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LA LEGA DIFENDE FORMIGONI INDAGATO PER CORRUZIONE E MARONI SI NASCONDE NEL GARAGE

Luglio 27th, 2012 Riccardo Fucile

IL CARROCCIO SCHIERA LE TRUPPE A DIFESA DI UN INQUISITO, I PADAGNI SONO PROPRIO CADUTI IN BASSO… MARONI MANDA SALVINI A METTERCI LA FACCIA, LUI STA NASCOSTO NEL PARCHEGGIO SOTTERRANEO.: UN VERO LEADER CON LE PALLE

“Siamo in perfetta sintonia”, dichiara oggi Roberto Formigoni dopo l’incontro con i vertici della Lega Nord.
Ma all’uscita il segretario federale Roberto Maroni non c’è.
L’auto blu lo ha raggiunto e prelevato nel parcheggio seminterrato, lontano dai flash.
“Ha dovuto scappare”, lo giustifica il governatore.
Che però si guarda bene dall’affrontare la stampa da solo.
Se l’asse lombardo tra Lega e Pdl resiste all’indagine per corruzione che ha travolto Formigoni, a lui conviene esibirla.
E allora, in mancanza di Maroni, ecco che il Celeste invita il suo vice, il leghista Andrea Gibelli e il segretario della Lega Lombarda Matteo Salvini ad affrettare il passo per accompagnarlo di fronte alle telecamere.
“Se dovessero rinviarlo a giudizio allora ne riparleremo”, promette Matteo Salvini, invitato a commentare le parole di Maroni, che ieri in Emilia Romagna ha sostenuto l’opportunità  di un passo indietro in caso di rinvio a giudizio di un presidente di regione.
Spalla a spalla col Celeste, Salvini parla da avvocato: “Se il metro di valutazione deve essere il processo”, continua, “allora in casa di Errani e di Vendola dovrebbero andare al voto domani”.
Insomma, per ora Formigoni può continuare a esibire l’appoggio della Lega, ma lo stesso Salvini annuncia altri incontri ad agosto e un “check-up completo” che il Carroccio chiede entro la fine dell’anno.
E gli sviluppi dell’indagini della Procura di Milano potrebbero richiedere ulteriori verifiche.
Nel frattempo, il Celeste si mostra sereno.
“Sono tranquillissimo”, continua a ripetere, e quasi non si accorge del lapsus: “Garantire le milioni… ehm, le migliori”, si corregge, “condizioni nei servizi ai cittadini” .

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CIALTRONI PADANI: IL SENATORE LEGHISTA SI AUTOPROROGA LA PRESIDENZA DELL’AEREO CLUB ITALIA, INSORGE RAISI (FLI)

Luglio 27th, 2012 Riccardo Fucile

SMASCHERATO IL NUOVO CORSO DI MARONI DEGLI ACCHIAPPA POLTRONE… IL SEN. LEONI PREPARA UN EMENDAMENTO PER PROCRASTINARE IL SUO RUOLO DI COMMISSARIO PER UN ALTRO ANNO, DUE COLLEGHI LEGHISTI LO PRESENTANO E LO FANNO APPROVARE IN COMMISSIONE

Un emendamento presentato al Senato per prorogare una carica, proposto dal diretto interessato e che viene approvato da una commissione parlamentare.
Incredibile ma vero.
Accade nel corso del dibattito sulla spending review, all’interno della quale non rientrano soltanto macroquestioni, ma anche interessi più circoscritti. Giuseppe Leoni, oggi senatore e primo deputato della Lega Nord, ha infatti presentato un emendamento approvato dalla commissione Bilancio del Senato che procrastina fino ad un anno il suo incarico di commissario straordinario dell’Aero Club d’Italia.
E così, tra i grandi ragionamenti sui posti letto negli ospedali, tra le trattative sui soldi per la ricerca, sulle novità  in materia di Irpef e tasse universitarie, arriva nella spending anche una vicenda molto personale.
L’emendamento presentato dai colleghi del Carroccio Gianvittore Vaccari e Massimo Garavaglia passa alla Commissione Bilancio del Senato ma, in ogni caso, lo stesso Leoni ne presenta uno identico per l’Aula, mettendo la sua firma sotto la proposta che lo riguarda personalmente.
Tra i primi a protestare c’è Enzo Raisi di Futuro e Libertà , che sulla questione ha già  avuto in passato scontri con il senatore della Lega, a colpi di denunce e querele: “Apprendo la notizia che il senatore Leoni, in barba a tutte le interrogazioni parlamentari, con un emendamento alla spending review si è fatto prorogare per un altro anno alla carica di Commissario straordinario dell’Aero Club d’Italia”.
Raisi ha concluso: “Chiederemo alla Camera e al Governo di porre rimedio a questo scandalo che va oltre ogni buon senso”.

