROMANI, SANTANCHE’: “TUTTE LE PRATICHE DEL PRESIDENTE”

Maggio 30th, 2012 Riccardo Fucile

LE CARTE DI PONZELLINI: TRAMITE SUO PASSAVANO FINANZIAMENTI AGLI AMICI CON CANALI PRIVILGIATI…LA VISIBILIA DELLA SANTANCHE’ “NON SEMBRA FINANZIABILE, MA CANNALIRE FA PRESSIONI PER CONCEDERE IL CREDITO”

A lui la mano libera per finanziare gli amici. Ai sindacati “nomine, assunzioni benefits e politiche salariali privilegiate”.
È questo il patto scellerato tra le sigle sindacali della Popolare di Milano e l’ex presidente Massimo Ponzellini che ha permesso di creare all’interno della banca una struttura parallela per gestire il credito.
Ponzellini spingeva e aggiustava “le pratiche del presidente” in genere dubbie e piene di problematiche secondo il suo tornaconto personale, mentre i sindacati raggruppati nell’associazione “Amici della Popolare di Milano” godevano di alcune garanzie per stipendi e carriere.
“L’anello di congiunzione di queste due politiche – scrive il giudice per le indagini preliminari Cristina di Censo nell’ordinanza d’arresto – è rappresentato dal direttore generale Enzo Chiesa, la cui figura è espressione dei soci dipendenti”.
A muovere le leve del credito sono Ponzellini e il suo braccio destro Antonio Cannalire, legato alla banca da un contratto di consulenza, “con la collaborazione di Enzo Chiesa e di volta in volta, con la condivisione o la tolleranza degli altri dirigenti”.
La validità  dello schema è confermata dal fatto che sarebbe dovuto sopravvivere anche all’uscita di scena di Ponzellini con l’avvento del nuovo presidente, Andrea Bonomi.
È lo stesso Cannalire in una telefonata con Paolo Berlusconi, fratello dell’ex premier e tra i “privilegiati” del credito facile della Bpm, a rassicurarlo. “A lui (Berlusconi ndr) Cannalire promette di presentare Bonomi, spiegando che rappresenterà  la continuità  con Massimo. Se Bankitalia non fa ulteriore pazzie Bonomi dovrebbe continuare la continuità  di Chiesa”.
Dello stesso tenore, tra ricatti e sottintesi sono le telefonate tra Cannalire e i sindacalisti Sergio Girgenti (Fibacisl), Daniele Ginese (Fabi) e Gallo (Cisl).
Libero e al di sopra della lotta di potere tra le sigle sindacali della banca, Ponzellini ha potuto gestire con tranquillità  le sue pratiche.
La più importante era relativa ai giochi d’azzardo, con la società  Atlantis/BPlus, beneficiaria di un finanziamento da 150 milioni di euro.
La banca avrebbe prestato soldi alla Atlantis pur sapendo che, risalendo la catena di controllo, la società  faceva capo attraverso una società  offshore delle Antille Olandesi a Francesco Corallo, figlio di Gaetano, condannato per reati di criminalità  organizzata, e legato al clan di Nitto SantaPaola.
I ricavi della Atlantis, attiva nei giochi d’azzardo e vincitrice di una gara d’appalto con l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (Aams), sarebbero inoltre finiti al di fuori dei confini nazionali.
Nel settore giochi opera direttamente anche Cannalire, come socio nella Jackpot Game di Marco Dell’Utri, figlio del senatore Marcello, e di altre società  tutte con rapporti di credito con la Bpm “caratterizzati da vistose irregolarità “.
A una di queste, la M2Holding, la Atlantis/BPlus avrebbe versato due bonifici da 500mila euro. Secondo la ricostruzione dei pm Mauro Clerici e Roberto Pellicano, anche Ponzellini avrebbe ottenuto dei corrispettivi da Corallo, attraverso una società , la Pegasus Bridge.
Gli inquirenti hanno scoperto una rimessa da 900mila euro e un contratto con la Atlantis sequestrato allo stesso Ponzellini in cui si parla di pagamenti per altri 3,5 milioni di sterline inglesi in tre anni (a 100mila al mese).
Al mondo del gioco appartengono anche altre società  vicine al duo Cannalire – Ponzellini, la Sisal e la Almaviva dell’Imprenditore Alberto Tripi.
Tutte erano interessate oltre ai finanziamenti di Bpm anche all’attività  di un amico di Cannalire e Ponzellini, l’onorevole Marco Milanese, il parlamentare del Pdl ex braccio destro di Giulio Tremonti.
A Milanese, da tempo ritenuto il referente delle società  attive nel settore giochi, sarebbe toccato il compito di far recepire nel cosiddetto decreto Abruzzo del 2009, la normativa relativa alle slot machine di ultima generazione, sulle quali le società  erano pronte a investire.
Del resto, Tremonti era in cerca di nuove entrate fiscali per far fronte all’emergenza sismica. E il gioco d’azzardo era una buona fonte.
La Sisal avrebbe promesso versamenti per 860 mila euro e Almaviva altri 240mila euro.
Il giro di amici di Ponzellini, tuttavia è più ampio e abbraccia un ampio fronte politico e imprenditoriale (da Gavio a Ligresti, alle Generali).
Cannalire chiama la segretaria dell’allora ministro Paolo Romani dicendo: “Mi dice il mio capo, Ponzellini, finchè c’abbiamo una banca si può invitare stasera Paolo a cena”.
In particolare Romani si sarebbe interessato a un finanziamento per Ilaria Sbressa e il suo canale televisivo. Anche Paolo Berlusconi si sarebbe rivolto a Cannalire.
La richiesta, però, aveva creato delle perplessità  nel capo divisione crediti, il quale, ricorda il gip nell’ordinanza, faceva presente che il cliente “chiede una cosa che fatta così sta un po’ sull’impossibile, nel senso che chiede l’anticipo su utili che ci saranno forse in società “.
Ma gli affidamenti arrivano.
L’ex ministro Ignazio La Russa avrebbe contattato Ponzellini per spingere una pratica: “quel giorno – scrive ancora il gip – tale Giordano della Quintogest chiamava direttamente Cannalire riferendo di avere spiegato a La Russa che la sua pratica non era di facile trattazione e che questi aveva replicato “allora chiamo io Massimo, vedrai che è facile””.
Pure Daniela Santanchè (Pdl) è in confidenza con Cannalire: chiede soldi per Visibilia, una società  “non finanziabile”.
Spunta anche un prestito a Giovanni Acampora, avvocato condannato dalla corte d’appello di Milano per corruzione nella vicenda Imi-Sir.
Per lui intercedono il senatore Alfredo Messina e l’onorevole Aldo Brancher.

