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INGROIA: “LE LISTE PULITE? IN SICILIA SONO UN FALLIMENTO”

Ottobre 4th, 2012 Riccardo Fucile

“LA CLASSE DIRIGENTE E’ RESPONSABILE DELLA MAFIA NELLE ISTITUZIONI”… “LA POLITICA HA PREFERITO CHIUDERE GLI OCCHI ED ENTRARE IN CONTATTO CON I SISTEMI CRIMINALI E CON LE COSCHE”

Scarso impegno della politica per assicurare che le liste non includano candidati e condannati e la necessità  di una spinta da parte dei giovani “per il ricambio della classe dirigente. Di una classe dirigente responsabile della presenza della mafia nelle istituzioni”.
Perchè finora “la politica ha preferito chiudere gli occhi e entrare in contatto con i sistemi criminali, con le cricche e con le cosche”.
Il Procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia intervenendo al Festival della Legalità  del capoluogo siciliano organizzato da LiveSicilia, ha parlato dei legami tra politica e criminalità  e organizzata, specie nella regione dell’ex governatore Lombardo, e della decisione della Cassazione di trasferire alla Procura di Milano, per competenza territoriale, il procedimento a carico del senatore del Pdl Marcello Dell’Utri per l’ipotesi di estorsione ai danni di Silvio Berlusconi.
Liste pulite
“Non tocca a me fare valutazioni specifiche — ha detto — ma la mia sensazione è che non si sono fatti molti passi avanti per la composizione delle ‘liste pulite’ nelle candidature per le regionali del 28 ottobre“, ha specificato in riferimento alle elezioni regionali in Sicilia.
“Speriamo che il Parlamento nazionale possa recuperare lì dove la politica siciliana ha fallito — ha aggiunto Ingroia — con l’approvazione del ddl anticorruzione“.
In caso contrario, “i siciliani rischiano altrimenti di allontanarsi sempre di più dalla politica”.
Per Ingroia, convinto che “la politica di questi tempi non è affidabile”, c’è bisogno “che dalla parte migliore della Sicilia venga una spinta forte dal basso per rinnovare questa classe dirigente. Una classe dirigente responsabile che non ripeta gli stessi errori della vecchia che ha finito per chiudere gli occhi e turarsi il naso entrando in relazione con mafia e cricche criminali”.
Trattativa Stato — mafia
Ingroia è tornato anche a parlare dei rapporti tra Stato e mafia. Un tema sul quale “il Paese si sta risvegliando” e di cui” la verità  storico-politica si prepara a essere consegnata agli italiani”, anche se c’è una parte dell’Italia “che questa verità  sulla trattativa non la voleva vent’anni fa e non la vuole nemmeno oggi, e non può che avere paura”.
Ingroia nota però che sta maturando a riguardo una coscienza sempre più forte, una coscienza civile che va stimolata” e “anche le polemiche -ha aggiunto- possono essere costruttive se non mirano ad alzare solo polveroni”.
Attacchi alla procura di Palermo
Ingroia è in partenza per il Guatemala per un incarico all’Onu. Una missione che ha accettato “anche per la necessità  di fare una piccola parentesi. Certo non vado in vacanza — specifica -, avrò una vita ancora più blindata, ma mi farà  sentire meglio cambiare aria. Mi servirà  per tornare ritemprato, meno stanco”.
Ma assicura: “Non farò mancare però la mia voce e la mia presenza in Italia”.
Il procuratore aggiunto infatti ha dichiarato: “In questi ultimi tempi sono stato oggetto di fortissime polemiche che in realtà  avevano come obiettivo il mio ufficio di   Palermo. Quando io non ci sarò più, chi attacca strumentalmente le indagini dovrà  gettare la maschera e mollare al presa. Finiranno così finalmente gli attacchi ingiustificati contro i magistrati di Palermo”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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TROVATO IL TESORO DI CIANCIMINO: ERA NELLA DISCARICA PIU’ GRANDE D’EUROPA

Ottobre 4th, 2012 Riccardo Fucile

DECINE DI MILIONI DI EURO OCCULTATI NELLA “ECOREC” CHE GESTISCE IL TRATTAMENTO RIFIUTI A GLINA IN ROMANIA… TRA GLI INDAGATI L’IMPRENDITORE TRONCI, UN   TEMPO LEGATO AL PARTITO COMUNISTA

