Ottobre 14th, 2012 Riccardo Fucile
UOMINI DELLA POTENTE COSCA TRIPODI HANNO PARTECIPATO ALLA CAMPAGNA ELETTORALE DEL CONSIGLIERE UDC RAFFAELE D’AMBROSIO
‘Ndrangheta e politica. Non c’è solo la regione Lombardia, negli interessi politici dei clan di Vibo Valentia, perchè un posto di primo piano ce l’ha anche la regione Lazio.
E sin dalle elezioni regionali del 2010.
A sostenere la campagna elettorale di Raffaele d’Ambrosio, poi eletto nell’Udc, e nominato vice presidente del Consiglio regionale, c’era il massone Paolo Coraci, indagato dalla procura di Catanzaro per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma c’è di più.
Al Fatto Quotidiano risulta che alle cene, organizzate nella campagna elettorale di d’Ambrosio, ha partecipato anche Francesco Comerci — messinese come Coraci — anch’egli indagato, sempre dalla Dda di Catanzaro, coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Borrelli.
Comerci è accusato di associazione mafiosa: secondo gli inquirenti è parte attiva nel clan Tripodi, un’articolazione della cosca Mancuso, per il quale svolge il ruolo di prestanome nell’impresa Edil Sud.
La lista degli invitati, al ristorante Squisito di Roma, prevedeva la presenza di Marika Tripodi, figlia del boss Nicola, anch’ella indagata per associazione mafiosa dalla procura di Catanzaro.
Al Fatto Quotidiano, però, risulta un ulteriore dettaglio: a elezione avvenuta, gli appuntamenti tra Coraci e d’Ambrosio, non sono terminati.
Anzi: i due si sono incontrati nuovamente. Il punto è che Coraci è il personaggio chiave dell’inchiesta condotta dal pm Pierpaolo Bruni che, nei giorni scorsi, ha perquisito nove persone tra Sicilia, Calabria, Lazio e Lombardia.
Un’inchiesta complessa, quella di Bruni, che sta disegnando una mappatura di potere occulto, ramificata tra il Lazio e la Lombardia, che unisce la ‘ndrangheta di Vibo Valentia alla massoneria.
Coraci è infatti il gran maestro di una loggia romana ispirata, secondo l’accusa, da un altro massone di vecchia data: Angelo Fiaccabrino che, negli anni Novanta, fu prima accusato, e poi assolto, per i suoi rapporti con Cosa Nostra.
Bruni è convinto che Coraci — congiuntamente a Nicola Tripodi e Francesco Comerci — abbia usato la Edil Sud “per il conseguimento delle finalità illecite della cosca di riferimento, attraverso operazioni societarie e finanziarie”.
Il massone siciliano, però, s’interessa anche di politica.
Ispirandosi a don Luigi Sturzo fonda un’associazione: “Liberi e Forti”.
Ed è proprio con questa associazione che decide di sostenere Raffaele d’Ambrosio nelle elezioni del 2010.
Non è detto che d’Ambrosio sapesse della stretta vicinanza tra Coraci e il clan Tripodi. Anzi: può ben essere che d’Ambrosio, in quella campagna elettorale, lo ignorasse.
L’inchiesta di Bruni — nella quale d’Ambrosio non è indagato — si sta concentrando sugli affari della Edil Sud (e altre società radicate in Lombardia), sul mix di ‘ndrangheta e massoneria (la loggia di Coraci ispirata da Fiaccabrino) e i loro rapporti con le istituzioni.
Di certo, però, c’è che uomini legati al clan Tripodi hanno partecipato alla campagna elettorale di d’Ambrosio.
E Coraci, in questa storia, va inquadrato in tutti i suoi ruoli.
Accusato di concorso in associazione mafiosa, con il clan vibonese, è anche il gran maestro di una loggia massonica, nonchè il fondatore dell’associazione Liberi e Forti che sostiene pubblicamente il candidato Udc.
C’è un ultimo ruolo, non secondario, nelle mille vite parallele di Coraci, ben rappresentate dal suo appartamento in via Umbria: doppio ingresso, da un lato l’accesso alla loggia, dall’altro, quello della Sicomoro consulting: il gran maestro è anche un imprenditore nel ramo della consulenza finanziaria.
Con il pallino delle energie rinnovabili.
È quest’uomo che attovaglia decine di ospiti alle cene elettorali di d’Ambrosio. Che ne cura in diverse occasioni la campagna per le regionali del 2010.
Un uomo che — stando alle accuse del pm Bruni — era la cerniera tra la ‘ndrangheta del clan Tripodi di Vibo Valentia e la massoneria. Una persona capace di tentare questo strano affare: acquistare per 16 milioni di euro, dalla Fintecna, un appartamento in via Giulia a Roma.