Walter Galbiati e Emilio Randacio
(da “La Repubblica”)

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PLUFF, MONTI BUCA IL PALLONE

Maggio 30th, 2012 Riccardo Fucile

“FERMARE I CAMPIONATI”, ZAMPARINI: “PREMIER INDEGNO”, ABETE: “NON SI PUO’ FARE”….E A PALERMO RETATA PER IL TOTONERO

In fondo alle esperienze si trova coraggio. Superata l’afasia, la parola prende il volo. Forse è solo campagna elettorale. Si vedrà .
Dopo aver riflettuto sulla discarica di Villa Adriana, Mario Monti si occupa di altra spazzatura.
Rifiuti che emanano l’odore nauseante di qualcosa coperto troppo a lungo.
“Mi domando se per due o tre anni non gioverebbe una totale sospensione del calcio. Non è una mia proposta o una risoluzione del governo, ma la riflessione di una persona che era appassionata di questo sport, quando il pallone era ancora tale”.
Poi, liberato, Monti affonda. Cita il ricatto. L’omertà .
Le connivenze: “È particolarmente triste e fa rabbrividire quando una disciplina che dovrebbe esprimere i valori più alti si rivela un concentrato di fattori deprecabili. In questi anni abbiamo assistito a fenomeni indegni”.
Basta per segnare la tanto evocata discontinuità , veder accorrere Gianfranco Fini, travestito da pompiere: “Le parole di Monti non vanno interpretate alla lettera”, e far incazzare Gianni Rivera: “Provo dispiacere. In Monti avevo fiducia, ma ha detto frasi fuori luogo e fuori tempo. Non sono un difensore della corporazione, ma non bisogna esagerare e queste uscite non le capisco”.
Se voleva essere l’ultimo disperato tentativo di stupire, Monti non ha fallito.
Turbato i sonni già  agitati di un universo da sempre abituato a essere ricevuto a Palazzo Chigi o al Quirinale, in cerca di perdonismi, battute o amnistie nell’imminenza di Mondiali o Europei.
Questa volta, si intuisce, andrà  diversamente.
Non si sospenderà  nessun torneo, ma si cercherà  di far pulizia con inedita durezza. In tempi brevi.
Il giorno dopo è stato simile al precedente. Caos.
Erano ancora negli occhi le luci blu delle volanti, gli arresti di Stefano Mauri, Omar Milanetto e delle altre comparse funzionali alla suburra da retropalco.
Ancora nella testa le perquisizioni casalinghe di tanti giocatori di Serie A e il lodevole impegno dei loro legali, concentrati con facce da podio e morali in cantina, nel negare l’evidenza.
E poi gli imbarazzi del lunedì nero della Nazionale a Coverciano, i balletti dialettici di Cesare Prandelli su Leonardo Bonucci (senza avviso di garanzia e ancora in gruppo) e Domenico Criscito (indagato e ormai a casa sua), l’indignazione sic di Antonio Conte per non essere stato interrogato dai magistrati prima che i poliziotti, applicando una loro precisa direttiva, cercassero in telefoni e computer conferma alle parole del pentito Filippo Carobbio (ex Siena): “L’attuale allenatore della Juve sapeva delle combine”.
Il solito minuetto volto a tenere unito un giocattolo in frantumi con una Lega allo sbando e il presidente federale Giancarlo Abete che riesuma un cavallo di battaglia dialettico del Berlusconi più loquace.
La demonizzazione.
Dopo aver avvertito: “Condivido l’amarezza, ma quella di Monti non è la soluzione”, Abete intona la litania: “ Il calcio è nella società  civile. Non è meglio, ma non è neanche peggio. No alle demonizzazioni”.
Che il momento fosse grave si era capito già  nella nottata di lunedì.
L’interessato controcanto a reti unificate dell’azionista di maggioranza Sky (oltre 400 milioni di euro annuali erogati alle società  di A e B) per voce di una preoccupata Ilaria D’Amico, era esondato in una serata monografica a tema: “Il protagonismo dei magistrati e la giustizia spettacolo”.
Tutto prevedibile. Tutto fuori sincrono.
La realtà  parla una lingua che i padroni del vapore non possono interpretare.
Mentre i suoi colleghi, ecumenici, da Claudio Lotito, Lazio, ad Andrea Agnelli, Juve, cianciano di “assoluta estraneità  delle società ” o di calciatori sinceri (non sia mai che parlino davvero) utilizzando una formula empirica buona per tutte le stagioni, ma non esattamente a prova di tribunale: “Ci siamo guardati negli occhi e ho capito che il ragazzo non mentiva”.
Del salto di qualità  e del rumore si incarica il domatore del circo, uno specialista, Maurizio Zamparini, padrone del Palermo.
Anche se trascina in Sicilia questa non è una storia semplice.
E Zampa fa quello che sa fare meglio. Urla: “L’unica cosa indegna in questo Paese è che uno come Monti osi dire quel che ha detto: ci sta massacrando, sta distruggendo l’Italia. Dovrebbe pensare prima di parlare. Prima di dire che bisogna chiudere il calcio, dovrebbe riflettere sui suoi problemi e su tutto ciò che sta facendo chiudere con i suoi provvedimenti. Monti dimostra di essere ignorante perchè allo Stato, ogni anno, le società  di calcio versano 800 milioni di euro”.
Purtroppo per Zamparini, ieri a Palermo ci sono stati arresti per totonero, scommesse clandestine.
E nel mucchio, è apparsa una sua vecchia conoscenza: Giovanni Pecoraro, un ex dipendente di Zampa che lavorava nella doppia veste di procuratore sportivo e responsabile delle giovanili.
Già  messo in carcere (e scagionato) anni fa per concorso esterno in associazione mafiosa.
Pecoraro è tornato dietro le sbarre, con l’agghiacciante corollario dettato dal magistrato Antonio Ingroia, a fare chiarezza: “Tutto il settore del gioco clandestino, compreso quello del calcio, è da tempo gestito da Cosa nostra. Da un libro mastro scovato a casa di Provenzano abbiamo ricostruito a tappeto la rete di chi gestiva le scommesse”.
È strano che Zamparini non ricordi, perchè come mise a verbale l’ex avvocato del boss Salvatore Lo Piccolo ed ex buon amico di Pecoraro, Marcello Trapani, oggi collaboratore di giustizia, mafiosi e capi tifosi a Palermo, erano soliti andare assieme allo stadio spartendosi biglietti omaggio della società .
“L’incontro fu sollecitato dall’allora direttore sportivo Rino Foschi — sostenne Trapani — dopo che era stato contestato dai tifosi, per la riduzione dei biglietti omaggio”.
Il quadro è questo. Era lo stesso anche ieri.
Domani, forse, mancherà  la cornice.