Il tesoro di don Vito Ciancimino è nascosto in una società  rumena che gestisce la discarica più grande d’Europa.
Nove indagati, prestanome e imprenditori, tra cui Massimo Ciancimino sono accusati di occultare decine di milioni di euro riciclati da Cosa Nostra nella società  rumena Ecorec, che gestisce la discarica di Glina, la più grande d’Europa e che il figlio di don Vito starebbe tentando di vendere per sottrarre allo Stato il tesoro di suo padre.
I nove, tra cui l’imprenditore Romano Tronci, un tempo legato al Partito comunista, vecchio amico e coimpuntato di don Vito, sono tutti indagati per concorso in riciclaggio.
Su ordine del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone i carabinieri del nucleo tutela ambientale di Roma coordinati dal colonnello Sergio De Caprio, meglio noto come “Ultimo”, e dal capitano Pietro Rajola Pescarini, stanno perquisendo per ora l’abitazione di Massimo Ciancimino, in via Torrearsa a Palermo, a caccia di documenti e altri indizi utili alle indagini avviate dai pm Delia Cardia e Antonietta Picardi.
La vendita della società  rumena, acquistata con i fondi della vendita del Gruppo Gas, avviata e “apparentemente accantonata” nel 2011, sarebbe adesso, secondo le indagini, prossima alla conclusione.
La procura è intervenuta quando le transazioni tra i vari soggetti, monitorate attraverso costanti intercettazioni telefoniche e ambientali e pedinamenti, stavano per essere concluse.
La perquisizione in corso è allargata anche ai veicoli in uso a Massimo Ciancimino ed eventualmente alle persone che dovrebbero trovarsi per l’occasione in sua compagnia.

Giuseppe Lo Bianco e Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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PDL DIVISO, CAVALIERE SCOCCIATO: NULLA DI FATTO A PALAZZO GRAZIOLI, BOCCIATA ANCHE LA BOZZA CALDEROLI

Ottobre 4th, 2012 Riccardo Fucile

NELLA RUNIONE DI STANOTTE EMERGONO TROPPE DIVISIONI E BERLUSCONI CONGELA TUTTE LE QUESTIONI, COMPRESO L’ADDIO DEGLI EX AN… IN LAZIO FORSE LE PRIMARIE

Un vertice a Palazzo Grazioli che si risolve con un nulla di fatto, mentre il partito moltiplica le divisioni interne.
Silvio Berlusconi ieri sera ha convocato un incontro con i colonnelli del centrodestra nella sua residenza romana mentre imperversa lo scandalo Fiorito.
Secondo Repubblica, ha annunciato di volere lanciare il suo nuovo partito “già  nelle prossime settimane” specificando di non volere più accettare ricatti dai suoi.
Ma dall’incontro non è scaturita nessuna linea sulle prossime politiche anche se, pare, in Lazio si faranno le primarie.
Bocciata anche la bozza Calderoli sulla legge elettorale, sulla quale Berlusconi avrebbe manifestato le sue perplessità .
Nessuna decisione sarebbe stata poi presa in merito alla ‘questione’ Lazio dopo lo scandalo che ha investito il partito.
Alfano avrebbe illustrato la riunione avuta oggi con i big locali del Pdl a via dell’Umiltà  ma nessuna decisione definitiva sarebbe stata adottata al summit a via del Plebiscito.
Lo stallo sulla legge elettorale, che è alla base del grande caos dentro il partito, di conseguenza congela anche le questioni che riguardano più direttamente il partito ed in particolare l’ipotesi che la componente degli ex An possa dire addio al progetto del Pdl.
Anche se per ora non avrebbero nè l’intenzione nè la determinazione per lasciare il partito di centrodestra.
Fino a quando le carte non saranno chiare — è il ragionamento che ha sempre fatto anche Berlusconi — nessuna decisione può essere presa. Questioni che rimangono in sospeso e che si accompagnano a un calo dei consensi, che secondo i sondaggi, sfiorerebbero il 18%.
Ma i nodi da risolvere per il fondatore del Pdl non si esauriscono solo sul piano politico.
Secondo quanto scrive il Corriere della Sera, il Cavaliere sarebbe preoccupato da ciò che lo attende a breve, tra cui il processo Ruby, e nel suo progetto di partito vorrebbe riunire “i moderati”.
Ma si rende anche disponibile a un eventuale ticket con Angelino Alfano per raccogliere più voti in vista della prossima tornata elettorale.
Di certo, l’assetto del Pdl di oggi non è quello voluto da Berlusconi.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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DACCO’ E QUEL GIRO DI AFFARI CON IL PIRELLONE