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PENSIERO UNICO SOTTO ACCUSA, SFIDARLO FA BENE

Luglio 27th, 2012 Riccardo Fucile

LA POLEMICA NEOKEYNESIANA SULLE RICETTE ANTICRISI “LIBERISTE”

Il «pensiero unico» torna sul banco degli imputati.
L’espressione coniata più di un lustro fa dal direttore di Le Monde diplomatique, Ignacio Ramonet, per dare incisività  alle ragioni dei movimenti no global, è di nuovo l’argomento polemico degli intellettuali antiliberisti.
Sta accadendo in questi giorni in Italia con un appello sottoscritto da un gruppo di economisti, giuristi e sociologi (Giorgio Lunghini, Guido Rossi, Luciano Gallino e altri) che denunciano «un furto d’informazione».
Sostengono che il pensiero unico avrebbe non solo spianato ai suoi adepti l’accesso alle più importanti cariche ma anche occupato i media.
«Le dottrine neoliberali hanno goduto di un monopolio sui cervelli che non ha precedenti storici» ha dichiarato Gallino.
E sul Manifesto l’economista Guido Viale ha indicato in Monti e Draghi gli esponenti di punta di «questa cultura da contabili» che ha «impregnato di sè i vertici di imprese, istituzioni finanziarie, governi, partiti e mondo accademico». §
Non fa parte del perimetro della stessa iniziativa ma il revamping di Mario Tronti ed Alberto Asor Rosa tornati ad essere gli intellettuali di punta del Pd segnala comunque il rafforzamento di una tendenza antimercatista anche dentro il principale partito del centrosinistra.
Del resto i liberisti al potere, hard o soft che sia, dovevano in qualche modo attendersi il risorgere di una contestazione, se non altro perchè gli effetti positivi delle scelte rigoriste da loro propugnate stentano a vedersi.
Ma siamo davvero davanti a un pensiero unico o la galassia liberale presenta al suo interno scuole, identità  e ricerche assai differenti tra loro?
Definire Monti neoliberista non è forse una semplificazione?
Da professore e da commissario Ue non ha mai amato lady Thatcher e nemmeno Tony Blair e il workshop di Cernobbio che lo vede da anni come regista non è stata mai una palestra di turbocapitalismo.
È vero invece che nel fronte liberale esiste una componente con una matrice culturale americana che guarda con maggiore distacco emotivo all’evoluzione dell’europeismo. Sono gli Zingales, i Giavazzi, gli Alesina, i Bisin, i Boldrin, i Perotti, i Tabellini, molto presenti sui quotidiani italiani anche in virtù della loro verve.
Nelle argomentazioni la parola «tasse» è ricorrente, quasi tutti vedono nel taglio delle imposte la vera leva dello sviluppo e quindi concepiscono le politiche di rigore, anche le più dure, come un pre-requisito per poter abbassare la pressione fiscale.
La componente neoliberale che si è formata più in Europa oscilla tra l’economia sociale di mercato e il pensiero di Bruxelles e ha in mente un’agenda delle priorità  differente dagli «americani».
Nel loro credo l’azione dei governi si carica di una valenza pedagogica e anticipatrice e le liberalizzazioni dei mercati sono viste come azioni che servono a combattere innanzitutto le rendite. Insomma l’universo liberale è plurale e non a caso in questi mesi il dibattito tra le varie anime, in più di qualche caso, è stato aspro.
E poi una dimostrazione di come sia difficile irreggimentare la cultura liberale viene dal ricordo della figura di Tommaso Padoa-Schioppa.
Fu lui a introdurre in Italia la cultura della spending review ma ebbe anche modo di definire le tasse come «una cosa bellissima».
Se dal punto di vista accademico la pretesa di disegnare un unico pensiero presenta qualche difficoltà , il tallone d’Achille dei neoliberisti sta caso mai nella scarsa efficacia delle politiche adottate per far fronte alla travolgente crisi dei debiti sovrani. I critici trovano consenso laddove dipingono i loro avversari alla continua e spasmodica ricerca di nuove misure che appaiano sufficientemente draconiane da tenere buoni i mercati.
Un’altra accusa portata ai liberisti è quella di non riuscir a tener presente nei loro schemi come a fronte di una finanza pienamente globalizzata la raccolta del consenso politico rimanga nazionale e di conseguenza la signora Merkel non sia propensa a barattare una concessione ai partner europei con il rischio di perdere le elezioni anche solo in un Land. Aver concesso ai mercati la patente di giudici imparziali non giova ai liberisti perchè quando Moody’s taglia in maniera sconsiderata il rating all’Italia, come è accaduto nei giorni scorsi, anche dal fronte lib si protesta e si invoca il legittimo sospetto.
Ma torniamo al «furto di informazione» denunciato da Gallino e Rossi.
Qualcuno ha fatto dell’ironia perchè si tratta di due editorialisti di punta della Repubblica e del Sole 24 Ore ma la verità  è che l’appello, quantunque parta da posizioni minoritarie, è destinato a vivacizzare il dibattito intellettuale sulla crisi.
Una società  aperta, come quella a cui ambiscono i liberali genuini, non dovrebbe aver problemi ad accettare la sfida perchè nel contraddittorio ci si migliora.
L’unico rischio sta nell’eterno ritorno del derby Keynes vs von Hayek perchè per superare la crisi più che consultare i sacri testi varrà  attingere a un sano pragmatismo. Deng Xiao Ping, l’uomo che ha convertito al mercato il maggior numero di persone al mondo, soleva dire che di un gatto non conta il colore bensì che sappia far bene il loro lavoro di acchiappatopi.

