Ottobre 1st, 2012 Riccardo Fucile
ANCORA UNO SFORZO: C’E’ TEMPO FINO AL 5 OTTOBRE PER FIRMARE NEI 19 MUNICIPI DELLA CAPITALE… I QUESITI SONO STATI PROMOSSI DA RADICALI, VERDI E FUTURO E LIBERTA’: BISOGNA ARRIVARE A 50.000 FIRME
“Per mettersi alle spalle gli scandali della malapolitica romana e laziale, bisogna sottoscrivere i referendum”.
Sono queste le parole del segretario dei Radicali Italiani, Mario Staderini, a proposito degli otto quesiti sui temi dell’ambiente, dei diritti e dei tagli alla politica, promossi dal suo partito, dai Verdi e da Fli nella capitale.
Per ogni referendum, a Roma, è necessario raccogliere almeno 50mila firme.
La sottoscrizione può essere fatta entro il 5 ottobre in uno dei diciannove municipi di Roma. Gli uffici sono aperti tutti i giorni dalle 8.30 alle 12 e il martedì e il giovedì dalle 14 alle 16. Secondo Staderini mancherebbero poche migliaia di firme per raggiungere l’obiettivo.
Riguardo il tema dell’ambiente, i quesiti verteranno sul consumo del suolo, sui rifiuti e sul mare libero.
Poi uno sulla mobilità sostenibile.
Sui tagli ai costi della politica si propone l’azzeramento dei cda delle municipalizzate romane. Dal punto di vista dei diritti invece si punta sulle famiglie di fatto e sul testamento biologico. Infine un referendum per avere più libertà di scelta nei servizi alla persona.
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Ottobre 1st, 2012 Riccardo Fucile
IL GOVERNO RECEPIRA’ IN PARTE LE PROPOSTE DELLE STESSE REGIONI
Si lavora a tappe forzate anche di domenica, tra palazzo Chigi e la Conferenza dei Governatori regionali, per preparare il decreto che da giovedì taglierà le spese pazze degli eletti negli enti locali, ma non solo.
Il decreto conterrà norme per limitare gli eccessi nelle società partecipate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni.
In questo senso, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà , ha tra le mani due preziosi dossier.
Il primo è quello redatto dalla Conferenza delle Regioni, consegnato qualche giorno fa al governo e al Capo dello Stato.
Il secondo è stato redatto dall’Unione delle province italiane prima dell’estate e segnala la crescita abnorme delle società partecipate.
Ma la notizia è che al governo queste misure non sembrano sufficienti.
Se i Governatori quindi proponevano un taglio di 300 consiglieri regionali (pari a un terzo dell’attuale bacino) l’esecutivo ritiene necessario osare di più.
Pare che si siano accordati su una sforbiciata di almeno 400 consiglieri.
Ora si tratta di fissare i parametri territoriali, per stabilire, in base alla popolazione, di quanti consiglieri sarà composto ogni singolo Consiglio regionale.
Nel pieno del caso Fiorito, ma sotto la sferza delle scandalose notizie che provengono da ogni parte, dal Piemonte come dalla Campania, o dall’Emilia-Romagna, è un coro dai leader di partito, che sembrano avere scoperto soltanto oggi che cosa accade alla periferia della politica, di fare presto e senza pietà .
Dice ad esempio Pier Luigi Bersani: «Il governo assuma per decreto la proposta portata dalle Regioni e si facciano i tagli in pochi giorni. Poi però si vada avanti e si pensi a riforme sul sistema delle autonomie».
Oppure Pier Ferdinando Casini: «Quanto sta accadendo oggi dimostra che bisogna essere molto cauti prima di scassare lo Stato centrale per buttarsi verso un federalismo degli sprechi».
Le indiscrezioni degli ultimi giorni, comunque, sono tutte confermate.
Il governo intende varare il decreto giovedì prossimo; le Regioni nei due mesi successivi adegueranno i propri Statuti.
Il governo a questo punto intende fare sul serio, così come sul tema della corruzione. Il decreto? «Noi lo vogliamo far passare a tutti i costi», scandisce il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera.
E per le spese della politica negli enti locali, «bisogna mettere strumenti di controllo e verifica più stringenti ed efficaci», dice a sua volta la ministra dell’Interno, Annamaria Cancellieri.
Ci saranno così norme per omogeneizzare il trattamento economico per i consiglieri in tutte e 20 le Regioni, chiudendo la porta a trucchi.
Ci sarà un obbligo di rendicontazione per i Gruppi politici e di trasparenza verso i cittadini, il divieto di costituire gruppi autonomi diversi dalle liste elettorali o peggio i monogruppi (costituiti da un singolo consigliere), un controllo serio affidato alla Corte dei Conti, l’indicazione legislativa che i fondi affidati ai Gruppi debbono essere necessariamente spesi per l’attività politico-istituzionale (incredibilmente oggi in molte Regioni non c’è regola), una stretta sulle Commissioni consiliari (da 4 a 8 a seconda delle dimensioni).
Tutto molto interessante.
Ma se non ci saranno sanzioni per chi sgarra, sarebbe tutto inutile.
I Governatori lo sanno e hanno proposto essi stessi che ci sia un meccanismo sanzionatorio.
E qui c’è un piccolo giallo.
Alcuni Governatori avevano previsto che lo Stato avrebbe potuto tagliare i fondi alle Regioni inadempienti (considerando che c’è un decreto del 2011, a firma Tremonti, che prevedeva già un cospicuo taglio al numero dei consiglieri regionali, ma praticamente nessun Consiglio).
