Luglio 16th, 2012 Riccardo Fucile
FINCHE’ NON SI CAMBIA L’ART 90 DELLA COSTITUZIONE E SI TOLGONO LE NORME A TUTELA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, PIACCIA O MENO A SECONDA DELLE SIMPATIE VERSO I PROTAGONISTI, NAPOLITANO HA RAGIONE
In Italia è «assolutamente» vietato intercettare le conversazioni alle quali partecipa il Presidente della Repubblica.
Lo stabilisce l’articolo 90 della Costituzione e l’articolo 7 della legge 5 giugno 1989, n. 219.
Nel caso si venisse in qualunque modo in possesso di intercettazioni in cui uno degli interlocutori è il capo dello Stato le conversazioni «non possono essere in alcun modo valutate, utilizzate e trascritte e di esse il pubblico ministero deve immediatamente chiedere al giudice la distruzione».
È a questo principio che fa riferimento Giorgio Napolitano nell’affidare all’Avvocatura dello Stato l’incarico di promuovere il cosiddetto «conflitto di attribuzione» nei confronti della Procura di Palermo che indaga sulla presunta trattativa tra apparati dello Stato e i capi della mafia per mettere fine alla stagione delle stragi del 92/93.
A dirimere il conflitto viene ora chiamata la Corte costituzionale.
INTERCETTAZIONI SU ALTRA UTENZA
Nel decreto pubblicato sul sito del Quirinale si fa esplicito riferimento proprio a quella normativa che impedisce di intercettare le conversazioni del capo dello Stato.
E questo perchè proprio durante le indagini della Procura di Palermo «sono state captate conversazioni del presidente della Repubblica nel corso di intercettazioni telefoniche effettuate su utenza di altra persona». Conversazioni che, fa rilevare il Quirinale, la stessa Procura di Palermo ha ritenuto «irrilevanti» e delle quali dunque non si prevede «alcuna utilizzazione investigativa o processuale ma esclusivamente la distruzione da effettuare con l’osservanza delle formalità di legge».
AUTORIZZAZIONE DEL GIUDICE
Ma allora perchè Napolitano solleva il conflitto di attribuzione?
Una risposta in qualche modo si può trovare sempre nel comunicato del Quirinale dove si fa riferimento all’intervento il 9 luglio scorso sul quotidiano La Repubblica del procuratore di Palermo Francesco Messineo.
In quella circostanza il capo della Procura siciliana disse che pur essendo quelle intercettazioni irrilevanti «alla successiva distruzione della conversazione legittimamente ascoltata e registrata si procede esclusivamente previa valutazione della irrilevanza della conversazione stessa ai fini del procedimento e con la autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, sentite le parti».
Ed è proprio questo il punto chiave della controversia che il Quirinale ritiene lesivo delle prerogative del Capo dello Stato.
Cioè il fatto di mettere le intercettazioni a disposizioni delle parti e poi del Gip. Con la sottintesa preoccupazione che in questo modo finiscano facilmente anche sui giornali.
Le prerogative del capo dello Stato, secondo il decreto presidenziale, sarebbero quindi state già state lese dai pm di Palermo con la valutazione dell’irrilevanza delle intercettazioni e la loro permanenza agli atti dell’inchiesta; sarebbero ulteriormente lese da una camera di consiglio per deciderne in contraddittorio la distruzione.
Le intercettazioni cui partecipa il presidente della Repubblica quindi, anche se indirette, ”non possono essere in alcun modo valutate, utilizzate e trascritte”: è quanto si legge nel decreto con cui il Capo dello Stato ha promosso il conflitto di attribuzione, citando l’art. 90 della Costiturzione e la legge 5 giugno 1989, n. 219.
Nel decreto è scritto che “a norma dell’articolo 90 della Costituzione e dell’articolo 7 della legge 5 giugno 1989, n. 219 salvi i casi di alto tradimento o attentato alla Costituzione e secondo il regime previsto dalle norme che disciplinano il procedimento di accusa – le intercettazioni di conversazioni cui partecipa il Presidente della Repubblica, ancorchè indirette od occasionali, sono da considerarsi assolutamente vietate e non possono quindi essere in alcun modo valutate, utilizzate e trascritte e di esse il pubblico ministero deve immediatamente chiedere al giudice la distruzione”.
LE TELEFONATE DI MANCINO
Ma cosa concretamente hanno ascoltato i magistrati indagando sulla trattativa Stato-mafia? Difficile dirlo.