Dario di Vico
(da “il Corriere della Sera“)

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DI PIETRO CERCA DI USCIRE DALL’ANGOLO IPOTIZZANDO UN’INTESA TRA “NON ALLINEATI”, MA VENDOLA LO GELA E GRILLO NON GLI RISPONDE NEPPURE

Luglio 27th, 2012 Riccardo Fucile

VENDOLA: “LAVORO PER UNA SINISTRA DI GOVERNO NON POPULISTA”… GRILLO TACE E NELL’IDV SONO TANTI ORMAI A PRENDERE LE DISTANZE DALLA DERIVA DIPIETRISTA

Un video pulp trash con Monti, Bersani, Alfano e Casini ritratti come zombie con i volti i sanguinati.
Colpiti per di più dal lancio di oggetti da parte di alcuni cittadini terrorizzati.
E lui, Tonino, che tuona col piglio degli anni ruggenti di Mani Pulite quando terrorizzava davvero il Palazzo: «In questo Parlamento esistono solo morti viventi che hanno paura di andare a votare perchè saranno mandati a casa a calci nel sedere dagli elettori».
Se c’era qualche dubbio, dentro e fuori l’Idv, sulle reali intenzioni del Tonino nazionale dopo la campagna di attacchi al Quirinale che ha lacerato gli ultimi fili di dialogo col Pd, ci ha pensato ieri lo stesso Di Pietro a dissolverlo.
Col video sui morti viventi pubblicato sul sito Idv e con la proposta che ha lanciato, dopo un colloquio alla Camera con Nichi Vendola: un «asse dei non allineati» per le prossime politiche con dentro anche Sel e il movimento di Grillo.
«Vogliono fare una legge elettorale per ghettizzarci, fanno bene a temerci, perchè saremo noi il futuro partito di maggioranza», spiega il leader Idv.
«E sappiano pure che troveremo sempre il modo per sfuggire alle loro furbizie».
E Vendola? «Ci sentiamo più volte al giorno», sorride Di Pietro. «Dopo aver visto Nichi alla Camera, ci siamo risentiti pochi minuti fa per telefono».
E tuttavia il leader di Sel non ha alcun interesse alla proposta di Di Pietro.
Anzi, parlando con alcuni amici ha raccontato il suo stupore per l’uscita di Tonino: «Da quello che ci siamo detti mi sembrava che volesse riaprire il dialogo col Pd…». Di certo, Di Pietro non ha fatto parola con Vendola del progetto di un’alleanza con Grillo, che comunque viene rispedita al mittente: «La sinistra che ho in mente ha due nemici: il liberismo e il populismo che semina veleni», spiega il governatore pugliese. «Una strategia non s’improvvisa, e comunque la mia linea resta chiara: voglio costruire un’alternativa di governo di centrosinistra, abbiamo davanti una grande responsabilità  nazionale: ridare speranza alle giovani generazioni e fare dell’Italia uno dei protagonisti della ricostruzione di un’Europa sociale».
Niente cartelli con Grillo, dunque.
Vendola insiste per costruire «un centrosinistra largo, forte e credibile», interessato al dialogo con altri movimenti, come quello delle donne e il mondo ambientalista. L’unico sì arriva dal leader Prc Paolo Ferrero: «Un’ottima idea, serve una coalizione alternativa di chi si oppone al montismo».
L’uscita del leader nell’Idv viene accolta freddamente.