Piccolo dettaglio: secondo l’accusa, Coraci, non vuole figurare in prima persona, quindi chiede alla Edil Sud — riconducibile al clan Tripodi — di intestarsi l’appartamento.
In cambio, il massone vicino all’Udc, offre alla Edil Sud i lavori di manutenzione. L’affare non va in porto. Ma è chiaro il suo rapporto con il boss della ‘ndrangheta.
Un rapporto che cura anche nella primavera del 2010, quando si preoccupa della campagna elettorale di d’Ambrosio e gli porta a cena Francesco Comerci, ritenuto da Bruni parte integrante del clan.
È una data importante: quella sera, la ‘ndrangheta di Vibo Valentia, siede a tavola con la politica che conta. Quella romana.
Grazie a Coraci il clan era arrivato fin lì.
E non è poco.
Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 14th, 2012 Riccardo Fucile
IL TOUR DEL 5 STELLE NELL’ISOLA IN CRISI DI CLIENTELE E ASSETATA DI VENDETTA: ECCO PERCHà‰ IN SICILIA RISCHIA DI FARE IL BOTTO
La pasticceria Irrera di Messina è uno dei maggiori centri di smistamento del cannolo siciliano e delle chiacchiere politiche.
Ottimo punto di osservazione.
Sono le nove del mattino, l’ora del caffè, al bancone si discute dell’arrivo sull’isola di Beppe Grillo.
Signora molto informata: “Mi hanno detto che è stato tirato con una fune, così non vale”. Ragazzo, meno scettico: “Su youtube non si vede la fune”.
Lei, molto ansiosa: “So per certo che c’era la fune e comunque è tutto spettacolo. Dimmi tu cosa rappresenta quella specie di nuotata”.
È bastato poco a Grillo per divenire il padrone della scena siciliana.
Ieri all’una era quasi nella bocca dell’Etna: ha improvvisato un comizio sui crateri Silvestri, e anche lassù qualcuno è rimasto ad ascoltarlo.
Una corona di fan sulla criniera della falla naturale ha apprezzato e applaudito. I
l giorno prima aveva danzato al ritmo di blues ad Acireale, urlato da un improvvisato risciò a Lipari, avanzato alla maniera di Forrest Gump a Misterbianco.
Grillo durante il tour siciliano
Non c’è improvvisazione ma studio della migliore posizione possibile in campo. C’è applicazione e metodo nella scelta grillina di occupare la scena aprendo a destra e a sinistra: “Cerchiamo il cento per cento dei voti”. Facendo arretrare la condizione mafiosa alle responsabilità di Garibaldi e degli americani, senza un cenno alla collusione sociale che ne ha favorito il dominio sulla società .
Grillo è dappertutto e da nessuna parte.
È una speranza per i giovani che lo trovano congeniale ai loro gusti e ai loro interessi: twitta e posta, filma, manda.
Parla in modo chiaro e le parole sono nuove: i beni comuni, l’acqua e la terra. Parla del mare: “Avete visto che mare avete?”, li inorgoglisce e infonde speranza: “Il voto non lo dovete dare a me ma a voi stessi. Vi dovete votare”. Le piazze sono piene, e il registro comico del grillismo è una novità insuperabile nel teatro triste e tragico dei gattopardi siciliani.
Gli stessi di sempre, con le capriole di sempre.
“È ora di cambiare” c’è scritto in un beffardo volantino dell’Mpa, il movimento che ha creato Raffaele Lombardo, governatore uscente, sviluppatore del più raffinato e capillare sistema di scambio clientelare.
È ora di cambiare, scrivono. E fanno sorridere amaro.
Come amaro e incredibile è il manifesto di una società finanziaria.
Presta soldi a chi è con l’acqua alla gola. Presumibilmente a tassi di tutto rispetto. Il tabellone declama in siciliano: “Io nu mi facciu fare fessu, scelgo Profingest”.
Si può arrivare a tanto? In Sicilia si può.
Perciò Grillo nella lunga traversata isolana rischia di raccogliere molto di più di quel che ci si aspetti.
Due signori dall’aria partecipe si tengono ai margini del comizio in piazza Duomo a Messina ma commentano a voce alta: “Questo qui muove i giovani. E i giovani muovono i vecchi nelle famiglie, li portano a votare. Li vede come sono convinti?”.
Il giovane tira a sè il vecchio.
La crisi delle clientele capovolge la prassi consolidata del capofamiglia che “vende” la sua dote elettorale al politico che poi la remunererà .
Questo è un altro fatto, è un altro cuneo a favore del Movimento 5 stelle.
Otto per cento, dieci per cento. Forse di più, addirittura il 15.