I Pm di Palermo anche dopo il comunicato del Quirinale hanno tenuto a ribadire l’irrilevanza delle conversazione registrate.
In ogni caso tutto lascia pensare che il tema sia in qualche modo legato alle insistenti telefonate, queste ampiamente finite sui giornali, con le quali l’ex Presidente del Senato Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza proprio nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, sollecitava un intervento presso i magistrati di Palermo del consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio.
In particolare alcune tra queste intercettazioni hanno acceso il dibattito sui giornali in queste ultime settimane.
Come per esempio quella del 5 aprile quando D’Ambrosio dice a Mancino: «Il presidente condivide la sua preoccupa… cioè, diventa una cosa… inopportuna…».
E l’ex ministro replica: «Questi si dovrebbero muovere al più presto».
Commento del ns. direttore
Non facciamoci condizionare dalla presunta e probabile trattativa Stato-mafia che è all’origine della giusta e doverosa inchiesta dei magistrati palermitani. Se si trattasse di quella, è evidente che staremmo come sempre dalla parte di Paolo Borsellino che probabilmente ha pagato con la vita la sua opposizione a qualsiasi accordo con la mafia stragista di quegli anni cupi.
E sulla trattativa l’indagine deve andare avanti e arrivare a scoprire le complicità politiche.
Ma qua si tratta di altro: o cambi completamente l’art 90 della Costituzione e le prerogative del presidente della Repubblica o ha ragione Napolitano, non ci piove.
Quelle intercettazioni andavano subito distrutte “senza essere valutate, utilizzate e trascritte”.
Questo dice la legge attuale, giusta o sbagliata che sia.
C’è chi difende, in nome della legalità , i magistrati di Palermo.
Ma la legalità la rappresentano tutte le istituzioni, non solo la magistratura.
E anche quest’ultima può sbagliare in buona fede.
La legalità vera prevale quando si interpreta correttamente la norma vigente, non perchè Ingroia ci può essere più simpatico di Napolitano.
Semmai qualcuno piuttosto pensi a cambiare le norme in vigore, se ne vale la pena.
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Luglio 16th, 2012 Riccardo Fucile
DIVISI SU QUASI TUTTO, COME AI TEMPI DEL GOVERNO PRODI, UNA COALIZIONE CON VENTI PARTITI E PARTITINI
Quando il 10 febbraio 2005 una piccola ed eterogenea folla di leader sorridenti presentò alla stampa e agli italiani la nuova alleanza politica detta Unione, nessuno poteva immaginare che appena pochi mesi dopo quel patto elettorale avrebbe stravinto le amministrative (conquistando 12 regioni su 14) per poi imporsi d’un soffio anche nelle elezioni politiche dell’aprile 2006.
Fu una sorpresa.
Ma una sorpresa ancor più grande fu il naufragio cui andò incontro il governo di Romano Prodi, costretto alle dimissioni dopo appena due anni a causa dell’altissimo tasso di litigiosità di quella alleanza.
Quel patto elettorale e di governo risultò così fallimentare che il «non rifaremo l’Unione» è diventato, da allora, quasi un imperativo per i leader ed i partiti dell’attuale centrosinistra.
Le estenuanti polemiche del biennio 2006-08 e l’impegno a non «rifare l’Unione» sono inevitabilmente tornati in mente l’altro pomeriggio di fronte alla confusione, ai toni aspri ed alle spaccature che hanno segnato la fine dell’Assemblea nazionale del Pd, naufragata tra ordini del giorno presentati e non votati e pesanti scambi di accuse reciproche.
Ragione della inattesa bagarre, per altro, è stato proprio un tema – il riconoscimento e la tutela delle coppie gay – che fece da detonatore (assieme a una moltitudine di altre questioni: dalle missioni militari all’estero fino alla politica economica) alla devastante crisi del governo-Prodi.
Segnalare questo dèjà vu, forse non è inutile, visto che i partiti si preparano alla lunga volata che porterà alle elezioni, discutono delle alleanze possibili e cercano nuova credibilità di fronte a cittadini delusi come mai dalla politica.
E non è inutile, in particolare, segnarlo allo schieramento che – a torto o a ragione – proprio dal giorno dell’ingloriosa fine del governo-Prodi si porta dietro la contestazione (quando non l’accusa) di essere poco credibile come alleanza di governo.