«Non la definirei neppure una proposta, piuttosto una provocazione», spiega Massimo Donadi, il capogruppo alla Camera che ha aperto il fronte interno dei dissidenti con un’intervista a l’Unità  alcuni giorni fa.
«Se fosse stata una proposta politica seria ne avremmo prima dovuto discutere nel partito, visto che non si tratta di una decisione di poco conto».
E aggiunge: «A me pare una giusta provocazione rivolta a Pd, Pdl e Udc, che stanno trattando sulla legge elettorale come se fosse “cosa loro”. Ma le regole sono di tutti». Quanto al video con i leader insanguinati, Donadi alza le spalle: «Certo, sono cose che non aiutano…», sospira.
Neppure nel dibattito interno, dove in tanti, a partire da lui e dal senatore Lannutti che ha lasciato il partito, avevano chiesto di abbassare i toni e di lavorare per ricucire col Pd su una prospettiva di centrosinistra.
Una richiesta finita nel cestino, a quanto pare. «L’horror non è il mio genere», manda a dire Donadi dopo aver visto il video.
Dal Movimento 5 stelle nessuna risposta.
Grillo non degna Tonino di una parola, i suoi uomini spiegano che «Beppe lo ha già  detto mille volte, noi andiamo da soli».
Insomma, la genuflessione dell’ex pm che ormai copia spudoratamente toni e argomenti del comico genovese non sembra dare frutti.
La notizia dell’approdo grillino di Di Pietro era dall’aria da giorni.
Si parla con insistenza anche di un’ipotesi di scioglimento dell’Idv per confluire in un listone da apparentare con i grillini. Ipotesi per ora smentita dal leader Idv e dal fedelissimo senatore Belisario.
Ma è chiaro che, sondaggi alla mano, i rapporti di forza sono decisamente a favore dei 5 stelle, dunque Di Pietro e i suoi possono solo bussare alla porta per ottenere di salire sulla scialuppa genovese, non certo dettare condizioni.
Si parla dell’appuntamento di Vasto a settembre (dove lo scorso anno era stata scattata la famosa foto con Bersani e Vendola) per l’annuncio ufficiale della svolta grillina. Ma prima di allora i dissidenti, nonostante le lettere di smentite attivate ai giornali sull’esistenza di una «fronda», faranno sentire la loro voce.
«Un chiarimento ci vuole», spiega Pancho Pardi. «Vasto non può ratificare scelte già  fatte», aggiunge Donadi.
Il senatore Nello Formisano, capo dell’Idv in Campania, dice a chiare lettere che «per me la coalizione è con il Pd, non certo con Grillo. La foto di Vasto va addirittura allargata ai moderati».
I frondisti arriveranno a una scissione? Presto per dirlo.
Intanto, dopo aver visto il video horror, il Pd chiude definitivamente ogni porta: «Un lessico disgustoso», tuona il vice capogruppo Michele Ventura.
«Fa bene Di Pietro ad aggrapparsi all’asse con Grillo perchè con noi non ha da tempo più nulla da spartire»

Andrea Carugati

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TUTTI IN CODA PER I BEAGLE SALVATI DA GREEN HILL: IN 3.000 PER L’AFFIDAMENTO