Aspettiamo per dire.
Ma intanto guardiamo: a sinistra il Pd si è alleato con l’Udc. Sistema antico di collegamento, prospettiva di pura conservazione.
Certo c’è un candidato vitale e brioso, Crocetta, noto per la sua attività di sindaco di Gela, ma esiste la stanchezza di chi ne ha viste troppe per credere sia al Pd che all’Udc.
E ci sono i voti di Vendola, in libera uscita. La lista di Sel è debole, dopo la rinuncia forzata di Claudio Fava. Ed è distratta dal richiamo di una nuova politica, quella che il resto del mondo chiama “antipolitica”.
Il voto a Grillo scassa, scortica, disarticola.
Quel voto è destinato a crescere in chi coltiva speranze di cambiamento e anche in quelli che non hanno più speranze.
Le hanno provate tutte, e adesso eccolo qui il comico, vediamo come va con lui.
Il voto a Grillo diverrà presto, e ce ne accorgeremo da qui a qualche settimana, anche la piattaforma ideale per chi vuole regolare conti, per i nuovi esclusi del centrodestra, coloro ai quali il berlusconismo non è più garanzia di successo, di affermazione sociale, di candidatura sicura.
Un voto a Grillo sarà come un colpo sotto la cintola, uno sfregio, una vendetta, una piccola ritorsione contro gli ex amici.
La Sicilia è disperata e Grillo lo sa.
Antonello Caporale
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 14th, 2012 Riccardo Fucile
DAL RECENTE ROSARIO DI SCANDALI SUI VOTI COMPRATI AL VOTO DI CLIENTELA
Dietro la sacrosanta esigenza del superamento del porcellum, si rischia in realtà un approdo quasi peggiore, perchè aggravato dal sapore della beffa.
Restano infatti per oltre il trenta per cento i listini bloccati e quindi il boccone più indigesto della legge porcata.
E per gli altri due terzi si propone un appiccicoso quanto surreale salto nel passato, con ritorno all’inguardabile sistema delle preferenze.
Non è nemmeno necessario, come pure sarebbe sufficiente, richiamare il recente rosario di scandali per ricordare che sono tutti, non a caso, legati alle preferenze.
Non solo le vicende dei Fiorito “batman”, degli Zambetti “pisciaturu”, dei Piccolo “superman”, e dei Maruccio di ogni risma; ma anche il decreto di scioglimento del Comune di Reggio Calabria per infiltrazioni mafiose è interamente motivato sugli scambi connessi a quel sistema di raccolta dei voti, purtroppo in vigore nelle elezioni comunali e regionali.
Il che già dovrebbe bastare e rendere impensabile la sua estensione alle politiche.
Ma la ragione di fondo che deve imporre un no senza condizioni a questa opzione, è persino più rilevante, perchè riguarda al fondo la cultura politica e delle istituzioni necessaria per provare a risanare la “democrazia malata”.
Ed infatti proprio le elezioni politiche devono essere un voto di opinione e non un voto di clientela.
I partiti postideologici se vogliono dare un senso alla loro missione devono recuperare la strada della credibilità che invece perdono per sempre se scelgono sistemi che fomentano al loro interno guerre intestine, familistiche se non criminali.
Comitati d’affari dei quali infine i partiti medesimi restano vittime e subalterni.
Svuotati dall’interno. Nella loro stessa anima.
Optare per le preferenze vuol dire ostentare, in un masochismo accecato, una clamorosa indifferenza a questa esigenza vitale, quando l’alternativa valida la conoscono tutti.
Sono i collegi l’unico strumento idoneo a saldare voto di opinione, nuova centralità dei progetti politici, valorizzazione dei candidati, virtuoso collegamento con il territorio.
Si deve poi ovviamente azzerare qualsiasi residuo di listino bloccato, cimelio non richiesto del porcellum.
Sul fronte della governabilità infine, Napolitano ha parlato chiaro.
Se è vero che si devono evitare coalizioni forzate è altrettanto vero che il premio deve servire a sostenere un governo di legislatura, risultando invece di dubbia costituzionalità se serve solo come cadeau a questo o quel partito.
Con il rischio di produrre il medesimo cortocircuito che oggi il porcellum presenta al Senato dove il premio opera persino in danno di chi deve formare la maggioranza di governo. Vale per la riforma elettorale quel che vale per l’anticorruzione.
Non serve una legge purchessia, ma la legge che tutti sanno sarebbe utile per il paese e che però si stenta ad approvare per tornaconti personali o di partito.
Lì per avere salvacondotti nei processi, qui per la trasparente tentazione di far finta di ridare la parola agli elettori, ma scegliendo sistemi buoni solo a garantire se stessi e a reclutare i peggiori.