A qualcuno questo potere statuale è sembrato troppo minaccioso.
Francesco Grignetti
(da “la Stampa“)
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Ottobre 1st, 2012 Riccardo Fucile
LA FUSIONE CON INPDAP E ENPALS NEI CONTRIBUTI DEL PUBBLICO IMPIEGO MANDA IN TILT I CONTI
Quando a dicembre, col decreto salva Italia, il governo Monti varò il SuperInps sembrò davvero una buona idea.
Di mettere insieme l’Inps, che gestisce le pensioni dei lavoratori privati, l’Inpdap, che pensa invece ai dipendenti pubblici, e l’Enpals, il piccolo istituto del settore sport e spettacolo, se ne parlava da molti anni.
E forse solo un governo tecnico poteva riuscire a vincere le mille resistenze politico-corporative.
Sembrava davvero una bella idea inglobare nel più efficiente Inps, guidato da Antonio Mastrapasqua, il carrozzone Inpdap e tagliare gli sprechi.
Tanto che la relazione tecnica al salva Italia quantificava in «non meno di 20 milioni di euro» i risparmi ottenibili già nel 2012, per poi salire a 50 milioni nel 2013 e a 100 milioni nel 2014.
Solo che ora si scopre che l’accorpamento ha effetti devastanti sul bilancio del SuperInps.
Patrimonio a rischio
Nel giro di «pochi anni» si potrebbe arrivare all’«azzeramento» del patrimonio netto, aprendo «un problema di sostenibilità dell’intero sistema pensionistico».
Colpa dell’Inpdap che, entrando nell’Inps, scarica sul bilancio ben 10,2 miliardi di euro di disavanzo patrimoniale e quasi 5,8 miliardi di euro di passivo per l’esercizio 2012.
Lo si legge nella nota di assestamento al bilancio 2012 dell’Inps, un documento di 38 pagine che sarà esaminato, probabilmente giovedì, nella riunione del Consiglio di indirizzo e vigilanza presieduto da Guido Abbadessa.
Ma vediamo come si è arrivati a tanto.
Recessione più dura
La nota di assestamento si è resa necessaria per tener conto del peggioramento del quadro economico e della confluenza dei bilanci dell’Inpdap e dell’Enpals nell’Inps.
A dire il vero, per quanto riguarda gli effetti della recessione, l’adeguamento contenuto nella nota è insufficiente.
Le previsioni di bilancio sono state infatti riviste alla luce del Def (Documento di economia e finanza) presentato dal governo lo scorso aprile e non del suo recente aggiornamento. In pratica la nota di assestamento Inps è ottimistica perchè formulata sulla base di una stima del prodotto interno lordo (quella di aprile) in calo dell’1,2% nel 2012 mentre le ultime previsioni del governo indicano un -2,4%.
Un’economia che decresce significa meno posti di lavoro e meno entrate contributive per l’Inps, con conseguente peggioramento dei conti. Ma i guai veri non sono questi, bensì arrivano dall’assorbimento del bilancio dell’Inpdap.
Lo Stato evadeva i contributi
L’istituto di previdenza dei dipendenti pubblici ha infatti portato in dote, si fa per dire, un disavanzo patrimoniale quantificato al primo gennaio 2012 in 10 miliardi e 269 milioni.
Perchè?
Due le cause, si legge nella nota di assestamento.
1) La riduzione dei dipendenti pubblici nel corso degli anni, che ha ridotto le entrate mentre le spese per pensioni continuavano ad aumentare.
2) Il fatto che, fino al 1995, le amministrazioni centrali dello Stato non versavano i contributi alla Ctps, la Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato, che era una delle 10 casse fuse nell’Inpdap nel 1996 proprio perchè le normative europee richiedevano la creazione di un istituto con un bilancio trasparente.
Ma anche dopo il ’96, spiega la nota, le amministrazioni dello Stato hanno versato «solo la quota della contribuzione a carico del lavoratore (8,75%, ndr) e non la quota a loro carico» pari al 24,2%.
L’unificazione degli Enti
Per far fronte ai crescenti buchi di bilancio e al conseguente peggioramento del deficit patrimoniale, lo Stato ha disposto per il 2012 un trasferimento all’Inpdap di 6,4 miliardi.
Nonostante ciò, si legge nel documento all’esame del Civ, «si prevede per l’Inpdap un disavanzo economico di 5 miliardi e 789 milioni» che porterà il risultato complessivo dell’esercizio 2012 del SuperInps in rosso di 8 miliardi e 869 milioni, contro un – 2,2 miliardi dell’esercizio 2011.
Ma gli effetti peggiori si hanno sullo stato patrimoniale.
Prima dell’incorporazione di Inpdap e Enpals, l’Inps aveva chiuso il 2011 con un avanzo di 41 miliardi. Tolti i 10,2 miliardi di passivo Inpdap e aggiunti i 3,4 miliardi di attivo portati invece dall’Enpals, il patrimonio di partenza del SuperInps, all’inizio del 2012, era di circa 34 miliardi.
Ma alla fine dell’anno, sottratta la perdita d’esercizio di 8,8 miliardi, si scenderà a 25 miliardi: 16 miliardi in meno nel giro di un anno.
L’allarme del Civ
Anche nei prossimi anni, si osserva nella nota di assestamento, i conti dell’ex Inpdap chiuderanno in forte disavanzo, tanto più che il governo ha appena deciso una nuova riduzione dei dipendenti pubblici (secondo il ministro Patroni Griffi scenderanno di 300 mila nei prossimi tre anni).
Tutto ciò si ripercuote «negativamente sul patrimonio netto dell’Inps con il rischio di un suo azzeramento in pochi anni».