Infatti, che molte questioni (a partire dal giudizio su Monti) dividano nettamente i possibili, futuri alleati di governo – diciamo da Vendola a Casini – è sotto gli occhi di tutti: mentre meno scontato era ipotizzare che perfino all’interno del Pd, maggior partito e perno della coalizione, su alcuni problemi si è quasi fermi a quattro anni fa…
Quello della disomogeneità delle posizioni rischia di diventare la vera palla al piede di quel patto tra progressisti e moderati al quale Pier Luigi Bersani lavora ormai da tempo.
Per altro, non è difficile immaginare che – secondo uno schema noto e consolidato – sarà anche su questo che Berlusconi insisterà per cercare di coronare il suo tentativo di rivincita: sono divisi su tutto – ripeterà all’infinito – da Monti ai gay, dalle tasse alle missioni all’estero, come volete che possano governare?
E’ un argomento insidioso: non foss’altro che perchè rivelatosi reale già in passato.
A maggior ragione, dunque, ha destato una gran sorpresa il finale-bagarre dell’ultima assemblea pd.
Possibile che si sia ancora più o meno fermi a quattro anni fa?
E come è pensabile colmare quel gap (vero o presunto) di credibilità mettendo in scena divisioni tanto aspre e così poco rassicuranti per i cittadini?
C’è ancora un po’ di tempo, naturalmente, per porre rimedio ad una situazione che rischia di esser oltremodo penalizzante in una campagna elettorale che si può fin da ora immaginare come la più aspra e difficile degli ultimi decenni.
Un po’ di tempo: non tantissimo.
Pena il ritorno del fantasma dell’Unione: un pericolo che gli stessi leader del centrosinistra considerano mortale…
Federico Geremicca
(da “La Stampa”)
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Luglio 16th, 2012 Riccardo Fucile
MA LA VERA CONQUISTA E’ POTERLO DIRE
Le donne più intelligenti degli uomini?
Se dovessimo ragionare in termini di “guerra tra i sessi”, lo studio sul QI realizzato da James Flynn darebbe ragione a chi, da tempo, si batte per il riconoscimento della superiorità femminile.
Le donne sono da sempre le migliori. Solo che per secoli non hanno avuto la possibilità di mostrarlo. Scienza docet.
Peccato che la scienza abbia spesso preteso l’esatto contrario.
E che ancora nel 2005, una ricerca della Manchester University mostrasse che il QI maschile fosse in media più alto di 5 punti di quello femminile.
Peccato soprattutto che, ancora oggi, si strumentalizzi la scienza per mostrare la presunta superiorità di un sesso sull’altro, invece di cercare di capire in che modo si possa eventualmente sviluppare l’intelligenza di un essere umano, poco importa se uomo o donna.
Perchè ormai sono tanti i ricercatori che lo riconoscono: l’intelligenza non è qualcosa di statico.
Il QI umano evolve, cresce o diminuisce a seconda degli stimoli dall’esterno o, per dirla in termini filosofici, a seconda del “riconoscimento” che ci viene dato fin dalla più tenera età .
Certo, anche per l’intelligenza, come per le caratteristiche fisiche, esiste una base genetica.
Ma è sempre e solo all’interno di un contesto socio-culturale che il QI aumenta o si atrofizza.
Come poteva una donna nel passato mostrare le proprie capacità , consolidarle e svilupparle quando non poteva far altro che accettare di essere un “angelo del focolare”?
Oggi, la condizione femminile è notevolmente cambiata.
E anche se resta ancora molto da fare, sono sempre più numerose le donne che occupano posizioni di rilievo e di responsabilità .
Esattamente come gli uomini.
Perchè allora affidarsi alla scienza per rivendicare una superiorità di cui, in fondo, non si ha alcun bisogno?
Quando usciremo dalla “guerra dei sessi” per cooperare tutti insieme, donne e uomini, alla costruzione di una “società decente”, come scrive il filosofo israeliano Margalit, in cui nessuno si senta umiliato?
Michela Marzano
(da “La Stampa”)
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Luglio 16th, 2012 Riccardo Fucile
E ORA IL CAVALIERE E’ COSTRETTO A INSEGUIRE LE NOVITA’ DELLA POLITICA.. SOLO IL 13% LO RITIENE UN PERSONAGGIO POSITIVO PER L’ITALIA…CERCHERA’ UNA SINTESI TRA MONTI E GRILLO, MA I PARTNER EUROPEI TEMONO LA SUA RICOMPARSA
Citazione ironica, perchè Berlusconi non se n’è mai andato.
Abbandonare così: non gli è possibile. Non solo perchè è “costretto” a difendersi.
