Luglio 24th, 2012 Riccardo Fucile
UNA PERIZIA DEL TRIBUNALE RIVELA CHE GLI ISOLATORI DEGLI EDIFICI SONO STATI COSTRUITI IN MODO DIVERSO DA QUELLO PREVISTO NELLA GARA DI APPALTO
La “new town” sorta nei pressi dell’Aquila per ospitare gli sfollati del terremoto che colpì l’Abruzzo nel 2009 è stata costruita senza rispettare le norme antisismiche.
O meglio sono stati installati isolatori antisismici (i dispositivi che servono a isolare le parti portanti degli edifici dagli effetti dei terremoti, posti sotto le piastre di cemento armato) costruiti con “materiali diversi da quelli offerti in gara” e delle “criticità ai fini del funzionamento e della sicurezza”.
E’ quanto scrivono i consulenti tecnici d’ufficio nell’ambito dell’incidente probatorio disposto dal giudice Marco Billi sul Progetto Case, le abitazioni provvisorie assegnate dalla Protezione civile ai terremotati dell’Aquila, inaugurate in pompa magna dall’allora premier Silvio Berlusconi.
I magistrati ipotizzano i due reati di turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture a sei persone, tra cui Mauro Dolce, responsabile del progetto Case.
La rottura di un isolatore campione durante i test effettuati nei laboratori di Torino, Alessandria e San Diego in California, dimostrerebbe secondo la perizia che almeno 200 dispositivi forniti dall’Alga di Milano presentano delle “criticità sostanziali ai fini della sicurezza e del funzionamento” tanto che i periti del tribunale auspicano “un intervento di sostituzione”.
Nel mirino della perizia ci sarebbe l’intera fornitura dell’azienda milanese che insieme alla Fip industriale di Padova si è aggiudicata la gara per la costruzione di oltre 7mila e 300 isolatori antisimici per una spesa che supera 7 milioni e 100mila euro.
Secondo i periti nominati dal tribunale, quasi 4mila e 900 dispositivi realizzati dall’Alga risultano diversi dalla tipologia offerta in gara.
Quanto al funzionamento degli isolatori, la perizia evidenzia una idoneità generale dei dispositivi installati, ma, scrivono i periti, solo in base alle normative nazionali o europee vigenti che “non sempre possono essere sufficientemente rappresentative e cautelative” perchè “non includono componenti a frequenza relativamente elevata come quelle presenti nei terremoti reali”.
Durante le prove di laboratorio, infatti, la riproduzione degli effetti di un terremoto vero ha danneggiato gli isolatori campione dell’Alga a causa del fenomeno “stick-slip” che secondo i periti potrebbe risultare “potenzialmente distruttivo degli stessi dispositivi”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 24th, 2012 Riccardo Fucile
LE TATTICHE (CONFUSE) DEI PARTITI PER SOPRAVVIVERE
Se avessimo una bozza, vorrebbe dire che sapremmo anche da che parte stiamo andando: non prevedo il futuro, non so cosa si diranno i leader politici domani (oggi, ndr) e dunque non sono in grado di fare previsioni”.
Lucio Malan, relatore per il Pdl insieme con Quagliariello nel Comitato ristretto che in Senato sta lavorando a una nuova legge elettorale più che pessimista appare realista. “Non poniamo limiti alla Provvidenza. La volontà politica di fare la legge c’è”.
Ma il punto è che ognuno ha la sua.
E per di più, ora che la questione nuovo sistema elettorale appare legata a elezioni in autunno nella prospettiva di un Monti bis rafforzato aumentano da una parte le variabili, dall’altra le resistenze.
“Niente, non c’è assolutamente niente”, Stefano Ceccanti, costituzionalista, senatore Pd non ammette repliche.
L’accordo non c’è e non ci sarà in tempi brevi e nessun testo sarà votato in una Camera entro il 10 agosto.
Difficile capire tra testi che circolano, spaccature interne a ogni partito, pressioni del Colle e calcoli politici dove finisce la tattica e dove inizia la strategia.
Dopo mesi di trattative formali e informali, con mediatori ufficiali e grandi tessitori un punto di caduta ci sarebbe pure: un sistema su base proporzionale (che favorisce la nascita di una grande coalizione) sbarramento al 5 per cento (che fa fuori le ali), premio di maggioranza.
Ma il nodo è se a questo punto di caduta si arriverà o no, perchè il nodo è politico.