Per questo il Civ raccomanda almeno «una incisiva attività di vigilanza diretta ad accertare il corretto versamento dei contributi da parte delle pubbliche amministrazioni e in particolare degli enti locali».
Ma la preoccupazione principale delle parti sociali (sindacati e imprese) presenti nello stesso Civ è che, se lo Stato non interverrà a sanare il disavanzo pregresso dell’Inpdap, a colmare i buchi saranno chiamate le gestioni in attivo, come per esempio quella dei parasubordinati (80 miliardi di avanzo patrimoniale) e delle prestazioni temporanee (ammortizzatori sociali, assegni familiari, malattia), che finora hanno compensato i fondi in rosso dello stesso Inps (trasporti, elettrici, telefonici, dirigenti d’azienda, coltivatori diretti e lavoratori autonomi).
Il welfare dell’Inpdap
Fin qui il Civ. Ma quando la fusione di Inpdap ed Enpals sotto l’Inps sarà completata è probabile che verranno passate al setaccio anche le molte provvidenze che l’Inpdap ha finora assicurato ai lavoratori e ai pensionati pubblici: in tutto 5 milioni e mezzo di cittadini con le loro famiglie.
Ogni anno l’istituto concede prestiti e mutui agevolati (nel 2011, 100 mila prestazioni) e indice bandi per: «Case albergo», «Soggiorni senior», borse di studio, ospitalità nei suoi convitti per studenti e residenze per anziani, vacanze in Italia e all’estero per lo studio delle lingue, soggiorni termali, contributi sulle spese sanitarie.
Un universo di prestazioni finanziato da un contributo obbligatorio in capo ai dipendenti pubblici pari allo 0,35% della retribuzione e allo 0,15% per i pensionati. L’Inpdap si faceva vanto di aver sviluppato negli anni «un modello di welfare integrativo di eccellenza».
Enrico Marro
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 1st, 2012 Riccardo Fucile
“CHI TIFA PER IL BIS, LAVORA CONTRO PIER LUIGI”…E I FEDELISSIMI DI BERSANI SENTONO ARIA DI CONGIURA
Poco importa che Veltroni non si faccia vedere al tempio di Adriano al think thank organizzato da Gentiloni, Morando, Tonini, Vassallo e Ceccanti insieme a varia intellighenzia di area finiana, montezemoliana, casiniana e non solo.
L’ex leader del Pd si guarda bene dal mettervi piede, se non altro perchè sa che l’occasione sarà letta dai media come un’implicita benedizione a Renzi da cui lui si vuol accuratamente tener fuori.
E quando Gentiloni argomenta che «la positiva disponibilità di Monti non vuol dire per noi un bis del governo tecnico sostenuto da una grande coalizione ABC», bensì una coalizione larga che non comprenda forze incompatibili con un discorso riformatore, dalle parti di Bersani sentono solo odor di tradimento.
«Perchè Pierluigi sostenne Veltroni in modo limpido andando in giro a fare i comizi, anche se poteva essere un competitor di quelle primarie».
Come a dire, guardate con che moneta lo ripaga Walter…Il quale però non avrà certo dimenticato quella minaccia di candidarsi contro di lui che precedette a suo tempo il convinto sostegno di Bersani.
Vecchie ruggini che non si rimuovono facilmente e che possono però dare un’idea di come i dissapori tra leader siano sempre sotto il pelo dell’acqua nel magico mondo del Pd.
Dove il tema più scottante in queste ore è che succederà nella partita a scacchi della legge elettorale: perchè di fronte al sospetto che Pdl e Udc abbiano stretto già un accordo per comprimere il premio del 55% dei seggi del porcellum, tutti si chiedono cosa farà alla fine Bersani per non restare schiacciato senza rinunciare all’unica labile garanzia di una vittoria ai punti che lo metta al riparo dal Monti bis.
«La nuova legge elettorale deve dare la possibilità a chi vince di governare», ripete il segretario, aggiungendo che «la frantumazione e la balcanizzazione con un proporzionale secco sarebbe un disastro per il paese»; senza chiarire se con quel «secco» non intenda aprire ad una qualche formula più liquida e più digeribile, tutta da scoprire.
Ma basta il refrain individuabile dietro la sfilza degli interventi al convegno dei montiani (la ex rutelliana Linda Lanzillotta, il finiano Della vedova, l’economista Zanella di «Fermare il declino» di Oscar Giannino, Andrea Romano di Italia Futura, l’ex segretario dei chimici della Cgil, Morsella e vari parlamentari) per rovinare il compleanno a Bersani.
Che sa bene come il plot andato in scena possa avere la forza contundente di una zeppa sul percorso verso Palazzo Chigi: soprattutto se un folto gruppo trasversale dentro e fuori dal Parlamento lavor
Nell’ottica di Gentiloni, battersi «perchè il Pd si proponga al centro di un’alleanza con la piattaforma Monti e confini chiari» vuol dire chiedere ai candidati alle primarie «un impegno solenne a proseguire e a non smontare il lavoro di Monti».
Ma tutti sanno bene che questo impegno solenne uno lo fa proprio cioè Renzi e uno no…
E se poi ci si interroga da dove possa nascere una maggioranza che sostenga Monti e la continuità del suo lavoro, se non da una vittoria di Renzi alle primarie, si capisce la stizza di Bersani verso chi nel Pd scommette sulla vittoria di Matteo; e sulla nascita nei prossimi giorni di una configurazione dell’area moderata più competitiva: un listone che punti al 10-15% con cui allearsi.