Dai magistrati, i nemici di sempre. E di fronte alle minacce contro i suoi interessi media-televisivi.
Non se ne poteva andare così, soprattutto perchè non gli è possibile immaginare la politica italiana – oltre che il centrodestra – altrimenti. Senza di lui.
D’altronde, è difficile per tutti concepire l’ultimo scorcio della nostra storia. Senza di lui.
Basta scorrere i dati del sondaggio di Demos- Coop per “la Repubblica delle Idee”. Tra gli avvenimenti che hanno segnato positivamente l’Italia, negli ultimi trent’anni, il 55% degli intervistati indica “la fine del governo Berlusconi”.
Il 25% “la discesa in campo del Cavaliere”.
Secondo il 33% degli italiani, si tratta degli avvenimenti che – nel bene e nel male – hanno cambiato maggiormente la storia del Paese.
In particolare, la (prima) discesa in campo. Berlusconi ha contribuito a scrivere la biografia della Nazione degli ultimi trent’anni, più di Tangentopoli, dell’immigrazione, della Padania.
In misura minore, solamente, della crisi economica e dell’Euro. Certo, si tratta di opinioni espresse “oggi”.
E, com’è noto, il presente orienta il nostro sguardo sul passato.
Tuttavia nell’autobiografia collettiva del Paese Berlusconi occupa uno spazio importante. Basti considerare le classifiche dei personaggi che hanno cambiato l’Italia negli ultimi trent’anni. Realizzate in base alle opinioni espresse dagli italiani liberamente, senza liste di nomi preconfezionate.
Nel bene come nel male, al primo posto c’è lui.
Con misure ben diverse, certo.
Il 13% degli intervistati indica Berlusconi come uno dei due personaggi che hanno caratterizzato positivamente la nostra storia recente. (Un punto in più rispetto al Presidente Napolitano).
Mentre sono molto più numerosi quanti lo considerano l’uomo che ha cambiato “in peggio” il Paese. Oltre una persona su due. Per la precisione: il 54%.
Mentre Monti, Prodi, Di Pietro, Bossi, perfino Craxi – unico sopravvissuto della Prima Repubblica, nella memoria – sono al di sotto del 10%.
Berlusconi. Al tempo stesso, il più amato e il più odiato. Della Seconda Repubblica. Al punto da dilatarla nel tempo. Oltre la caduta del muro di Berlino. D’altronde, Berlusconi l’ha rimpiazzato con un nuovo muro. Il muro di Arcore. Tenendo vivo l’Anticomunismo senza il Comunismo.
Oggi Berlusconi conta di risorgere di nuovo. Come dopo la sconfitta del 1996. Come nel 2006, quando tutti lo davano per finito, per primi i suoi alleati. E lui trasformò una sconfitta sicura in un quasi-pareggio.
Cioè, viste le previsioni, in un grande successo.
Conquistato, di larga misura, due anni dopo.
Come nelle precedenti resurrezioni, Berlusconi sottolinea la svolta cambiando il nome.
Da Forza Italia alla Casa delle Libertà . E ancora, al Popolo delle Libertà . Domani si vedrà . Non Forza Italia. Significherebbe un “ritorno alle origini”. Mentre Berlusconi intende annunciare un “ritorno al futuro”.
E poi, FI decreterebbe la fine senza appello di AN. Potrebbe sollevare ulteriori risentimenti, nel centrodestra.
Berlusconi sceglierà un nome nuovo, che evochi il “suo” passato ma anche il cambiamento. Utilizzerà , come sempre, le tecniche del marketing – sondaggi, ricerche di mercato – per testare il marchio più efficiente. Lo slogan più efficace.
Ma alla fine deciderà lui. Come sempre. Anche per quel che riguarda la squadra. Sceglierà persone fedeli e “significative”. Che “significhino” la nuova svolta. La fine del Cavaliere Gaudente.
Per questo la Minetti se ne deve andare. Subito.
Per spezzare l’anello di congiunzione con le Olgettine, i Bunga Bunga, Ruby, Noemi, le Feste di Arcore e Villa Certosa. Una stagione finita.
Berlusconi cercherà di scrivere una nuova “Storia Italiana”.
Coerente con il sentimento del tempo. Sospeso fra paure economiche e insofferenza politica. Nonostante sia un’impresa impensabile, anche per lui, assumere un profilo misurato.
Da “peccatore pentito”. Berlusconi: cercherà la sintesi del Grillo-Montismo.