“Come facciamo a fare un testo se non sappiamo se il premio è alla coalizione o al partito? E se ci sono i collegi o le preferenze? Ci sono troppe incognite”, dice ancora Malan.
Che spiega: “Sono i leader dei partiti che si devono mettere d’accordo”.
PARTITO DEMOCRATICO
“Volete sapere se c’è l’accordo nel Pd?”, la reazione comune alla domanda sullo stato della trattativa è indicativa.
Il Pd è diviso su chi vorrebbe le preferenze (Fioroni e Letta, innanzitutto) e chi proprio non le vuole (Franceschini). Per di più, tra chi non sarebbe così dispiaciuto ad andare al voto subito per arrivare a un Monti bis (l’ala montiana del partito) e chi, Bersani in primis, vuole arrivare ad aprile: non fosse altro per evitare una riforma elettorale che gli impedirebbe di fare il presidente del Consiglio.
“Noi non demordiamo dai nostri punti, che sono governabilità e scelta ai cittadini”, vanno diritti nello staff di Bersani.
La posizione (ufficiale) del partito è per i collegi uninominali e un premio di maggioranza al partito o alla coalizione.
Al limite, il partito accetterebbe pure una quota di preferenze. Bersani interpreta la riforma nel senso tedesco: è il leader del primo partito che poi fa il governo.
PDL
“Le elezioni possono accadere, ma non le voglio —dice Gaetano Quagliariello — significherebbe che la crisi aumenta ancor di più”.
Nel Pdl il voto non lo vuole praticamente nessuno: nessuno è in grado di prevedere la riuscita del partito.
Il Pdl ufficialmente vorrebbe un sistema proporzionale, con premio di maggioranza al partito o alla coalizione.
Non si può prescindere dal via libera al semipresidenzialismo, dichiara Maurizio Gasparri. A proposito di diritto di veto. “Non possiamo legare la riforma elettorale al voto — dice Quagliariello — quella va fatta comunque. E non è una cosa così semplice da fare adesso in meno di tre settimane”.
UDC
Preferenze e nessun premio di maggioranza. Almeno non al partito, ma eventualmente alla coalizione.
L’Udc vuole un Monti bis e vuole poter contare: non sarebbe contrario alle elezioni subito, visto che si identifica più degli altri nel partito del premier.
Ma sull’accordo per la legge “siamo in alto mare”, dice Roberto Rao.
IDV
“Andare al voto subito” è l’idea di Di Pietro. Che, lontano dai tavoli che contano e forse pure a rischio quorum, denuncia: “I balletti sulla legge elettorale nascondono “il vero obiettivo” di permettere “dopo le elezioni alleanze inconfessabili”.
LEGA
Voto subito. Roberto Calderoli ha pure presentato una proposta: non presa in considerazione, visti i precedenti. È lui l’autore del Porcellum.
MOVIMENTO 5 STELLE
La posizione di Grillo? I partiti vogliono cambiare il Porcellum solo per farlo fuori: “Stanno facendo una legge solo per farci fuori”.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 24th, 2012 Riccardo Fucile
CATANIA: UN BANDO FATTO SU MISURA DIVENTA UN CASO NAZIONALE… IL PRESUNTO DEFRAUDATO: “DOV’E’ LA MERITOCRAZIA?”
Laurea in Architettura a Venezia, lei.
Laurea con il massimo dei voti in Storia Contemporanea a Firenze, lui.
Un master in pianificazione e progettazione urbana, lei.
Un dottorato in studi storici, lui.
Assegni di ricerca e incarichi di docenza in Storia dell’Architettura, lei.
Assegnista di ricerca per cinque anni in Storia, lui (e pubblicazioni con Carocci e Bruno Mondadori).
Tra le pubblicazioni di lei, invece, due saggi contenuti in due volumi curati dal presidente della commissione, Simone Neri Serneri («una semplice coincidenza», replica quest’ultimo, trincerandosi dietro a un no-comment perchè «c’è un processo in corso, ma comunque l’unica condizione ostativa erano le pubblicazioni a doppia firma e non questo è il caso»).
Vincitrice del concorso? Come sbagliarsi: lei.
Per un posto da ricercatore in Storia Contemporanea alla facoltà di Lingue di Ragusa (sede decentrata del polo di Catania) della durata di tre anni, prorogabili altri due. Secondo arrivato, lui.