Democratici, dipietristi e vendoliani hanno votato contro. Ma non basta.
Anche al porcellum dissero di opporsi per poi abusarne abbastanza.
Arrivati alla soglia della riforma implorata dai cittadini, il più odioso dei tradimenti deve essere contrastato con forza visibile e senza infingimenti.
La cronaca ogni giorno ci dice che si è giunti al fondo del pozzo.
Dovrebbe quanto meno esserci l’istinto a provare a spingere verso l’alto per cercare la risalita.
Continuare a scavare, non è sopravvivere, ma solo un cieco cupio dissolvi.
Gianluigi Pellegrino
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 14th, 2012 Riccardo Fucile
IL CASO DEL CAPOGRUPPO IN REGIONE LAZIO ACCUSATO DI PECULATO PER AVER SOTTRATTO 780.000 EURO FA INFURIARE GLI ELETTORI DIPIETRISTI
“Non voterò mai più l’Italia dei valori e sceglierò te solo se andrai via da quel partito…”.
È il testo di un sms — firmato da un elettore — arrivato in queste ore ad Alessandro Cardente, consigliere circoscrizionale del IV municipio di Roma.
Un segnale chiaro — tra i tanti pervenuti in questi giorni — dei malumori nella base dell’Idv. L’indagine su Vincenzo Maruccio, capogruppo regionale Idv, accusato di peculato dalla procura di Roma per aver sottratto 780 mila euro, dalle casse del gruppo, ha indignato la base del suo partito.
Secondo gli inquirenti, i fondi destinati al funzionamento dei gruppi, sarebbero stati trasferiti su conti personali dello stesso Maruccio.
Ricordiamo che il partito di Antonio Di Pietro riceveva — per i suoi cinque consiglieri regionali — un rimborso (per il funzionamento del gruppo) pari a 1 milione e 200mila euro.
Questa notizia — pubblicata circa due settimane fa — aveva già creato malumori, nella base dipietrista che — completamente ignara — ha chiesto più volte, al gruppo laziale dell’Idv, di fare chiarezza su quelle cifre.
Due giorni prima dell’avviso di garanzia a Maruccio si era svolta una riunione dei sostenitori Idv, in cui l’ex capogruppo (presente all’incontro) venne pesantemente contestato dalla platea per non essersi opposto all’aumento dei fondi ai gruppi regionali.
“Quando a gran voce — racconta un militane — durante l’assemblea è stato chiesto a Maruccio, di spiegare in che modo era stato usato quel contributo altissimo, lui ha parlato d’altro, della sua busta paga, scatenando l’ira di tutti ”.
Situazione peggiorata negli ultimi giorni: l’ipotesi al vaglio dei pm, infatti, è che i movimenti continui e anomali di Maruccio, sui suoi dieci conti, servissero a far perdere traccia della loro effettiva destinazione.
Non ostentava — come il collega Fiorito -spese per Suv, cene, vacanze e feste ma, svuotando poco a poco le casse del gruppo regionale, avrebbe fatto operazioni di piccolo cabotaggio.
“Se Vincenzo Maruccio è colpevole, deve ritirarsi dalla politica per tutta la vita”, dice Alessandro Cardente, consigliere del IV municipio di Roma.
Quando Roberto Soldà , segretario romano Idv da cinque anni e mezzo, scopre che anche nel suo partito si è abbattuto un nuovo “caso Fiorito” cade dalla sedia.
E’ incredulo da ciò che legge sui quotidiani: “Abbiamo lavorato gomito a gomito fino all’altro ieri — dice Soldà — non so che dire, sono sconcertato”.
Poche migliaia di euro in questi due anni e mezzo ha visto la base del partito romano, erano sempre in affanno.
“In questi giorni — precisa il segretario del partito- c’è un appuntamento importante, la presentazione dei referendum e non sappiamo cosa dire a chi, da volontario, faceva volantinaggio e piantonava i banchetti per la raccolta delle firme”.
E se c’è chi — come Soldà — non sa cosa dire ai volontari del partito, c’è anche chi, come Andrea Palma, tesoriere dell’Idv regionale, non intende dare spiegazioni.
E tra i più indignati, c’è il giovane Andrea Montanari, vice coordinatore Idv del XIX municipio della capitale che tra i componenti del gruppo laziale, non fa distinzioni: “Da una parte c’era chi banchettava a sproposito con i soldi pubblici, dall’altra c’era chi faceva i banchetti, tra la gente, per raccogliere le firme per l’abolizione dei costi della politica”.