Antonio Massari e Malcom Pagani
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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I CAPANNONI: PILASTRI E CERNIERE, ECCO PERCHE’ NON REGGONO AI TERREMOTI

Maggio 30th, 2012 Riccardo Fucile

SONO COSTRUITI PER RESISTERE A SOLLECITAZIONI VERTICALI, NON A QUELLE ORIZZONTALI DI UN SISMA

Shoe box , li chiamano gli americani, scatole di scarpe.
Oltre alla morte, alle macerie e alle famiglie scaraventate nelle tende, stavolta il terremoto ha portato la paura dei capannoni, venuti giù come nemmeno le casette medievali.
Cemento grigio, 1.000 metri quadri di media, in Italia ne abbiamo più di 700 mila.
E di questi, secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia del Territorio, oltre 80 mila sono proprio in Emilia Romagna.
Da lì vengono fuori merci che conquistano i mercati stranieri, il 30% diventa export. Solo da Modena e Ferrara arriva l’1% del nostro Pil, il prodotto interno lordo.
Sono il cuore dell’economia di quella terra e dell’Italia intera, i capannoni. Rappresentano uno dei simboli di un Paese che lavora.
Ma adesso ci accorgiamo che sono anche l’anello debolissimo di un patrimonio edilizio che già  di suo non è il massimo della sicurezza.
«Sono edifici molto semplici – spiega Bernardino Chiaia, professore di Scienza delle costruzioni al Politecnico di Torino – formate da pochi pilastri e travi. Riescono a resistere solo a sollecitazioni verticali mentre in caso di sollecitazioni orizzontali, come quelle provocate da un terremoto, possono venire giù come un castello di carte». Castello di carte, proprio così.
Sembrano le parole di chi ha appena sentito la terra tremare e sta tremando pure lui, di chi è scappato tra la polvere di uno di quei colossi venuti giù.
E invece è il pacato ragionamento di un esperto del settore, che siede anche nel consiglio d’amministrazione dell’Ingv, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Il punto è che le travi sono poggiate sui pilastri, a tenerli insieme è solo una cerniera, nulla di più.
Se la terra trema, la trave può perdere l’appoggio del pilastro. E allora viene giù, insieme al tetto.
Possibile? Possibile che strutture dove lavorano ogni giorno migliaia di persone siano fatte «seguendo il modello dei Lego», come dice un altro ingegnere, il bolognese Guido Cacciari con 20 anni di esperienza nelle zone sismiche?
Prima del 2003 quel pezzo di Emilia Romagna non era considerato zona a rischio. Solo dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia la cartina, in realtà  pronta dal 1999, è stata modificata.
Fino ad allora i capannoni sono stati costruiti come se la terra non avrebbe mai tremato.
«Non c’è un problema di violazione delle regole – dice Gaetano Maccaferri, presidente di Confindustria Emilia Romagna – semmai una questione di aggiornamento delle regole. Ma non dimentichiamo che in questa zona l’ultimo terremoto forte risale al 1500. Chi poteva dirlo?
Dobbiamo dire grazie proprio a quella cartina aggiornata con quattro anni di ritardo se buona parte dei capannoni emiliani sono venuti giù uccidendo Gianni, Kumar, Mohammad e tutti gli altri operai che si stavano guadagnando lo stipendio.
Perchè è stato proprio in quegli anni che anche l’economia del capannone ha vissuto la sua bolla.
La legge Tremonti bis, approvata nel 2001 e proposta dall’allora ministro dell’Economia, assegnava incentivi fiscali alle imprese che reinvestivano i loro utili in «beni strumentali».
Capannoni, sostanzialmente. In soli cinque anni, e solo in Veneto, sono stati costruiti edifici industriali pari a un capannone alto 10 metri, largo 28 metri e lungo più di 200 chilometri.
Un boom che ha portato sicuramente tanto lavoro ma anche una montagna di problemi. Alla sicurezza, come abbiamo visto.
Al paesaggio, tanto che ogni giorno il cemento si mangia 45 ettari di verde.
Ma anche all’economia. Magari l’ingegner Perego portato a teatro da Antonio Albanese esagerava un po’: «Nella mia famiglia – diceva nel suo spettacolo Giù al nord – lavoriamo tutti da generazioni. Mio nonno ha fatto il capannone piccolo, mio padre quello grande, io quello grandissimo. Mio figlio si droga. Ha scoperto che non riuscirà  mai a fare un capannone più grande del mio».
Ma adesso che la bolla è scoppiata e l’economia soffre i problemi si vedono sul serio.
I capannoni sono troppi, nel 2009 le compravendite sono crollate del 15,9%, il prezzo è sceso a 546 euro al metro quadro.
Non li vuole più nessuno, molti sono vuoti, sfitti, abbandonati.
Solo nella provincia di Treviso sono uno su cinque.
In Emilia Romagna li stanno contando proprio adesso: «Le nostre associazioni di Modena e di Ferrara – spiega ancora il presidente degli industriali, Maccaferri – si stanno attivando per vedere se è possibile trasferire lì chi ha avuto le proprie strutture danneggiate. Naturalmente a patto che non ci siano problemi di sicurezza».
E che gli operai siano d’accordo.
Anche nel resto d’Italia molti capannoni sono in cerca di una nuova destinazione.
Non sempre è possibile fare come a Porta Genova, dove le strutture industriali della Milano di un tempo sono diventate loft e appartamenti di prestigio.
L’80% delle shoe box d’Italia si trova nei piccoli comuni, una volta abbandonate rischiano di diventare terra di nessuno.
Solo pochi anni fa la leghista Manuela Dal Lago aveva lanciato la sua proposta di riconversione industriale: «Vista la crisi in corso potrebbero essere riadattati per la vendita del sesso. Permetterebbero controlli contro i magnaccia, controlli sanitari, e pure il pagamento delle tasse».