Ottobre 4th, 2012 Riccardo Fucile

IL DOPPIO FILO CON LA MAUGERI: COSI’ LA CODANNA DEL FACCENDIERE SVELA IL SISTEMA FORMIGONI

Di lui, all’inizio dello scandalo, il presidente Formigoni diceva: «Mi pare faccia il consulente nel settore della Sanità ».
Poi emersero cinque lussuosi capodanni insieme. Yacht con equipaggio messi a disposizione. Cene senza limiti, eventi, feste.
Da ieri sull’ex semisconosciuto Pierangelo Daccò sono piovuti 10 anni di carcere.
Cinquantasei anni, residenza in Svizzera ma dalla metà  del novembre 2011 detenuto a Opera, assiduo della Regione, del “capo casa” di Formigoni Alberto Perego, dello stesso presidente che ha beneficiato per vari milioni di euro, Daccò è stato dunque condannato per concorso esterno in bancarotta.
Quella dell’ospedale San Raffaele. Una condanna pesantissima.
Ma occorre dire subito che gli indizi contro Daccò, nell’altra indagine, quella sulla Fondazione Maugeri, in attesa di rinvio a giudizio, sono ancor più copiosi e pesanti: «Noi possiamo fare anche a meno delle sue confessioni, parli o no per le indagini cambia poco», è la frase che trapela al quarto piano del palazzo di giustizia milanese, dove i detective sono certi di aver aperto nel «sistema Daccò» vaste e perenni crepe.
Un retroscena è basilare.
Il suicidio del numero due del San Raffaele, il brillante Mario Cal, aveva sconvolto il bergamasco Danilo Donati, il security manager dell’ospedale. Donati è stato poi arrestato.
Ma aveva incontrato a lungo i magistrati del pool milanese come testimone.
Il primo interrogatorio, cominciato alle 9.30 del mattino, era finito alle 3 di notte.
E altri ne aveva resi. Donati, occupandosi di sicurezza, e quindi anche di proteggere gli incontri, sapeva molto dei contanti che Daccò riceveva da Mario Cal (in cambio delle sue raccomandazioni dentro la Regione per i rimborsi).
È una miniera d’informazioni, è lui a svelare che un costruttore, abituale fornitore del San Raffaele, proprio in quel periodo, aveva dovuto vendere la sua casa di riposo, della Fondazione Ombretta, intestata alla figlia morta, alla Fondazione Maugeri. Come intermediario immobiliare chi c’era?
Il socio di Daccò, Antonio Simone, ciellino, ex assessore alla sanità  ai tempi di Tangentopoli, uscito malvolentieri dalla politica attiva per gestirla da sullo sfondo. Solo per quella vendita, Simone incassa una commissione di 5 milioni di euro, finiti all’estero.
Ecco profilarsi il «sistema Daccò».
Uguale per il san Raffaele e per la Maugeri. I pubblici ministeri seguono passo passo le tracce dei soldi pubblici che la Regione versa alla Fondazione Maugeri, eccoli che vengono «ritagliati» da Daccò, il quale intasca percentuali elevatissime.
Prima del 25 per cento sui rimborsi regionali, poi del 12,5, e gira ogni volta la quota che spetta al socio Simone.
La Regione ha assicurato di non avere nulla a che fare con questi maneggi, ma il primario pneumologo che coordina tutti i direttori sanitari della Fondazione Maugeri, il dottor Antonio Spanevello, sottoscrive cinque mesi fa un verbale che smentisce ogni versione minimalista: «Un giorno – ricorda il primario – mi sono incontrato casualmente con Passerino (il direttore generale, ndr), quando il presidente Formigoni era stato appena rieletto alle ultime elezioni regionali. Passerino mi disse di incominciare a pensare a dei progetti innovativi da presentare alla Regione al fine di ottenere nuovi finanziamenti. Egli mi fece chiaramente intendere che il “momento era propizio”».
Vengono quindi inventati tre progetti «in ambito riabilitativo (malattie rare, dolore cronico e trapianto)» e si apre una corsia speciale.
Spanevello incontra infatti a Roma il direttore generale del ministero della Sanità  Massimo Casciello, che gli dà  i suggerimenti giusti per aggirare ogni barriera: «… Ho di sicuro riscontrato nei miei incontri in Regione Lombardia che sia Lucchina (Carlo, direttore generale sanità  regionale), che Alessandra Massei (funzionario regionale, legata a Daccò, ndr), avevano già  ricevuto i progetti essendone a conoscenza (…) Ricordo che Passerino mi chiamò nel suo ufficio e mi fece vedere una bozza di lettera (…) Mi si chiede se sia corretto… «.
Corretto?
«Effettivamente – ammette Spanevello – la procedura è stata anomala, anzi devo dire che è illegale (…) Ne parlai più volte al presidente Umberto Maugeri, evidenziando le stranezze della procedura adottata (…) Gli ho detto “per favore queste cose fatele fare a Passerino”».
I magistrati, nell’invito a comparire a Formigoni, puntavano il dito sul «sistematico asservimento della discrezionalità  ammini-strativa » della Regione ai bisogni dei faccendieri.
Come negarlo? A che titolo Daccò ha munto 80 milioni di denaro pubblico? È sparito in conti esteri, in parte prelevato in contanti: da dare a chi?
È la domanda per ora senza risposta.