Per Montanari molti sostenitori dell’italia dei valori, alle prossime elezioni voteranno il Movimento cinque stelle e la responsabilità è di tutti i consiglieri Idv della Pisana: “ Dov’erano i cinque signori (consiglieri regionali Idv, ndr) quando venivano decuplicati i fondi per i gruppi? Non possono dire di essersi distratti un attimo”.
Non si risparmia neanche il nuovo capogruppo, Anna Maria Tedeschi, che invece ha mostrato sempre fiducia sul comportamento di Maruccio e commenta: “Sono accordi verbali — dice Tedeschi — presi in commissione bilancio e in ufficio di presidenza, di cui non faccio parte”. Sa molto bene che la base è infuriata con loro e la soluzione per il neo capogruppo è quella di mettere online periodicamente tutti i bilanci.
“Anche le candidature —spiega Tedeschi- devono essere online, per il vaglio degli utenti della rete, ma questa è solo un’ipotesi nascente”.
Loredana Di Cesare
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 14th, 2012 Riccardo Fucile
A ROMA IL RECORD NEGATIVO: SU 6.000 PIANTE SOLO 2.000 SOSTITUITE
Sempre meno alberi nelle città italiane. Gli abbattimenti aumentano vertiginosamente, le ripiantumazioni sono invece insufficienti, complice anche il profondo rosso delle casse comunali.
A Roma, negli ultimi due anni, sono stati sradicati 6.647 esemplari, appena 2.198 sono stati sostituiti.
A Palermo, il punteruolo rosso ha decimato 10mila palme, sono solo duemila quelle piantate. Un parassita del legno ha aggredito betulle, aceri, platani e pruni a Milano: 133 gli abbattimenti, la promessa è di seminarne altri.
Promesse, appunto.
Ma intanto l’Italia butta via il patrimonio arboreo delle sue città .
La Capitale guida questa triste classifica.
Nelle strade e nei parchi di Roma si registra un saldo negativo di oltre quattromila fusti. Il trend dei dati forniti dal Servizio Giardini dal 2010 al 2012 non si discosta molto da quello degli anni precedenti.
Il rischio è che avremo una metropoli con sempre più cemento e meno verde poichè i numeri non lasciano spazio a dubbi: 1.900 alberi in meno ogni anno.
«Il patrimonio arboreo pubblico di Roma è stimato in circa 300mila alberi, almeno secondo l’ultimo censimento del 2002 – sottolinea Nathalie Naim, consigliera dei Verdi del Municipio Centro storico di Roma – e se si mantiene questa media fra 150 anni non rimarrà un solo albero pubblico».
La distruzione degli arbusti negli ultimi tempi ha colpito quasi tutti i quartieri. Il centro storico ha perso 476 esemplari, l’area dei Parioli e del Flaminio altri 428.
Il caso Roma fa scuola su come cambia il volto verde delle città .
I platani e i pini che sono i simboli verdi della Città Eterna (basti ricordare quelli di piazza Venezia che sono stati rasi al suolo per la costruzione della nuova metropolitana), ora non vengono più piantati.
Il Comune opta per il frassino che devasta meno l’asfalto, il pero e le robinie.
A questi numeri si vanno a sommare gli abbattimenti nei giardini privati che, con il pretesto della mancata approvazione di un regolamento del verde, sono stati liberalizzati con una circolare del 2011.
E da allora sono aumentati in modo esponenziale. «Si tratta di diverse migliaia di alberi tagliati per lasciare spazio a un posto auto o a un pratino all’inglese», conclude Naim.
Se la Capitale batte ogni primato, i dati sono allarmati anche nelle altre città italiane.
L’attacco del punteruolo rosso ha decimato la palme Canariensis di Palermo.
Sono stati abbattuti 10mila esemplari nelle zone più prestigiose della città dal lungomare Foro Italico a via dell’Olimpo, una delle strade che porta alla spiaggia di Mondello.
Di queste, ne sono state sostituite solo il 20%.
A Bologna, il caso di piazza Minghetti ha provocato una sommossa popolare. Il progetto di restyling, assai criticato, ha fatto sì che fossero rasi al suolo 12 alberi (sostituiti con sole due magnolie), sacrificati per rendere ben visibili i palazzi delle due banche.
A Varese, le motoseghe hanno fatto capitolare 18 arbusti a Casbeno, di fronte al palazzo della Provincia, per la costruzione di un parcheggio.
Critica la situazione a Milano dove 133 alberi sono stati tagliati perchè contaminati dal tarlo asiatico.
L’amministrazione ha ordinato «l’abbattimento di ulteriori piante non sintomatiche nel raggio di 20 metri da quelle infestate». Una morìa.