Luglio 27th, 2012 Riccardo Fucile

DOPO IL SEQUESTRO ARRIVANO A BRESCIA I PRIMI NUCLEI DI PERSONE CHE HANNO RICHIESTO LA CUSTODIA DEI CANI

Circa 150 persone sono in attesa da questa mattina davanti al cancello del Corpo Forestale di Brescia: è il primo gruppo di affidatari che prenderanno in consegna i beagle dell’allevamento Green Hill, messo sotto sequestro una settimana fa dalla magistratura.
Il gruppo arrivato questa mattina a Brescia rappresenta solo una piccola parte delle circa 3mila famiglie che hanno chiesto di avere in custodia uno dei cani che altrimenti avrebbe preso la strada dei laboratori di vivisezione.
CLIMA DI FESTA
Le operazioni di consegna sono gestite da Legambiente e Lav, le due associazioni che hanno ottenuto prima lo stop all’attività  di Green Hill e poi l’affidamento dei cani. L’atmosfera all’esterno del Corpo Forestale è festosa: per gli animalisti infatti questo è il vero giorno della vittoria, poichè coincide con la liberazione fisica dei beagle.
Va sottolineato, tuttavia, che i cani vengono concessi solo in affido: se infatti in seguito a un ricorso — che si annuncia imminente — Green Hill ottenesse l’annullamento del sequestro, gli esemplari dovrebbero essere riconsegnati al contestato allevamento.
Anche per questa ragione i primi 150 cani verranno affidati a persone residenti nel Nord Italia.
SEI BEAGLE A ROMA
A titolo simbolico solo 6 esemplari saranno portati nel pomeriggio a Roma, per testimoniare il fatto che le richieste di “adozione” sono piovute da tutta Italia.
I sei beagle verranno presi in consegna da Paola Cirinnà , rappresentante del Pd di Roma e portati nella capitale su un treno “Italo”.
Circa 200 animali sono stati chiesti invece dall’ex ministro del turismo Michela Vittoria Brambilla, presente questa mattina a Brescia.
Le operazioni di consegna proseguiranno anche domani e domenica. In prima fila per ricevere i cuccioli “liberati” ci sono sostenitori della Lav e di Legambiente.
DA BELLUNO
Tra i primi in fila da questa mattina (sarà  anche tra i primissimi a prendere in consegna il cane) c’è Maria Lovat, arrivata da Belluno con la figlia: “Siamo da sempre animalisti — dice la donna- e abbiamo partecipato ai presidi di protesta contro Green Hill. Appena saputo della possibilità  di adottare uno degli esemplari abbiamo inviato la richiesta via internet e in mezz’ora abbiamo ricevuto l’ok. Abbiamo una casa con un giardino, il beagle andrà  a unirsi a un altro cane, tre oche e due tartarughe”.

Claudio Del Frate
(da “il Corriere della Sera“)

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MAFIA IN LOMBARDIA: IN DUE ANNI BEN 150 IMPRESE CACCIATE DAI CANTIERI DELLE GRANDI OPERE

Luglio 27th, 2012 Riccardo Fucile

LE INTERDITTIVE EMESSE DALLE PREFETTURE SONO BASATE SUL LAVORO DELLA DIA DI MILANO… SPESSO E’ DIFFICILE INDIVIDUARE I COLLEGAMENTI CON LE COSCHE PER L’UTILIZZO DI PRESTANOME

