Luglio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
BLOCCO DEGLI STIPENDI E DELLE TARIFFE, ASSUNZIONI RIDOTTE, CONCORSI SOSPESI, SCURE SUGLI STATALI … MA IL TESTO DEVE ESSERE ANCORA SOTTOPOSTO ALL’ESAME DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Spending review, la bozza del decreto legge
Queste le misure.
BLOCCO DEGLI STIPENDI
Per due anni, dal1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2014, lo stipendio dei dipendenti delle società pubbliche non potrà superare quello del 2011.
CONCORSI SOSPESI
Sono sospesi i concorsi per l’accesso alla prima fascia dirigenziale, «non oltre il 31 dicembre 2015».
P.A., ASSUNZIONI RIDOTTE
Le spese del personale della pubblica amministrazione vengono ridotte in questo modo: le «facoltà assunzionali» sono ridotte al 20% per tutte le amministrazioni nel triennio 2012-2014, del 50% nel 2015 e del 100% a decorrere dal 2016.
RIDUZIONE PERMESSI SINDACALI
A partire da gennaio del 2013, i permessi sindacali saranno ridotti del 10%. «I contingenti dei distacchi sindacali e dei permessi sindacali retribuiti … sono ulteriormente ridotti del 10%. La riduzione è effettuata a decorrere dal 1 gennaio 2013».
FERIE OBBLIGATE E UFFICI CHIUSI A FERRAGOSTO E NATALE
Gli uffici pubblici resteranno chiusi nella settimana di Ferragosto e in quella tra Natale e Capodanno e gli statali saranno messi in ferie.
VIETATO MONETIZZARE FERIE NON GODUTE
Gli statali non possono monetizzare ferie, riposi e permessi non goduti. La disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità , dimissioni e pensionamento. La violazione di queste disposizioni fa scattare automaticamente un’azione disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile, oltre al recupero delle somme indebitamente erogate.
PROVINCE
Al via la riduzione e la razionalizzazione delle province.
AFFITTI P.A.
Al via il blocco degli adeguamenti Istat relativi ai canoni dovuti dalle Amministrazioni per l’utilizzo di immobili in locazione passiva.
BENI ENTI TERRITORIALI
Previsto l’uso gratuito allo Stato di beni di proprietà degli enti territoriali e viceversa.
TARIFFE. Blocco delle tariffe fino al 31 dicembre 2013.
RIDUZIONE COMPENSI CAF
Il compenso scende a 13 euro per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e a 24 euro per l’elaborazione e la trasmissione delel dichiarazioni in forma congiunta. Il decreto riduce anche del 10% i trasferimenti a favore dei patronati.
AUTO BLU
Nel 2013 la spesa per le auto blu non dovrà superare il 50% di quanto speso nel 2011.
TV E RADIO LOCALI
Contributi a favore di radio e tv locali ridotti di 30 milioni a decorrere dal 2013.
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
Riduzione delle spese di funzionamento per un totale di 15 milioni di euro al 2013.
POSTI LETTO NEGLI OSPEDALI
Circa 30mila posti letto in meno negli ospedali pubblici italiani, con un rapporto di 3,7 posti letto per mille abitanti contro gli attuali 4,2.
UNIVERSITà€
Dal 2013 il fondo per il finanziamento ordinario delle università sarà ridotto di 200 milioni.
BUONI PASTO STATALI
Non potranno superare i 7 euro a partire dal 1 ottobre prossimo.
REGIONI
Le risorse dovute dallo Stato alle regioni a statuto ordinario sono ridotte di 700 milioni per il 2012 e di 1.000 milioni a decorrere dal 2013.
FONDO SANITARIO NAZIONALE
Viene tagliato di tre miliardi in due anni: un miliardo per il 2012 e due per il 2013.
IVA. «Sospensione per l’anno 2012 dell’incremento dell’Iva e riduzione dell’incremento dell’Iva a decorrere dall’anno 2013»
SANITà€
Taglio del 5% per l’acquisto di beni e servizi da parte della sanità pubblica.
ESODATI
Vengono salvati ulteriori 55.000 lavoratori esodati rispetto ai 65 mila già interessati.
SCUOLE NON STATALI
Per le scuole non statali arrivano fondi per 200 milioni.
POLIZIA
I dipendenti delle forze di polizia di età inferiore a 32 anni, salvo casi eccezionali, devono essere utilizzati a servizi operativi.
CNR, INFN E INGV, AL VIA RIORGANIZZAZIONE
Riorganizzati il Cnr, l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).
URANIO IMPOVERITO
Dimezzato a 10 milioni il fondo per le .
AUTOTRASPORTO
La bozza del dl sulla spending review destina 200 milioni per il 2013.
STRADE SICURE
Arrivano 72,8 mln nel 2013.
LIQUIDATORI
I commissari liquidatori di enti pubblici potranno avere un incarico non superiore ai 3 anni, che potrà essere prorogato una sola volta per un periodo massimo di 2 anni, quindi per complessivi 5 anni.