Tendenze di successo di questa fase. La domanda di competenza e di democrazia diretta. Il Tecnico e il Blogger Predicatore.
Berlusconi proverà a mixarli, a intercettarne il segno. (Una novità che altri soggetti, e non lui, annuncino le novità . E che lui sia costretto a inseguire.)
Una missione complicata. Conquistare la credibilità dei mercati, il rispetto dei leader internazionali. Per primi, quelli europei.
Che ne temono il ritorno più di molti italiani. E ancora, andare oltre la sua professionalità . Oggi retrò.
Perchè lui è il leader della democrazia mediale. Non digitale. Lui: sa controllare la televisione. La Rete è estranea alla sua cultura.
Perchè perfino a Grillo risulta difficile governarla verticalmente. Personalizzarla. E poi è troppo diretta.
Ve lo immaginate il Cavaliere comunicare in Rete e dunque “senza rete” con chiunque? Senza “mediazioni”? Ci proverà , Berlusconi, a risorgere di nuovo.
Intanto, ha esibito un sondaggio. Come nel 2006, quando si affidò all’agenzia americana PSB. Serve a dire che è ancora competitivo. E tanto più gli altri lo inseguiranno, con altri sondaggi di segno opposto, tanto più la profezia demoscopica rischia di avverarsi.
Perchè la stessa “smentita” del dato con altri dati appare una conferma (lo osservato Nando Pagnoncelli). E poi Berlusconi conta sui tradizionali alleati.
La memoria corta degli italiani. La loro indulgenza. (Chi è senza peccato…) La vocazione del centrosinistra a farsi del male. (Ci sta provando il PD, proprio in questi giorni.)
Dopo il 1996 e il 2006, d’altronde, non sono stati i leader e gli uomini del centrosinistra a metter fuori gioco Prodi?
Berlusconi ritorna perchè non ha e non può avere eredi. Senza di lui questo centrodestra rischia la dissoluzione. Spolpato da altri soggetti. Più o meno nuovi. Comunque ostili al Cavaliere. Liste ispirate da Monti e da Montezemolo. Perfino da Grillo.
Berlusconi ritorna per auto- difesa. Ma soprattutto perchè non riesce a uscire di scena. Perchè la scena, senza di lui, gli pare impossibile. Perchè immagina il futuro come il passato. Berlusconi, insomma, è prigioniero del proprio passato. Che però è passato.
Il berlusconismo è una storia chiusa, su cui la crisi degli ultimi anni ha posto la parola fine.
Le dimissioni della Minetti, le strategie di marketing creativo, la nostalgia diffusa in molti ambienti, perfino nel centrosinistra: non basteranno a riaprirla.
Ilvo Diamanti
(da “La Repubblica“)
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Luglio 16th, 2012 Riccardo Fucile
GLI SVILUPPI DELLE INDAGINI SULLA FONDAZIONE MAUGERI CHE AVEVANO PORTATO IN CARCERE ANCHE DACCO’, IL FACCENDIERE DELLE VACANZE PAGATE A FORMIGONI
Sono in corso da parte della Polizia giudiziaria della Procura di Milano sequestri di beni immobili e quote di società italiane ed estere per oltre 60 milioni di euro nell’ambito dell’inchiesta sul caso Maugeri.
I beni sono stati sequestrati alle cinque persone arrestate lo scorso aprile: fra loro c’è anche Pierangelo Daccò, il faccendiere vicino a Comunione e liberazione che avrebbe pagato le vacanze del governatore lombardo Roberto Formigoni. Il quale si è limitato a commentare la vicenda con un “non ne so nulla, ho letto solo la notizia”.
Fra i beni figurano anche ville, hotel, quote di alcune società italiane ed estere e Amerika, il lussuoso fuoribordo Ferretti Navetta 33 appartenente alla flotta messa a disposizione da Daccò al governatore Formigoni per le sue vacanze.
L’imbarcazione è attualmente ormeggiata nel porto di Ancona. Nel mirino degli inquirenti anche un migliaiobottiglie di vini pregiati per un valore di acquisto superiore ai 300mila euro, che lo stesso Daccò aveva depositato presso la cantina del noto ristorante milanese Sadler (estraneo comunque alla vicenda).
I provvedimenti sono stati disposti dal gip Vincenzo Tutinelli, il quale ha accolto la richiesta dei pm Luigi Orsi, Laura Pedio, Gaetano Ruta e Antonio Pastore.