Lei è Melania Nucifora, una vita da assegnista di ricerca, globetrotter per l’Italia (fino all’università catanese, appunto), un pedigree formativo evidentemente più congruo con gli studi di architettura, ma tant’è.
Lui è Giambattista Scirè, storico molto apprezzato nei circuiti accademici, che ora grida al concorso truccato, ricorrente al Tar di Catania che aveva parzialmente accolto la sua richiesta invitando la Commissione a chiarire nel merito i punteggi attribuiti ai titoli e alle pubblicazioni dei due candidati.
L’esito, però, non è cambiato: «La vincitrice è Melania Nucifora», hanno messo nero su bianco Luigi Masella (Università di Bari), Alessandra Staderini (Firenze) e appunto Simone Neri Serneri.
La vicenda ha destato così tanto scalpore che il deputato Paolo Corsini, ha presentato un’interrogazione al ministro della Pubblica Istruzione, Francesco Profumo, chiedendogli di attivare «procedure ispettive».
Per ora — in attesa — di un parere del Consiglio di Stato la sospensiva del Tar (di un anno) ha messo sostanzialmente in ghiacciaia il concorso, provocando la delusione del ricorrente e gettando un’ombra sulle procedure concorsuali lasciate alla discrezione delle commissioni esaminatrici e ai bandi delle università che possono — a loro insindacabile giudizio — “cucire” dei concorsi attribuendo a valutazioni e titoli una casistica infinita di punteggi.
Creando così inevitabili distorsioni tra procedure selettive analoghe e il disappunto di chi (da anni) attende che arrivi finalmente il proprio turno.
Scrive Corsini nella sua “arringa” depositata a Montecitorio che «la commissione si è discostata dai criteri frequentemente usati all’interno dello stesso settore disciplinare, soprattutto perchè avrebbe abbassato di quattro punti (invece di sette) il punteggio massimo attribuito al titolo di dottore di ricerca (quello conseguito da Scirè, Nucifora invece ne è sprovvista) e aumentando a venti punti (anzichè dieci) il punteggio massimo attribuito a ciascuna monografia (favorendo così la Nucifora).
Al contrario Scirè veniva penalizzato di circa 40 punti, riguardo al punteggio (eventuale) di 110 punti derivante dalle sue pubblicazioni (perchè autore di quattro volumi con case editrici di rilevanza nazionale)».
Perchè? «La commissione aveva stabilito in precedenza che il punteggio massimo da attribuire alle pubblicazioni era di 70 punti».
Un capolavoro di contabilità per favorire l’architetto Nucifora risultata al termine del concorso vincente con un punteggio di 89,3 punti contro gli 86,45 di Scirè?
Non è dato saperlo, per ora anche la magistratura amministrativa ne è stata ben lungi dal dimostrarlo, certo colpisce l’evidente distonia con la quale un posto da ricercatore in Storia Contemporanea venga assegnato ad un’architetto per le sue conoscenze in Storia dell’Architettura (ecco la giustificazione addotta dalla commissione) e per i suoi innumerevoli incarichi di docenza a Catania nelle facoltà di Ingegneria, Lettere e Filosofia.
Cosa c’entri la Resistenza e la svolta di Salerno da parte di Togliatti nel curriculum (ineccepibile, intendiamoci) della Nucifora, è il quesito da porre al sistema universitario italiano.
Per il momento deleghiamo tutto alla giustizia.
In attesa di un fischio da Viale Trastevere.
Fabio Savelli
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 24th, 2012 Riccardo Fucile
IL SEDICENTE GURU DEL CAVALIERE CHIAMA A RACCOLTA I SOSTENITORI A MILANO…”RITORNIAMO AL VECCHIO PARTITO”… E AGLI EX AN: “GETTINO LA MASCHERA, VOGLIONO ESCLUDERE SILVIO”
Una grande mobilitazione della militanza di base per chiedere a Silvio Berlusconi di non avere indugi nel rilanciare la candidatura a premier.
Si chiama “Sognando Forza Italia”, è convocata venerdì dalle 18,30 a Milano in piazza San Carlo e San Babila, laddove 4 anni fa, la sera del “Predellino” nacque il PdL.