FARMACIE
«A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto – si legge – l’ulteriore sconto dovuto dalla farmacie convenzionate (…) è rideterminato al valore del 3,65 per cento. Limitatamente al periodo decorrente dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino al 31 dicembre 2012, l’importo che le aziende farmaceutiche devono corrispondere alle Regioni (…) è rideterminato al valore del 6,5 per cento. Per l’anno 2012 l’onere a carico del Servizio sanitario nazionale per l’assistenza farmaceutica territoriale (…) è rideterminato nella misura del 13,1 per cento».
FONDO LETTA
Il fondo Letta, istituito con la finanziaria del 2010, ha avuto una riduzione di 39 milioni nel 2012 ma verrà incrementato di 700 milioni nel 2013 (Fondo Agi).
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Luglio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
IL TRIPLO DELLE SANZIONI, RECORD NEGATIVO IN BASILICATA…LAZIO, LOMBARDIA E TOSCANA IN TESTA PER LE CONTRAVVENZIONI DA AUTOVELOX
Magari spendono tanto, in molti casi forse troppo, visto che alcuni hanno costi superiori anche di venti volte al valore ottimale, ma tra i Comuni italiani c’è chi i vigili urbani li usa davvero e chi, invece, sembra tenerli quasi solo per ragioni di prestigio.
E a dirlo sono le stesse statistiche della Commissione sul federalismo fiscale che ha definito i “costi standard” della Polizia locale dei comuni: numeri che proiettano i municipi della Liguria in testa alla classifica delle multe, delle sanzioni, dei sequestri e della rimozione dei veicoli, ma anche delle attività investigative svolte dalla Polizia locale.
Una serie di record inarrivabili.
Come quello delle multe per le infrazioni al codice della strada rilevate direttamente e personalmente dai terribili vigili delle Due Riviere: a fronte di un valore medio in Italia pari a 274 euro ogni mille abitanti, in Liguria si arriva a 618,7 euro.
Quasi tre volte tanto rispetto alla media nazionale, il doppio della regione seconda in classifica, che è la Toscana con 354 euro ogni mille abitanti, seguita a sua volta dalla Lombardia con 312 euro.
I valori più bassi, in questo caso, si registrano nel Mezzogiorno, con il record negativo della Basilicata: appena 100 euro ogni mille abitanti.
I 166 comuni della Liguria considerati dall’analisi sono anche tra i più accaniti utilizzatori dei famigerati “autovelox” per la rilevazione delle infrazioni stradali.
In classifica sono battuti solo dai comuni del Lazio, della Lombardia e della Toscana, dove i dati delle multe elevate grazie ai mezzi strumentali è condizionato dalle Ztl urbane di Roma, Milano e Firenze, con i loro varchi “intelligenti” che non perdonano le incursioni non autorizzate.
A fronte di una media nazionale di 160 euro, nel Lazio si arriva a 311, in Toscana a 253, in Lombardia a 221 con la Liguria che segue, a ruota, con 216 euro recuperati grazie agli autovelox.
Apparecchi quasi sconosciuti al Sud, visto che fruttano appena 17,3 euro in media ai comuni abruzzesi e 29 a quelli calabresi.
Sempre ai comuni della Liguria spetta il record assoluto delle rimozioni forzate dei veicoli.
A loro rendono 12,1 euro per ogni mille abitanti, più del doppio rispetto ai 5,7 euro della media nazionale.
Più del Lazio e della Lombardia, dove pesano moltissimo i dati di Roma e Milano, che superano di poco i 10 euro.
E ad enorme distanza dai comuni delle altre Regioni italiane, tutte abbondantemente sotto la media nazionale, fino al misero dato del Molise, dove i carri attrezzi per la rimozione dei veicoli di fato non esistono (1,4 euro per mille abitanti).
L’attivismo dei vigili liguri, per giunta, non sembra spiegabile con una particolare indisciplina dei loro concittadini nelle strade.
Anche nelle altre attività di competenza della polizia locale loro primeggiano.
La polizia annonaria, che è quella che vigila sui mercati delle merci, sembra avere un senso solo nel Lazio, in Liguria e pochissime altre zone del Paese.
A fronte di una media nazionale di appena 2,19 euro di contravvenzioni ogni mille abitanti, il Lazio supera di poco i 5 euro, la Liguria arriva a 2,82, la Lombardia a 2,57, il Piemonte a 2,31.
Poi più niente, o quasi: in Umbria la polizia annonaria dei Comuni ricava 69 centesimi per mille abitanti, in Molise 70 centesimi, in Calabria 81.
Manco a dirlo, alla Polizia locale dei comuni liguri spetta anche un altro record: sono quelli, in Italia, che ottengono i maggiori risultati grazie alle attività «investigative» svolte per conto dell’amministrazione comunale: 42 euro ogni mille abitanti per la media nazionale, 62 euro per i comuni liguri.
Mario Sensini
(da “Il Corriere della Sera”)
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Luglio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
UN LIBRO DI ANNA TONELLI RICOSTRUISCE LA STORIA, I RITI E LE TRASFORMAZIONI DEL FESTIVAL DELL’UNITA‘
I cappellacci alla zucca sono «un milione» mitologicamente tondo, poi vengono «26 quintali di lasagne, una ventina di quintali di anguille, fritte e allo spiedo, 30 quintali di salama da sugo, migliaia di polli allo spiedo e alla griglia, ottanta quintali di pane…». Consegnato orgogliosamente alla stampa locale, lo stato delle salmerie della Festa dell’Unità di Ferrara del 1960, all’alba del decennio del benessere, sembra scritto da Rabelais.