Piero Colaprico
(da “La Repubblica“)

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DOPO UN ANNO IL PD SCOPRE IL CASO PENATI

Ottobre 4th, 2012 Riccardo Fucile

GLI UOMINI DI PENATI NEL PARTITO: DA MATTEO MAURI, OGGI NELLA SEGRETERIA DI BERSANI, A VIMERCATI

Roberto Formigoni ha un nuovo insospettabile alleato: il Pd. Il Partito democratico, impossibilitato ad assolversi sul caso Penati, “è costretto all’imbarazzo”.
I consiglieri lombardi si dicono “in difficoltà : fin quando Filippo non se ne va dalla Regione noi come facciamo anche solo a chiedere le dimissioni di Formigoni?”.
Non a caso l’ex segretario politico di Pier Luigi Bersani insiste nel chiedere il rito immediato: “Prima comincia il processo e prima posso dimostrare la mia estraneità  ai fatti”, confidava ancora ieri Penati alla buvette del Pirellone.
Ha fretta, l’ex sindaco di Sesto San Giovanni, perchè sa che dall’interno del partito le pressioni per farlo dimettere dal consiglio lombardo aumentano sui suoi uomini.
A cominciare da Matteo Mauri, il giovane che ha portato (e lasciato) nella segreteria politica di Bersani a Roma, e dal fratello di Giordano Vimercati (a processo con Penati), il senatore Luigi Vimercati, a cui nel 2008 l’allora presidente della Provincia meneghina, lasciò il seggio a Palazzo Madama che avrebbe dovuto occupare lui in cambio di una garanzia: la possibilità  di realizzare il sogno, poi dovuto accantonare, di diventare sindaco di Milano.
Penati, del resto, è sempre stato l’uomo forte del centrosinistra al Nord, quello che in città  ha preso più voti anche di Formigoni e che si conquistò il soprannome di “leghista di sinistra” perchè capace di parlare lo stesso linguaggio del Carroccio (su sicurezza e campi nomadi in particolare) e contrastare l’avanzata del movimento di Bossi nel capoluogo lombardo.
Per anni ha avuto autonomia gestionale anche del partito.
Segretario regionale è Maurizio Martina, giovane bergamasco folgorato sulla via veltroniana e affidato alle cure penatiane.
Per riconoscenza, quando l’ex sindaco di Sesto ha dovuto lasciare la vicepresidenza della Regione e mandare a casa i proprio collaboratori, il Pd regionali ne ha assunto uno per garantirgli uno stipendio.
“Noi non lasciamo a casa nessuno”, disse Martina.
Quel “nessuno” però è la segretaria e assistente storica di Penati. Assunta al Pd. P
oi Penati, cacciato dal partito, si è iscritto al gruppo Misto e le cose si sono sistemate: da capogruppo, essendo l’unico iscritto, ha un tesoretto di 244.506,89 euro.
Lui garantisce: “Ho speso solo 300 euro”.
Ha poi i rimborsi spese chilometrici, quelli magicamente apparsi in alternativa alle auto blu per tutti i consiglieri, un budget di 24 mila euro per il funzionamento del gruppo (quindi se stesso) e altri 25 mila per la comunicazione, dove ha ovviamente inserito una persona di sua fiducia da molti anni.
Ma dal Pd le pressioni si fanno sempre più forti.
I possibili futuri alleati Sel e Idv hanno già  chiesto le dimissioni di Penati, così come l’Udc. “Quel Penati regolarmente seduto al suo scranno nonostante la richiesta di rinvio a giudizio mi fa dire che è arrivato il momento di un profondo esame di coscienza anche all’interno del centro-sinistra”, ha detto ieri Gabriele Sola del partito di Antonio Di Pietro.
Lui però sembra non preoccuparsene. “Io sono da tanto tempo in politica per non sapere che di fronte a vicende come queste si innesca una fase di polemica politica fra i partiti e dentro i partiti”, ha detto ieri. “Però c’è una questione di sostanza: tutta questa polemica non può coprire il fatto che c’è urgenza di sapere se la accuse sono vere”.
Difesa debole, aggravata dalla provocatoria solidarietà  di Formigoni. “Il centrodestra è garantista, fino a quando la magistratura giudicante non si esprime vale la presunzione di innocenza”.
Il Celeste difende Penati.
E se stesso.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LA PASSIONE PER LE AUTO BLU DEL NUMERO DUE DI RENZI, MATTEO RICHETTI