Lorenzo Salvia
(da “Il Corriere della Sera”)

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SESSANTA SCOSSE NELLA NOTTE, DEMOLITI GLI EDIFICI PERICOLANTI

Maggio 30th, 2012 Riccardo Fucile

UNA NOTTE INSIEME AI TERREMOTATI IN COMPAGNIA DELLA PAURA E NELL’ATTESA CHE TORNI LA LUCE… QUANDO NON C’E’ PIU’ LA SPERANZA DI TORNARE A UNA VITA NORMALE

Sono le due del mattino. Da qui, a qualche ora la terra tremerà  altre 60 volte.
Le ruspe demoliscono la casa della società  operaia.
Era un teatro, poi venne raso al suolo e una delle ditte di costruzioni più importanti della provincia ricostruì quello che poi è diventato un condominio..
Uno dei complessi più nuovi e pregiati del paese, un bilocale costava 150.000 euro. Dopo la prima scossa gli operai erano già  al lavoro per restaurarlo.
Ieri quel condominio si è sdraiato su se stesso, si è sciolto. E non si capisce il motivo. L’hanno finito di costruire sette anni fa, avrebbe dovuto resistere. Almeno sulla carta. Invece è crollato.
Una parte del tetto, con la scossa di ieri mattina, si è adagiata al piano terra.
Tre piani moderni che si scoprono vulnerabili più dei casolari di campagna costruiti un secolo fa, quando il cemento era armato dalle pietre.
Qualcosa non ha funzionato, nella fase di progettazione. E in quella di costruzione. Niente ha funzionato.
La fortuna, sempre che il termine sia concesso, è che dentro non c’era nessuno. E la parte che era rimasta in piedi, viene demolita dalle ruspe.
Cavezzo da ieri mattina è un paese fantasma.
Non dorme nessuno, ma intorno non si sente una persona che abbia voglia di parlare. Sono tutti in strada, qualcuno nelle tende personali, moltissimi nelle auto.
Di edifici rimasti in piedi ce ne sono pochi. Ma quelli che hanno resistito sono quelli più vecchi.
“Non siamo più a casa nostra”, dicono tre ragazzi. Hanno vent’anni, a Cavezzo sono nati, ma oggi hanno la consapevolezza che non rimarranno.
“Non ci sono più le abitazioni, non c’è più il lavoro.Andremo via, anche se questa era casa nostra. Camminare in questo centro e non avere più i riferimenti perchè sono venuti giù è un’impressione che si fatica a esprimere”.
C’è un polo industriale, sulla strada che da Cavezzo porta a Medolla, che fino al 20 maggio era la fonte di sopravvivenza.
Oggi quel polo industriale, alimentare e biomedicale, non esiste più.
La Menu, colosso della ristorazione, sulla statale 12, è danneggiata e la sede dichiarata non agibile.
Si trova di fronte alla Hemotronic, tre vittime e un’attività  nel campo della fornitura di apparecchi per la dialisi, che probabilmente non riaprirà  più. In un fazzoletto di terra di pochi chilometri quadrati se ne sono andati via cinquemila posti di lavoro.
È questo l’incubo, molto più delle macerie, molto più dei boati che precedono le scosse.
La notte corre via con i vigili del fuoco che scavano, le ruspe che demoliscono, e le persone che non dormono perchè negli occhi hanno incubi che non riusciranno mai più a cancellare.
Non è un caso che le farmacie da campo tengano ansiolitici e sonniferi. Un po’ di chimica in attesa che il sole provi a cacciare via il freddo e la paura, che diventa insopportabile quando le luci artificiali illuminano le strade fantasma di paesi fantasma.
La domanda oggi è come riusciranno a rialzarsi.
C’è tempo di pensare anche a questo, perchè il sonno non arriva e non potrebbe mai arrivare.
“Ci avevamo provato a tornare alla vita normale, la cercavamo con avidità , ora non sappiamo cosa pensare e augurarci”, dicono all’interno della tendopoli di Medolla.
Lo dice il sindaco, Filippo Molinari, due figli piccolissimi, Francesco e Lorenzo che giocano e mangiano cioccolata, come se fosse una festa.
Al sindaco qui vogliono bene. È un ragazzo con la testa sulle spalle e in questo giorni lo ha dimostrato.
Dietro all’aria apparentemente bonaria ha tirato fuori gli artigli quando ha chiesto al prefetto ulteriori mezzi di soccorso e aiuti.
“Non possiamo”, la risposta.

Emiliano Liuzzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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L’ARRESTO DI PONZELLINI: “TANGENTI PER 5 MILIONI”: SPUNTANO ROMANI, MILANESE, LA RUSSA, SANTANCHE’, LABOCCETTA