Nella lista dei fusti sono finite le betulle e gli aceri in via Novara, i filari di platani in via Diotti al confine con Settimo Milanese, gli aceri e pruni in via Taggia vicino all’ospedale San Carlo. «Le alberature stradali rappresentano corridoi ecologici utili agli uccelli per la riproduzione – spiega Matilde Spadaro del comitato Verde urbano – Si tutelino queste vite e si mettano regole vincolanti nei comuni d’Italia».
Laura Serloni
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 14th, 2012 Riccardo Fucile
TASSE SCOLASTICHE E BADANTI, LA FRANCHIGIA SALE DA 129 A 250 EURO… IL TETTO DI 3.000 EURO DI DETRAZIONE NON SI APPLICHERA’ A SPESE SANITARIE E RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE
Alla fine sarà meno pesante del previsto la stretta sugli sconti fiscali per spese sanitarie, contratti d’affitto a canone agevolato e ristrutturazioni edilizie.
A 48 ore dal varo della legge di stabilità comincia ad avere contorni più definiti l’altro volto della manovra fiscale, quello meno amico dei contribuenti, che dal prossimo anno vedranno alleggerite le agevolazioni che oggi rendono meno pesanti buste paga e dichiarazioni dei redditi. I tecnici hanno continuato a lavorare freneticamente intorno al capitolo deduzioni e detrazioni fiscali e il nuovo testo sembra meno severo di quello in entrata sugli sgravi fiscali.
Una manovra che vale comunque 2 miliardi nel 2013 e uno a regime a carico di oltre il 75% dei contribuenti, all’incirca 15 milioni di italiani, quelli con reddito superiore a 15mila euro, limite entro il quale tutto rimarrà come prima.
Tra dare e avere qualcosa in tasca ai contribuenti comunque dovrebbe restare.
L’ufficio studi della Cisl ha infatti calcolato che tra taglio di un punto dell’aliquota Irpef sui primi due scaglioni di reddito e minori sconti fiscali per una famiglia monoreddito e un figlio a carico il risparmio sarà alla fine di 162 euro.
La stretta sulle detrazioni
Il fisco consente oggi di sottrarre all’Irpef da pagare il 19% di diverse spese di contenuto più «sociale», come quelle per la salute, il mutuo, la scuola, le assicurazioni e tutta un’altra serie di voci elencate all’articolo 15 del Testo unico sulle imposte.
Ora su parte di queste spese «tutelate» dal fisco la legge di stabilità introduce un «tetto» massimo di 3.000 euro, oltre il quale non sarà possibile alleggerire l’Irpef e in più introduce una franchigia di 250 euro, somma entro la quale non ci sarà alcuno sconto.
Per il mutuo esiste già oggi un tetto di 4.000 euro, il che vuol dire che se ora si possono risparmiare fino a 760 euro (il 19% di 4.000 appunto), il risparmio scenderà a non oltre 570 euro.
A sorpresa però nel testo finale non rientreranno nel tetto tutte le spese sanitarie (si temeva più di una esclusione), che potranno essere detratte per intero ma sulle somme superiori a 250 euro. Stesso discorso vale per i costi degli interpreti dei sordomuti e dei cani guida per i non vedenti. Non rientrano nè sotto la tagliola del tetto di 3.000 euro nè sotto quella della franchigia le spese di ristrutturazione edilizia, le detrazioni per gli affitti agevolati, i veicoli per disabili e le spese per risparmiare energia nelle nostre case.
Le nuove deduzioni fiscali
Le spese deducibili sono quelle che si possono detrarre dal reddito sul quale paghiamo le tasse. Ora però il governo ha introdotto una franchigia di 250 euro che di fatto elimina i mini-sconti fiscali su tutta una serie di spese.
Ma nel testo messo a punto ieri si salvano dalla limatura delle deduzioni i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori, quelli per la pensione integrativa e gli oneri contributivi per colf e badanti, le donazioni a favore di no-profit e istituzioni religiose.
Non saranno invece deducibili i primi 250 euro per assegni al coniuge, contributi per la sanità integrativa, spese per l’adozione di minori stranieri, spese mediche generiche o di assistenza specifica per i portatori di handicap, tasse scolastiche, asili nido, badanti, assistenza paramedica e assicurazione sulla vita e l’invalidità .
Alcune di queste voci erano però già soggette a franchigia, anche se di importo minore.
Per esempio sulle spese sanitarie era di 129,11 euro e l’aumento a 250 – ha calcolato l’ufficio studi della Cisl – comporterà un aggravio medio per contribuente di 23 euro.
Quello sulle tasse scolastiche sarà invece di 73 euro, sulle badanti di 47,5, mentre per le spese sull’assicurazione vita la franchigia annulla di fatto lo sconto fiscale dato dalla detrazione del 19% se si ha un solo figlio, mentre in caso siano due o più si ha un aggravio di 47,5 euro.