Ottobre 4th, 2012 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLL’EMILIA SI E’ FATTO PAGARE UNA SERIE DI SPOSTAMENTI NONOSTANTE GODESSE GIA’ DEL RIMBORSO A FORFAIT DI 1.233 EURO NETTI AL MESE…UN VIAGGIO AL QUIRINALE DA 1.000 EURO

Aveva vinto il premio “Forbici d’oro”.
Aveva giurato: “Non uso auto blu, invito i colleghi consiglieri a fare altrettanto”.
Ma poi ecco ricevute per botte da mille euro al giorno per il noleggio di un’auto con l’autista. Forse l’auto non era proprio blu, qualche spiegazione però dovrà  darla.
Parliamo di Matteo Richetti, presidente del consiglio regionale dell’Emilia Romagna (Pd) e numero due di Matteo Renzi nella sua avventura di rottamatore.
Dopo le spese dei gruppi consiliari, dopo le interviste a pagamento, le ricevute dei ristoranti e i rimborsi chilometrici, ecco un altro filone di inchiesta seguito dalla Procura di Bologna: le auto blu.
Un fascicolo avviato anche su stimolo di Giovanni Favia e Andrea Defranceschi, consiglieri del Movimento 5 Stelle che hanno acquisito le carte della Regione e le hanno consegnate alla Guardia di Finanza:
“La Procura ci ha sollecitato a consegnare il materiale di cui fossimo in possesso e che ritenevamo di interesse per le indagini”, dicono i consiglieri del Movimento 5 stelle .
“Siamo Pubblici Ufficiali, ed è nostro dovere collaborare con gli inquirenti, per tanto abbiamo fornito la documentazione relativa all’utilizzo di tutte le auto blu durante la legislatura.”
Richetti non è indagato, va detto subito.
Ma forse qualche spiegazione, almeno politica, vorrà  darla. Lui che si è sempre fatto un vanto di aver rinunciato alle auto di servizio.
Lui, che come gli altri suoi colleghi, fuori busta paga, ma senza obbligo di presentare ricevute, percepisce un forfait di 1233 euro e 90 centesimi, perchè eletto a Bologna, ma residente a Modena.
In teoria, grazie a quei soldi, Richetti doveva raggiungere la sede di lavoro con mezzi autonomi ed eventualmente, quando la missione era giustificata (anche se lui essendo il presidente era il controllore di se stesso), spostarsi da Bologna e non da Modena come abitualmente faceva.
Proprio questo vogliono chiarire gli investigatori: il rimborso delle spese per raggiungere la Regione è già  pagato, al netto delle spese Richetti e altri consiglieri ricevono 14.806 euro all’anno.
Se Richetti usa l’auto a noleggio per rientrare a casa sua, a Modena, la spesa raddoppia.
E le ricevute delle quali il Fatto quotidiano è in possesso richiedono chiarimenti.
Richetti parrebbe essere andato dalla Regione a casa sua quando aveva necessità  di andare in missione.
Se è legittimo lo stabiliranno i magistrati, ma chissà  che cosa ne diranno gli organizzatori del premio “Forbici d’oro”.
Il viaggio al Quirinale da mille euro.
Nell’anno 2010, mentre invitava tutti a non usare l’auto, Richetti si reca anche a Roma, al Quirinale: spesa del viaggio 1024,12 euro.
In treno la trasferta sarebbe costata 200 euro, in prima classe.
Ma Richetti viene prelevato a casa sua, accompagnato al Quirinale, e ritorno, passando per Ancona.
La ricevuta fiscale, emessa dalla ditta Micalizzi Giuseppe, precisa che il presidente dell’assemblea legislativa, quel giorno, parte da casa sua alle 6,30 e rientra a notte fonda. Viaggio di 16 ore e 15 minuti per 1090 chilometri percorsi.
La data è il 13 novembre 2011. Sicuramente un incontro istituzionale, vista la destinazione, ma che la Regione paga quasi cinque volte un viaggio “normale”: prima classe ad alta velocità  (oppure aereo) più taxi fanno trecento euro.
Novecento euro di auto in due giorni.
Ma di esempi ce ne sono a decine.
Tra spese per missione e varie ed eventuali si arriva a cifre per decine di migliaia di euro. Richetti il novembre dello scorso anno ha due giorni intensi: il 7 spende di auto blu 509,54 euro, il giorno successivo 480,40 per spostamenti sempre in regione, tra Forlì e Ravenna.
L’autista fuori dal teatro.
La mattina del 10 gennaio del 2011 Richetti ha un impegno a Casalecchio di Reno.
Dalla sede della Regione, in viale Aldo Moro, al teatro comunale di Casalecchio di Reno.
Il percorso è di 10 chilometri e settecento metri.
In taxi una spesa di 15 euro. Ma Richetti con l’auto blu ne spende 103,12.
Anche perchè l’autista lo attende fuori dal teatro per 3 ore e 45 minuti.
La spesa — non sappiamo quale appuntamento avesse avuto a Casalecchio, sicuramente istituzionale e dunque legittimo — è almeno tre volte superiore a un normale taxi. Mentre l’autista aspetta per quasi quattro ore il conto aumenta.
L’inchiesta e l’ultimo blitz.
La Procura di Bologna ieri ha mandato i finanzieri alla Regione per conoscere le spese dei gruppi consiliari degli ultimi sette anni, dal 2005 al 2012, cioè le ultime due legislature, compresa quella in corso.
Le Fiamme gialle che si sono presentate in viale Aldo Moro avevano con sè un ordine di esibizione di documenti firmato dai pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari: all’ufficio di presidenza dell’Assemblea legislativa, dunque a Matteo Richetti, sono stati chiesti il rendiconto di tutti gli esborsi sostenuti dai gruppi nella scorsa legislatura, dal 2005 al 2010, e tutti gli atti di controllo che di queste spese abbiano attestato la regolarità .
Non solo: l’ufficio di presidenza dovrà  esibire anche qualsiasi altro documento in suo possesso relativo a spese dei gruppi fatte nel passato mandato.