Nel grande cantiere pubblico, il boss calabrese risulta con un impiego da operaio semplice, eppure dalla mattina alla sera decide tutto e per tutti: a partire dalle aziende che possono lavorare.
Capita in Lombardia, la regione d’elezione della ‘ndrangheta che punta a infiltrarsi nelle grandi opere.
Il particolare emerge dall’attività  degli investigatori della Dia di Milano: gente tosta e preparata che agli ordini del colonnello Alfonso Di Vito, in poco più di due anni di controlli nei cantieri lombardi, ha macinato una montagna di atti.
Risultato: le prefetture hanno emesso 148 interdittive antimafia.
Tradotto: 148 imprese sono state escluse dalle grandi opere pubbliche lombarde per motivi legati alla criminalità  organizzata.
Il dato, in testa alla classifica nazionale, da un lato testimonia il grande lavoro degli investigatori, ma dall’altro fotografa un fenomeno allarmante e che i magistrati, ormai da tempo, definiscono una vera colonizzazione della Lombardia da parte delle cosche calabresi.
Colonizzazione tutt’ora in corsa con buona pace dei maxiblitz del 2010.
Numeri e controlli dunque.
Un lavoro titanico solo a mettere in fila le cifre: su un totale nazionale di 123 grandi opere, in Lombardia se ne contano ben 35, esattamente il 30%.
Di più: tra il 2008 e il 2011 gli appalti pubblici hanno toccato il tetto di 16 miliardi di euro.
Senza contare la torta   Expo 2015 che mette sul tavolo un budget di 1,4 miliardi e un previsione di investimenti di 2,5 miliardi.
Negli ultimi tre anni, poi, l’antimafia lombarda ha monitorato 4.500 imprese e ben 20mila persone.
Ogni mese circa la Dia opera almeno due controlli distribuiti nelle undici province.
E per ogni accesso gli investigatori devono controllare dalle 300 alle 600 imprese. Queste le cifre che ruotano attorno a una grande opera.
Tra le varie in corso ci sono i cantieri della Tav nella zona di Trevigliato in provincia di Brescia.
Obiettivo del blitz odierno: “Verificare le norme e gli accordi finalizzati a scongiurare possibili infiltrazioni mafiose”. Semplice controllo, viene definito nel comunicato stampa, che ha, però, portato alla raccolta di molti documenti definiti interessanti.
Tante carte e moltissime visure camerali per cercare legami e collegamenti con i clan. Da qui si parte per ricostruire la storia di un’impresa.
E se il titolare o il socio, nel passato, è incappato anche solo in un’ordinanza per 416 bis, tanto basta per stilare quella che viene definita una interdittiva tipica. Il documento vale un’espulsione diretta.
Diverso il caso in cui il titolare della impresa risulta contiguo alla criminalità  organizzata o comunque avvicinabile.
L’interdittiva, emessa dal prefetto, viene chiamata atipica e conta come un’ammonizione che, quasi sempre, vale comunque la cacciata da parte dei titolari dell’appalto.
In tutto questo di semplice c’è ben poco.
E la crisi economica increspa ulteriormente le acque, facilitando l’infiltrazione delle imprese mafiose nel tessuto legale.
I padrini in doppio petto dalla loro hanno, infatti, la possibilità  di utilizzare lavoratori in nero e di disporre di canali alternativi per racimolare capitali.
Ma sono veramente tantissimi i canali per superare i controlli. La revisione dei camion della terra è uno di questi.
La via preferenziale la si trova in Calabria. Dopodichè il mezzo torna a solcare le strade lombarde a tal punto logorato che un autista di Sondrio, mesi fa, è stato fermato dalla polizia stradale perchè guidava indossando una maschera antigas.
Storie, dunque.
Tra le varie le tante imprese di movimento terra che dopo essere state pizzicate a intrattenere rapporti più o meno diretti con la ‘ndrangheta, sono risultate tutte intestate a donne.
O anche meglio: in molti casi i titolari sono giovanissimi. Figli o nipoti messi lì a far da schermo.
Tutto vale per confondere e sviare. Anche simulare divorzi per affidare l’impresa alla moglie.
Insomma se la mafia attacca, lo Stato, almeno in Lombardia, risponde.
Un lavoro decisivo che serve a scongiurare l’infiltrazione, ma non solo.
Alla base di questi controlli c’è l’obiettivo di monitorare che le grandi opere pubbliche vengano costruite in maniera adeguata e soprattutto con materiali non scadenti.
Come stava avvenendo per il raddoppio della linea ferroviara Milano-Mortara.
In quel caso le cosche di Platì volevano fare i riempimenti accanto alle rotaie con i mattoni traforati.
Fortunatamente un’intercettazione svelò il piano della ‘ndrangheta.