Gli effetti sulle famiglie
La Cisl ha calcolato che su una famiglia monoreddito con un figlio a carico e più di 28mila euro di reddito, tra taglio delle aliquote Irpef sui primi due scaglioni di reddito ( 280 euro di risparmio), minori sconti sulle tasse scolastiche ( -47,5 euro), minore detraibilità degli interessi sul mutuo ( altri 47,5 euro in meno), minori detrazioni scolastiche per 23 euro il saldo finale della manovra fiscale è comunque in attivo per 162 euro annui.
Per una famiglia con due redditi da 28mila o più euro, sempre con un figlio a carico, un mutuo e tasse scolastiche da pagare più spese sanitarie da scaricare alla fine il guadagno sale a 371 euro l’anno.
Cosa ne rimarrà dopo aver fatto i conti della spesa con l’aumento dell’Iva a luglio ce lo dirà un altro studio.
Paolo Russo
(da “La Stampa“)
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Ottobre 14th, 2012 Riccardo Fucile
LA CAMPAGNA DEL FAI PER RILANCIARE LA PIU’ GRANDE RICCHEZZA DE PAESE
Noi italiani siamo ricchi, i più ricchi del mondo.
L’affermazione non è un paradosso, siamo lì, a guardare il nostro declino, seduti su un mare di petrolio che aspetta solo d’essere trasformato in benzina di sviluppo: un patrimonio storico-artistico che rappresenta il 70% di quello del Pianeta.
C’è la concretezza delle cifre a testimoniare quanto questo «soft power» dell’Italia potrebbe innescare una spirale virtuosa: come osserva Magda Antonioli, direttore del Master in Economia del Turismo alla Bocconi, «la domanda di cultura cresce anche nei periodi congiuntura economica sfavorevole: considerate le ricadute dirette e indirette, l’impatto giornaliero di un turista culturale risulta di circa 400 euro, il triplo rispetto a quello d’un visitatore tradizionale, che supera di poco i 130».
I 400 euro rappresentano una valutazione fatta di recente analizzando alcune mete turistiche siciliane: in altre realtà , come le città d’arte o importanti circuiti turistici, la spesa è più cospicua: «Merito del fascino dell’Italia: i tour operator europei vi indirizzano il 30% dei clienti. Una percentuale che sale a 85 se consideriamo le grandi agenzie di Paesi lontani come Cina o Giappone. Ma non basta».
È questa contabilità di numeri ed emozioni a innervare la presentazione della campagna di raccolta fondi «Ricordati di salvare l’Italia» lanciata dal Fai che ha come testimonial Pierfrancesco Favino: per sostenere l’iniziativa basta inviare un Sms del valore di 2 euro al 45503.
«Grazie a tanti piccoli gesti di persone comuni e con il contributo dei nostri partnership aziendali – spiega Ilaria Borletti Buitoni, presidente del Fai – speriamo di raggiungere il traguardo di 700 mila euro. E non finisce qui: il 21 ottobre in 70 città ci si potrà iscrivere con soli 6 euro a una “maratona culturale” attraverso luoghi storici restaurati con i proventi del gioco del Lotto».
Dei 99 milioni di turisti approdati nel Bel Paese durante il 2010, 35 hanno visitato le città d’interesse storico-artistico aggiungendosi ai 15 milioni di italiani che hanno fatto la stessa scelta.
Se si traducono questi arrivi in presenze, ossia in notti trascorse tra alberghi e pensioni, si tocca la cifra di quasi 94 milioni: proviamo a moltiplicarla per 400 euro e otterremo circa 38 miliardi, il valore, solo indicativo per le numerose e complesse variabili, del turismo culturale.
Una goccia di benzina rispetto all’enorme giacimento di cui disponiamo e che anche la Commissione Europea ci ha rimproverato di non sfruttare adeguatamente.
È impossibile stimare con certezza di quanto potrebbe aumentare questa cifra con un migliore supporto politico-logistico.
Un dato è certo: l’Italia viaggia al minimo.
Nella classifica dei Paesi più visitati è quinta dopo Francia, Usa, Cina e Spagna. Sintetizza Magda Antonioli: «Le nostre risorse sono uniche, l’appeal internazionale è forte, latitano le politiche territoriali e di marketing. È possibile non avere ancora un Piano di sviluppo per il turismo?».
Costante il Leitmotiv degli studiosi: serve promuovere l’esistente, è autolesionistico fermarsi alla conservazione.
Secondo Walter Santagata, docente di economia dei Beni e delle Attività culturali all’Università di Torino, la vera manovra Salva-Italia consisterebbe nel sostenere la cultura «del saper vivere, del made in Italy, un comparto che vale l’1,2% del Pil ed è gestito in modo frammentario e inefficace».