E che magari abbia «un copyright, se pur non autorizzato e solo criptico» del premier.
«Quando vedranno che Monti non ci sarà », ribattono gli uomini di Bersani, allora si chiederanno «e ora che facciamo?»
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Ottobre 1st, 2012 Riccardo Fucile
IL QUOTIDIANO SCARICATO: “LA DECISIONE CI SORPRENDE E CI AMAREGGIA”
Tristissimo addio di Vauro a Il Manifesto e approdo al Fatto.
Niente polemiche. E nemmeno recriminazioni. Ma un filo di angoscia, sì.
Basta leggere le righe di ieri in prima pagina: «La decisione di Vauro di lasciarci ci sorprende. E ci amareggia. Perchè riguarda una persona che ha contribuito a scrivere la storia del nostro giornale. Comprendiamo la sua scelta. Il manifesto sta attraversano il momento più difficile della sua esistenza quarantennale. La direzione, la redazione, i tecnici, tutte e tutti sanno di avere un futuro incerto perchè siamo «”in liquidazione” e del doman non v’è certezza»,
Spiega Norma Rangeri, direttore responsabile: «Capisco la scelta di Vauro, siamo in pesantissima difficoltà . Ma non la condivido. Siamo sul fronte di una battaglia finale e in certe situazioni si compiono scelte di vita oltre che professionali. Come Vauro scrive nel commiato, non ci sono certo motivi politici o legati ai contenuti».
Infatti Vauro se ne va con un saluto oggettivo, affettuoso soprattutto verso Valentino Parlato: «Ho il debito di una libertà mai “concessa” ma sempre scaturita dal confronto, dalla discussione anche aspra sulle idee e sul modo di scriverle o disegnarle. Un debito che sento in maniera particolare nei confronti di Valentino. Vecchio compagno che in questi tempi di rampanti “giovani” rottamatori continua a spendere tutto se stesso con passione, dolore e ostinazione…».
Nelle righe di addio a Vauro, c’è solo un punto che va oltre l’amarezza: «Ci siamo illusi che il confronto anche aspro, ma sempre franco, la passione per la battaglia politica fossero una garanzia per poter continuare a combattere. Forse ci siamo in parte illusi. L’uscita di Vauro lo conferma».
Vauro, forse, a sua volta capisce: «Dire addio è sempre un po’ penoso, lo è ancora di più dopo aver vissuto insieme per trent’anni la splendida e tormentata avventura de il manifesto , tanto penoso che sarei stato tentato di andarmene zitto zitto, quatto quatto. Ma non me lo sarei mai perdonato…».
Paolo Conti
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 1st, 2012 Riccardo Fucile
CHE ABBIA FATTO TESORO DEI NOSTRI CONSIGLI? … DA MESI AVEVAMO SUGGERITO DI AZZERARE LE CARICHE INTERNE E DARE SPAZIO A UNA DONNA QUALIFICATA E CREDIBILE COME GIULIA
Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera, e’ il portavoce di Futuro e Liberta’ per l’Italia.
Nell’annunciarlo il leader Gianfranco Fini ha anche detto, all’assemblea dei Mille di Arezzo, che tale appuntamento non si chiude nella citta’ toscana ma continuera’ a livello regionale allo scopo di fornire proposte per un programma per la lista per l’Italia che si richiama all’esperienza del governo Monti.
Del comitato nazionale, chiamato a coordinare questo processo, fanno parte, oltre alla stessa Bongiorno, Salvatore Carrubba, presidente dell’Accademia di Ivrea ed ex direttore de Il Sole 24 Ore, Pier Luigi Piccini, ex sindaco di Siena gia’ presidente del Monte Paschi.
Il commento del ns. direttore
Molti mesi fa, di fronte allo stato comatoso di Fli e al “caos organizzato” in cui versava la struttura organizzativa di Futuro e Libertà , avevamo scritto su questo sito (verificate pure in archivio) che Fini avrebbe dovuto azzerare tutte le cariche e nominare segretaria e portavoce del partito Giulia Bongiorno, l’unica in grado di segnare uno stacco con il passato.
Una donna professionalmente qualificata, impegnata nella battaglia sui diritti civili, tenace difensore della legalità .
Una personalità forte che, in veste di presidente della commissione Giustizia della Camera ha saputo tenere testa alle pressioni ghedianiane sulle leggi ad personam e stimata anche dagli avversari.
Una donna che ha faticato a farsi strada nella società civile e che rappresenta, per molte altre, anche di orientamento politico diverso, un modello da seguire.
Finalmente una destra del merito e della competenza contro il ciarpame di olgettine e sfilate di “costumate” in carriera che tengono la contabilità delle inquiline.
Di fronte alla nostra proposta, ricordo che ci fu, sulle pagine fb di area Fli, un vasto consenso di base.
Forse qualcuno fece tesoro della ns. provocazione e, se pur tardivamente, la proposta ora diventa realtà .
Non ci interessa la primogenitura, lasciamo ad altri metterci il cappello: noi apparteniamo a quella categoria cui si può dare dei “coglioni” perchè non vogliono che nelle sedi di Fli entrino attenzionati della Dia, ma che forse vedono più lontano di tanti altri attaccati a poltrone e medagliette e disposti a quotidiani compromessi.
Non cerchiamo riconoscimenti alla memoria.
Ma proprio perchè dispensiamo consigli disinteressati anche a chi non lo merita, suggeriamo che nel comitato nazionale, se proprio vogliono mettere un esponente di Confindustria come Carrubba e un ex Pd e Monte dei Paschi come Piccini, magari sarebbe bello inserissero anche un operaio di Termini Imerese e un rappresentante dei precari,
Sarebbe un bel segnale della “trasversalità ” del progetto: perchè l’Italia non si salva solo con i professori e i finanzieri, ma con il sudore e il sangue del popolo dei lavoratori e di quelli che il lavoro non l’hanno più.