Il gip ha sequestrato al faccendiere anche un immobile in via Melchiorre Gioia, quattro a Sant’Angelo Lodigiano, uno a Bonassola, quattro terreni a Bonassola, una villa a Schina Manna (in Sardegna) e 11 conti correnti.
A Umberto Maugeri, l’ex presidente del cda della Fondazione Maugeri dimessosi dopo l’ordine di custodia cautelare agli arresti domiciliari, sono stati invece sequestrati 14 conti correnti, una casa in via Bainsizza 2 a Milano, una villa a Venezia e una Mitsubishi, oltre ad altri 4 appartamenti a lui riconducibili tramite la Modrone società semplice.
Sigilli anche alle quote di capitale di Maugeri nella società .
L’inchiesta ipotizza l’esistenza di un’associazione per delinquere transnazionale finalizzata a reati tra cui il riciclaggio e reimpiego di denaro di provenienza illecita, l’appropriazione indebita pluriaggravata ai danni della Fondazione Maugeri, la frode fiscale, l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
In particolare le indagini hanno permesso di scoprire oltre 70 milioni di euro di fondi neri all’estero accumulati in alcuni anni.
Ricostruiti anche flussi finanziari illecitamente sottratti alla Fondazione Maugeri e transitati nella rete di conti correnti e società estere costituiti anche in Paesi off-shore.
Da qui la decisione del sequestro preventivo “del profitto dei reati contestati anche ‘per equivalente’ laddove non sia possibile reperire le somme direttamente pertinenti il reato”.
All’ex assessore regionale lombardo dc Antonio Simone, arrestato nell’inchiesta sulla Fondazione Maugeri, viene contestato un riciclaggio da oltre dieci milioni di euro e un milione 300mila dollari. Simone, si legge nel decreto, “trasferiva denaro (proveniente dai reati di appropriazione indebita ai danni della Maugeri) per un importo di circa dieci milioni e un milione 300mila dollari”.
E “compiva in relazione a esso – si legge sempre nel decreto – altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della sua provenienza delittuosa, facendo transitare tali somme su conti correnti riferibili a lui personalmente o a sue società in forza di falsi contratti di consulenza, così da disperderne le tracce”.
A Simone sono stati sequestrati due conti correnti, quote societarie per 20mila euro e un’abitazione a Schinna Manna (Olbia).
Emilio Randacio
(da “La Repubblica”)
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Luglio 16th, 2012 Riccardo Fucile
I DATI DEL BOLLETTINO STATISTICO DI VIA NAZIONALE: IL DEBITO SI ATTESTA A 1.996,3 MILIARDI
Nuovo record per il debito italiano. Secondo il Supplemento Finanza pubblica di bankitalia, il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di 17,1 miliardi rispetto al mese precedente, raggiungendo un nuovo massimo storico pari a 1.966,3 miliardi di euro.
Con il debito aumentano anche le entrate tributarie grazie, tra l’altro, alle tasse sulla benzina.
IL DEBITO
Nel complesso nei primi 5 mesi il fabbisogno complessivo (53,1 miliardi) è stato superiore di 5 miliardi rispetto a quello registrato nel corrispondente periodo del 2011 (48,2 miliardi) – spiega ancora la Banca d’Italia -.
Vi hanno influito principalmente gli esborsi in favore degli altri paesi dell’area dell’euro (pari, nel periodo di riferimento, a circa 16,4 miliardi, a fronte dei 4,7 nel 2011); in senso opposto hanno invece operato le misure relative alla tesoreria unica, che hanno comportato il riversamento da parte degli enti decentrati presso la tesoreria centrale di 9 miliardi, precedentemente detenuti presso il sistema bancario. Escludendo questi due fattori, l’aumento del fabbisogno rispetto al corrispondente periodo del 2011 è di circa 2,3 miliardi. In altre parole, via Nazionale spiega che l’incremento è «attribuibile principalmente all’aumento delle disponibilità liquide detenute dal Tesoro (di 8,3 miliardi, a 35,8), al fabbisogno (6,2 miliardi), a scarti di emissione (2,3 miliardi) dovuti all’emissione di titoli sotto la pari, alle variazioni del cambio (0,2 miliardi)».
Pesano anche le garanzie italiane sulle emissioni dell’European financial stability facility (Efsf), che hanno aumentato debito e fabbisogno di circa 1,8 miliardi.
LE TASSE
Le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono aumentate a maggio di 1,4 miliardi (+4,6%) rispetto allo stesso mese del 2011.