La vertigine della lista di questo pranzo da Gargantua può far sorridere, e alimenta il luogo comune che gli antagonisti politici del Pci gli ritorcevano addosso volentieri: dire «la festa della salamella» era un modo facile per sbeffeggiare un partito e una politica
Errore, però, grave errore di prospettiva.
Le feste dell’Unità non sono state la semplice proiezione ludica e goduriosa della strategia del Pci.
Il Pci le inventò, o meglio le evocò da un fondo antropologico di feste popolari, ma quelle poi esplosero in una prepotente vita propria, governata a fatica dai dirigenti, anomala, contraddittoria, tant’è vero che il Pci nell’89 fece harakiri ma loro no, e anche negli anni delle sfortune elettorali postcomuniste le Feste continuavano a crescere, a macinare incassi e presenze, Golem sociali ormai indipendenti dal loro creatore.
Le feste dell’Unità fanno parte più della storia d’Italia che della storia del Pci, sostiene infatti Anna Tonelli, storica, docente a Urbino, studiosa del costume politico nelle sue trasversalità .
E lo dimostra con questo suo Falce e tortello (Laterza), storia oltre i clichè di un oggetto politico non identificato, ricerca documentaria di faticosa gestazione per l’assenza quasi assoluta di fonti secondarie: nessuno ha mai analizzato le kermesse rosse come avrebbe meritato un fenomeno di quelle dimensioni, continuità e presenza.
Perchè le Feste dell’Unità , appunto, nessuno sa bene cosa siano state davvero, neanche gli scrittori che le raccontarono, Calvino, Rodari, o Moravia, che pure per primo capì quel loro essere ibridi tra «parrocchia, soviet e mercato».
Expo, propaganda, simbolo, convivia-lità , fund raising, motivazione dei militanti, mitopoiesi (coccarde, bandiere, murales), esibizione muscolare di capacità organizzative, tutte queste cose ci sono state, certo, ma non sempre, e mai essenziali: la sottoscrizione, ad esempio, non fu la preoccupazione di quella quasi ingenua “Scampagnata de l’Unità ” del 2 settembre 1947 a Mariano Comense che è considerata la capostipite, «festa gioconda del popolo» pensata come risarcimento di «giusta razione di gioia di vivere» alle paure e sofferenze di guerra e dittatura.
Non furono i soldi la molla per ripetere l’esperienza, ci si accorse solo qualche anno più tardi che nei “chioschi”, non ancora “stand”, a forza di vendere panini e birre s’accumulavano «sacchi di soldi, un fracco di soldi s’è fatto…».
La propaganda, neppure: per quanto possa suonare strano, a lungo non ci furono comizi nelle Feste del Pci, solo timidi e poco invadenti “saluti”: fu il «ritorno del compagno Togliatti» sul palco della festa di Roma nel settembre del ’48, prima apparizione pubblica dopo l’attentato, a introdurre il «comizio di chiusura», ma anche in seguito la preoccupazione era di non turbare troppo il «festoso e sereno bivacco», i balli, le tavole via via più raffinate, le lotterie.
Quanto alla militanza, quella ha sofferto invece in tempi più recenti, rimpiazzata sempre più da ristoranti appaltati a privati e dall’invadenza fieristica degli spazi commerciali.
Via via che l’analisi storica si snoda, è chiaro che le cittadelle effimere di tubi Innocenti furono un fenomeno solo in parte compreso e perfino governato dal loro “titolare”: mentre il loro successo cresceva ben oltre i confini dell’autoriconoscimento e della simpatia politica, e il sistema si articolava in una gerarchia smisurata di migliaia di feste di sezione, comunali, provinciali e nazionali, il Pci scoprì che erano una società in sè.
Che gli portava “in casa”, senza possibilità di eluderle, le contraddizioni del suo rapporto con la società e la cultura, sotto forma di dilemmi non così banali: ballo liscio o boogie woogie?
Claudio Villa o Ivan Della Mea? Dibattito o tombola? Pedagogia o demagogia? Cultura alta o popolare? Le sfilate di “Miss Unità ”, esaltazione o umiliazione della donna comunista
Cosa sono state dunque, nel profondo, le feste dell’Unità , per oltre sessant’anni?
L’elenco pantagruelico di Ferrara, simile a tanti altri, ci dà un indizio.
C’è sicuramente, all’origine delle feste rosse, e Tonelli ne prende debita nota, la festa giacobina, del resto furono i “compagni” tornati dall’esilio politico in Francia a importare la formula rubata alle feste dell’Humanitè ma anche a quelle del 14 luglio.
Ma, almeno sotto le Alpi, l’Albero della Libertà ha proiettato l’ombra di un albero della cuccagna.
Più che festa di una rivoluzione già vittoriosa, del resto, quelle comuniste erano feste di una rivoluzione rinviata a un futuro lontano, feste di un sogno rimesso nel cassetto dalla lenta via italiana al socialismo.