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Ottobre 1st, 2012 Riccardo Fucile
SONO CENTO I PARLAMENTARI CONDANNATI, IMPUTATI, INDAGATI E PRESCRITTI CHE SIEDONO TRA CAMERA E SENATO
Sono cento i parlamentari condannati, imputati, indagati e prescritti che siedono tra Montecitorio e Palazzo Madama.
Tocca a loro, per lo più macchiati da reati contro il patrimonio, votare la legge sulla corruzione.
Del resto, come ha detto l’avvocato di Silvio Berlusconi, Piero Longo, a Report: “Il Parlamento deve essere la rappresentazione mediana del popolo. Perchè dovrebbe essere migliore?”.
Forse perchè i delinquenti non dovrebbero esserci, invece di cercare addirittura rappresentanza nelle istituzioni?
Ecco tutti i nomi:
Abrignani Ignazio (deputato Pdl): indagato per dissipazione post-fallimentare.
Alessandri Angelo (dep Lega): indagato per finanziamento illecito ai partiti.
Angelucci Antonio (dep Pdl): indagato per associazione a delinquere, truffa e falso.
Aracu Sabatino (dep Pdl): rinviato a giudizio nella Sanitopoli abruzzese.
Barbareschi Luca (dep Misto- eletto Pdl): indagato per abusivismo.
Berlusconi Silvio (dep Pdl): 2 amnistie (falsa testimonianza P2, falso in bilancio Macherio); 1 assoluzione per depenalizzazione del reato (falso in bilancio All Iberian); 3 processi in corso (frode fiscale Mediaset, intercettazioni Unipol, processo Ruby). 5 prescrizioni (Lodo Mondadori, All Iberian, Consolidato Fininvest, Falso in bilancio Lentini, processo Mills).
Bernardini Rita (dep Pd): condannata nel 2008 a quattro mesi per cessione gratuita di marijuana, pena estinta per indulto.
Berruti Massimo (dep Pdl): condannato a 8 mesi per favoreggiamento.
Bossi Umberto (dep Lega): condannato a 8 mesi di reclusione per finanziamento illecito , 1 anno per istigazione a delinquere, 1 anno e 4 mesi per vilipendio alla bandiera poi indultati, oggi è indagato per truffa ai danni dello Stato.
Bosi Francesco (dep Udc): indagato per abuso d’ufficio.
Bragantini Matteo (dep Lega): condannato in appello per propaganda razziale.
Brancher Aldo (dep Pdl): condannato per appropriazione indebita e ricettazione.
Briguglio Carmelo (dep Pdl): vari processi a carico (truffa, falso, abuso d’ufficio), alcuni prescritti, alcuni trasferiti ad altri tribunali e in seguito assolto.
Calderoli Roberto (senatore Lega): indagato per ricettazione, resistenza a pubblico ufficiale, prescritto. Indagato per truffa dal Tribunale dei ministri, i senatori votano contro l’autorizzazione a procedere.
Caliendo Giacomo (sen Pdl): indagato per violazione della legge Anselmi sulle società segrete (inchiesta nuova P2).
Camber Giulio (sen Pdl): condannato in via definitiva per millantato credito.
Caparini Davide (dep Lega): resistenza a pubblico ufficiale, prescritto.
Carlucci Gabriella (dep Pdl): condannata a risarcire una sua collaboratrice.
Carra Enzo (dep Udc): condannato in via definitiva a 16 mesi per false dichiarazioni ai pm.
Castagnetti Pierluigi (dep Pd): rinviato a giudizio per corruzione, prescritto. Castelli Roberto (sen Lega): indagato per abuso d’ufficio patrimoniale.
Catone Giampiero (dep Misto – eletto Pdl): condannato in primo grado a otto anni per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata, falso, false comunicazioni sociali e bancarotta fraudolenta pluriaggravata.
Cesa Lorenzo (dep Udc): condannato in primo grado per corruzione aggravata, condanna annullata in appello per vizio di forma.
Cesaro Luigi (dep Pdl): indagato per associazione camorristica.
Ciarrapico Giuseppe (sen Pdl): condannato per truffa aggravata, bancarotta fraudolenta, finanziamento illecito, rinviato a giudizio per ricettazione, indagato per truffa ai danni di Palazzo Chigi.
Cosentino Nicola (dep Pdl): accusato di legami con il clan dei Casalesi, il Parlamento ha negato la richiesta d’arresto. Imputato anche nell’inchiesta sulla P3.
Crisafulli Vladimiro (sen Pd): sotto inchiesta per abuso d’ufficio.
Cursi Cesare (sen Pdl): indagato per corruzione.
D’Alema Massimo (dep Pd): finanziamento illecito accertato, prescritto.
D’Alì Antonio (sen Pdl): rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa.
De Angelis Marcello (dep Pdl): condannato per banda armata e associazione eversiva.
De Gregorio Sergio (sen Pdl): indagato per associazione per delinquere, concorso in truffa e truffa aggravata, concorso in bancarotta fraudolenta. Il Senato ha negato l’autorizzazione all’arresto.
Dell’Utri Marcello (dep Pdl): condannato per false fatture e frode fiscale, condannato in appello per tentata estorsione mafiosa, condannato in secondo grado a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa ma annullata con rinvio dalla Cassazione.