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

“UN SISTEMA PARALLELO”… I LEGAMI CON PAOLO BERLUSCONI E IL MONDO LEGATO AL PDL MILANESE

In seno alla Banca Popolare di Milano per oltre due anni avrebbe operato, sotto la guida dell’allora presidente Massimo Ponzellini, una «struttura parallela» a disposizione del mondo politico.
Sarebbero stati così concessi finanziamenti a «soggetti» privi dei «requisiti essenziali», ma «adeguatamente sponsorizzati».
Una «associazione a delinquere» che, col contributo del deputato Pdl Marco Milanese, già  coinvolto in diverse inchieste, avrebbe anche sfruttato la necessità  dello Stato di trovare risorse per la ricostruzione dopo il terremoto in Abruzzo per far passare una legge favorevole al business delle slot machine.
C’è un inquietante quadro di intrecci politico-affaristici nelle carte dell’inchiesta – condotta dal nucleo di polizia tributaria della Gdf milanese e coordinata dai pm Roberto Pellicano e Mauro Clerici – che ha portato agli arresti domiciliari il banchiere Ponzellini, oggi a capo di Impregilo – anche accusato di corruzione per presunte tangenti a lui versate o promesse per circa 5,7 milioni di euro – e uno suo collaboratore, Antonio Cannalire.
E ad un’ordinanza di custodia in carcere per Francesco Corallo, titolare della società  Atlantis/B-plus, attiva nel settore dei giochi d’azzardo.
Nel provvedimento firmato dal gip di Milano Cristina Di Censo compaiono una serie di nomi di politici, dagli ex ministri Paolo Romani, Aldo Brancher e Ignazio La Russa ai parlamentari Daniela Santanchè e Alfredo Messina.
Figura chiave dell’inchiesta è Cannalire (che da novembre non ha più alcun rapporto con la banca), «soggetto privo di una chiara professionalità » e definito «alter ego» o «longa manus» di Ponzellini: è il “factotum” che gestisce la «clientala qualficata», ossia «personalità  politiche (spesso ministri o parlamentari) e imprenditori, “raccomandati” da questi ultimi».
Per loro c’era «un canale privilegiato» in Bpm, una «concessione arbitraria del credito» che ovviamente, segnala il gip, la gente comune percepisce «come odiosa».
Così nelle carte spuntano vari capitoli.
C’è l’ex ministro Romani che avrebbe sollecitato Cannalire per fare ottenere un «finanziamento di 500 mila euro» a Ilaria Sbressa che gestisce un canale televisivo.
Il 20 gennaio 2011 Cannalire scrive un sms a Romani: «Mi chiede Ponzellini se possiamo invitarti a cena stasera dove ti fa comodo, almeno finchè abbiamo una banca».
Di lì a qualche mese, infatti, per la «coppia Ponzellini-Cannalire» ci sarà  «l’uscita» dall’istituto di credito.
«Non c’è nulla di riprovevole nel mio rapporto con Ponzellini e con Cannalire, che conosco e non rinnego», ha dichiarato Romani.
Poi, scrive il gip, «a chiedere un interessamento personale a Ponzellini» per la società  Quintogest sarebbe stato «l’ex ministro Ignazio La Russa», il quale replica: «Non vedo quale disvalore avrebbe questo comportamento».
E ancora: «una richiesta di finanziamento di Paolo Berlusconi», le intercessioni del «sen. Alfredo Messina» e di «Aldo Brancher» per «una pratica» e un’altra richiesta di credito «veicolata dall’on. Daniela Santanchè».
Poi i «legami personali» tra Ponzellini, indagato a Milano anche per la vicenda del convertendo Bpm e a Monza nell’inchiesta sul cosiddetto “Sistema Sesto”, e «il gruppo Ligresti», a cui sarebbe arrivata una «erogazione» malgrado «le riserve manifestate dal servizio Crediti» della banca.
Poi il ruolo di Marco Milanese – ex braccio destro di Giulio Tremonti – indagato per associazione a delinquere, assieme anche all’ex dg di Bpm Enzo Chiesa.
Il parlamentare, corrotto, secondo l’accusa, con una serie di «utilità » ancora da accertare, sarebbe riuscito a fare approvare nel 2009, anche a seguito dell’emergenza Abruzzo, la legge che ha introdotto le nuove slot machine digitali (video lotteries), a cui era interessato Corallo (è irreperibile all’estero) con la sua Atlantis.
Milanese avrebbe anche avuto in mano, secondo gli inquirenti, Raffaele Ferrara, direttore dell’Amministrazione autonoma Monopoli di Stato, ente competente sulla disciplina dei giochi d’azzardo, che aveva con lui, stando a un testimone, un «rapporto di sudditanza».
Atlantis avrebbe poi ottenuto un finanziamento sospetto da circa 150 milioni di euro dagli allora vertici di Bpm proprio per comprare le nuove slot machine, in cambio di una mazzetta da oltre 1 milione di euro a Ponzellini e la promessa di 3,5 milioni di sterline.
Credito sospetto che ha fatto scattare l’inchiesta, nella quale una parte l’ha giocata anche il deputato Pdl Amedeo Laboccetta, accusato di favoreggiamento (atti trasmessi a Roma) per aver trattenuto un pc nel corso delle perquisizioni dei mesi scorsi. Pc poi restituito.
Una ispezione della Gdf, scrive il gip, ha dato però risultati «sorprendenti»: il computer “risulta manipolato con cancellazione dei pregressi dati”.
Le carte, infine, danno conto di altre pratiche che avrebbe seguito direttamente Ponzellini: «la storia della Brambilla”, «Sinergetica (Ermolli)», «Fincos (da Calderoli)», «Paolo Berlusconi True Star».
Tutte da approfondire.
Intanto, Bpm fa sapere che «allo stato e secondo le informazioni disponibili, si ritiene che detta vicenda non abbia ripercussioni economiche sulla banca».
Dopo gli arresti, il titolo ha chiuso comunque con un calo del 3,84%, mentre il consiglio di gestione dell’istituto ha deciso di non pagare interessi su titoli subordinati in scadenza il 25 giugno e il 2 luglio prossimi, collocati a suo tempo presso investitori istituzionali.

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TERREMOTO, IL BILANCIO: 16 MORTI, 350 FERITI

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

OLTRE 14.000 GLI SFOLLATI, UNA DONNA ESTRATTA VIVA DALLE MACERIE… MONTI: “LO STATO FARA’ TUTTO IL POSSIBILE”