Lo rileva la Banca d’italia nel Supplemento sulla finanza pubblica.
Nei primi cinque mesi le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono aumentate dell`1,1% (1,6 miliardi) rispetto al corrispondente periodo del 2011, «trainate dalla crescita dei proventi delle accise sulle risorse energetiche».
(da “Il Corriere della Sera“)
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Luglio 16th, 2012 Riccardo Fucile
STADERINI E MAGI VOGLIONO REGOLAMENTARLA ATTRAVERSO ORARI E LUOGHI INDICATI, PER COMBATTERE IL MERCATO CRIMINALE
«Di fronte al fallimento delle manie proibizioniste di sindaci sceriffi come Alemanno, è ora di legalizzare e regolamentare l’esercizio della prostituzione».
È la proposta choc avanzata ieri dal segretario dei Radicali italiani, Mario Staderini, e dal numero uno del partito a Roma, Riccardo Magi.
«Non c’è da stupirsi – continuano i due esponenti politici – se chi ha ridotto un fenomeno sociale a questione di decoro urbano si riveli nei fatti indifferente alle condizioni di vita di migliaia di “sex workers”.
Azioni coraggiose come quella dei cittadini dell’Eur e della consigliera Matilde Spadaro hanno il merito di imporre un dibattito che gli sceriffi e certi intellettuali rifiutano da sempre.
Come a Milano e Caserta, dove i Radicali hanno presentato delibere popolari per la regolamentazione della prostituzione: meglio disciplinare orari e luoghi piuttosto che farceli imporre dal mercato nero e criminale», concludono Staderini e Magi.
In Italia ci aveva pensato la legge Merlin, la n. 75 del 20 febbraio 1958, chiamata così perchè la prima firmataria fu la senatrice socialista Lina Merlin, a stabilire la chiusura delle case di tolleranza, ad abolire la regolamentazione della prostituzione e ad introdurre una serie di reati per contrastare lo sfruttamento delle donne.
Ed ora i Radicali ripensano alle «case chiuse».
(da “La Stampa”)
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Luglio 16th, 2012 Riccardo Fucile
SCOPPIA LA PROTESTA DEI MILITANTI SU SOCIAL NETWORK E BLOG: “I NOSTALGICI CRAXIANI HANNO GETTATO LA MASCHERA”… SE NE SONO ACCORTI SOLO ORA
Per ora si va avanti così, da separati in casa. Ma quella casa, se dovesse tornare a chiamarsi Forza Italia, a tanti starebbe stretta.
L’intervista di Berlusconi alla Bild ha spiazzato il popolo degli ex An.
E mentre i big temporeggiano, i militanti sfogano l’amarezza su blog e social network. «Silvio ci ha fregati», «è un tradimento», «meglio dividerci».
Chiedono un segnale di discontinuità agli ex colonnelli e guardano a Storace. Qualcuno cita il “nemico” Fini: «Siamo alle comiche finali».
Puntuale arriverà la smentita del Cavaliere.
Ma in rete la parola più usata dagli ex aennini è «scissione».
Stracquadanio ha abbandonato la nave.
Tra quelli rimasti, la prima a esporsi contro l’ultima svolta di Berlusconi è stata Giorgia Meloni. Dalle pagine del suo blog si è scagliata contro «gli apologeti del ritorno al passato, che in queste ore propongono la ricostituzione di Forza Italia, che in tutta la sua storia quel partito ha ottenuto al massimo il 21% dei consensi degli italiani, a fronte del 38% raggiunto nel 2008 dal Pdl».
Sulla pagina Facebook della ex leader dei giovani Pdl i messaggi di sostegno sono tanti: «Mi piacciono questi post coraggiosi che vanno controcorrente… Ma altri ex Msi e An dove sono finiti? Tutti dietro il Gran Capo/ò», chiede Alessandro.
Domenico guarda al futuro: «ll coraggio deve essere quello di aprie il dialogo a destra e chiudere definitivamente con Berlusconi e il suo portavoce Alfano, soprattutto, dopo i trattamenti riservati agli ex An, e non per ultimo, le prese in giro che sino ad oggi abbiamo assistito. Rifondare la destra è possibile».
Sugli ex azzurri il giudizio è definitivo: «Dobbiamo sciogliere il legame con questa corte di servi e padroni». «Finalmente gli ex socialisti nostalgici craxiani hanno buttato la maschera», tuona Alessandro.
Su Twitter c’è chi posta vecchie foto con i manifesti di An. Le battute si sprecano: «Torna Forza Italia, gli ex An verso il Psg».