Del Pennino Antonio (sen Pdl): ha patteggiato una pena di 2 mesi e 20 giorni nel processo per le tangenti Enimont. A ottobre 1994 altro patteggiamento: di una pena di 1 anno, 8 mesi e 20 giorni per tangenti relative alla Metropolitana milanese. Prescritto per corruzione.
De Luca Francesco (dep Pdl): indagato per tentata corruzione in atti giudiziari.
Di Giuseppe Anita (dep Idv): indagata per abuso di ufficio, turbativa d’asta e associazione a delinquere.
Di Stefano Fabrizio (dep Pdl): rinviato a giudizio per corruzione.
Drago Giuseppe (dep Misto – eletto Udc): condannato per peculato e abuso d’ufficio.
Farina Renato (dep Pdl): condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi per falso in atto pubblico, ha patteggiato una pena di 6 mesi per favoreggiamento nel sequestro di Abu Omar.
Fasano Vincenzo (sen Pdl): condannato per concussione, indultato.
Fazzone Claudio (sen Pdl): rinviato a giudizio per abuso d’ufficio.
Firrarello Giuseppe (sen Pdl): condannato in primo grado per turbativa d’asta, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa (nel ’99 il Senato ha negato l’arresto).
Fitto Raffaele (dep Pdl): rinvio a giudizio per concorso in corruzione, falso e finanziamento illecito.
Galati Giuseppe (dep Pdl): indagato per associazione a delinquere, truffa e associazione segreta.
Galioto Vincenzo (sen Misto-eletto Pdl): condannato in primo grado per falso in bilancio.
Genovese Fracantonio (dep Pd): indagato per abuso d’ufficio.
Grassano Maurizio (Misto — eletto Lega): condannato in primo grado a 4 anni per truffa.
Grillo Luigi (dep Pdl): indagato e prescritto per truffa.
Iapicca Maurizio (dep Misto-eletto Pdl): rinviato a giudizio per false fatture, falso in bilancio e abuso d’ufficio, prescritto.
La Malfa Giorgio (dep Misto-eletto Pdl): condannato per finanziamento illecito.
Laganà Maria Grazia (dep Pd): imputata per truffa ai danni dello Stato.
Landolfi Mario (dep Pdl): indagato per concorso in corruzione, concorso in truffa e concorso in favoreggiamento mafioso.
Lehner Giancarlo (dep Pdl): condannato per diffamazione.
Lolli Giovanni (dep Pd): rinviato a giudizio per favoreggiamento , prescritto.
Lombardo Angelo (dep Misto): indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Lumia Giuseppe (dep Pd): indagato per diffamazione. Querelato dal suo ex addetto stampa.
Lunardi Pietro (dep Pdl): indagato per corruzione.
Luongo Antonio (dep Pd): rinviato a giudizio per corruzione.
Lusetti Renzo (dep Pd): condannato a risarcimento per consulenze ingiustificate.
Lusi Luigi (Misto-eletto Pd): indagato per appropriazione indebita e calunnia, è attualmente in carcerazione preventiva e resta senatore.
Malgieri Gennaro (dep Pdl): condannato dalla Corte dei conti per la nomina di Alfredo Meocci a dg della Rai.
Mannino Calogero (sen misto, eletto Udc): imputato per minaccia a corpo dello Stato nell’inchiesta sulla Trattativa Stato-mafia.
Maroni Roberto (Lega Nord): condannato per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale.
Matteoli Altero (sen Pdl): imputato per favoreggiamento, processo bloccato dalla Camera.
Messina Alfredo (sen Pdl): indagato per favoreggiamento in bancarotta fraudolenta.
Milanese Marco (dep Pdl): indagato per corruzione, rivelazione segreta e associazione a delinquere (P4).
Nania Domenico (sen Pdl): condannato per lesioni personali, condannato in primo grado per abusi edilizi e prescritto.
Naro Giuseppe (dep Udc): condannato per abuso d’ufficio, condanna in primo grado per peculato prescritta.
Nessa Pasquale (sen Pdl): rinviato a giudizio per concussione.
Nespoli Vincenzo (sen Pdl): indagato per concorso in scambio elettorale, concorso in bancarotta fraudolenta e concorso in riciclaggio. Richiesta di arresto respinta dal Senato.
Paravia Antonio ( arrestato per tangenti, poi prescritto.
Papa Alfonso (dep Pdl): accusato di concussione, favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sulla P4.
Papania Antonino (dep Pd): patteggia accusa per abuso d’ufficio.
Pili Mauro (dep Pdl): indagato a Cagliari per peculato.
Pini Gianluca (dep Lega): indagato per millantato credito.
Pittelli Giancarlo (dep Misto – eletto Pdl): indagato per associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e “appartenenza a loggia massonica segreta o struttura similare” e per minacce e lesioni a un collega avvocato.
Pistorio Giovanni (sen Misto): condannato dalla Corte dei conti per danno erariale.
Porfidia Americo (dep Misto – eletto Idv): rinviato a giudizio per tentata estorsione e favoreggiamento.
Rigoni Andrea (dep Pd): condanna in primo grado per abuso edilizio, poi reato prescritto.
Rizzoli Melania (dep Pdl): indagata per concorso in falso.
Romano Francesco Saverio (dep misto – eletto Udc): indagato per corruzione.
Rosso Roberto (dep Pdl): indagato per associazione a delinquere.
Russo Paolo (dep Pdl): indagato per violazione della legge elettorale.
Rutelli Francesco (sen Misto): condannato per danno erariale dalla Corte dei conti.
Savino Elvira (dep Pdl): indagata per concorso in riciclaggio.