Salgono a 16 le vittime accertate delle nuove scosse di terremoto in Emilia mentre sono circa 350 i feriti.
In serata, una donna di 65 anni è stata estratta viva dalle macerie a Cavezzo, in provincia di Modena, mentre ancora una persona risulta dispersa.
È il bollettino del terremoto che ha scosso ancora una volta l’Emilia. Il sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà , ha annunciato per il 4 giugno una giornata di lutto nazionale. «Quello di oggi è un altro sisma. Bisogna ricominciare da capo», ha spiegato Franco Gabrielli, numero uno del Dipartimento nazionale di Protezione civile.
SCOSSE
La terra ha tremato per tutta la mattinata di martedì: cinque forti scosse sono state avvertite con epicentro tra Carpi, Medolla e Mirandola nel modenese.
La prima alle 9 circa, replicata in maniera più leggera alle 10.24 e alle 11.50. Un’altra alle 12.56 è stata di magnitudo 5,8, con epicentro spostato a Nord-Ovest.
Poi alle 16.39 una scossa di 3,9 più profonda delle altre nel modenese, a 20.6 km sotto terra.
Le scosse sono proseguite anche in serata: una di magnitudo 3.2 e un’altra di magnitudo 3.9 registrate alle 20.44 e alle 20.28. E
per l’Ingv sono prevedibili molte altre repliche.
Le previsioni parlano inoltre di almeno 8.000 sfollati, che si aggiungono alle migliaia di sfollati della prima ondata di scosse, per un totale di 14 mila. Le 16 vittime confermate al momento sarebbero tra Mirandola, San Felice sul Panaro, Medolla, Concordia e Novi.
STRAGE DI LAVORATORI
Il terremoto ha mietuto vittime soprattutto nelle fabbriche lesionate nel primo sisma del 20 maggio scorso, dove si era ripreso a lavorare dopo verifiche e rilievi di staticità .
Nella ditta Meta di San Felice sul Panaro sono morti in tre, due lavoratori immigrati e un ingegnere, che stava ultimando i rilievi tecnici.
Altri tre lavoratori sono morti per il crollo della ditta Bbg di Mirandola (Modena) che aveva ripreso l’attività  lunedì, dopo lo stop imposto per le verifiche di agibilità  in seguito al sisma del 20.
A Medolla sono stati individuati i corpi di due degli operai dispersi rimasti vittime del crollo del capannone della Haemotronics, sono ancora a lavoro i vigili del fuoco che cercano di trovare l’ultimo disperso, un altro operaio.
A Cavezzo, nel crollo del mobilificio Malavasi, è morta una donna.
CROLLI
Confermata dalla diocesi di Modena la morte del parroco di Rovereto sulla Secchia, frazione del comune di Novi di Mantova. Don Ivan Martini, 65 anni, è stato schiacciato da una trave mentre stava verificando i danni delle scosse della mattinata nella chiesa di Santa Caterina.
A Cavezzo, la sessantacinquenne estratta viva dalle macerie è stata trovata, dopo 12 ore, sotto un mobile della cucina. «Quel mobile l’ha salvata», hanno raccontato i vigili del fuoco che l’hanno trovata con l’aiuto dei cani.
La palazzina in cui abitava, 5 piani completamente collassati per il terremoto era stata dichiarata inagibile. Ma poco prima delle 9, la donna era rientrata per recuperare alcuni vestiti e oggetti.
I DANNI
Molti i comuni della Bassa travolti dal sisma. A Schivenoglia è crollata la chiesa già  danneggiata dalla scossa del 20 maggio e tutta la piazza del paese è stata transennata.
Anche a Quistello e Moglia, nel Mantovano, si registrano danni alle chiese. A Sermide crolli alla torre civica.
Un cavalcavia sulla A22 tra Moglia e Gonzaga risulta chiuso al traffico per le verifiche sul ponte.
Crolli si registrano un po’ ovunque nelle campagne, con le case rurali che hanno subito gravi danni.
A Mantova è crollata la cupola del campanile della basilica Palatina di Santa Barbara, a Palazzo Ducale.
Mercoledì, per precauzione, le scuole saranno chiuse a Ostiglia, Sermide e Felonica mentre si sta valutando la possibilità  di chiuderle anche a Mantova.
NUOVI CROLLI
Si registrano altri crolli nella Rocca estense di Finale Emilia, provincia di Modena, uno dei comuni epicentro del terremoto della mattina di martedì.
La Rocca era già  stata danneggiata dal terremoto del 20 maggio, le cui scosse avevano sbriciolato la torre dei modenesi, uno dei simboli della cittadina.
Intanto nei comuni del modenese più colpiti dal sisma si sta procedendo all’evacuazione di alcune strutture pubbliche come scuole e ospedali. Problemi sulla rete telefonica cellulare, le celle su Bologna e Modena completamente in tilt.
POLEMICHE
Ripartono le polemiche che investono le autorità  per aver dato l’ok a rientrare in scuole e abitazioni. La segretaria della Cgil, Susanna Camusso, accusa la mancanza di messa in sicurezza.
Le nuove vittime del sisma che ha colpito l’Emilia sono lavoratori e «questo mi fa pensare che non si è provveduto alla messa in sicurezza degli stabilimenti prima di far tornare le persone al lavoro».
Il sisma è stato avvertito con nettezza in tutto il nord Italia, dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia.
Anche a Milano e nell’hinterland evacuati decine di uffici, con molte chiamate al 118. La magnitudo della prima scossa (la più forte) è stata del 5,8 scala Richter secondo l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. La profondità  a 10 chilometri secondo i dati preliminari.
PAURA A CAVEZZO
Sono pesantissime le conseguenze del sisma a Cavezzo, comune in provincia di Modena a pochi chilometri da Medolla.
Secondo le segnalazioni arrivate da Twitter «tre quarti del paese è crollato» e crolli ci sono stati anche nella zona industriale.
Segnalazioni analoghe arrivano da tutto l’hinterland modenese, in particolare da Mirandola. Anche a Cento, nel ferrarese, il sisma ha danneggiato il teatro.
IL CORDOGLIO DEL COLLE
«L’Emilia Romagna e l’Italia supereranno questo momento difficile». A dirlo, dopo la nuova scossa del 29 maggio il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Sono certo che supereremo questo momento, un pensiero di solidarietà  a quelli coinvolti nei loro affetti, nei loro beni e nelle loro possibilità  di lavoro», ha detto arrivando a Udine.
Alla dichiarazione del presidente della Repubblica ha immediatamente fatto seguito una conferenza del presidente del Consiglio Mario Monti: «Lo Stato farà  tutto il possibile nei tempi più brevi. I cittadini abbiano fiducia, l’impegno dello Stato è garantito», ha detto in diretta tv Mario Monti che dopo il vertice italo-polacco ha aggiunto: «Domani mattina il Consiglio dei ministri delibererà  i provvedimenti necessari».