Davide Milosa
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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IMMIGRATI: IL “RAVVEDIMENTO” E’ LEGGE: EMERGERANNO 400.000 INVISIBILI

Luglio 27th, 2012 Riccardo Fucile

LA SANATORIA APPROVATA IL 6 LUGLIO CON LA LEGGE ROSARNO INTRODUCE PENE PIU’ SEVERE PER CHI IMPIEGA STRANIERI IRREGOLARI… PERMESSO DI SOGGIORNO ALL’IMMIGRATO CHE DENUNCIA LO SFRUTTAMENTO

“Nelle stime della Caritas potrebbe portare alla luce del sole dai 200 ai 400mila immigrati invisibili.
È la regolarizzazione 2012, il “ravvedimento operoso” per chi dà  lavoro a immigrati senza documenti.
Il testo è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale.
La finestra è di un mese: si parte il 15 settembre.
La legge “Rosarno”.
La sanatoria è contenuta in una norma transitoria approvata il 6 luglio scorso con la “legge Rosarno”: il decreto legislativo che introduce pene più severe per chi impiega stranieri irregolari e un permesso di soggiorno per l’immigrato che denuncia uno sfruttamento grave.
La norma transitoria prevede, appunto, il “ravvedimento operoso”: i datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze extracomunitari irregolari, potranno dichiarare la sussistenza del rapporto di lavoro allo Sportello unico per l’immigrazione. Insomma, potranno regolarizzarli.
Quando? Per motivi tecnici la finestra è stata spostata in avanti di 15 giorni: dal 15 di settembre al 15 ottobre.
La regolarizzazione di settembre.
Ecco cosa dice la disposizione transitoria: “I datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in   possesso della carta di soggiorno che, alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo occupano irregolarmente alle proprie dipendenze da almeno tre mesi lavoratori stranieri presenti nel territorio nazionale in modo ininterrotto almeno dalla data     del 31 dicembre 2011, o precedentemente, possono dichiarare la sussistenza del rapporto   di lavoro allo sportello unico per l’immigrazione. La dichiarazione è presentata dal 15 settembre al 15 ottobre 2012 con le modalità  stabilite con   decreto di natura non regolamentare”.
Non solo.
“In   ogni   caso, la presenza sul territorio nazionale dal 31 dicembre 2011 deve essere attestata da documentazione proveniente da organismi pubblici”. Il testo completo dell’articolo 5 è pubblicato in Gazzetta ufficiale.

Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica“)

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RITORNA RENZO BOSSI: “NON VIVO DI POLITICA, ADESSO LAVORO COME AGRICOLTORE” (DOVE NON SI SA)

Luglio 27th, 2012 Riccardo Fucile

“IL TROTA” RICOMPARE A LAZZATE PER I FUNERALI DEL SEN. MONTI.. IN PRIMA FILA ALLA CERIMONIA UMBERTO E MARONI FANNO FINTA DI VOLERSI BENE

“Non ho bisogno di vivere con la politica, la politica si fa anche nei bar, ora faccio l’agricoltore”.
Parole che Renzo Bossi ha pronunciato conversando con i giornalisti al termine del funerale del senatore leghista Cesarino Monti.
L’ex consigliere regionale lombardo, che non partecipava a incontri pubblici dalle sue dimissioni in seguito allo scandalo sui rimborsi elettorali del Carroccio, è arrivato a Lazzate in compagnia del fratello minore Sirio Eridanio.
“Sono venuto qui per Cesarino”, ha spiegato Bossi junior. “Era un amico, un combattente, mi ha sempre trattato come un figlio”.
Ai funerali ha partecipato lo stato maggiore della Lega Nord.
Al primo banco della chiesa di San Lorenzo martire erano seduti, l’uno vicino all’altro, il segretario Roberto Maroni e il presidente Umberto Bossi.
In chiesa anche Roberto Calderoli, Roberto Cota, Federico Bricolo, Matteo Salvini.
E’ stato un addio commosso, quello che Lazzate ha tributato al suo sindaco.
La chiesa era già  gremita almeno mezz’ora prima dell’inizio della cerimonia e non è riuscita a contenere le centinaia i cittadini che si sono accalcati all’esterno e sul sagrato.
Al termine della cerimonia funebre Umberto Bossi e Roberto Maroni si sono scambiati auna stretta di mano e pacche sulle spalle, prima di partire ciascuno con la propria auto.
Fra i due non è mancata anche qualche battuta.
A Bossi, che non si ricordava il nome di una militante che si era avvicinata a salutarlo, Maroni ha detto scherzando: “Stai perdendo colpi”.
Al termine della cerimonia religiosa la bara del senatore è stata portata sulla piazza a fianco alla chies,   dove i figli e alcuni amici del sindaco scomparso si sono trattenuti per ricordare Monti.
Prima della partenza per il cimitero la bara è stata quindi salutata dalla banda che ha intonato il Va’ pensiero di Giuseppe Verdi.