Spiega Pier Luigi Sacco, economista della Cultura allo Iulm: «In Francia non si vendono solo Louvre e Tour Eiffel, ma anche le filiali sparse sul territorio dello stesso Louvre o del Pompidou. Da noi manca una strategia del contemporaneo e le città d’arte rischiano di diventare sclerotici parchi a tema del passato».
Renato Rizzo
(da “La Stampa“)
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Ottobre 14th, 2012 Riccardo Fucile
SONO PROPRIO COLORO CHE FINO A POCO TEMPO FA ERANO SUOI ALLEATI E COMPLICI O CHE PER RIBELLARSI HANNO ASPETTATO CHE IL POTENTE CADESSE NEL FANGO
Con tantissimi di coloro che manifesteranno anche domani “contro Formigoni” condividiamo la speranza che la chiusura del ventennio formigoniano possa coincidere con l’apertura di una stagione finalmente democratica a partire dalla Lombardia.
Sono certo che avrebbero partecipato volentieri in questi anni ai solitari presidi radicali contro Firmigoni e il Consiglio regionale abusivo, se soltanto i capi dei loro partiti e i tenutari della disinformazione televisiva nazionale non glieli avessero nascosti.
Proprio in ragione delle tante speranze che abbiamo in comune con coloro che si preparano a manifestare, come Radicali non saremo presenti nelle tante piazze velocemente convocate dai capi dei partiti dell’opposizione ufficiale, nella speranza che la nostra assenza — per quel poco o nulla che ci sarà consentito di spiegarla — serva da monito e avviso ai manifestanti: diffidate dei tanti che per “ribellarsi” e invitare alla ribellione hanno aspettato che il potente cadesse nel fango.
Molti di loro che invocano e convocano la piazza (non tutti, certo, e continueremo a riconoscere e onorare le eccezioni) hanno contribuito al — e beneficiato dal — protrarsi ventennale del sistema di potere che ruotava attorno a Comunione e Liberazione, Compagnia delle Opere e cooperative di ogni colore, agli appalti di cementificazione e asfaltizzazione della Lombardia, alla condizione di illegalità e corruzione sistematica del sistema Lombardia. Spesso sono gli stessi che hanno ostacolato, anche dall’”opposizione” oltre che dalla palude del potere giudiziario, l’azione radicale per annullare le elezioni Regionali a causa della truffa elettorale del 2010.
PS. Un avviso speciale a chi vorrà gridare “a Hammamet!”: pensateci bene, perchè a tirare monetine a Craxi c’era il giovane militante Franco Fiorito. Capita che gli sputatori finiscano sputati.
Marco Cappato
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 14th, 2012 Riccardo Fucile
RILEVATE LE QUOTE DI LUCA RISSO, COMPAGNO DI RUBY, NELLA DISCOTECA EX ALBIKOKKA… GRANDE DISPONIBILITA’ DI DENARO E INVESTIMENTI IN LOCALI
Il primo amore non si scorda mai.
L’ex tesoriere della Lega Nord, ed ex sottosegretario del governo Berlusconi, il genovese Francesco Belsito, riparte dalla passione per le discoteche.
E per rimettersi in pista, incrocia la sua nuova vita con quella di un altro pezzo da Novanta nel crepuscolo del forzaleghismo.
Si tratta di Luca Risso, compagno di Ruby Rubacuori,supertestimone l’altroieri al processo sui festini organizzati da Silvio Berlusconi ad Arcore.
Belsito, indagato dalla Procura di Milano, da quella di Napoli e dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria a vario titolo per riciclaggio, truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita, ha deciso di rilevare, anche con la collaborazione di fiduciari, le quote di Risso nel “KimKamea”, discoteca a strapiombo sul mare di Genova Quarto, nota in città soprattutto come ex “Albikokka”.
E’ il posto dove la Rubacuori, inseguita dai giornali di mezzo mondo nel periodo caldo del Rubygate, festeggiò il diciottesimo compleanno e dove aveva mosso i suoi primi passi nella “mondanità ” cittadina.
La notizia dell’affare è stata confermata da qualificati consulenti vicini a entrambi i protagonisti.
Fra i due è già stato formalizzato un primo accordo scritto e a stretto giro il passaggio dovrebbe essere ratificato pure negli archivi della Camera di commercio.
Il club, nell’ultimo anno e mezzo, era stato a sua volta al centro di rivolgimenti giudiziari e sottoposto per un certo periodo a sequestro cautelativo.
Matteo Indice e Marco Menduni
(da “Il Secolo XIX”)
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