(da “Il Corriere della Sera“)

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LE VITTIME DEL SISMA: QUEGLI OPERAI MORTI SOTTO I CAPANNONI

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

I PARENTI: “AVEVANO PAURA, SONO STATI RICHIAMATI AL LAVORO”

Il terremoto è tornato. Portando a compimento il lavoro cominciato lo scorso 20 maggio.
I capannoni di almeno tre fabbriche, che erano stati soltanto danneggiati, sono venuti fragorosamente giù martedì mattina.
Uccidendo chi era tornato al lavoro.
In due casi i titolari, un tecnico chiamato a verificare la stabilità  della struttura e gli operai, ad alcuni dei quali era stato chiesto di rientrare in fabbrica nonostante la comprensibile paura per le scosse precedenti.
Del resto tutte le fabbriche coinvolte avevano ricevuto l’agibilità .
È successo a Mirandola, in provincia di Modena, dove tre persone sono morte per il crollo della Bbg, e una quarta è morta sotto le macerie dell’Aries Biomedicale; a Medolla, sempre nel Modenese, vicino all’epicentro di questo nuovo sisma, c’è una vittima accertata e tre dispersi sotto i resti dell’Haemotronic; mentre alla Meta di San Felice al Panaro, Reggio Emilia, è morto l’ingegnere chiamato a fare rilievi sui danni subiti, e due lavoratori stranieri: Mohamad Azaar, 46 anni e due figli, marocchino, e Kumar Pawan, indiano del Pujab, 31 anni, padre di due bambini, di due anni e 8 mesi.
LA FOLLA A SAN FELICE AL PANARO
A San Felice sul Panaro, nel piazzale antistante la Meta, si sono radunati molti extracomunitari delle comunità  magrebine e indiane.
Un gruppo ha improvvisato una preghiera musulmana dedicata ai tre lavoratori scomparsi.
«Non volevano tornare a lavorare – hanno raccontato alle agenzie di stampa alcuni amici – perchè non si sentivano sicuri, ma sono stati chiamati dal datore di lavoro».
Un amico di Kumar Pawan ha raccontato: «Lavorava qua da 5 anni, il suo padrone aveva detto che era tutto a posto e gli ha chiesto di tornare a lavorare ma era un capannone molto vecchio e pericoloso. Dopo il primo terremoto un altro parente gli aveva proposto di andare per un po’ in India con lui, ma Kumar ha preferito restare qui».
Altre conferme arrivano dalla comunità  indiana di San Felice: «Kumar era stato chiamato dal proprietario perchè la ditta doveva andare avanti. E lui – ha detto Singh Jetrindra, rappresentante della comunità  Punjab di San Felice – è dovuto andare a lavorare perchè non poteva perdere il posto».
Lo stabilimento della Meta aveva riaperto proprio ieri e l’attività  stava riprendendo gradualmente dopo le verifiche sull’agibilità , che avevano dato esito positivo.
L’ingegnere chiamato a stabilire l’agibilità  della struttura che gli è crollata addosso si chiamava Gianni Bignardi, 62 anni.
A MIRANDOLA
Sotto le macerie della fabbrica Bbg di Mirandola, che produce componentistica meccanica per il settore biomedicale, sono rimasti uccisi uno dei tre titolari, Enea Grilli, e i due operai Eddi Borghi e Vincenzo Grilli, di 39 anni.
Nel crollo dell’Aries Biomedicale è morto il titolare, Mario Mantovani, farmacista di 64 anni.
La vittima fino ad ora accertata nel crollo dell’Haemotronic si chiamava invece Paolo Siclari, aveva 37 anni.
LE POLEMICHE
Secondo Antonio Mattioli, responsabile delle politiche industriali della Cgil Emilia Romagna, sarebbero addirittura 20 i lavoratori dispersi sotto le macerie tra Medolla, Cavezzo e San Felice sul Panaro.
«Un bilancio provvisorio e ancora da accertare compiutamente», specifica il sindacalista. Oltre che all’Aries, la Meta e l’Haemotronic, crolli si sono registrati negli stabilimenti delle società  Gambro e Arnes a Mirandola, Menu a Medolla, Vam a Cavezzo, e al caseificio razionale novese (tra i maggiori dell’Emilia Romagna).
Quasi l’80% dei capannoni di Mirandola, dove è attivo uno dei principali distretti biomedicali d’Italia, è gravemente danneggiato.

Antonio Castaldo
(da “Il Corriere della Sera”)

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IL PARROCO, IL PENSIONATO, GLI OPERAI: LE VITTIME DELLE NUOVE SCOSSE

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

IL SISMA HA COLPITO CHI STAVA LAVORANDO, MA ANCHE IGNARI PASSANTI E UN RELIGIOSO

Sono purtroppo sedici le vittime fin qui registrate, anche se non ancora tutte identificate, del terremoto che ha sconvolto l’Emilia per la seconda volta in dieci giorni.
Operai soprattutto, che lavoravano al momento delle scosse (e forse non avrebbero dovuto), ma anche un parroco che cercava di salvare la sua chiesa, ignari pensionati e anziane signore.
IL PARROCO
Ha cercato di salvare la statua della Madonna nella sua chiesa. Un atto di coraggio che gli è stato fatale: Ivan Martini, 65 anni, parroco del piccolo comune di Rovereto, è stato travolto dal crollo dell’edificio in cui era rientrato.
Con lui c’erano due vigili del fuoco, uno dei quali è rimasto seriamente ferito.
Il pompiere, un funzionario, è stato ricoverato all’ospedale di Mantova con un forte trauma dorsale mentre l’altro è stato medicato per alcune escoriazioni alle braccia.
I DUE MIGRANTI E L’INGEGNERE
Pare non volessero tornare a lavorare il marocchino Mohamed Azarg, 46 anni e l’indiano Kumar Pawan, 27 alla Meta di San Felice sul Panaro. L’azienda aveva già  subito danni nell’altra scossa.
E per questo motivo, l’ingegner Gianni Bignardi, 62, stava effettuando verifiche statiche sulla struttura. Sono morti tutti e tre.
AVEVA RIPRESO LUNEDI’
La BBG di San Giacomo Roncole, frazione di Mirandola, fabbrica che lavora nel settore biomedicale, aveva appena ripreso le attività  dopo essersi forzatamente interrotta in seguito al primo sisma del 20 maggio.
Nel crollo del capannone sono rimasti uccisi uno dei tre titolari, Enea Grilli, e i due operai Eddi Borghi e Vincenzo Grilli, 39 anni.
Di Mirandola era anche Vincenzo Iacono e Mario Mantovani, 64 anni. Lavorava anch’egli nel biomedico, all’Aries.
AVREBBE COMPIUTO GLI ANNI OGGI
Nel 2001, era salito da Messina a cercar fortuna Paolo Siclari che avrebbe compiuto 37 anni domani.
Non ce l’ha fatta: anche qui il capannone della Haemotronic di Medolla, altra azienda del biomedicale, gli è crollato addosso. Altri due suoi colleghi ancora da identificare sono deceduti, uno risulta disperso.
IL PENSIONATO
Era appena uscito dalla banca di Concordia, Sergio Cobellini, 68 anni, pensionato.
Ex falegname ed ex operaio, separato, conviveva da due anni con una nuova compagna, l’ucraina Nina Kulapina.
È stato travolto dal tetto di una casa: è morto sul colpo.
LE ALTRE VITTIME
Tre vittime a Cavezzo, paese simbolo di queste terribili nuove scosse, distrutto per il 75%: si tratta di Iva Contini, Daniela Salvioli ed Enzo Borghi. I
l mondo del lavoro ha pagato un prezzo altissimo.