Ad annunciarla Diego Volpe Pasini, ideatore del progetto della “Rosa Tricolore” (quella della coalizione con dentro Pensionati, Sgarbi e animalisti di Brambilla e Renzi candidato): “Ora più che mai viste anche le condizioni generali del Paese, per garantire un futuro di crescita e produttività al grido di Forza Italia” spiega.
La premessa d’obbligo è che il Cavaliere ha dichiarato di non aver mai investito Volpe Pasini di alcun ruolo da consigliere o simili nè di aver mai promesso una collaborazione a eventuali iniziative politiche.
Una presa di posizione che è arrivata, pochi giorni fa, dopo un’intervista dello stesso Volpe Pasini al Fatto Quotidiano.
“La comunicazione ufficiale del presidente Berlusconi, che conferma il suo impegno in prima persona alla guida della coalizione dei moderati, per correre e vincere le prossime elezioni politiche nazionali — prosegue in ogni caso Volpe Pasini — rende assolutamente insignificanti le richieste di primarie nel PdL per l’individuazione del candidato premier. Organizzare una manifestazione, giovedì prossimo, per richiedere le primarie significa schierarsi apertamente contro Silvio Berlusconi. Così facendo, finalmente, gli ex An hanno gettato la maschera e reso chiaro il loro disegno: escludere Berlusconi dalla scena politica per completare la conquista di ciò che resta del PdL per garantirsi l’eternità politica personale”.
“Per questo — prosegue l’imprenditore friulano — risulta di fondamentale importanza per il Paese la figura del presidente Berlusconi quale unico interprete della necessaria rivoluzione liberale, poichè solo ricostruendo Forza Italia e cambiando le facce con un programma trasparente e concreto, potremmo riavvicinare la nostra gente e portarla al voto per vincere le prossime elezioni politiche. Abbiamo per tanto doverosamente intercettato gli animi del nostro popolo per dare origine ad una manifestazione spontanea nella quale orgogliosamente si sventoleranno le bandiere di Forza Italia per riportare il nostro simbolo sulle schede elettorali”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 24th, 2012 Riccardo Fucile
AFFRONTARE UNA ROTTURA TRAUMATICA DELL’EURO AVREBBE UN COSTO ENORME PER LA GERMANIA: E’ CREDITRICE DEI PAESI DEBOLI PER MILLE MILIARDI DI EURO
Invece di prendersela con i tedeschi, bisognerebbe paradossalmente – compatirli.
I mercati finanziari li stanno attirando in una trappola.
Più insistono che non saranno loro a pagare il conto per i Paesi deboli dell’euro, e più rischiano di andarsi a cacciare in una situazione in cui saranno costretti ad aprire il portafoglio sul serio.
Ovvero, se si seguita ad affermare alla leggera che l’area euro sarebbe bene ridimensionarla, i mercati continueranno a scommettere che si spacchi, divaricando ancor più i tassi di interesse tra Nord (compresi Francia e Belgio) e Sud.
Ma alla resa dei conti l’alternativa sarebbe tra due scelte entrambe costosissime per la Germania: soccorrere massicciamente Spagna e Italia, oppure affrontare una rottura traumatica dell’euro.
La Repubblica federale tra aiuti già erogati ai tre Paesi sotto assistenza e aiuti promessi a Madrid già contribuisce con un centinaio di miliardi di euro.
E’ facile compiacere i tedeschi dicendogli che hanno fatto fin troppo.
Meno facile è spiegargli che questi soldi li prestano, raccogliendoli sui mercati a un tasso assai inferiore, quando non addirittura sotto zero.
I mercati ingannano. Stanno gonfiando una bolla speculativa sui titoli di Stato non solo dei Paesi forti dell’euro, anche di altri Paesi economicamente legati alla Germania.
Secondo stime aggiornate, nella prima metà del 2012 lo Stato tedesco ha risparmiato un miliardo di euro rispetto a quanto prevedeva come pagamento di interessi sul debito.
L’afflusso ansioso di capitali verso i Paesi reputati sicuri li spinge a sottovalutare la gravità della crisi.
La Finlandia – dove Mario Monti si recherà tra una settimana – può cinicamente avere qualche buon motivo, dato che secondo alcune analisi sopporterebbe abbastanza bene una rottura dell’unione monetaria.
La Germania no, è creditrice dei Paesi deboli sotto varie forme, per almeno mille miliardi di euro.
Nella migliore delle ipotesi quei soldi li riavrebbe indietro molto svalutati.