Ma il desiderio represso, ogni festa di popolo lo trasfigura in forma di carnevale. Festa del rovesciamento dei ruoli, delle gerarchie, dei poteri, effimero e fragile ma almeno per un giorno reale e vissuto: Tonelli ci lascia solo intravedere che le Feste dell’Unità siano state anche questo, ma la sensazione emerge dalla sua documentata ricostruzione, dagli illuminanti testi minori, le minute delle relazioni ai seminari alle Frattocchie, gli articoli autocelebrativi del giornale eponimo, la memorialistica dei protagonisti.
«Nei compagni si vede la passione per un lavoro che non è un lavoro», scrive per esempio un anonimo resocontista dell’Unità sulla Festa di Modena del ’54, e fa centro, senza saperlo.
Il Volontario, figura centrale, mitica e assieme popolare delle Feste, non è un galoppino stakanovista al servizio del gioco del tappo come nelle caricature degli avversari.
È un lavoratore che sta sperimentando un ribaltamento mitico, carnevalesco (nel senso antropologico) del lavoro, che dentro il falansterio protetto della Festa diventa lavoro liberamente scelto, senza retribuzione nè sfruttamento, senza classi nè alienazione, senza gerarchie che non siano quelle funzionali e di merito, dove la fatica è scelta e premio a se stessa, dove l’utile politico sta nel come collettivo e non in qualche palingenetico perchè.
Che questo slancio andasse al servizio di un progetto politico, che il Pci se lo meritasse o meno, che lo spendesse bene o male, ha meno importanza della scoperta di un rito antropologico- politico di questa potenza nella storia recente del nostro paese.
Ma il carnevale non è una vera rivoluzione, è più spesso il balsamo della sua mancanza; e l’albero della cuccagna ha due facce, una rivoluzionaria e una consumista.
Dalla fine degli anni Ottanta, con l’eclisse delle ideologie, le Feste continuano, ma trasferiscono il desiderio su altre mete.
Il gigantismo delle “cittadelle rosse” da milioni di presenze si nutre ormai degli stessi miti simboli e consumi del resto della società . Nell’Italia del pensiero unico anche il falansterio rischia di ridursi a ricreazione.
Michele Smargiassi
(da “La Repubblica“)
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Luglio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
GLI ISTITUTI PARIFICATI COME I LUOGHI DI CULTO?…I GENITORI DEGLI STUDENTI PROTESTANO: “COSI’ AUMENTERANNO LE RETTE DI ISCRIZIONE E CIO’ PESERA’ SULLE FAMIGLIE”….ALLORA MANDATELI ALLA SCUOLA PUBBLICA COSI’ EVITATE DI SPRECARE QUATTRINI–
Torna l’incubo Imu per le scuole cattoliche.
“Cartelle pazze” oppure le paritarie confessionali, come quelle laiche con fini di lucro, sono tenute a pagare l’Imposta municipale unica reintrodotta dal governo Monti? L’unica cosa certa è che nei giorni scorsi le paritarie cattoliche, che non hanno versato la prima rata dell’Imu, si sono viste recapitare il sollecito di pagamento della tassa che per le case sostituisce l’Ici.
I gestori però non intendono pagarla.
Sono migliaia gli edifici scolastici di proprietà della chiesa adibiti a scuola e l’eventuale pagamento dell’imposta farebbe lievitare anche la tassa di iscrizione.
Una eventualità che potrebbe determinare un ulteriore calo delle iscrizioni, mettendo a rischio queste realtà .
Per scongiurare tutto questo, scende in campo l’Associazione dei genitori delle scuole cattoliche (Agesc).
“Chiediamo – dichiara Roberto Gontero, presidente dell’Agesc – che le scuole paritarie, in quanto enti non profit, non debbano pagare l’Imu. In questi giorni l’Agenzia delle entrate sta inviando una serie di cartelle esattoriali Imu alle scuole paritarie. Eppure il presidente del consiglio non più tardi di due mesi fa aveva garantito che non avrebbero dovuto pagare l’imposta”.
In effetti, a fine febbraio, Mario Monti disse che le scuole religiose avrebbero pagato l’Imu solo se rientranti fra quelle aventi finalità commerciali.
Non è questo il caso?
La nuova disciplina introdotta dal governo prevede che gli immobili adibiti in via esclusiva a luogo di culto non pagheranno l’Imu.
Le scuole cattoliche possono essere assimilate a chiese?
Secondo il Fisco, la risposta è no.
“Siamo davanti a una grave situazione di incertezza – dice il presidente Agesc – e molti genitori si trovano nella condizione di non sapere se il figlio porterà a termine il ciclo scolastico nella stessa scuola dove l’ha iniziato”.
Il pagamento dell’Imu, secondo l’Agesc, farebbe infatti lievitare la retta scolastica, che in tempi di crisi pesa sui bilanci familiari ancora di più.
Le strutture della chiesa adibite a scuola sono 8.644 e il pagamento dell’Imu rappresenterebbe una stangata senza precedenti, dal momento che in passato non pagavano l’Ici.
I genitori dell’Agesc, tra l’altro, non si limitano a chiedere l’esenzione dall’Imu per le paritarie cattoliche, ma chiedono che la retta richiesta dalle scuole alle famiglie possa in qualche modo essere detratta dalle tasse.