Matteo Cruccu
(da “Il Corriere della Sera”)

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FORMIGONI, IL CONVIVENTE E LA RESIDENZA IN COSTA SMERALDA

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

CASA COMPRATA CON I SOLDI DEL GOVERNATORE E UN MUTUO GENEROSO

Un uomo fortunato, Alberto Perego. Il manager brianzolo, l’amico di una vita di Roberto Formigoni, suo convivente da moltissimi anni, sette mesi fa si è comprato una villa da sogno in Costa Smeralda, con vista mozzafiato sul mare blu del golfo Pevero e a pochi passi dall’omonimo golf club.
Una “casetta” da tre milioni di euro, ma per pagare il conto Perego ha trovato un amico come Formigoni che gli ha mandato un bonifico di 1 milione e 100 mila euro.
Non bastasse, pure la banca gli ha fatto ponti d’oro prestandogli 1,5 milioni con un mutuo a condizioni difficili da spuntare sul mercato.
Cose che capitano.
E avere per amico (e finanziatore) un presidente di Regione magari aiuta.
Già , già , davvero un uomo fortunato il Perego da Brugherio, 64 anni.
Anche lui, come Formigoni, fa parte dei memores domini, il grado più elevato della scala spirituale ciellina.
Gente che fa vita comunitaria e s’impegna a non possedere niente di personale, a mettere tutto in comune con gli altri confratelli.
Negli anni scorsi in più di un’occasione, Formigoni ha beneficiato Perego con bonifici per decine di migliaia di euro.
E l’acquisto della villa in Costa Smeralda è solo l’ultimo anello, il più vistoso, di una lunga catena di regalie, omaggi vari e bonifici.
L’altro protagonista di questo singolare mènage è Pieragelo Daccò, il mediatore d’affari che negli ultimi anni è stato tanto generoso da pagare vacanze e cene per decine di migliaia di euro a Formigoni e anche all’inseparabile Perego.
Daccò, in carcere dal 15 novembre, ha confermato le regalie al presidente della regione Lombardia.
Ebbene, come il Fatto Quotidiano ha già  ricostruito in un articolo del 17 aprile scorso, la villa sarda è stata ceduta a Perego da una società  controllata proprio da Daccò , la Limes.
Gli atti del catasto descrivono qualcosa di simile a una reggia: due piani con piscina, ampio giardino, cinque camere, cinque bagni, quattro verande coperte, sala da pranzo, tre terrazze, un patio scoperto e due cantine.
In tutto fanno circa 200 metri quadri catastali, ma almeno il doppio se si considera la superficie effettiva.
Come detto, Perego riceve 1,1 milioni con un bonifico di Formigoni, mentre 1,5 milioni arrivano sotto forma di mutuo.
Il Credito Sardo, che è controllato da Intesa, ha concesso a Perego un finanziamento a tasso variabile di 1,5 milioni da restituire in 25 anni. Mica male.
Se provate a chiedere a qualunque istituto di credito un prestito a condizioni simili a quelle ottenute da Perego, soprattutto spalmato su un arco di tempo di un quarto di secolo, avete ottime probabilità  di farvi ridere in faccia dall’impiegato di turno.
Va segnalato che la rata mensile per un mutuo di importo tanto elevato ammonta a circa 7 mila euro.
Difficile che la banca conceda il mutuo se il reddito del cliente non ammonta almeno al doppio della rata mensile.
Quindi Perego deve aver dimostrato di guadagnare almeno 15 mila euro netti al mese.
Una somma importante anche per un manager come l’amico di Formigoni.
La villa, ha una storia singolare alle spalle.
Faceva parte di un lotto di tre immobili, tutti di proprietà  della Limes di Daccò, due dei quali venduti tra il 2006 e il 2007.
Il primo risulta acquistato dalla società  lussemburghese Lavica Development al prezzo di 5,7 milioni.
La seconda abitazione, ancora da completare, passa di mano per 1,4 milioni e questa vota a comprare è una società  italiana controllata dalla lussemburghese Socaem.
Per la terza casa, invece, non si fa vivo nessun compratore fino a ottobre dell’anno scorso, quando Perego se l’aggiudica per tre milioni.
Il fatto è che nei cinque anni precedenti la compravendita, quella villa sarebbe sempre rimasta vuota.
L’unico contratto d’affitto porta la data dell’agosto 2011: 20 mila euro per un mese.
E l’affittuario è lo stesso Perego.
Possibile, che Daccò non sia riuscito a trovare un acquirente, quando per le altre due ville i compratori si sono fatti vivi nel giro di pochi mesi?
Antonio Simone, l’ex assessore regionale, amico di Formigoni, arrestato alcune settimane fa, ha dichiarato in un interrogatorio che “Perego trascorreva lunghi periodi in Sardegna dove ha acquistato un’abitazione che gli ha venduto Daccò”.
Non è da escludere che Simone si riferisse proprio alla terza villa, formalmente disabitata, in Costa Smeralda.
Del passato non c’è certezza, ma in futuro Perego dovrà  di sicuro passare lunghi periodi nella sua nuova casa. Infatti l’amico di Formigoni ha dichiarato nel rogito di voler trasferire la residenza nell’immobile appena acquistato.
Un trasferimento provvidenziale, perchè gli permette di risparmiare alcune decine di migliaia di euro in tasse grazie alle facilitazioni per l’acquisto della prima casa.
Insomma, una mano anche dal fisco.
Ci voleva.

Vittorio Malagutti
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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