Il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble queste cose le sa benissimo, tanto che ha fatto calcolare ai suoi uffici i costi di una rottura dell’euro; altri suoi compatrioti non riescono a capirle.
Per questo è urgente, come sosteneva ieri Giuliano Amato, verificare se il governo di Berlino è sincero quando propone passi avanti verso l’integrazione politica dell’Europa come passaggio per ottenere una maggiore solidarietà ; o se lo afferma a vuoto, sapendo che Parigi resta contraria.
L’intervista di Schaeuble apparsa sabato sul Figaro fa sperare, ma occorre una risposta francese.
Se è vero quanto sostengono il Fondo monetario e la Banca d’Italia, che solo una parte dello spread italiano e di quello spagnolo è giustificato dallo stato dei due Paesi – mentre dal lato opposto è assurdo che i titoli dei Paesi forti fruttino meno di zero – questo comporta che è già in atto in Europa quel «trasferimento di risorse» tanto temuto da certi tedeschi.
E’ già in atto, però alla rovescia: grazie ai mercati finanziari, da Italia e Spagna verso Germania, Olanda e Finlandia.
Proprio per questo motivo, al nostro Paese conviene una maggiore integrazione politica dell’Europa.
Stiamo pagando un tributo non deciso da nessuno; decidere tutti insieme a Bruxelles non sarebbe certo un danno.
Potremmo «vedere le carte» offrendo per primi di rinunciare a una parte della nostra sovranità di bilancio.
Mentre, al fondo, la lezione da apprendere per i politici tedeschi e italiani è la stessa: proporre soluzioni illusorie – lì la cacciata dei Paesi del Sud, qui un’uscita magari «temporanea» dall’euro – rischia di avverarle in forma di disastro.
Stefano Lepri
(da “La Stampa“)
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Luglio 24th, 2012 Riccardo Fucile
L’ALLARME DELLA CISL: VIA UN OPERAIO SU DIECI… PRODUZIONE IN CALO DEL 20,5%
L’industria, negli ultimi cinque anni, ha perso un posto di lavoro ogni dieci: dal primo trimestre del 2007 ai primi tre mesi di quest’anno se ne sono andati a casa, o stanno per andarci, 675.000 dipendenti.
La crisi si è mangiata il 10 per cento dell’occupazione in quello che resta – edilizia compresa – il settore che produce un quarto del Pil nazionale.
A fare i conti è la Cisl, che nel suo rapporto annuale sull’andamento del comparto ha messo insieme la perdita secca dei 473.640 lavoratori già licenziati, con i 201.096 a zero ore che già sono in cassa integrazione speciale o in deroga e che quindi con molta probabilità resteranno fuori dalle aziende.
La somma, messa a confronto con gli oltre 7 milioni di occupati che il settore garantiva nel 2007, corrisponde ad un 10 per cento di posti saltati in aria dall’inizio della crisi.
Nello stesso periodo, la produzione si è ridotta del 20,5 per cento, gli ordinativi del 17,9 e il fatturato (in termini correnti) del 4,5.
Hanno tenuto le esportazioni, ma l’edilizia è andata molto sotto la media: «Il settore, invece, va sostenuto perchè come indotto ne regge altri sessanta» dice la Cisl.
Parla poi da sola la parabola delle ore di cassa integrazione autorizzate che, secondo il rapporto, tra il 2007 e il 2011 (considerando assieme l’industria e l’edilizia) sono aumentate del 315,9 per cento, con un’esplosione della cassa in deroga, passata dal 7,4 al 14 per cento.
Il quadro – costruito grazie ad un’indagine a tappeto sul territorio – segna anche la mappa della crisi industriale: in difficoltà – per numero di lavoratori colpiti – sono soprattutto Lombardia, Piemonte, Umbria, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata e Sardegna.
Una situazione allarmante, dice il sindacato, dal quale si può uscire solo riconsiderando le scelte di governo fin qui fatte in moda da sventare la «spirale recessiva in cui in Paese si sta avvitando ».
Bisogna «rimettere sul tavolo» quella politica di concertazione che solo qualche giorno fa il premier Monti ha definito come fonte di molti «mali» del passato.
Per Raffaele Bonnanni, leader della Cisl, l’alternativa è invece una sola: «Un nuovo, fortissimo patto sociale sul modello di quello del ’93, un accordo per affrontare quest’economia di guerra».