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LA FAMIGLIA BORSELLINO SI SCHIERA CON SCARPINATO: “SDEGNO PER LA PRATICA CSM”

Luglio 27th, 2012 Riccardo Fucile

LA VEDOVA DI PAOLO: “CONDIVIDO OGNI PAROLA DELLA LETTERA EMOZIONANTE CON LA QUALE ROBERTO SI E’ RIVOLTO A PAOLO”… I FRATELLI: “HA RIEMPITO DI EMOZIONE I CUORI DELLE MIGLIAIA DI PERSONE GIUNTE DA OGNI PARTE D’ITALIA”

La famiglia Borsellino si schiera con Roberto Scarpinato, del quale “condivide ogni parola della lettera emozionante” per Paolo, ed esprime “sdegno per la richiesta” di apertura di un procedimento disciplinare del Csm, su sollecitazione del membro laico Nicolò Zanon (Pdl), per il procuratore generale di Caltanissetta.
E’ una presa di posizione netta quella che i familiari del giudice ucciso dalla mafia nella strage di via D’Amelio prendono contro il Consiglio superiore della magistratura che ha già  assegnato la pratica per valutare il comportamento del pg di Caltanissetta che durante la cerimonia per il ventennale in un “lettera a Paolo Borsellino” aveva, tra l’altro, detto: “Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità , anche personaggi la cui condotta di vita sembra la negazione dei valori di giustizia e legalità  per i quali tu ti sei fatto uccidere”.
“Condivido — dice Agnese Piraino Leto vedova di Borsellino — ogni parola della lettera emozionante con la quale Roberto Scarpinato si è rivolto a Paolo. Non avrei mai immaginato che alcuni stralci di quella lettera inducessero un membro laico del Csm a chiedere l’apertura di un procedimento a carico del procuratore generale di Caltanissetta e fossero ritenute così gravi da giustificarne la richiesta di trasferimento per incompatibilità  ambientale e funzionale. Se vi è oggi un magistrato ‘compatibile’ con le funzioni attualmente svolte quello è il dottor Scarpinato, che non dimenticherò mai essere stato uno degli otto sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che all’indomani della morte del ‘loro’ procuratore aggiunto Paolo Borsellino rassegnò le dimissioni, poi fortunatamente rientrate, dopo avere avuto il coraggio e la forza di denunciare le divergenze e le spaccature di quella Procura di Palermo che avevano di fatto isolato ed esposto più di quanto già  non lo fosse mio marito”.
Rita e Salvatore Borsellino, fratelli di Paolo, condividono l’intervento di Agnese Piraino Leto e aggiungono: “Esprimiamo a nostra volta il nostro sdegno per questa improvvida iniziativa di un membro del Csm a carico del procuratore Scarpinato, tanto più — sottolineano — grave perchè prende a pretesto proprio quella lettera a Paolo che, letta in via d’Amelio il 19 luglio pochi minuti prima dell’ora della strage, ha riempito di emozione i cuori delle migliaia di persone giunte da ogni parte d’Italia a Palermo — chiosano Rita e Salvatore Borsellino — per onorare la memoria del magistrato Paolo Borsellino e dei cinque poliziotti che hanno perso la vita al suo fianco”.
E con Scarpinato si schiera anche l’Anm, l’associazione nazionale dei magistrati sottolineando che il magistrato ha espresso il “suo libero pensiero”.
‘L’Anm si dice “sorpresa e preoccupazione” perchè “quel discorso, pronunciato in un contesto commemorativo fortemente emotivo — si legge nella nota — non può che essere inteso come manifestazione di libero pensiero, quale giusto richiamo, senza riferimenti specifici, nel ricordo delle idee e delle stesse parole di Paolo Borsellino, alla coerenza dei comportamenti e al rifiuto di ogni compromesso, soprattutto da parte di chi ricopre cariche istituzionali”.
La pratica, che pende presso la Prima commissione del Csm, è stata aperta dal Comitato di presidenza su richiesta del laico del Pdl, Niccolò Zanon.
L’organo direttivo del Csm ha anche inviato copia dell’intervento di Scarpinato al procuratore generale della Cassazione, Gianfranco Ciani, titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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