Emiliano Liuzzi e Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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A GALLARATE UN ALBERO DI NATALE DA 20.000 EURO: VORAGINE DI DEBITI NELLA SOCIETA’ COMUNALE GAS E ACQUA

Ottobre 4th, 2012 Riccardo Fucile

GLI SPRECHI DELLA VECCHIA GESTIONE DELL’AZIENDA CHE GESTISCE GAS, ACQUA E RIFIUTI FINIRANNO ALLA CORTE DEI CONTI

Un albero di Natale costato 20 mila euro: certo non basterà  questo scintillante cadeaux festivo a giustificare il tracollo finanziario della Amsc, società  pubblica del comune di Gallarate che pur gestendo i servizi di acqua, gas, rifiuti in regime di monopolio quasi totale è riuscita a passare in dieci anni da un attivo di 12 milioni di euro depositati in banca a un «rosso» di 26 milioni.
IL NUOVO CDA
Ma una cosa è certa: i nuovi amministratori della società  chiamati al capezzale del malato, hanno messo in fila una serie di «perle» che raccontano una storia non semplicemente locale.
Raccontano di come si può sperperare denaro pubblico con regalie, sprechi, progetti strampalati.
La storia di questa «piccola bottega degli orrori» verrà  messa a disposizione della magistratura ordinaria e di quella contabile: il nuovo presidente di Amsc, Sergio Praderio, ha infatti annunciato che chiederà  l’intervento del tribunale e della Corte dei Conti.
L’albero di Natale da 20 mila euro, comunque sia, dice già  molto di una mentalità  diffusa non certo solo a Gallarate sull’uso del denaro pubblico.
«A bilancio gli alberi erano addirittura due – conferma Praderio – entrambi sotto forma di sponsorizzazioni. Ma che attività  promozionale può esserci dove Amsc era l’unica azienda sul campo, nel suo settore?».
I DEBITI
Facendo le pulci alle amministrazioni passate, i nuovi dirigenti hanno scovato anche 47mila euro lasciati a ristoranti per spese di rappresentanza, l’acquisto di tre auto di grossa cilindrata per i dirigenti, la moltiplicazione di incarichi e poltrone.
«Nel 2001 – racconta ancora il presidente -, Amsc era una società  unica, dieci anni dopo ne erano sorte 12, spesso senza dipendenti ma con consiglio d’amministrazione e consulenti. Il ruolo di direttore generale era stato raddoppiato e ai due era stato affiancato un procuratore generale. Per il loro appannaggio si spendevano 470mila euro l’anno».
Tra i progetti meno comprensibili finanziati con soldi pubblici si trova la costruzione di una piscina a Saltrio, che è un paese ai confini con la Svizzera («Che cosa c’entrano i soldi dei cittadini di Gallarate?»), mentre sono stati spesi anche 138mila euro per «strenne natalizie» per i dipendenti o 200mila euro per sponsorizzare la fondazione teatrale cittadina, ora finita in liquidazione.
GLI SPRECHI
Al di là  degli episodi di colore, tuttavia, all’attenzione della magistratura verranno portate voci e capitoli di spesa assai più significativi: ad esempio il fatto che per l’appalto per le pulizie della sede venissero spesi 400mila euro, quando oggi quel servizio è garantito con poco più di un quarto di quei soldi.
O ancora c’è il fatto che alcuni lavori non siano stati assegnati con una gara ma con la formula del «consorzio». «Per i lavori di scavo e posa delle tubature – racconta ancora Praderio – Amsc aveva stretto un consorzio con una ditta esterna per un valore di 3 milioni di euro: a nostro modo di vedere l’affidamento di quei lavori non poteva essere fatto con quella formula».