«Purtroppo non c’è ancora consapevolezza che dalla crisi si esce solo giocando sui due capisaldi che ci restano: l’industria e i servizi avanzati – ha detto – Non siamo la Spagna, abbiamo fondamentali più solidi, dobbiamo difenderli e valorizzarli, invece qui si continua a parlare solo di tagli, degli handicap strutturali non gliene frega a nessuno ».
Il governo – chiede la Cisl – «si faccia vivo rispolverando il dossier sull’industria. E’ possibile che tutto il lavoro per uscire dalla crisi sia quello semplice e crudo dei tagli della Ragioneria? ».
L’emergenza di un patto sociale, secondo Bonanni, è tanto più evidente quanto più avvolgente è «l’attacco speculativo, lo sciacallaggio in corso fatto apposta per portarci via i nostri gioielli: a Monti diciamo che il tempo è scaduto, deve convocarci subito».
Luisa Grion
(da “La Repubblica“)
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Luglio 24th, 2012 Riccardo Fucile
ACCADE A ROVELLO PORRO, 6.000 ANIME IN PROVINCIA DI COMO: BEN QUATTRO “PRIMI DEI NON ELETTI” PADANI RINUNCIANO
Da tre mesi, a Rovello Porro, comune di 6mila anime in provincia di Como, l’amministrazione leghista non riesce a trovare un consigliere comunale disposto a subentrare all’ex vicesindaco, Luisa Congiu, che si è dimessa per motivi personali.
I quattro candidati della Lega Nord che non erano stati eletti nel 2009 hanno risposto tutti con un “no grazie” alla richiesta di dare seguito alla surroga.
Nessuno di loro se l’è sentita di entrare a far parte del consiglio comunale, lasciando la maggioranza al proprio destino, tanto che dall’opposizione non si sono fatti sfuggire l’occasione di chiosare con una battuta sarcastica: “Ormai sono rimasti come quattro amici al bar”.
I quattro non eletti della Lega Nord, secondo quanto ha riportato nei giorni scorsi il quotidiano La Provincia, hanno tutti risposto di non essere interessati.
La maggioranza comunque non corre rischi ed è intenzionata ad andare avanti anche con una sedia vuota.
Qualcuno di loro si è sentito in dovere di giustificare la mancata disponibilità : “Sono entrato a far parte dell’associazione Verde Età e tra i servizi alla discarica e quelli alle scuole, non ho proprio tempo libero”; altri invece hanno semplicemente declinato l’invito.
Il sindaco Gabriele Cattaneo (che nel 2009 con la Lega sbaragliò sia la concorrenza del Pdl che quella della civica capitanata dall’onorevole Luca Volontè dell’Udc) ha cercato di dare una lettura politica alla vicenda: “Ormai sono passati più di tre anni dalle elezioni, manca un anno all’ordinaria amministrazione e rimane poco da fare, non biasimo la scelta dei non eletti che non hanno accettato e sfido le opposizioni a parti invertite a trovare delle disponibilità ”.
Poi affonda: “Del resto, in questa situazione chi si prende la briga di entrare in una maggioranza, mettendosi alla guida di un comune proprio in questo periodo dove si rischia di fare solo figure da cioccolatai”.
Magre figure non per demerito dei comuni ma per le condizioni proibitive in cui ci si trova a dover amministrare: “In questa situazione — ha detto Cattaneo -, con i Comuni che non hanno più un centesimo, anche io non avrei accettato. I comuni si continuano a mungere, oltre all’Imu e all’Irpef, ci hanno tagliato ancora 500 milioni di euro di trasferimenti, che per noi significa 50 mila euro in meno sul bilancio del prossimo anno. Io non ho nessuna intenzione di aumentare le aliquote Imu a settembre e se mi costringeranno a tagliare i servizi o il sociale prenderà in seria considerazione l’ipotesi di consegnare la fascia al Prefetto“.
Il primo cittadino di Rovello Porro prende dunque la palla al balzo e cerca di spiegare le ragioni con le difficoltà legate al momento economico particolarmente critico: “Ho avuto questa carica nel momento più nero di tutte le amministrazioni — ha continuato -, l’edilizia è totalmente ferma, in più ci sono i vincoli del patto di stabilità , siamo sotto organico in più c’è il blocco del turnover e l’anno prossimo si prospetta un ulteriore taglio di 200 mila euro oltre al taglio del 50% di tutte le auto comunali che per noi significa cancellare il servizio di consegna pasti caldi, se non lascio subito è solo perchè non voglio fare la figura del vigliacco, ma il buon senso suggerirebbe veramente di smettere”.