Scajola Claudio (dep Pdl): indagato per la casa vicino al Colosseo pagata dall’imprenditore Diego Anemone.
Scapagnini Umberto (dep Pdl): condannato in primo grado a 2 anni e 6 mesi per abuso d’ufficio e violazione della legge elettorale.
Scelli Maurizio (dep Pdl): condannato a pagare 900 mila euro per irregolarità nell’acquisizione di servizi informatici.
Sciascia Salvatore (sen Pdl): condannato per corruzione alla Guardia di finanza.
Simeoni Giorgio (dep Pdl): indagato per associazione per delinquere e corruzione.
Serafini Giancarlo (sen Pdl): ha patteggiato una condanna per corruzione.
Speciale Roberto (dep Pdl): condannato dalla Corte di appello militare a 1 anno e 1 mese per peculato d’uso e abuso d’ufficio.
Stiffoni Piergiorgio (sen misto – eletto Lega) indagato dalla Procura di Milano per peculato.
Strano Nino (sen Misto – Fli): condannato in appello a 2 anni e 2 mesi per abuso d’ufficio e violazione della legge elettorale
Tancredi Paolo (dep Pd): indagato per corruzione
Tedesco Alberto (sen Pd): indagato per turbativa d’asta e corruzione. La Camera dei deputati l’ha salvato negando l’autorizzazione all’arresto.
Tomassini Antonio (sen Pdl): condannato per falso.
Tortoli Roberto (dep Pdl): condannato in secondo grado a 3 anni e 4 mesi per estorsione.
Verdini Denis (dep Pdl): indagato per false fatture, mendacio bancario, appalti G8 L’Aquila, associazione a delinquere e abuso d’ufficio.
Vizzini Carlo (sen Pdl): condannato in primo grado per finanziamento illecito, si è salvato solo con la prescrizione. Era coinvolto nella maxi tangente Enimont. Indagato per favoreggiamento alla mafia.
Alcuni dati potrebbero essere cambiati rispetto a quelli riportati e nel caso saremo pronti a rettificarli essendo molti i processi in corso.
Altri ancora possono essere subentrati.
G. Calapà e C. Perniconi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 1st, 2012 Riccardo Fucile
MENTRE L’EUROPA VA AVANTI SULLA STRADA DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE, L’ITALIA RISCHIA DI RESTARE AL PALO
Il presidente Napolitano ha riassunto lo sdegno dei cittadini verso gli ultimi casi di corruzione politica che stanno scuotendo l’Italia — epicentro la Regione Lazio — apostrofandoli come «vergognosi» e «inimmaginabili».
È la faccia dell’Italia che non vorremmo mai vedere.
Ma che purtroppo esiste, ed è latente in ogni parte del Paese.
Secondo le stime della Corte dei Conti, la corruzione ruba all’Italia onesta circa 60 miliardi di euro l’anno, oltre alla dignità nazionale.
Risorse che il particolare momento storico, per riuscire a superare la crisi economica che ci affligge, meriterebbe più che mai fossero recuperate ed indirizzate a ben altre attenzioni.
L’Europa, per sanare la piaga della disoccupazione (che riguarda ormai 25 milioni di persone, in particolar modo giovani, sparse per l’Unione) è intenzionata a mettere in campo politiche per «uno sviluppo intelligente, sostenibile ed inclusivo», come sottolinea Alberto Quadro Curzio sul Sole24Ore: «Malgrado l’apparenza, alcune di queste questioni sono tuttavia rimaste in agenda presso le istituzioni europee anche durante la crisi. Esse hanno infatti continuato a lavorare per una Ue della “economia reale” che procede, sia pure lentamente, ma su cui s’informa poco l’opinione pubblica».
Male, anche perchè l’impegno è di sostanza.
Come riportano fonti istituzionali, in data 19 ottobre 2011 la Commissione europea ha già presentato «un piano di investimenti pari a 50 miliardi di euro destinato a migliorare le reti europee di trasporto, energia e digitali (rispettivamente coi progetti Ten-E, Ten-T, Ten-Bda, ndr)».
All’insegna del motto Collegare l’Europa, l’Unione pianifica dunque un ingente impiego di risorse per infrastrutture attorno a quello che Quadro Curzio chiama «il mega-progetto “Connecting Europe Facility” (Cef) per aumentare ed accelerare gli investimenti nei “Trans-European networks” (Ten) mobilitando finanziamenti pubblici e privati. Cef e Ten nell’economia reale europea pesano tanto quanto Bce e Spread nella economia monetaria e finanziaria».
Si tratta di una strada in salita per la trasformazione della realtà produttiva europea, all’interno della quale ritagliare un nuovo spazio per l’ambiente, non più disgiunto dall’economia.
Del resto, se c’è una scelta oculata da fare per guadagnare in competitività , è quella ribadita oggi in prima pagina dal giornale di Confindustria, ossia «puntare sulle nuove tecnologie, in particolare con riferimento a quelle ambientali, verso le quali i Paesi emergenti saranno costretti a orientarsi non appena avranno colmato i bisogni più urgenti, per contenere gli effetti negativi che l’industrializzazione accelerata sta producendo».
All’interno di questo scacchiere europeo, però, qual è la posizione occupata dal nostro Paese?
Il ministero dell’Ambiente è attualmente impegnato a gestire più fronti emergenziali, a partire dall’Ilva di Taranto, ma non è soltanto il tempo tiranno nei confronti delle possibilità di programmazione.
La realtà è che anche le risorse a disposizione del dicastero, in Italia, si sono incredibilmente risorse durante questi anni di crisi.