Il corollario di questa vicenda è ancora una volta affidato ai numeri messi insiemi dai nuovi amministratori della società : in dieci anni sono stai «bruciati» 38 milioni di euro in investimenti e spese che non hanno avuto risultati. E tutto questo in una città  di 50mila abitanti.

Claudio Del Frate
(da “Il Corriere della Sera“)

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UN ITALIANO SU DUE E’ SU FACEBOOK

Ottobre 4th, 2012 Riccardo Fucile

CENSIS: IL MEZZO PIU’ SEGUITO E’ LA TELEVISIONE, CRESCONO TV SATELLITARI, WEB TV

Guardano (tantissimo) la televisione. Navigano e frequentano sempre di più i social network. Leggono meno i giornali di carta ma si informano di più su quelli online. Sono gli italiani alle prese con i media, fotografati dal decimo rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione promosso da 3 Italia, Mediaset, Mondadori, Rai e Telecom Italia e presentato a Roma nella Sala Capitolare del Senato.
INTERNET E SOCIAL NETWORK
In base allo studio, sul web naviga il 62,1 per cento della popolazione italiana (+9 per cento dell’utenza rispetto al 2011) e gli iscritti a Facebook sono passati dal 49 per cento dello scorso anno all’attuale 66,6 per cento degli internauti, che sarebbe il 41,3 per cento della popolazione, ossia la metà  degli italiani attivi.
Se poi si passa alla sola fascia dei giovani, qui la percentuale sale a un clamoroso 79,7 per cento.
Il rapporto aggiunge che YouTube, che nel 2011 raggiungeva il 54,5 per cento di utenti tra le persone con accesso a internet, arriva ora al 61,7 per cento, pari al 38,3 della popolazione complessiva e al 79,9 per cento dei giovani.
TELEVISIONE
Sembra comunque non morire la tv, assolutamente il media più seguito.
In Italia ha un pubblico che coincide sostanzialmente con la totalità  della popolazione (98,3 per cento) ed è seguita dalla radio, ascoltata dall’83,9 per cento delle persone.
Il rapporto evidenzia inoltre un incremento del pubblico televisivo pari allo 0,9 per cento nel 2012 rispetto al 2011 ma anche un consolidamento del successo delle tv satellitari (+1,6 per cento), della web tv (+1,2 per cento) e della mobile tv (+1,6 per cento).
GIORNALI
Non si ferma invece l’emorragia di lettori della carta stampata: nell’ultimo anno i quotidiani hanno registrato un calo di lettori del 2,3 per cento anche se le testate online contano il 2,1% di contatti in più (20,3 per cento di utenza).
Ormai meno della metà  degli italiani legge almeno un libro all’anno (il 49,7 per cento), anche se si segnala un +1 per cento per gli ebook.
Tra i giovani la disaffezione per la carta stampata è più grave: tra il 2011 e il 2012 i lettori di quotidiani di 14-29 anni sono diminuiti dal 35 per cento al 33,6 per cento, quelli di libri dal 68 al 57,9per cento.
CELLULARI
I telefonini sono ormai utilizzati dall’81,8 per cento della popolazione italiana, con un numero di utenti che è cresciuto del 2,3 per cento, anche grazie agli smartphone (+10 per cento in un solo anno), la cui diffusione è passata tra il 2009 e il 2012 dal 15 per cento al 27,7 della popolazione.
Il rapporto sottolinea inoltre che gli smartphone si trovano tra le mani di più della metà  dei giovani (54,8 per cento), i quali utilizzano anche i tablet (13,1 per cento) più della media della popolazione (7,8 per cento).