Alessandro Madron
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 24th, 2012 Riccardo Fucile
IL TAR DEL LAZIO DA’ TORTO ALLA FONDAZIONE DEI “COLONNELLI”… BLOCCATO L’INTERO PATRIMONIO
Protagonista invocatissimo e ricorrente, ancorchè necessariamente provvisorio, degli impicci partitocratici e fantasmatici della Seconda Repubblica, il Tar del Lazio ha congelato il tesoro di An.
Partito che non esiste più dal marzo del 2009, ma che anche per questo, come la Margherita, ha seguitato a pompare quattrini pubblici in gran quantità suscitando però i peggiori appetiti e le liti più furibonde e interminabili.
L’ordinanza di ieri ha dato ragione ai seguaci di Fini, nella persona della sua segretaria Rita Marino e di Enzo Raisi (il terzo ricorrente, Buonfiglio, ha abbandonato Fli) e ha dato torto ai suoi ex colonnelli (La Russa, Gasparri, Matteoli, Alemanno) confluiti nel Pdl.
Questo grosso modo.
Con la stessa indispensabile approssimazione si può segnalare che la faccenda ruota attorno alla fuggevole personalità giuridica di una enigmatica “Fondazione An”, che poi forse sono anche due, una nata già male e un’altra fatta crescere in fretta e furia, mentre le due fazioni di ex camerati se ne facevano di tutti i colori.
E mentre una terza fazione, guidata da Storace, ma aperta al contributo assai fattivo di un quarta, ex alemanniana, che ispirata un po’ all’antica Roma e molto alle curve calcistiche è passata a vie di fatto occupando uno stabile di An, ai Parioli.
Dove proprio ieri Storace – coincidenza – si è insediato come leader della «Destra». Per non farsi mancare nulla, ma proprio nulla, prima di rientrare nel generico patrimonio immobiliare di An quest’ultimo appartamento di via Paisiello faceva parte dell’asse ereditario della contessa Colleoni, che insieme alla più celebre casa di Montecarlo l’aveva lasciato a Fini, in quanto leader di An – ma mal gliene incolse, si può dire.
Gli appassionati saranno forse contenti di sapere che insieme alle case «per proseguire la buona battaglia» la contessa aveva lasciato ad An anche una gatta di nome «Piumina», le cui tracce si sono perse nella villa di un conte dalle parti di Orvieto.
Ma nè il tenero particolare della gatta Piumina, nè il grave impegno della buona battaglia, nè il livello di astruseria giuridica raggiunto dalla vicenda e nemmeno le innumeri giravolte fin qui messe in atto dai comprimari, ecco, nulla riesce a togliere la sensazione che si tratti solo di quattrini.
Quanti esattamente è difficile dire, sui cento milioni, ma i conti non tornano con il risultato che il tesoro si accresce e il preteso buco, intono ai 25 milioni, pure. Comunque troppi, e ancora di più se si considera che sono pubblici e che ad agognarli è gente – non i militanti – che di norma non li guadagna con il sudore della fronte. Eppure così va il mondo residuale e spettrale dei partiti e dei loro furbi strateghi, invero rivelatisi con il tempo un po’ fresconi.
La furbata fu quella di fare queste fondazioni; la fesseria di non prevedere che tra i fondatori si sarebbero di lì a poco scatenate perfide vendette e guerre sanguinose.
Così è stato e così sarà per gli anni a venire, con il debito e in fondo fruttuoso contorno di commissari, ispettori, reggenti, avvocati, notai, commercialisti, curatori fallimentari; ma con la consolazione che già ci sono due belle cartelle e salate di Equitalia e un’indagine del Nucleo tributario della Guardia di Finanza.
Filippo Ceccarelli
(da “la Repubblica“)
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Luglio 24th, 2012 Riccardo Fucile
L’EX PREMIER DICE NO AL VOTO IN AUTUNNO E LAVORA ALLA LEGGE ELETTORALE… SCIOGLIERA’ LA RISERVA SULLA SUA RICANDIDATURA SOLO A SETTEMBRE
Con lo spread a 520 punti e che nelle prossime settimane potrebbe arrivare a 600, la missione di Monti potrebbe essere considerata fallita: Berlusconi ha in testa questo concetto e avrebbe tanta voglia di dirlo pubblicamente, ma per il momento tace, segue l’evoluzione della situazione italiana ed europea.