I militanti spiazzati incalzano e i leader sono costretti a rompere il silenzio.
«Un partito non cambia il nome con un annuncio a un giornale tedesco», interviene La Russa.
Matteoli però dice no a un eventuale strappo: «Ai miei amici ex An dico che non sono disponibile a dare vita ad altri partiti».
Massimo Corsaro, ex aennino oggi vicecapogruppo del Pdl a Montecitorio si scaglia contro il nuovo “cerchio magico” del Cavaliere: «Il problema sono i cortigiani del Pdl. Gente che non ha mai avuto idee per andare oltre Berlusconi. Persone che non sono mai diventate così adulte da pensare di sopravvivere al loro leader».
«A questo punto si dovrà discutere di qual è la soluzione migliore». «Un ritorno al passato non è digeribile, Silvio deve accettare le primarie», incalza Alemanno.
Su Facebook Roberto consiglia al sindaco di prendere le distanze da Berlusconi: «Riavvicinati a Fini e Casini».
Ma i più invitano a guardare a destra.
Proprio lì, dove adesso c’è chi assapora la vendetta: «Il ritorno di Forza Italia è l’ultima pala di terra sulla tomba di An», scrivono i militanti sulla bacheca Facebook di Francesco Storace (un altro esperto in salti della quaglia).
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Luglio 16th, 2012 Riccardo Fucile
SUL WEB LE VOCI DI CHI DIFENDE LA MINETTI… EMILIO FEDE: “UNA CACCIA STUPIDA”
E adesso cambia di tutto.
I dribbling ai processi, il balzo dalla poltrona da igienista a quella di consigliere regionale, le chiamate intercettate.
Le ironie dopo la telefonata di Berlusconi a Gad Lerner. «Una persona, intelligente, preparata, seria». E giù a ridere, a darsi di gomito.
Basta l’ultimatum di Alfano per trasformare Nicole nel capro espiatorio. Una pioggia di messaggi sul web, dai forum dei quotidiani online a twitter.
Per dire che sì, la Minetti ha sbagliato, ma pagare per tutti proprio no.
Spuntano anche gli hashtag #nicoleresisti e #iostoconlaminetti.
La pagina del segretario del Pdl sul social network è invasa dai commenti.
«Tutti a chiedere le dimissioni della Minetti, compreso @angealfa. Una curiosità : quando Silvio la candidò perchè stavano zitti?».
Sofia Ventura allarga il campo. Non solo il partito. «Nicole Minetti deve dimettersi. E un gruppo parlamentare che sostenne che per B. Ruby era la nipote di Mubarak?».
La linea è quella. Perchè adesso? Perchè lei?
«Le viene imposto di lasciare il seggio regionale per un ghiribizzo dell’Angelino. Resista» scrive sul forum della Stampa.it Celestino.
«Lo squalo morde il pesce, e il pesce si vendica sul gamberetto. Alfano che ringhia contro la Minetti racconta la catena alimentare del Pdl» twitta Alessandro Robecchi, ex di Cuore, un presente da battitore libero tra la Rai e il manifesto.
Sceglie twitter anche Emilio Fede, uno che i meccanismi di Arcore li conosce bene: «Nella stupida caccia alla Minetti tutti vogliono la taglia..rispetto per un essere umano..Berlusconi non ama le vendette».
Silvio Viale dei radicali, uno che con le polemiche ci va a nozze, non si lascia scappare l’occasione. «Tifo Nicole, si dimetta Formigoni».
Il social network è un fiume in piena: «E dell’Utri, e Cosentino?».
Guido Crosetto, deputato Pdl ed ex sottosegretario, cita Manzoni: «Vergin di servo encomio, non me la sento oggi di speculare con codardo oltraggio. Minetti non è un tema politico e non la si può usare».
Poi in un altro tweet spiega: «Gli errori si fanno, si ammettono e si cercano di correggere. Ma lei non è causa di alcun problema, solo di imbarazzo».
«Sembra esser diventata il capro espiatorio: punire lei per pulire tutto il resto. Nicole Minetti è indifendibile, ma prima di chiedere le sue dimissioni, Alfano ci spieghi perchè, ci spieghi chi decise di metterla nel listino bloccato e di conseguenza chieda le dimissioni di chi commise questo errore che ha sporcato le Istituzioni, la politica e anche il fu Pdl commentano vari siti di area Fli.
Giuseppe Bottero
(da “La Stampa“)
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