“La retta per la scuola paritaria – conclude Roberto Gontero – dovrebbe potere essere almeno detratta come credito d’imposta, così come viene fatto, ad esempio, per le spese per la palestra”.
Una proposta che in questo momento sembra di difficile recepimento oggi che il governo sta rivedendo la spesa pubblica e annuncia tagli ovunque, scuola compresa.
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Luglio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO DI ALTRE NOVE PERSONE, TRA CUI LA COLLABORATRICE DI NICOLE MINETTI
Il 12 ottobre inizierà l’udienza preliminare a Milano per il caso delle firme false presentate per consentire alle liste Pdl di partecipare alle elezioni amministrative del 2010.
La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio del presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà , in qualità all’epoca di coordinatore regionale lombardo del Pdl, perchè sarebbe stato il promotore della presunta falsificazione delle firme a sostegno della lista di Roberto Formigoni e di quella provinciale del Pdl per le regionali del 2010.
Il procuratore aggiunto, Alfredo Robledo, ha chiesto il processo per altre nove persone, tra cui Clotilde Strada, all’epoca responsabile della raccolta firme del partito e che è stata anche collaboratrice della consigliera regionale Nicole Minetti.
L’accusa per l’attuale presidente della Provincia di Milano è quella di falso ideologico.Le firme, stando alle indagini, sono state riconosciute come fasulle dalle persone il cui nome risultava posto a sostegno della lista, ma che hanno detto agli inquirenti di non avere mai firmato.
L’indagine era stata chiusa a fine aprile quando era emerso il coinvolgimento di Podestà .
L’udienza, per Podestà e alcuni consiglieri, si terrà davanti al giudice Stefania Donadeo.
L’ipotesi accusatoria è che che siano state falsificate molte firme e precisamente 608 per le elezioni regionali, per cui era candidato alla poltrona di governatore Roberto Formigoni, e 308 per le provinciali, per cui era candidato proprio Podestà .
Le firme erano necessarie per la presentare la lista regionale “Per la Lombardia ” e quella provinciale “Il popolo della Libertà — Berlusconi per Formigoni”.
La maggior parte dei presunti sottoscrittori, che sono stati ascoltati dagli investigatori dell’Arma dei carabinieri, non hanno riconosciuto le loro firme oppure hanno dichiarato di averle apposte, ma per altre liste elettorali.
A mettere nei guai il presidente è stata proprio Strada che ha raccontato come andò. “Podestà mi disse: ‘avete i certificati elettorali usateli’. Del resto sarebbe difficile sostenere il rinnovo dei contratti se ci saranno problemi sulla presentazione delle liste.
Nonostante tutti gli sforzi, giunti verso le 18 non si era raggiunto il minimo di firme necessario per la presentazione delle liste. Non sapendo cosa fare chiamai Podestà , essendo lui il responsabile politico, e gli rappresentai la situazione per la quale mancavano le firme. Podestà mi chiese se io ritenessi vi fosse la necessità della sua presenza in sede, cosa che io gli confermai subito. Venne in sede due ore dopo — è la ricostruzione della ex collaboratrice di Nicole Minetti — intorno alle venti, mentre tutti noi stavamo mangiando qualcosa in sede. Podestà si sedette insieme a me e alle altre persone presenti, chiacchierando. Poi si alzo’ per andarsene. Io lo fermai nel corridoi e gli chiesi indicazioni su cosa fare, poichè non si era raggiunto il numero di firme necessario e non c’era più tempo di farlo, unico motivo per cui gli avevo chiesto di venire in sede. Gli ribadii che ormai avevamo raschiato il fondo del barile delle nostre possibilità e che certamente non eravamo in grado di raccogliere le firme necessarie”. A questo punto, stando al racconto della Strada, Podestà avrebbe consigliato di usare i certificati elettorali, anche in vista dell’imminente scadenza dei contratti dei collaboratori del partito, il 30 agosto 2010.
”Tornai nella sala riunioni dove c’erano gli altri, ivi compresi i consiglieri provinciali rimasti, Mardegan, Martino, Turci e Calzavara. Dissi loro che Podestà aveva detto di usare i certificati elettorali, e a quel punto ciascuno dei consiglieri ha preso gli elenchi, compilandoli con le generalità delle persone e apponendone invece loro le firme e poi autenticandole”.
“Ovviamente — conclude la Strada — a questa compilazione degli elenchi parteciparono anche altri presenti, ma non sono in grado di dire chi, perchè c’era un notevole via vai, mentre io, dopo avere trasmesso ai consiglieri e agli altri le direttive di Podestà , mi sono recata nella stanza del coordinatore regionale per raccogliere gli elenchi che cominciavano ad arrivare dalle altre province”.
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Luglio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
SECONDO IL MINISTERO DELL’ECONOMIA SI E’ PASSATI DA 49,3 MILIARDI DEL PRIMO SEMESTRE 2011 AGLI ATTUALI 29,1…A GIUGNO UN AVANZO DI 5,8 MILIARDI
I conti pubblici fanno un balzo in avanti.
Migliora decisamente il fabbisogno dello Stato dei primi sei mesi dell’anno.
Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Economia, i conti di cassa del settore statale migliorano di 15 miliardi tra gennaio e giugno 2012, attestandosi a 29,1 miliardi contro i 43,9 miliardi del 2011.
In particolare, rileva il Mef, nel mese di giugno 2012 si è realizzato un avanzo del settore statale pari, in via provvisoria, a circa 5,8 miliardi, in aumento rispetto allo stesso mese del 2011 in cui si registrò un avanzo di 1,0 miliardi.
Il merito sarebbe soprattutto delle entrate fiscali e dell’autotassazione che registrano un incasso boom.
Il gettito erariale, secondo le prime elaborazioni, avrebbe segnato un incremento di circa 5 miliardi rispetto allo scorso anno.
Per trovare un risultato migliore bisogna risalire al 2008, anno di transizione tra la gestione dei conti pubblici di Tommaso Padoa-Schioppa e di Giulio Tremonti, che chiuse con un deficit, cioè il dato di ‘competenza’ che vale ai fini del patto di stabilità europeo, sotto il 3 per cento: l’Istat lo fotografò al 2,7%.
L’andamento positivo registrato già nei mesi precedenti, che è evidente nell’andamento dei fabbisogno cumulato, ha trovato conferma nel mese di giugno: l’avanzo è stato di 5,8 miliardi, contro il miliardo segnato lo corso anno, grazie al buon andamento degli incassi fiscali. Giugno, del resto, è da sempre uno snodo nei conti pubblici perchè registra le prime entrate dell’autotassazione, soprattutto quelle pagate dai contribuenti persone fisiche.
Un risultato che certo, dopo le difficoltà registrate nei mesi scorsi sul fronte del gettito fiscale, non è di scarso rilievo.
Anche perchè quest’anno i contribuenti erano alle prese non solo con le imposte sui redditi ma anche con il versamento dell’Imu, che solo in piccola parte (per la metà della quota relativa alla seconda casa) finisce ad alimentare il gettito del settore statale.
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Luglio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
IL RAPPORT SOCIAL WATCH OFFRE UNA FOTOGRAFIA DELLE POCHE LUCI E MOLTE OMBRE DEL CONTESTO SOCIO ECONOMICO ITALIANO CHE RISCHIA DI PREGIUDICARE IL DIRITTO AL FUTURO DEI GIOVANI
Il Social Watch è una rete internazionale di cui fanno parte oltre 500 organizzazioni presenti in più di 70 paesi nel mondo.
Dal 1995, attraverso l’analisi dei partner locali, si occupa di monitorare l’operato dei governi nazionali e degli organismi internazionali per lo sradicamento della povertà , per la realizzazione dei diritti sociali e per l’equità di genere.
Il suo Rapporto annuale viene spesso descritto come una sorta di “rapporto ombra”, realizzato dalla società civile, rispetto a quello del Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite.
Il Rapporto sull’Italia, curato da Acli, Amnesty International, Arci, Crbm, Fcre, Lunaria, ManiTese, Oxfam Italia, Sbilanciamoci e Wwf, descrive in modo preoccupato il contesto socio economico del 2011:
aumento della disoccupazione femminile nel Centro e Sud Italia;
disoccupazione giovanile al 30%
aumento del divario tra ricchi e poveri, con il 10% di famiglie che possiede circa il 46% del totale della ricchezza;
persistenza degli stereotipi culturali relativi ai ruoli di genere;
comportamenti di donne e uomini che contribuiscono al mantenimento di un alto livello di discriminazione per le donne nel mondo del lavoro, nella politica, nella sfera della salute riproduttiva;
interruzione del rapporto di lavoro per il 30% delle madri (contro il 3% dei padri) dopo la maternità ;
diffuso fenomeno di violenza domestica nei confronti delle donne che resta ancora sommerso, con 117 donne uccise nel 2011, il 6,7% in più rispetto a dodici mesi prima;
ostacoli alla libertà di informazione;
sviluppo sostenibile, politiche energetiche e ambientali, fuori dalle priorità di governo.
Il Rapporto presenta un lungo elenco di raccomandazioni e “misure alla portata del nostro paese”, nei confronti delle quali l’alibi della crisi non regge, salvo assumersi, come dice Jason Nardi, portavoce del Social Watch Italia, “la responsabilità di negare il diritto a un futuro”.
Dal punto di vista economico troviamo il sostegno all’occupazione, gli incentivi per lo sviluppo di produzioni e consumi verdi, quelli per le imprese che investono in settori di produzione ad alta qualificazione, una tassa dello 0,05% sulle speculazioni finanziarie e un’altra sui grandi patrimoni.
Dal punto di vista sociale, l’ampliamento delle risorse destinate all’assistenza sociale e alla lotta alla povertà , la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, la protezione immediata per le donne vittime di violenza, maggiori e migliori aiuti alla cooperazione internazionale.
Infine, dal punto di vista della sostenibilità ambientale si chiedono adeguati stanziamenti per interventi di cura del patrimonio idrogeologico e di prevenzione dei disastri, l’intervento per la realizzazione delle piccole opere, una strategia nazionale di riduzione delle emissioni di anidride carbonica a lungo termine, il conseguimento al più presto dell’obiettivo stabilito per l’Italia nel primo periodo dell’applicazione del Protocollo di Kyoto (riduzione del 6,5% rispetto alle emissioni del 1990), l’inserimento nel codice penale italiano della voce “Delitti ambientali” e il rafforzamento dell’offerta dei servizi di trasporto pubblico locale per i cittadini.