Nella sua ultima relazione sul rendiconto generale dello Stato (relativo all’anno 2011), la Corte dei Conti scrive testualmente che «il Ministero ha avuto uno stanziamento definitivo per l’anno 2011 di 876,07 milioni.
E, se vi è stata una consistente variazione in aumento rispetto allo stanziamento iniziale pari a 321,90 milioni (+58 per cento) è pur sempre vero che, rispetto al 2008 e al 2010 lo stanziamento definitivo risulta in netta diminuzione (-58,29 per cento rispetto al 2008 e -13 per cento rispetto al 2010).
Tali diminuzioni hanno inciso in particolare sulla missione 18 (Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente) che assorbe circa l’86 per cento di tutto lo stanziamento del Ministero».
Impietosamente, confrontando i dati forniti dalla Corte, risalta così che il ministero dell’Ambiente riceve in elemosina dall’Italia neanche un sessantesimo della montagna di soldi che viene ingerita annualmente dalla corruzione: 876 milioni di euro contro 60 miliardi.
La prossima volta che qualcuno insinuerà che non possiamo permetterci il lusso di spendere ancora per pensare all’ambiente e allo sviluppo in senso ecologico dell’economia, sarebbe bene suggerirgli di scandagliare con più accuratezza l’attuale livello d’attenzione al tema in Italia, e le innumerevoli sacche oscure dalle quale potremmo attingere per recuperare le risorse necessarie.
(da “greenreport.it”)
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Ottobre 1st, 2012 Riccardo Fucile
A CHI NON SI PRESENTA IN AULA DOVREBBERO ESSERE SOTTRATTI 250 EURO… MA CHI CONTROLLA? NESSUNO, OVVIO…
Batman, forse, vuol dire fiducia: nel Lazio di Franco Fiorito alcune voci della busta paga dei politici sembrano basarsi su un unico, granitico presupposto, l’onestà del consigliere.
Figurarsi se esistono motivi per dubitarne, certo che no.
Ma la quantificazione di alcune voci dipende fondamentalmente dall’autocertificazione, o poco più.
Per fare un esempio piccolo piccolo: la Viacard è fornita dall’amministrazione e il politico, a fine mese, deve comunicare quante volte l’abbia usata per motivi personali, nel qual caso, ovviamente, la somma gli viene detratta.
Ma è sufficiente che risponda «mai», e lo stipendio rimane intatto.
E così, prima ancora dei bonifici di Fiorito, i modi – legali – per veder crescere il proprio compenso, non sono pochi.
E figurarsi se c’è un politico che ne approfitti.
Non è semplice districarsi tra le voci della busta paga, e nella Regione dei fondi pubblici usati per le ostriche, è Giuseppe Rossodivita, dei Radicali, a raccontare dettagli e consuetudini: «Oltre alla busta paga, che in media è di ottomila euro netti, c’erano anche 4.190 euro al mese, servivano per curare il rapporto tra eletto ed elettore».
Adesso sono stati cancellati? «No, diminuiti della metà ».
Erano quattromila lordi? «Netti, esentasse, transitavano sui fondi del gruppo e finivano in quelli personali».
Ma era necessario presentare fatture, dimostrare che li si era spesi per il rapporto con gli elettori? «Macchè, niente».
«Subito dopo l’elezione bisogna riempire dei moduli, in autocertificazione». Tra le informazioni richieste, la residenza: in base alla distanza dal Consiglio, al politico spetta il rimborso.
Rossodivita mostra il suo: 64 chilometri, 385 euro.
Ovviamente, maggiore è la distanza e maggiore è la cifra pagata.
«Si calcola in base alla residenza, come prevede la legge»: ecco, è tutto a norma di legge.
Solo che i maligni, nei corridoi della Regione, sorridono, ipotizzano che alcuni l’abbiano cambiata, la residenza, in modo da risultare abitanti di comuni lontani. Malignità , sicuramente.
Al totale di dodici-tredicimila euro al mese si arriva grazie a voci cospicue: alcune fisse, come indennità di carica – consigliere – da novemila euro.
Poi ce ne sono di variabili: ai 3.503 euro della diaria, ad esempio, ne vengono tolti 250 per ogni assenza in Consiglio.
Ci sarà un metodo rigoroso per prendere le presenze, ovvio: «Insomma, si firma all’inizio dell’assemblea e poi non è detto che si rimanga in aula. Ma noi queste cose le abbiamo già denunciate, tutte, inutilmente».
Altra voce variabile, l’indennità di funzione: per capigruppo, presidenti e vicepresidenti di commissione.
Sarà anche per questo che, tranne rare eccezioni, tutti i consiglieri avevano un incarico?
Di certo, l’incarico vale: mille euro al mese in più per i vice, millecinquecento per i capigruppo.
Detto di un’assicurazione sanitaria che copre ogni tipo di spesa medica e costa al mese meno di una pulizia dei denti (112 euro), nella legislatura ormai sul punto di concludersi il totale pagato in media ai consiglieri – al netto dei centomila euro a testa in più dei quali parla Fiorito – era di ottomila in busta paga e quattromila fuori.
Rossodivita, scusi, un’ultima domanda: ma per prendere le presenze dei consiglieri in Consiglio, non per sfiducia, non sarebbe possibile incrociare i dati delle firme con quelli di votazione?
Tanto per evitare che un consigliere firmi e vada a casa, ecco.
«Sarebbe possibile, sì, ma quasi sempre votiamo per alzata di mano».
Strano, perchè da anni gli scranni sono predisposti per il voto elettronico.
Alessandro Capponi
(da “il Corriere della Sera“)
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