Così come avrebbe voglia di salire al Quirinale e dire a Napolitano «dove eravamo rimasti?», cioè a quel 12 novembre 2011 quando dovette dimettersi perchè tutto precipitava e lo spread era arrivato a 574 punti.
Lasciando Palazzo Chigi al Professore della Bocconi, che avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi del Paese perchè portatore della necessaria credibilità europea, pure per «piegare» frau Merkel.
E ora, ragiona il Cavaliere, dopo i sacrifici degli italiani e l’aumento delle tasse, «a che punto è la notte?».
Certo, di chiedere le dimissioni di Monti per il momento non ci pensa, anzi è d’accordo con il suo successore che a Soci ieri ha spiegato che il motivo di tanto nervosismo sui mercati non sono «i problemi specifici dell’Italia, ma le notizie, le dichiarazioni e indiscrezioni sull’applicazione delle decisioni prese dal vertice Ue di fine giugno».
Dito puntato sulla Germania che frena e sulle affermazioni del ministro dell’Economia Roesler che ha rafforzato le voci su un’imminente uscita della Grecia dall’euro.
Ecco, negli atteggiamenti della Merkel e dei suoi alleati (Roesler è un esponente del Partito liberale) il Cavaliere vede la conferma delle sue critiche rivolte a Berlino e contenute in una recente intervista alla Bild intitolata «Non vogliamo un’Europa più tedesca».
Ecco, se oggi non sono «i problemi specifici dell’Italia», secondo l’ex premier, non lo erano nemmeno quando governava lui.
Oggi come allora sarebbe l’attacco speculativo sull’euro a romperci le ossa, con la Merkel che continua a sbagliare.
E taccia Bersani, eviti di sostenere «stupidaggini» del tipo che ci troviamo in queste condizioni perchè raccogliamo quello che le destre hanno seminato in 10 anni di governo in quasi tutti i Paesi europei.
E che «Berlusconi di nuovo in campo non è una buona notizia vista dal mondo». Dopo Berlusconi, dice il diretto interessato, non sembra che sia cambiato granchè.
L’ex presidente del Consiglio non tifa per elezioni ad ottobre.
Nel Pdl sono in molti ad escludere questa ipotesi.
Lo esclude il capogruppo Gasparri, perchè primabisogna cambiare la legge elettorale e a suo giudizio non sarà possibile in tempi stretti, nemmeno in prima lettura al Senato entro il 10 agosto quando il Parlamento chiuderà i battenti per la pausa estiva. Tuttavia, ragiona il Cavaliere, se la situazione dovesse precipitare, con lo spread attorno a quota 600, nulla a quel punto può essere escluso.
E’ sicuro però che lui si prepara a portare il conto sul tavolo di chi l’ha voluto fuori da Palazzo Chigi perchè bisognava salvare l’Italia e invece non è servito il suo sacrificio e i sacrifici che gli italiani stanno sopportando.
Così come è abbastanza sicuro che si ricandiderà per la sesta volta.
Vorrebbe annunciare il ritorno in pista tra settembre e ottobre, quando sarà chiaro con quale legge elettorale si andrà a votare e quali saranno le condizioni finanziarie del Paese.
Ma se gli eventi precipitassero, l’annuncio ufficiale verrebbe anticipato.
L’orizzonte per il momento rimane il 2013.
Ma c’è un macigno sul suo cammino e sono le elezioni regionali in Sicilia. Berlusconi vorrebbe che anche questo appuntamento elettorale venisse fissato per il prossimo anno, evitando il voto ad ottobre.
Nell’isola, che è stata una miniera di voti prima per Forza Italia e poi per il Pdl, il Cavaliere ha certezza di un pessimo risultato.
Le ultime elezioni amministrative, quelle comunali di Palermo in particolare, sono state un amarissimo assaggio.
Ecco, una debacle in Sicilia sarebbe un terribile viatico per le elezioni politiche, un modo per mettere piombo sulle ali di un Berlusconi che pensa di rinascere sull’onda del malcontento popolare, di un’Europa a predominio tedesco.
Peggio ancora se in quella Regione Pd e Udc dovessero sperimentare la nuova alleanza e magari con successo.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)
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