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FISCO: OGNI ANNO 1208 ADEMPIMENTI PER IL CONTRIBUENTE E NON SI SFOLTISCE MAI

Ottobre 4th, 2012 Riccardo Fucile

SI RIPARLA DI UNA RIDUZIONE DELLE INCOMBENZE… LETTERA ALLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA PER GIUNGERE A UNA MAPPATURA

Sono 108 gli adempimenti fiscali a carico dei contribuenti, cittadini e imprese, censiti dal gruppo di lavoro istituito dall’Agenzia delle Entrate.
Da oggi si passa però dal censimento al lavoro vero e proprio di sfoltimento.
Il direttore dell’Agenzia, Attilio Befera, ha infatti inviato a tutte le associazioni, da quelle rappresentative delle imprese all’Anci, dai consumatori ai professionisti, una lettera, con l’indicazione di tutte le voci censite, per valutare che cosa si può “tagliare”.
Uno dei problemi dei contribuenti infatti è proprio la burocrazia e il costo legato agli adempimenti.
Il conto alla rovescia è partito.
Ora le associazioni dovranno indicare, entro il 19 ottobre, quali voci sono a loro avviso inutili, quanti `doppioni’ ci sono, quanto tempo occorre per una determinata pratica, quanto costa una comunicazione.
E quante volte si richiede un’informazione che l’amministrazione potrebbe già  avere. Poi si tireranno le fila per eliminare gli appuntamenti fiscali che risulteranno di troppo.
«L’amministrazione finanziaria deve essere in grado di saper ascoltare fino in fondo le ragioni dei contribuenti», afferma il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, nella lettera in cui chiede alle associazioni un contributo per il provvedimento che dovrà  sfoltire gli adempimenti fiscali a carico di imprese e cittadini.
«L’azione dell’Agenzia, ancor più in una situazione di complessità  e difficoltà  interpretative del sistema fiscale, deve essere guidata – sottolinea ancora Befera nella missiva – da principi di equilibrio, misura e ragionevolezza».
Ora si attende il risultato del lavoro che potrà  essere portato a compimento dopo i contributi che arriveranno dalle parti.
È possibile che per alcuni provvedimenti si proceda in via amministrativa, certamente più rapida. Dove questo non sarà  possibile sarà  seguito l’iter legislativo.
Nei giorni passati Befera aveva indicato tra gli strumenti possibili da mettere in campo per questo scopo anche emendamenti alla delega, attualmente all’esame del Parlamento. «Il successo si misurerà  – rileva in conclusione il direttore Befera – sull’effettiva riduzione degli oneri e dei tempi burocratici per i cittadini/contribuenti». L’iniziativa trova il plauso dei commercialisti.
Il presidente della categoria, Claudio Siciliotti, apprezza «il cambio di rotta rispetto al passato» e assicura il proprio impegno.
«L’ingorgo di adempimenti oggi esistenti – sottolinea Siciliotti – è frutto di una dissennata stratificazione che ha avuto una significativa accelerazione negli anni dal 2006 in avanti. A inizio 2011 i commercialisti avevano già  posto con forza il problema, dopo un biennio, il 2009 – 2010, di legislazione fiscale particolarmente poco rispettosa degli oneri adempimentali che si andavano a scaricare sui contribuenti».

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