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Luglio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
IL MANIFESTO “IDEALE” DI MONTI NON E’ QUELLO DI FUTURO E LIBERTA’: APPOGGIARLO ACRITICAMENTE DENOTA DA UN LATO UN VUOTO CULTURALE DALL’ALTRO FA SOLO PERDERE CONSENSI PERCHE’ VAI SU SPAZI GIA’ COPERTI…. I PORTABORSE CLONANO PORTABORSE, SERVONO TRUPPE CONVINTE NON CAPORALI INTERESSATI
Potremmo iniziare queste brevi note con una battuta, riferendoci al titolo del pezzo de “IlRetroscena.it”: il problema non è tanto se Fini segue Casini, ma quanti elettori seguano loro.
A giudicare dai sondaggi degli ultimi due mesi, diremmo sempre meno: Fli ha perso un terzo dei peraltro scarsi consensi, l’Udc ha subito una brusca battuta di arresto se non un arretramento.
Il sostegno a misure impopolari è ovvio che non paghi, anche quando sono ritenute necessarie: se si fossero perlomeno rese eque, come era la promessa iniziale, forse si sarebbero trasformate lentamente in tacito consenso.
E qui è venuto meno, per forma mentis e debolezza congenita dei soggetti, quel ruolo di controllo che una forza come Fli, da sempre attenta al sociale, avrebbe dovuto esprimere, proprio per differenziarsi dal Pdl da un lato e dai “poteri forti” dall’altro.
Perchè il problema sentito dalla classe dirigente e dalla base di Fli non è tanto quello del riconoscimento giuridico delle coppie di fatto dove siamo quasi tutti d’accordo, così come le battaglie sui diritti civili e un approccio solidale al problema immigrazione, ma la politica economica che tocca le tasche di tutti.
Un “appoggio incondizionato” a Monti non ha senso per due ragioni: una contenutistica e l’altra pragmatica.
Il manifesto ideale di Monti, con tutto il rispetto dovuto a una personalità di livello, non è quello di Fli, inutile nascondersi dietro un dito.
Una visione “economicista” e ultraliberista non collima con la solidarietà sociale stigmatizzata nel manifesto di Fli.
Se ci fosse stata una patrimoniale e una tassazione forte dello scudo fiscale, se non si fosse dimenticata una lotta radicale alla corruzione nella Pubblica Amministrazione unita a una vero riconoscimento meritocratico, se fossero stati posti in essere tagli decisi alla Casta e ai consigli di amministrazione pubblici, tanto per fare qualche esempio, gli italiani avrebbero colto il segnale di equità e di novità .
La ragione oggettiva: pensare che un appoggio “senza se e senza ma” a Monti avrebbe generato un ritorno elettorale è un errore di valutazione imperdonabile, chi ancora oggi in Fli spera in questo vive fuori dal mondo.
Per un semplice motivo: quella fascia di elettorato “moderato” e benestante è di fatto già rappresentata da settori del Pdl, del Pd e dell’Udc.
Da lì non smuovi un voto, quel 30% di consensi è già suddiviso in partiti più “credibili” nel merito e con clientele consolidate.
Non è un mistero che Fini da tempo consideri Fli una fase intermedia, di passaggio, verso la creazione di un nuovo soggetto politico più ampio.
Non è un mistero che Fini sia costantemente vittima dei colonnelli di turno: a Mirabello aveva tuonato “mai più colonnelli” e si è ritrovato un partito in mano a un caporale di giornata capace di nominare solo cambusieri.
Basti pensare quanti portaborse a destra diventino colonnelli per poi generare a loro volta altri portaborse, aspiranti ai gradi: roba da trattato di psicanalisi.
Fini ha generato una corte che non sopporta più: andare oltre Fli è anche un sistema per liberarsene.
Ma per andare dove? E qui si apre un altro capitolo.
Visione economica a parte, condividiamo la visione di una destra sensibile ai diritti civili, alle battaglie per la legalità , alla meritocrazia, alla lotta alla corruzione.
Ma per andare in battaglia contano anche le truppe: se disperdi le tue con comandi contraddittori nel tempo, finisce che ti volti e trovi quattro armigeri quattro.
E al tavolo strategico della battaglia finale non puoi pretendere di contare come chi qualche truppa, magari anche mercenaria, la conserva.
Va bene un’allenza ampia anche con settori della sinistra ( se Di Pietro non fosse schizofrenico e se Vendola non vivesse di pregiudizi, andrebbero bene anche loro in un clima di emergenza nazionale), purchè ci si vada con idee proprie non negoziabili.
Le stesse che impediscono a priori ogni possibile “frequentazone” con la becero destra leghista e di certi settori del Pdl.
Altrimenti diventa solo un rassemblement elettorale, un argine a grillini e demagoghi di turno, ma senza “anima”, traducendosi in una mera operazione di conservazione e spartizione di poltrone.
Ma un partito che può ambire a raggiungere il 4% ancora oggi, anche se solo con una brusca sterzata, deve attrezzarsi in primo luogo per perseguire questo obiettivo.
Lavorare sempre e comunque come se dovesse andare da solo: per puntare a quella soglia e avere 20 deputati.
Se poi le circostanze permetteranno alleanze coerenti bene, altrimenti fa nulla.
Abbandonare la nave sugli scogli, sperando che gli altri armatori non venissero a conoscenza della perdita del vascello, in modo da mantenere il proprio potere contrattuale, non pagava neanche nell’Ottocento.
Figuriamoci nell’epoca dei sondaggi e dello strapotere dei media.
Ecco perchè è giusto avere come obiettivo quello di “attirare elettori fuori dagli schemi tradizionali destra-sinistra” ma occorre anche non sbagliare la rotta e saper interpretare gli umori, le esigenze, i diritti, la disperazione, le speranze, i sogni degli italiani.
E non solo di quelli che possono permettersi di laurearsi alla Bocconi.
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Luglio 3rd, 2012 Riccardo Fucile
L’APPOGGIO INCONDIZIONATO A MONTI SIGNIFICA AZZERARE GLI SCHEMI IDEOLOGICI DEL SECOLO SCORSO… CON BERSANI MA SENZA SEL E IDV
Per ribadire i connotati della proposta lanciata all’assemblea nazionale del 30 giugno Gianfranco Fini è costretto a stampare le sue tesi e a diffonderle tra i suoi.
Questo per evitare di essere frainteso una volta di più attraverso “interpretazioni autentiche”, che autentiche non sono e che riguardano lo scottante tema delle alleanze per le Politiche del 2013.
Per Fini l’approdo è uno solo: l’intesa con le forze che appoggiano Monti “con lealtà e convinzione”.
Quindi anche con il Pd, come va predicando anche Casini.
E con buona pace di quei futuristi che restano incollati alla “tradizione identitaria della destra”.
Fini tra i Monti boys.
Il presidente della Camera, in realtà , è più avanti e più oltre e intende far parte di quanti credono in Monti.
Con dentro il Pd, appunto, ma anche il Pdl “a trazione europea e filo governativo”. Sulla linea di Frattini e Pisanu.
E magari anche quella di quell’Alfano che riesce a sottrarsi alla tenaglia di Berlusconi. Ma Fini si tiene ben distante “dal Pdl che sogna nuove alleanze con la Lega”, tendenza che bolla come “una pericolosa deriva estremista”.
Parole che servono anche a tracciare i confini della possibile intesa con il Pd che deve restare “nel solco del riformismo e tenersi alla larga da accordi con quanti ogni giorno vengono sotto palazzo Chigi per contestare il governo”.
E dunque, niente Vendola, ma soprattutto niente Di Pietro.
Verso la sinistra “moderata”. Insomma getta ami su una sponda e sull’altra del mare magnum della politica italiana, il leader di Fli, consapevole del fatto che la sua pesca miracolosa potrebbe raccogliere frutti copiosi più nella sinistra moderata che in una presunta destra europea senza il Cavaliere.
E d’altro canto uno schieramento largo, larghissimo, da Sel a Fini, forse sarebbe chiedere troppo ai futuristi. Malgrado ci siano esponenti di Fli che invece invitano il leader ad accelerare. Tra loro Flavia Perina, Umberto Croppi, Benedetto Della Vedova, il quale, però, è facilitato nelle sue scelte, visto che con la tradizione del Msi e di An non ha nulla a che fare. Il pressing nei confronti del presidente della Camera, che si sente “già in campagna elettorale” è diventato molto deciso.
“Il tempo per attirare quegli elettori che non si sentono rappresentati dai partiti tradizionali è ormai molto limitato” avvertono alcuni suoi fidatissimi consiglieri, che non si risparmiano per far “diventare presto sostanza” le proposte lanciate da Fini.
Sì alle unioni gay.
Non sarà facile far digerire l’uninominale “senza garanzie di elezione per nessuno”, nè la legge per le unioni di fatto, “anche omosessuali”, come ha azzardato Fini, scavalcando a sinistra anche certi settori del Pd.
Ma questa sembra la volta buona per il salto definitivo verso la trasformazione in un partito europeo, repubblicano e riformatore.
Ci sarà da combattere, perchè i finiani sono bravissimi a dividersi. E già suscita sospetti l’ultimo appello di Fini per la convocazione degli Stati generali in settembre. L’obiettivo è discutere in mille, soprattutto non politici.
Ma la sua raccomandazione “a fornire i nomi a Bocchino” inquieta i rinnovatori che temono una spinta alla conservazione del partitino, che ha in Bocchino il suo massimo dirigente.
“Fli non sarebbe neppure nato- spiega Umberto Croppi- se il 14 dicembre del 2010 Fini non avesse fallito l’obiettivo della sfiducia a Berlusconi, a causa dei tradimenti di alcuni dei suoi”.
Il concetto è chiaro: non è più il momento di asserragliarsi in una riserva indiana.
E se il Terzo Polo non è mai decollato, potrà invece avere spazio politico un’alleanza fuori dagli schemi ideologici del Novecento, con il Pd, non con il Pdl berlusconiano.
Gaudenzia
(da “ilRetroscena.it“)
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